La giurisdizione in materia di diritto sportivo (D. Giannelli)

 

LA GIURISDIZIONE IN MATERIA DI DIRITTO SPORTIVO

Domenico Giannelli

 

 

L’ordinamento sportivo inteso quale insieme organico di regole, tecniche, disciplinari, applicabili alle federazioni sportive, integra uno degli ordinamenti giuridici autonomi operanti all’interno del nostro ordinamento, vede la vertice il CONI cui fanno capo le varie federazioni sportive.

La sua autonomia è stata consacrata dall’art 1 del dl 230/2003 convertito nella legge280/2003 a norma del quale” La Repubblica  riconosce e favorisce l’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpionico Internazionale”.

Lo stesso articolo soggiunge al comma2  che “ i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base la principio dell’autonomia salvo i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.

L’ordinamento sportivo, pertanto, si caratterizza per aver istituito un proprio sistema di giustizia con organi muniti di competenze specifiche nel dirimere le controversie fra federazioni sportive e atleti entro tempi ragionevoli cioè tali da garantire al sistema quella continuità d’azione ritenuta compromessa dalla giustizia ordinaria alquanto lenta e a volte sommaria.

Prima del varo della legge 280/2003 che ha innovato il sistema di giustizia sportiva, assumeva rilievo il cosiddetto vincolo di giustizia, consistente nell’inserimento all’interno degli statuti e dei regolamenti delle federazioni sportive, di clausole compromissorie che imponevano alle società e ai singoli associati, di adire gli organi della giustizia sportiva per controversie attinenti all’attività sportiva.

 Tale sistema, disciplinato, tra l’altro dall’art. 27 dello Statuto della Federazione italiana giuoco calcio, implicava l’accettazione di decisioni assunte dagli organi federali privando i soggetti coinvolti in un’eventuale controversia della facoltà di rivolgersi alle autorità giurisdizionali ordinarie per la composizione della medesima

 I regolamenti delle varie federazioni, tuttavia, limitavano l’ambito della giustizia sportiva alle controversie disciplinari tecniche economiche ed amministrative , tali da incidere sull’ordinamento sportivo.

Il vincolo di giustizia era destinato a venir meno in presenza di decisioni che implicavano la risoluzione di controversie la lesione di posizioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi o interessi legittimi) che finiscono stante la loro natura, per avere una tutela piu’ intensa con il ricorso alle autorita’ giurisdizionali ordinarie. Anche precedentemente all’entrata in vigore della legge280/2003 la question  complessa e di gran rilevanza consisteva nel verificare quali fattispecie fossero da ricondurre nell’alveo dell’ordinamento sportivo con tutte le conseguenze che ne derivavano e quali fossero invece rilevanti solo per la giurisdizione statuale.

Il problema si poneva in particolare, in dottrina giurisprudenza, per le decisioni su sanzioni disciplinari.

E’ evidente come rilevava qualche autore, che la sanzione disciplinare sportiva di rado finisce per coinvolgere posizioni di status soggettivi.

Nelle vicende riguardanti a sanzioni disciplinari, dottrina giurisprudenza ha tentato d’individuare i possibili parametri oggettivi di valutazione di volta in volta riconosciuti all’entità della sanzione alla sua durata e agli effetti prodotti sulla sfera giuridica, soggettiva del destinatario.

E’stata attribuita, ad esempio, alla cognizione del giudice amministrativo, la decisione avente ad oggetto l’imposizione della sanzione disciplinare avente ad oggetto la sospensione da ogni attività ippica per un periodo di sei mesi, giacche’ impedendo l’esercizio di un’attivita’ economica imprenditoriale, non esaurisce la sua incidenza nell’ ambito meramente sportivo, ma impinge nell’ ordinamento statuale ( cfr sul punto  Tar Emilia Romagna nr 178/1998).

 Nella pronuncia 958 /2003 il Tar Sicilia Catania attribuiva al giudice amministrativo la giurisdizione sulla squalifica per un giorno di un calciatore .

Appariva difficile e appare ancora oggi, nonostante l’intervento legislativo del 2003 definire soprattutto in materia disciplinare le situazioni di cognizione dei giudici statuali e quelle delle giurisdizioni sportive essendoci dei casi in cui c’è un intreccio a mo’ di nodo gordiano tra gli atti rilevanza meramente sportiva e quelli che rifluiscono nell’ordinamento generale dello Stato.

Secondo un’interpretazione finora prevalente offerta dal Tar Lazio (competente in via funzionale e inderogabile ex art 3 comma 2 dl 220/2003 convertito in legge 280/2003 , in applicazione del principio d’autonomia dell’ordinamento sportivo da quello statuale, la giurisdizione è del giudice amministrativo  ogni qualvolta  la sanzione non esaurisca i suoi effetti all’ interno dell’ ordinamento sportivo”( cosi’ Tar Lazio  sez III 12 aprile 2007 n 1664).

 In applicazione di tale assunto si riteneva che rientrasse nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto la sanzione disciplinare della squalifica del campo di calcio, inflitta a una societa’ calcistica, (nell’ ispecie il Catania Calcio s.p.a.) con l’obbligo di giocare in campo neutro e a porte chiuse le gare casalinghe, tenendo conto che tale provvedimento rileva anche al di fuori dell’ambito sportivo, parimenti per la sanzione disciplinare della penalizzazione in classifica ( Tar Sicilia Catania sez IV19 aprile2007 nr. 649).

 Il CGA 8 novembre 2007 nr 1048 precisava invece , andando di contrario avviso alla pronunzia summenzionata che sulle sanzioni disciplinari vi è difetto assoluto di giurisdizione del ga e del go in quanto tali situazioni sono riservate dal legislatore alla giustizia sportiva.

Il corollario e’ che nessuna violazione di norme sportive potra’ considerarsi rilevante per l’ordinamento statuale , e che nessun rilevo va attribuito, ai fini della giurisdizione, alle conseguenze ultronee che possano indirettamente rilevare anche se patrimonialmente rilevanti. Secondo tale pronunzia il legislatore ha optato per una soluzione netta, nell’ovvia consapevolezza  che l’applicazione d’una norma regolamentare sportiva ovvero l’irrogazione d’una sanzione sportiva hanno normalmente grosso rilievo patrimoniale indiretto; e tale scelta l’interprete e’ tenuto a dover applicare senza poter sovrapporre la propria discrezionalita’ a quella  legislativa esercitata dal Parlamento.

Non appare  costituzionalmente incompatibile, secondo i giudici  siciliani, la scelta del legislatore  ordinario, di stabilire che, quando un imprenditore decida d’operare  nel settore dello sport, resti interamente ed esclusivamente  sottoposto  alla  disciplina interna dell’ ordinamento sportivo.

Di particolare rilevanza risulta  la recente pronuncia del Tar Lazio 2472/2008 intervenuta sul ricorso promosso  dal sig Moggi avverso la decisione della Commissione D’Appello Federale, dell’inibizione per cinque anni dai ranghi federali, con proposta al Presidente Federale di preclusione alla permanenza in qualunque rango categoria della FIGC e l’ammenda di € 50.000 per illecito sportivo commesso nel periodo in cui era direttore generale della F.C Juventus s.p.a.

Il tribunale capitolino ha dovuto pronunciarsi sull’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata sull’assunto che oggetto del gravame e’ una sanzione disciplinare sportiva, destinata ad esaurire i propri effetti nell’ambito dell’ordinamento settoriale, con conseguente irrilevanza per l’ordinamento statale alla stregua di quanto disposto dall’art. 2 comma 1 lettera b Dl 19 agosto 2003 nr 220 convertito con modificazioni nella legge 280/2003.

Andando di contrario avviso rispetto a CGA 8 novembre 2007 nr 1048 il Collegio romano sostiene che” autonomia sta a significare inibizione per un ordinamento giuridico d’interferire con le proprie regole e i propri strumenti attuativi in un ambito normativamente riservato ad altro ordinamento coesistente ( nella specie quello sportivo) ma a condizione che gli atti e le pronunce in detto ambito intervenuti, esauriscano in esso i propri effetti”. Il che non e’ quando, come nel caso di specie, la materia del contendere e’ costituita da valutazioni apprezzamenti personali, che a prescindere dalla qualifica rivestita dal soggetto e dal settore in cui egli ha svolto la sua attivita’, investono con immediatezza diritti fondamentali dello stesso in quanto uomo cittadino, con conseguenze lesive della sua onorabilita’ e riflessi nell’ ordinamento sociale.

Di particolare interesse una recentissima pronuncia amministrativa (Consiglio di Stato, sez. VI, 24 gennaio 2012, n.302) che ha statuito che . “Il d.l. n. 220 del 2003 prevede tre forme di tutela: una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata alla cognizione del giudice ordinario; una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2, non apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”; una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) – demandati al giudice ordinario – , per altro verso non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2, d.l. n. 220 del 2003, sono riservate all’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva. In relazione alla sottoponibilità a procedimento disciplinare di un tecnico che non fa più parte dell’ordinamento sportivo perché già dimessosi, i momenti ai quali occorre fare riferimento sono quello in cui il fatto contestato all’interessato si è verificato e quello in cui vi è la relativa contestazione con l’inizio del procedimento disciplinare (momenti, nel caso in esame, precedenti alle dimissioni), poiché l’esercizio del potere sanzionatorio trova i suoi presupposti su tali circostanze (non potendosi comunque ammettere che le dimissioni siano rassegnate al fine precipuo di impedire o interrompere il procedimento disciplinare”

 

 

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