Per rimuovere l’antenna centralizzata del condominio basta la maggioranza? Cassazione, sez. II, 11gennaio 2012, n. 144

PER RIMUOVERE L’ANTENNA CENTRALIZZATA DEL CONDOMINIO BASTA LA MAGGIORANZA?

Cassazione, sez. II, 11gennaio 2012, n. 144

 

L’antenna centralizzata per la ricezione di canali televisivi pur essendo cosa comune ai sensi dell’art. 1117, n.3 c.c., non costituisce ex se bene comune, se non in quanto idonea a soddisfare l’interesse dei condomini a fruire del relativo servizio condominiale. La volontà collettiva, regolarmente espressa in assemblea, volta ad escludere siffatto uso, non si pone, pertanto, come contraria al diritto dei singoli condomini sul bene comune, perché quest’ultimo è tale finché assolva, a beneficio di tutti i partecipanti, la sua funzione; e questa, a sua volta, rientra nella signoria dell’assemblea, la quale come può attuarla istituendo il relativo servizio comune, così può sopprimerla con l’unico limite di non incidere sulle proprietà esclusive, cioè sulle parti dell’impianto di proprietà individuale

 

 

Cassazione, sez. II, 11gennaio 2012, n. 144

(Pres. Triola – Rel. Manna)

 

 

Svolgimento del processo

T..D. agiva in giudizio, innanzi al giudice di pace di Roma, contro il condominio di via (omissis) , chiedendone la condanna al ripristino di un’antenna centralizzata, esistente sin dal 1970.

Resisteva il condominio.

Con sentenza del 12.11.2002 il giudice di pace rigettava la domanda in considerazione del fatto che l’attrice, approvando la delibera dell’assemblea condominiale 16.3.2000 che aveva deciso di non installare tale antenna, aveva accettato che il relativo servizio comune non fosse ripristinato.

Il Tribunale di Roma, innanzi al quale la D. aveva impugnato la decisione del giudice di prime cure, con sentenza n. 11356 del 7.4.2004 rigettava l’appello e regolava la spese in base alla soccombenza.

Per quanto ancora rileva in queste sede di legittimità, il giudice di secondo grado rilevava che l’assemblea condominiale, conformemente ai propri poteri, provvedendo sull’ordine del giorno dicente: “installazione o eventuale adeguamento antenna centralizzata” aveva deliberato in senso negativo, con statuizione efficace e vincolante, ai sensi dell’art. 1137 c.c., nei confronti dei condomini.

Inoltre, il Tribunale riteneva superfluo provvedere sulle eccezioni (di giudicato e di nullità dell’atto introduttivo del giudizio) sollevate in primo grado dal condominio e non esaminate dal giudice di pace, atteso il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione D.T. .

Resiste il condominio con controricorso, alla cui proposizione l’amministratore non risulta essere stato autorizzato dall’assemblea condominiale, nonostante l’apposita concessione da parte di questa Corte di un termine per sanare il difetto di autorizzazione (in ottemperanza all’indirizzo espresso dalle S.U. con sentenza n. 18331/10).

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di censura la ricorrente deduce la falsa applicazione dell’arti 137 c.c. e la violazione degli artt. 1118, 1120, 1418 e 1421 c.c..

Avendola interpretata come espressiva della volontà di dismettere un servizio comune (come quello di antenna centralizzata), il Tribunale avrebbe dovuto ritenere nulla, e non annullabile, la delibera condominiale 16.3.2000 e dichiarane d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c., l’invalidità anche incidenter tantum.

Richiama al riguardo vari precedenti di questa Corte di legittimità, che ha più volte affermato che i diritti di ciascun condomino sulle parti comuni non possono essere lesi da delibere dell’assemblea (Cass. n.5369/97); che sono mille, e come tali impugnabili oltre il termine stabilito dal 2 comma dell’art. 1137 c.c., le deliberazioni dell’assemblea condominiale concernenti innovazioni lesive dei diritti di ciascun condomino su cose o servizi comuni (Cass. n.2288/80); e che è nulla, per illiceità dell’oggetto, la delibera, approvata a maggioranza, di non eseguire i lavori di manutenzione e di adattamento di un impianto comune, posto che tale rifiuto impedisce l’uso dell’impianto comune dei condomini e ne menoma i diritti (Cass. n. 1302/98).

1.1. – Il motivo è infondato.

In materia di condominio negli edifici, sono (fra le altre cose) comuni, le opere, le installazioni e i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come tutte le altre cose che l’art. 1117, n. 3 c.c. enumera, con elencazione non tassativa. A quest’ultima categoria vanno ricondotte le antenne c.d. centralizzate (cioè destinate a servire tutte o almeno più unità immobiliari di proprietà esclusiva), le quali, non di meno, per loro stessa natura non sono fruibili in maniera personale e diretta da ciascun condomino, ma richiedono un’attività d’impianto e di gestione comune (comprendente la successiva manutenzione), che è compito dell’assemblea deliberare istituendo il relativo servizio.

In particolare, questa Corte ha avuto occasione di affermare, in fattispecie analoga (modifica del servizio di autoclave con relativa nuova ubicazione ed estinzione della connessa servitù attiva condominiale per mancanza di utilità), che le attribuzioni dell’assemblea di condominio riguardano l’intera gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico e che non potrebbe essere soddisfatta dal modello della autonomia negoziale, in quanto la volontà contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione. Rientra dunque nei poteri dell’assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento dei beni comuni. L’assemblea con deliberazione a maggioranza ha quindi il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini (Cass. n. 6915/07).

1.2. – Traslando tali principi al caso in esame, si osserva che l’antenna centralizzata per la ricezione di canali televisivi pur essendo cosa comune ai sensi dell’art. 1117, n.3 c.c., non costituisce ex se bene comune, se non in quanto idonea a soddisfare l’interesse dei condomini a fruire del relativo servizio condominiale. La volontà collettiva, regolarmente espressa in assemblea, volta ad escludere siffatto uso, non si pone, pertanto, come contraria al diritto dei singoli condomini sul bene comune, perché quest’ultimo è tale finché assolva, a beneficio di tutti i partecipanti, la sua funzione; e questa, a sua volta, rientra nella signoria dell’assemblea, la quale come può attuarla istituendo il relativo servizio comune, così può sopprimerla con l’unico limite di non incidere sulle proprietà esclusive, cioè sulle parti dell’impianto di proprietà individuale.

Nel caso in esame, non si tratta, pertanto, di impedire il godimento individuale di un bene comune, ma di non dar luogo ad un servizio la cui attivazione o prosecuzione non può essere imposta dal singolo partecipante per il solo fatto di essere comproprietario delle cose che ne costituiscono l’impianto materiale.

2. – Con il secondo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e la falsa applicazione dell’art.343 c.p.c., deducendo l’omessa pronuncia sull’appello incidentale del condominio, che aveva lamentato, a sua volta, che il giudice di pace non aveva motivato in punto di eccezione di nullità della citazione, per incertezza della domanda, ai sensi degli artt.163, n.3 e 164, comma 1 c.p.c..

Parte ricorrente precisa, al riguardo, che l’attuale suo interesse a rilevare tale vizio della sentenza di secondo grado risiederebbe in ciò, che avendo eccepito in allora l’inammissibilità dell’appello incidentale, una pronuncia in tal senso, in una con la reiezione della domanda di condanna per responsabilità aggravata ex art.96 c.p.c. pure proposta da parte appellata, avrebbe condotto ad una diversa statuizione sulle spese, legittimandone la compensazione.

2.1. – Il motivo è inammissibile perché supportato soltanto dell’interesse ad un diverso e più favorevole regolamento delle spese di lite, senza tuttavia che tale capo della decisione d’appello sia stato direttamente impugnato; ne consegue che non vi è la necessaria corrispondenza tra interesse al (motivo di) ricorso e statuizione aggredita.

3. – In conclusione, il ricorso va respinto.

4. – Infine, il controricorso presentato dall’amministratore del condominio intimato è inammissibile, non essendo stata depositata nell’apposito termine fissato da questa Corte alcuna delibera condominiale di autorizzazione e ratifica. Pertanto, e in difetto di altra attività difensiva della parte intimata, nulla va disposto sulle spese.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

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