La prestazione dei servizi nell’ordinamento italiano ed europeo (I. Maione)

 

 

LA PRESTAZIONE DEI SERVIZI NELL’ORDINAMENTO ITALIANO ED EUROPEO

Immacolata Maione

 

 

Sommario:1. Premessa – 2. I servizi pubblici statali – 3. Appalto e concessione di lavori e servizi pubblici –  4.Il Codice del consumo – 5. Il contratto di servizi e la carta dei servizi – 6. Le clausole vessatorie – 7. Considerazioni conclusive.

 

 

1.Premessa.

In via preliminare occorre evidenziare la definizione giuridico-economica di servizio, con cui si intende ogni attività o vantaggio che una parte può scambiare con un’altra e la cui natura è essenzialmente intangibile, non implicante la nozione di proprietà. Ciò appare perfettamente coerente con il principio comunitario di neutralità proprietaria ex art.106 TFUE, secondo cui la condizione organizzativa necessaria a realizzare l’obiettivo perseguito dal servizio non assume valore decisivo nel libero mercato, avendo invece rilevanza le condizioni di accesso alla concorrenza nella produzione di beni e servizi. Più in generale ancora, occorre evidenziare che il mercato di libera concorrenza nella prestazione dei servizi si inquadra nella visione più ampia di mercato comune europeo, all’interno del quale è garantita la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi[1]. La libertà di stabilimento, più precisamente, investe qualsiasi attività economica svolta in regime di non subordinazione e con carattere di stabilità, consentendo ad ogni cittadino comunitario di trasferirsi in uno Stato membro diverso da quello di origine per accedere alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché per costituire e gestire imprese industriali, artigianali, commerciali o agricole e società (purchè non trattasi di attività dirette all’esercizio di pubblici poteri). Parimenti, nella libera circolazione dei servizi si consente ai soggetti di svolgere attività economiche non salariate nel territorio comunitario non trasferendosi fisicamente ed in maniera stabile in un altro Stato membro ma mantenendo la residenza e rivolgendo l’attività a soggetti destinatari della prestazione, stabiliti in uno Stato membro diverso da quello di origine[2].

Ciò posto, la ratio di questa normativa in tema di libera circolazione dei servizi  evita che un soggetto che effettua dette attività nel territorio comunitario si possa vedere imporre il rispetto di regole diverse nello Stato membro in cui opera. Ne consegue che il controllo dell’attività deve in linea di principio deve essere limitato al rispetto della normativa dello Stato d’origine (home country control)[3]. 

 

2.I servizi pubblici statali.

Questa condizione di principio è poi contraddetta da scelte di diritto positivo interne, in cui trovano asilo argomentazioni come l’universalità del servizio e la necessaria predisposizione di controlli a fini sociali. Difatti si opinava che i servizi destinati al soddisfacimento di bisogni avvertiti come generali dalla collettività, c.d. servizi pubblici, trovassero migliore realizzazione se oggetto di gestione diretta da parte dello Stato. A partire dagli anni ’80, a seguito del progresso tecnologico in alcuni segmenti di settore e dell’aumento considerevole della domanda di servizi da parte degli utenti, si è evidenziato, tra l’altro, un certo superamento dei vincoli connessi alla unicità delle infrastrutture. Parimenti, mentre nell’ordinamento giuridico italiano la nozione di servizio pubblico è stata intesa in un duplice senso e cioè, da un lato fa riferimento all’ente incaricato dell’erogazione del servizio e dall’altro, invece, alla particolare missione di interesse generale cui il servizio stesso è rivolto, in ambito comunitario, non sussiste una categoria di servizio pubblico corrispondente in modo puntuale a quella propria del nostro diritto interno. L’unica categoria concettuale coniata dal diritto comunitario nel Libro Verde del 2003 e nella Relazione del Consiglio di Laeken del 2001 riguarda i servizi di interesse generale. Con tale espressione ci si riferisce ad una categoria di servizi forniti dietro retribuzione o meno, considerati di interesse economico generale dalle autorità pubbliche. Ne segue, tra l’altro, che la differenza tra i servizi di interesse economico generale e servizi universali è molto sottile: mentre i servizi di interesse economico generale presuppongono limiti alla concorrenza per il perseguimento di specifiche missioni determinate dagli stati membri, i servizi universali dispongono degli stessi  limiti alla concorrenza in virtù di missioni che sono già definite a livello comunitario. Nell’ambito dei pubblici servizi gestiti, dunque, in ambito statale e comunitario, è da menzionare il Codice dei Contratti Pubblici relativi a lavori, forniture e servizi[4](ex D.lgs.n.163/2006). Esso è stato emanato in attuazione della direttiva 2004/18/Ce,  e si prevede che l’affidamento di lavori, servizi e forniture debba garantire la qualità delle prestazioni nonchè svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, libera concorrenza e non discriminazione. Le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture avvengono mediante appalto; più precisamente, l’art.3, comma 6 del Codice definisce gli appalti pubblici quali contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi.

 

3. Appalto e concessione di lavori e servizi pubblici.

L’appalto rientra nella categoria dei contratti di lavoro e precisamente in quella categoria di contratti che hanno per oggetto non già la prestazione di un’attività lavorativa (locatio operarum), ma la prestazione di un risultato dell’attività lavorativa stessa (locatio operis). La organizzazione di mezzi e la gestione a proprio rischio permettono immediatamente di cogliere il nesso di interdipendenza che sussiste tra appalto ed impresa. Parimenti, il Codice dei Contratti Pubblici, all’art.3[5], opera una ulteriore distinzione tra concessioni ed appalti di lavori e servizi pubblici: ciò che muta è il contenuto del sinallagma tra le parti: a fronte, cioè, della realizzazione dell’opera ovvero dell’erogazione del servizio il concessionario si assume il rischio della gestione. Sotto un diverso profilo, un’altra forma di affidamento dei servizi senza ricorrere al sistema del contracting out che fa riferimento al mercato esterno, è quella relativa all’affidamento diretto (in house providing), che consiste nella partecipazione pubblica al capitale di una società che può essere totale, maggioritaria ovvero minoritaria. Di dovere è il riferimento all’art.113 del TUEL[6] (Testo unico sugli enti locali, ex D.lgs n.267/2000) che disciplina l’erogazione di servizi pubblici aventi rilevanza economica, la cui gestione (ma non proprietà di reti che rimane imputabile all’ente locale) può avere luogo a mezzo di società con capitale privato, ovvero a mezzo di società con capitale misto pubblico privato ed infine, a mezzo di società a capitale interamente pubblico, rispondenti al particolare modello in house providing. A tal riguardo, trattasi di un affidamento diretto ad una società non terza, ma direttamente controllata; tali appalti in house, secondo la normativa comunitaria, vengono infatti aggiudicati all’interno della pubblica amministrazione, ad esempio tra un’amministrazione centrale ed una locale o, ancora, tra un’amministrazione ed una società interamente controllata.   

 

4.Il Codice del consumo.

Ciò posto, ad onta di talune analogie disciplinari e funzionali valevoli sia per la prestazione del servizio tra le parti private (professionista consumatore) ,che tra ente pubblico e collettività di utenti, si giunge ad avere, tramite l’adozione del Codice del Consumo, una interpretazione elastica del concetto di contratto (ex art.1321 c.c.: “l’accordo di due o più parti volto a costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale), tendendo ad una equiparazione tra utenti privati ed utenti di pubblici servizi. A tal riguardo è da menzionare una sentenza della Corte Costituzionale n.172/2010[7] che ha dichiarato legittima una legge regionale del Veneto in cui si prevedeva una procedura di conciliazione non obbligatoria per le controversie insorgenti ogniqualvolta un utente del servizio sanitario lamentasse una responsabilità della struttura pubblica o privata convenzionata. Tale procedimento di transazione di stampo privato è stato successivamente impugnato dal Governo per illegittimità costituzionale lesiva del limite dell’ordinamento civile, ex art.117, 2°co.Cost., secondo cui la legislazione regionale è esclusa dall’ambito del diritto privato. Ciò nonostante, la Corte si è pronunciata a favore della legge regionale, in virtù di una previsione da parte della Regione dell’istituto della conciliazione in via non obbligatoria ma facoltativa. Allo stesso modo, una precedente sentenza della Corte Costituzionale n.335/2008[8] ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni in materia di risorse idriche nella parte in cui prevedevano che la quota tributaria del servizio idrico, riferita alla depurazione delle acque, fosse dovuta dagli utenti anche nel caso in cui mancassero gli impianti di depurazione. Da quanto detto si desume che la ratio di tale massima è che il legislatore non può sganciare dalla logica del rapporto contrattuale il pubblico servizio. Difatti, prima degli anni ’90 l’utente era tenuto a pagare (senza rimedio contrattuale sinallagmatico) una quota di servizio comunale per un servizio idrico che non sussisteva (visione pubblicistica); tuttavia, tale logica tributaria di finanziamento è stata dichiarata irragionevole dalla Corte costituzionale. Questo perché, nel caso di specie, non c’è controparte contro cui l’utente potrebbe eccepire i suoi rimedi contrattuali sinallagmatici (come l’eccezione di inadempimento), né può l’utente medesimo verificare il livello qualitativo del servizio.

 

5. Il contratto di servizi e la carta dei servizi.  

L’art.101 del Codice del Consumo fa riferimento, in relazione all’erogazione di pubblici servizi, a nuovi rimedi normativi contrattuali che il legislatore codicistico in materia civile ignorava, ma che in virtù dell’autonomia delle parti contrattuali (principio prettamente codicistico) gli operatori possono applicare in modo legittimo per gli utenti. A tal riguardo, sono da menzionare la Carta dei servizi e i contratti di servizi. La carta dei servizi[9] è il mezzo attraverso il quale il soggetto che eroga un servizio pubblico individua gli standard qualitativi e quantitativi da garantire all’utente il quale, in caso di mancanza, potrà esperire rimedi in forma specifica, quali indennizzi, forme di conciliazione alternativa ed il risarcimento. Pertanto, la procedura vuole che il gestore concordi la carta (che ingloba i settori del trasporto, postale, dell’energia ed idrico) con apposite associazioni di consumatori, inserendo clausole minime di tutela da riconoscere anche nei singoli contratti di utenza. Parimenti, il contratto di servizio[10] è un contratto stipulato tra l’ente pubblico e il gestore del servizio, scelto tramite pubblica gara, la cui struttura si compone dell’indicazione della durata e dei tempi del contratto, dell’oggetto e degli obbiettivi del contratto, degli obblighi a carico del concessionario e i relativi obblighi a carico dei concedenti, delle tariffe, dei sistemi di monitoraggio ed infine dei sistemi sanzionatori e delle cause di estinzione del rapporto contrattuale. Occorre evidenziare che nel contratto di servizio si inserisce la clausola a favore di terzi ex art.1411 c.c. che pone diritti a favore di utenti, gravanti sul gestore; si pensi, a mero titolo esemplificativo, alla prassi utilizzata nel trasporto pubblico ferroviario, in caso dei ritardi delle linee dei pendolari. Nel seguente contratto di servizio, il gestore potrà riconoscere, in caso di superamento di una soglia di gravità derivante da disagi, un mese gratuito di abbonamenti.    

 

6.Le clausole vessatorie.

Alla luce delle considerazioni anzidette è inoltre necessario soffermarsi sulla tutela che l’utente-consumatore può usufruire nei rapporti di libera prestazione dei servizi. Quanto alla natura giuridica, per consumatore deve intendersi solo la persona fisica  la cui caratteristica principale è la estraneità degli scopi perseguiti con il contratto all’attività professionale o imprenditoriale svolta[11]. Di conseguenza, il professionista è colui che svolge una professione intellettuale oppure un’attività di impresa. Pertanto, in virtù della natura delle posizioni giuridiche appena evidenziate, quando viene a stipularsi un contratto con il consumatore, spesso la parte che ha maggiori competenze e conoscenze tecniche tende ad inserirvi alcune clausole che, rispetto alla controparte, la favoriscono maggiormente, conferendole maggiori privilegi. Ad ogni modo, prima del ’96 bastavano una serie di sottoscrizioni, con cui il consumatore perdeva ogni possibilità di poter far valere i propri diritti. Successivamente, la disciplina codicistica è intervenuta a favore del consumatore (con introduzione degli artt.1469 bis e ss. in attuazione della direttiva n.93/13/Ce), che ha reso invalido il contratto tra prestatore del servizio/fornitore e utente/consumatore, che contenga al suo interno clausole vessatorie per il consumatore.Da quanto detto si rileva che sono vessatorie le clausole contrattuali che malgrado la buona fede determinano un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi  derivanti dal contratto; da ciò discende anche che la vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione.

 

7. Considerazioni conclusive.

In generale, l’attività imprenditoriale può essere diretta a soddisfare i bisogni del mercato generale mediante la prestazione di un risultato, sia che questo risultato consista nel compimento di una data opera, sia invece che consista nella prestazione di un servizio; questa funzione si realizza attraverso contratti diversi, i quali, pur rientrando in un’unica categoria (quella della locatio operis), essenzialmente si differenziano in funzione del risultato prestato o in funzione dei mezzi impiegati per la realizzazione del risultato stesso. A tal riguardo, rientrano in questa categoria, oltre il contratto d’appalto, anche il contratto d’opera, di trasporto, di vendita dei pacchetti turistici, di mediazione, di subfornitura, di mandato ed infine di agenzia[12] (si pensi al settore degli agenti di viaggio  ovvero assicurativi, in favore dei quali il D.lgs n.392/91 disciplina l’esercizio effettivo della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi nei Paesi membri dell’Ue). Ne consegue, anche da un profilo marcatamente comunitario, che i suddetti servizi vengono inglobati in mercato non solo nazionale interno ma comune, le cui eccezioni  limitative alla circolazione possono essere giustificate tramite l’adozione da parte degli Stati membri dell’Ue di misure distintamente ed indistintamente applicabili che tutelino la sicurezza interna, l’ordine pubblico e la salute collettiva, nonché che facciano riferimento ad esigenze imperative connesse all’interesse generale (art 30 Ce), non salvaguardate dall’applicazione della legge dello Stato di origine del servizio. Alla luce anche delle considerazioni fatte sull’utilizzo dei principi contrattuali e di equità tra prestatore di un servizio ed utente può dunque concludersi che, sia a livello comunitario che nazionale si tende a garantire un ampio sistema di liberalizzazioni, salvo opportune deroghe, che garantiscano una libera fornitura di servizi tra le parti, salvaguardando parimenti un rapporto giuridico contrattuale fondato sulla trasparenza, correttezza ed equità.   

 


[1] G.Strozzi, Diritto dell’Unione Europea. Parte speciale, Torino 2009, 219 ss.

[2] G.Strozzi, Diritto dell’Unione Europea. Parte speciale, cit, 227 ss.

[3] G.Strozzi, Diritto dell’Unione Europea. Parte speciale, cit, 203 ss.

[4] Codice degli Appalti (Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. GU n. 100 del 2-5-2006 – Suppl. Ordinario n.107) in www.altalex.it

[5] Codice degli Appalti (Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. GU n. 100 del 2-5-2006 – Suppl. Ordinario n.107), cit.

[6] R.Garofoli, Manuale di diritto amministrativo, Roma 2010, 209 ss.

[7] Donato Centrone, Il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti su contratti di consulenza e collaborazione affidati dalle Regioni (commento a Corte cost., 10 maggio 2010, n. 172) in www.neldiritto.it

[8] Enrico T. Panero, Note a sentenza Corte Costituzionale – n. 335/08  in www.acquabenecomune.org

[9] Giuliano Nicolini, Le carte dei servizi degli enti locali: caratteristiche e implicazioni organizzative, in db.formez.it

[10] Il contratto di servizio nella riforma dei servizi pubblici locali, in db.formez.it

[11] Codice del Consumo, in www.altalex.it

[12] F.Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli 2009, 1167 ss.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here