A chi spetta provare l’irregolarità dell’etilometro? Cassazione, sez. IV, 12 aprile 2011, n. 14689

 

A CHI SPETTA PROVARE L’IRREGOLARITÀ DELL’ETILOMETRO?

Cassazione, sez. IV, 12 aprile 2011, n. 14689

(Pres. Marzano – Rel. Marinelli)

 

 

Premesso in fatto

Con sentenza del 18 luglio 2008 il Tribunale di Treviso dichiarava A.L. colpevole del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 comma, lett. b) e lo condannava alla pena di mesi due di arresto ed Euro 800.00 di ammenda, con i doppi benefici e la sospensione della patente di guida per la durata di anni uno.

Avverso la decisione del Tribunale di Treviso ha proposto appello il difensore dell’imputato. La Corte di Appello di Venezia in data 20.05.2010, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Treviso e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado.

Avverso la predetta sentenza A.L., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento con ogni consequenziale pronuncia.

Ritenuto in diritto

Il ricorrente censurava la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) – contraddittorietà della motivazione della sentenza in ordine alle richieste probatorie, in quanto il giudice di merito aveva ritenuto senz’altro regolare l’etilometro utilizzato per l’esame alcolemico sulla persona del ricorrente e non aveva risposto alle argomentazioni della difesa che aveva richiesto il deposito della documentazione attestante la regolarità dell’apparecchio in questione.

2) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per omessa motivazione in merito al giudizio di bilanciamento delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante.

Lamentava il ricorrente che la Corte territoriale nulla aveva statuito in merito al richiesto bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e la contestata aggravante e non aveva neppure preso posizione sulla natura della contravvenzione dell’art. 186 C.d.S., in particolare non aveva precisato se si trattava di un reato circostanziato o di una serie di reati autonomi. In ogni caso sia la pena comminata (mesi due di arresto), sia la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida (un anno) sarebbero troppo elevate, atteso che, al momento della commissione del reato, la pena detentiva era pari nel massimo a tre mesi e la sospensione della patente andava dal minimo di mesi sei al massimo di anni uno.

3) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per omessa motivazione in merito alla richiesta formulata nell’atto di appello di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria corrispondente.

Il primo motivo di ricorso è palesemente infondato, in quanto ripropone una questione di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta.

Assolutamente condivisibile è infatti l’assunto dei giudici della corte territoriale che hanno ritenuto, con motivazione conforme a quella del giudice di primo grado, che, allorquando l’alcoltest risulta positivo, come appunto nella fattispecie di cui è processo, la difesa dell’imputato deve fornire una prova contraria a tale accertamento, quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, ritenendo pertanto non rilevante la richiesta della difesa in relazione al deposito della documentazione attestante la regolarità dell’etilometro.

Manifestamente infondati sono anche il secondo e il terzo motivo di ricorso.

Per quanto attiene al secondo motivo, la Corte di Appello rileva correttamente che le attenuanti generiche sono state già concesse, con ciò riportandosi alla concorde giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le ipotesi di cui all’art. 186 C.d.S., lett. a), b) e c) configurano figure autonome di reato e non già circostanze aggravanti dell’ipotesi base di cui alla lett. a) del sopra indicato articolo di legge, e quindi implicitamente dando per ammesso che nessun giudizio di bilanciamento andava operato con le concesse attenuanti generiche. Per quanto poi riguarda l’eccessività della pena e della sanzione amministrativa della sospensione della patente e la mancata conversione della pena detentiva in pena pecuniaria, nell’atto di appello non c’è un motivo specifico, in quanto le doglianze fanno sempre riferimento al richiesto giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e l’aggravante contestata (sulla base dell’erroneo presupposto che le ipotesi di cui alle lett. b) e c) indicate nell’art. 186 del C.d.S., comma 2 costruiscano circostanze aggravanti della ipotesi contemplata nella lettera a). Soltanto in sede di conclusioni si richiede, in via di estremo subordine di ridursi la pena e la sanzione amministrativa accessoria nei minimi di legge, con la conversione della pena detentiva, ove possibile.

Non essendo,peraltro, stato dedotto alcunchè su tali punti nell’atto di appello, l’odierno ricorrente non poteva dolersi dell’eccessiva entità della pena e della sanzione accessoria, nonchè della mancata conversione della pena detentiva in pena pecuniaria solo in sede di legittimità.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa ammende.

 

 

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here