È incostituzionale la limitazione risarcitoria per i pacchetti turistici Corte Costituzionale, 30 marzo 2012, n. 75

 

È INCOSTITUZIONALE LA LIMITAZIONE RISARCITORIA PER I PACCHETTI TURISTICI

Corte Costituzionale, 30 marzo 2012, n. 75

 

Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 111 del 1995, nella parte in cui, in violazione dei criteri della legge delega, ha fissato un limite all’obbligo risarcitorio per danni alla persona, attraverso il richiamo della Convenzione di Bruxelles (CCV), limite non prefigurato dalla legge delega.

 

 

Corte Costituzionale, 30 marzo 2012, n. 75

(Pres. Quaranta – Rel. Tesauro)

 

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 15 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111 (Attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso»), promosso dal Tribunale ordinario di Verona nel procedimento vertente tra A.M.L. ed altra e la Sprintours s.p.a. ed altra, con ordinanza del 6 luglio 2010, iscritta al n. 193 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visti gli atti di costituzione di A.M.L. ed altra (fuori termine) e della Sprintours s.p.a. ed altra, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2012 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

uditi gli avvocati Piergiorgio Bonini per A.M.L. ed altra, Carlo F. Galantini per la Sprintours s.p.a. ed altra e l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. – Il Tribunale ordinario di Verona, sezione IV civile, con ordinanza del 6 luglio 2010, iscritta al reg. ord. n. 193 del 2011, ha sollevato, in riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 15 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111 (Attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso»).

1.2.- Il rimettente premette che, con atto di citazione notificato in data 24 febbraio 2006, A.M.L. e sua moglie A.C. avevano convenuto in giudizio la Sprintours s.p.a. e la Viaggi e Cultura di L. A. per ottenere la loro condanna al risarcimento dei danni subiti nel sinistro del 17 novembre 2004, durante una vacanza. Gli attori, aderendo ad un’iniziativa di viaggio organizzato in Egitto promossa dall’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro – Unione Provinciale di Verona, avevano stipulato un contratto di viaggio “tutto compreso” con l’agenzia “Viaggi e Cultura” di A. L. di Verona, il cui oggetto era costituito dal pacchetto turistico del Tour operator Sprintours s.p.a. Tale servizio comprendeva il volo aereo, i trasferimenti da e per l’hotel a Il Cairo, il soggiorno per tre notti, l’escursione in bus ad Alessandria d’Egitto e una crociera per tre notti sul Nilo, a bordo della motonave Sprintours Tower Prestige, il tutto per la durata di otto giorni e sette notti dal 15 novembre al 22 novembre 2004.

Durante l’escursione ad Alessandria d’Egitto, l’autista, per una condotta di guida pericolosa ed imprudente, aveva perso il controllo del mezzo a causa dell’incidente conseguente gli attori avevano subito lesioni gravissime, consistite nella deformazione del volto e nell’amputazione del braccio destro.

1.3.- Ciò posto, il Tribunale di Verona, individua nel d.lgs. n. 111 del 1995, attuativo della direttiva europea del Consiglio 13 giugno 1990, n. 90/314/CEE concernente «Viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso“», la disciplina di legge in base alla quale valutare il ruolo e la condotta delle convenute, poiché, diversamente da quanto sostenuto da queste ultime (che ritenevano applicabile la Convenzione di Bruxelles, ratificata con la legge 27 dicembre 1977, n. 1084 – Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV), firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970), tale normativa troverebbe applicazione nel caso di pacchetto di viaggio “tutto compreso” venduto od offerto in vendita nel territorio della Comunità, come confermato dal d.lgs. n. 111 del 1995, citato.

Il rimettente, inoltre, risolve le difficoltà di coordinamento fra il d.lgs. in oggetto e la convenzione sul contratto di viaggio firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970 (CCV), assumendo che il primo e non la seconda disciplina i pacchetti turistici “tutto compreso”, fattispecie distinta dal contratto di organizzazione (art. 5 e seguenti) o di intermediazione (art. 17 e seguenti) di viaggio di cui alla Convenzione.

Nel primo caso le prestazioni ed i servizi verrebbero in rilievo separatamente configurando diversi tipi di rapporto, prevalendo gli aspetti dell’organizzazione e dell’intermediazione, mentre nel caso di viaggio vacanza “tutto compreso” (c.d. package) si determinerebbe una prefissata combinazione di almeno due degli elementi costituiti dal trasporto, dall’alloggio e da servizi turistici agli stessi non accessori (visite, escursioni con guide turistiche, ecc.) costituenti parte significativa del «pacchetto turistico», con durata superiore alle 24 ore (d.lgs. n. 111 del 1995, art. 2 e seguenti, ora trasfusi nell’art. 84 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo, a norma dell’articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229). Tale pluralità di servizi connoterebbe dunque la diversa finalità del tipo contrattuale.

1.4.- Sotto il profilo della rilevanza il giudice rimettente assume che, alla luce della disciplina applicabile al caso in esame, ben possa essere affermata la responsabilità per il sinistro occorso agli attori, quanto meno della Sprintours s.p.a., quale organizzatrice del viaggio, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 111 del 1995. Risulta pacifico, a giudizio del rimettente, sia che essa ebbe ad affidare alla Tiran Tour il trasporto, sia che l’automezzo sul quale gli attori viaggiavano era uscito di strada mentre era diretto alla località prevista dal programma di viaggio, essendo irrilevanti le dedotte circostanze della negligenza o imperizia dell’autista del pullman e della pioggia, poiché nessuno di tali fattori causali potrebbe costituire quell’elemento eccezionale o imprevedibile che varrebbe ad esonerare da responsabilità l’organizzatore del viaggio, il quale, per giurisprudenza costante, è sempre responsabile salvo che dimostri che il mancato esatto adempimento sia dipeso da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, che alla luce dell’art. 17 del medesimo d.lgs., potrebbe consistere soltanto nel fatto di un terzo a carattere imprevedibile o inevitabile ovvero nel caso fortuito o nella forza maggiore.

Ancora, ai fini della rilevanza il Tribunale osserva che l’entità economica del danno alla persona subìto dall’attore, alla luce delle conclusioni del CTU, è determinabile in euro 808.119,74, importo che risulta notevolmente superiore al limite risarcitorio previsto dall’art. 15 del d.lgs. n. 111 del 1995, nella versione vigente ratione temporis, come indicato dalla Convenzione di Bruxelles richiamata (50.000 franchi oro equivalenti nell’agosto del 2009 ad euro 313.500,00), essendo l’espressa abrogazione della norma (dapprima disposta implicitamente, per effetto del decreto-legge 8 settembre 2004, n. 237, recante «Interventi urgenti nel settore dell’aviazione civile», convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2004, n. 265) intervenuta soltanto con l’art. 17, comma 2, del decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96 (Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell’articolo 2 della L. 9 novembre 2004, n. 265).

1.5.- Ciò posto, il rimettente assume che il limite risarcitorio di cui all’art. 15, nella versione precedente al d.lgs. n. 96 del 2005 risulterebbe incompatibile con la direttiva comunitaria 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso”, poiché questa, pur consentendo agli Stati membri di ammettere che l’indennizzo «sia limitato conformemente alle convenzioni internazionali che disciplinano dette prestazioni», nel preambolo non richiamerebbe la Convenzione di Bruxelles tra le convenzioni internazionali che disciplinano alcune delle prestazioni che sono oggetto di un servizio “tutto compreso”.

Coerentemente con tale premessa l’art. 5 della direttiva, nel consentire che gli Stati membri prevedano limiti all’indennizzo, avrebbe ribadito che tali limitazioni devono essere conformi «alle convenzioni internazionali che disciplinano dette prestazioni». Tale assunto sarebbe chiarito ulteriormente dalla considerazione che non esistono, né esistevano al momento dell’adozione della direttiva 90/314/CEE, convenzioni internazionali regolanti tale fattispecie.

Il rimettente, tuttavia, precisa che siffatto contrasto tra la normativa interna e la direttiva europea non consentirebbe la «disapplicazione» della norma in esame, giacché tale evenienza potrebbe verificarsi solo alla duplice condizione che la direttiva sia dotata di efficacia diretta e che la controversia verta fra un privato ed una autorità dello Stato membro. Nel caso di specie, inoltre, neppure potrebbe soccorrere una «interpretazione conforme», non sussistendo in proposito quel «margine di discrezionalità che consente all’interprete di scegliere tra due interpretazioni possibili della norma interna (…)», a fronte della chiarezza e inequivocità dell’art. 15 del d.lgs. n. 111 del 1995 nella sua versione originaria, laddove richiama esplicitamente i limiti di debito previsti dalla CCV.

1.6.- Il Tribunale di Verona, tuttavia, dubita della legittimità costituzionale del citato art. 15 del d.lgs. n. 111 del 1995, in quanto la legge 22 febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria del 1993), delegando, tra l’altro, l’attuazione della più volte citata direttiva “Viaggi, le vacanze e circuiti tutto compreso”, aveva indicato fra i principi e criteri direttivi quello secondo cui il legislatore delegato, nel disciplinare il contratto di pacchetto turistico, avrebbe dovuto tenere conto delle disposizioni più favorevoli contenute nella legge n. 1084 del 1977 (che aveva ratificato la Convenzione di Bruxelles del 1970). La lettera b) dell’art. 24 della legge n. 146 del 1994, inoltre, aveva previsto che solo il risarcimento dei danni diversi dal danno alla persona derivanti da inadempimento o cattiva esecuzione delle prestazioni, sarebbe stato ammesso nei limiti stabiliti dalla citata legge n. 1084 del 1977.

In tale contesto normativo, il rimettente assume che il legislatore non aveva conferito nessuna delega ad introdurre limiti risarcitori per i danni alla persona, sicchè la norma censurata, con riguardo a tale previsione, si porrebbe in contrasto con gli artt. 76 e 77 della Costituzione per difetto di delega.

Questa conclusione non troverebbe ostacolo nelle argomentazioni sostenute dalle convenute, secondo cui il limite all’obbligazione risarcitoria per danni alla persona nella esecuzione di viaggi internazionali sarebbe già stato introdotto all’interno del nostro ordinamento con la legge n. 1084 del 1977, perché la convenzione da essa ratificata regolava una fattispecie diversa da quella alla quale si riferiva la direttiva 90/314/CEE. Questo, peraltro, sarebbe stato il motivo della mancata menzione della stessa nella direttiva. Pertanto, a giudizio del rimettente, il Governo delegato non avrebbe potuto trarre nessun criterio utile a contenere l’obbligo risarcitorio del “tour operator” per i danni alla persona dall’art. 5, paragrafo 2, terzo comma della citata direttiva, la quale, oltre a non richiamare la convenzione, non stabiliva limiti per danni alla persona provocati durante l’effettuazione di prestazioni di trasporto terrestre rientranti tra quelle oggetto del pacchetto turistico.

2.- Si sono costituite nel giudizio le parti private convenute nel giudizio principale, la Sprintours s.p.a. e la Viaggi e Cultura di L. A., concludendo per l’infondatezza della questione.

La difesa si incentra in particolare su due aspetti della disciplina.

2.1.- In primo luogo, si assume che, interpretando la legge delega alla luce della lettera e dello spirito della direttiva, che autorizzava l’introduzione di limiti alla responsabilità del tour operator anche in relazione ai danni alle persone, dovrebbe escludersi il vizio di eccesso di delega. Con riferimento a tale punto, la direttiva comunitaria prevedeva all’art. 5, comma 2, che «Per quanto riguarda i danni derivanti dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del servizio tutto compreso, gli Stati membri possono ammettere che l’indennizzo sia limitato conformemente alle convenzioni internazionali che disciplinano dette prestazioni.». Pertanto il legislatore delegato poteva senza dubbio fare riferimento ad una convenzione internazionale che disciplinava le prestazioni incluse nel pacchetto.

2.2.- Le parti private contestano, inoltre, l’argomento a contrario speso dal rimettente con riferimento al richiamo espresso della legge comunitaria ai danni alle cose. La specificità della disposizione, infatti, lungi dal circoscrivere l’applicabilità della legge n. 1084 del 1977, si sarebbe giustificata in ragione dell’ampiezza attribuita dalla direttiva al riguardo, allorché consentiva deroghe contrattuali nel limite della ragionevolezza. In questo caso, il legislatore avrebbe inteso approntare una maggior tutela del consumatore, attraverso un limite risarcitorio fissato nel massimo normativamente, necessità che non si sarebbe presentata per i danni alle persone, per i quali la direttiva già faceva riferimento alle convenzioni internazionali. A conforto di ciò la difesa cita la relazione sul recepimento della direttiva nella legislazione nazionale degli Stati membri redatta dalla Commissione europea, nella quale l’opzione scelta dal legislatore italiano in proposito non risulta essere contestata, attraverso una procedura di infrazione, diversamente da quanto invece sarebbe accaduto con l’obbligo di istituzione del fondo di garanzia.

Il legislatore delegato sarebbe, dunque, stato autorizzato ad inserire una normativa precedente, quale quella di ratifica della Convenzione di Bruxelles, che peraltro riguardava “qualunque contratto di viaggio concluso da un organizzatore di viaggi o da un intermediario di viaggi”, e quindi anche il pacchetto “tutto compreso”, in quanto le differenze applicative, oltre a risultare “labili da un punto di vista logico-sistematico”, si rivelerebbero marginali proprio in materia di limitazione dell’obbligazione risarcitoria del tour operator. Posizione, questa, che sarebbe stata fatta propria anche da alcuni commentatori, che avevano individuato nella convenzione «una fonte normativa idonea ad integrare le lacune della disciplina comunitaria nella materia contrattuale dei viaggi e soggiorni organizzati».

Conseguentemente, la difesa conclude che all’epoca del sinistro la materia dei viaggi sarebbe stata soggetta a due normative: quella della legge di esecuzione della CCV (legge n. 1084 del 1977) e quella del d.lgs. n. 111 del 1995, per cui non si potrebbe validamente ritenere che nel dare attuazione alla direttiva comunitaria da parte del Governo italiano vi sia stato un eccesso di delega, proprio in quanto il limite per i danni alla persona era già previsto all’interno del nostro ordinamento con un provvedimento di rango legislativo.

3.- Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l’inammissibilità e per l’infondatezza della questione sollevata.

L’Avvocatura dello Stato osserva preliminarmente che il giudice a quo non avrebbe avuto il potere di interpretare in via definitiva il diritto comunitario, ed avrebbe dovuto sperimentare, quanto alla compatibilità della norma censurata con la direttiva, un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Inoltre, non essendo la Corte competente «ad enunciare essa l’interpretazione delle norme comunitarie assunte come norme interposte integranti i parametri costituzionali invocati dal giudice rimettente (qui, gli artt. 76 e 77)» la questione sarebbe inammissibile.

Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri, deduce l’infondatezza della questione in quanto la risarcibilità del “danno da vacanza rovinata”, di natura non patrimoniale, troverebbe il proprio fondamento nella legge n. 1084 del 1977, perché dall’introduzione nel nostro ordinamento della successiva normativa comunitaria non deriverebbe l’abrogazione della Convenzione di Bruxelles, ratificata con la citata legge.

4.- Si sono costituite tardivamente in giudizio le parti attrici nel processo principale, chiedendo alla Corte la rimessione in termini, e concludendo nel merito per la pronuncia di illegittimità costituzionale.

 

Considerato in diritto

 

1.- Il Tribunale ordinario di Verona censura l’art. 15 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111 (Attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso»), nel testo vigente ratione temporis, prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96 (Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell’articolo 2 della L. 9 novembre 2004, n. 265), nella parte in cui introduce quale limite all’obbligazione risarcitoria per i danni alla persona, derivanti dall’inadempimento o dalla inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto di un servizio viaggi con la formula “tutto compreso”, l’ammontare di 50.000 franchi-oro (corrispondenti a circa euro 313.500,00), previsto dalla Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio, firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970, e ratificata con legge 27 dicembre 1977, n. 1084 (Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio – CCV). Il danno quantificato nel giudizio principale ammonta a circa euro 808.119,74.

1.1.- Secondo il giudice a quo, la disposizione censurata sarebbe stata adottata in difformità dei principi e criteri direttivi contenuti nell’art. 24 della legge delega 22 febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria del 1993). A suo avviso, tale legge, delegando l’attuazione della direttiva del Consiglio 90/314/CEE concernente i «Viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso”», aveva infatti indicato fra i principi e criteri direttivi quello secondo cui il legislatore delegato, nel disciplinare il contratto di pacchetto turistico, avrebbe dovuto tenere conto delle disposizioni più favorevoli contenute nella legge n. 1084 del 1977. In particolare l’art. 24 della legge delega aveva previsto che solo il risarcimento dei danni diversi dal danno alla persona, derivanti da inadempimento o cattiva esecuzione delle prestazioni, avrebbe dovuto essere ammesso nei limiti stabiliti dalla citata legge di ratifica della Convenzione di Bruxelles. La disposizione censurata, pertanto, violerebbe gli artt. 76 e 77 della Costituzione per difetto di delega.

2.- Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio delle parti attrici nel processo principale, in quanto effettuata oltre il termine stabilito dall’art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). Tale termine, per costante orientamento di questa Corte, è perentorio (ex multis, sentenze n. 190 del 2006 e n. 257 del 2007) e non sussistono le condizioni per l’accoglimento dell’istanza di rimessione in termini avanzata.

3.- L’Avvocatura generale dello Stato ha, poi, eccepito l’inammissibilità della questione poiché, non spettando al giudice comune il potere di interpretare in via definitiva il diritto dell’Unione europea, il Tribunale di Verona non avrebbe potuto, senza prima avere esperito il rimedio del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, affrontare il tema della compatibilità della norma censurata con la direttiva 90/314/CEE, assunta come norma che integrerebbe gli artt. 76 e 77 della Costituzione.

La questione sarebbe inammissibile anche perché neppure questa Corte potrebbe interpretare in via definitiva una direttiva comunitaria.

3.1.- L’eccezione non è fondata. Alla stregua della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e di questa Corte, sono ormai stati definiti con chiarezza i ruoli che, rispetto al rinvio pregiudiziale d’interpretazione, prefigurato dall’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), sono attribuiti ai giudici nazionali comuni, alla Corte costituzionale ed alla Corte di giustizia. I giudici nazionali le cui decisioni sono impugnabili hanno il compito di interpretare il diritto comunitario e se hanno un dubbio sulla corretta interpretazione hanno la facoltà e non l’obbligo di operare il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per ottenerla e farne applicazione, se necessario a preferenza delle contrastanti norme nazionali. Il giudice di ultima istanza, viceversa, ha l’obbligo di operare il rinvio, a meno che non si tratti di una interpretazione consolidata e in termini o di una norma comunitaria che non lascia adito a dubbi interpretativi (Corte di giustizia, CILFIT S.r.l. ed altri contro il Ministero della sanità, causa C-283/81, sentenza 6 ottobre 1982). Quanto alla Corte costituzionale, essa, con l’ordinanza n. 103 del 2008, ha chiarito il suo ruolo alla stregua dell’art. 267 del TFUE in un giudizio principale, conservando la propria competenza ad interpretare il diritto comunitario quando non sia necessario il rinvio alla Corte di giustizia. La questione pregiudiziale di legittimità costituzionale sarebbe invece inammissibile, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ove il giudice rimettente chiedesse la verifica di costituzionalità di una norma, pur esplicitando un dubbio quanto alla corretta interpretazione di norme comunitarie ed un contrasto con queste ultime; il dubbio sulla compatibilità della norma nazionale rispetto al diritto comunitario va risolto, infatti, eventualmente con l’ausilio della Corte di giustizia, prima che sia sollevata la questione di legittimità costituzionale, pena l’irrilevanza della questione stessa (sentenze n. 284 del 2007 e n. 170 del 1984).

L’eccezione di inammissibilità dell’Avvocatura generale è pertanto sotto il profilo appena esaminato infondata. Il Tribunale di Verona aveva di sicuro la competenza ad interpretare le conferenti disposizioni della direttiva comunitaria 90/314/ CEE; e non aveva alcun obbligo di operare il rinvio alla Corte di giustizia.

Quanto all’eccezione di inammissibilità fondata sulla pretesa incompetenza di questa Corte ad interpretare la direttiva comunitaria, essa è del pari infondata. Anzitutto, la censura che il giudice rimettente ha espressamente dedotto si collega alla violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, in particolare sotto il profilo del difetto di delega legislativa ad introdurre limiti risarcitori per i danni alla persona. Poiché, tuttavia, si tratta di una delega contenuta in una legge comunitaria, quella del 1993, questa Corte non può fare a meno, preliminarmente, di interpretare la delega anche alla luce della direttiva, al fine di verificarne la compatibilità; ed è sicuro che ne abbia la piena competenza, almeno quando non avesse un dubbio interpretativo sulla normativa comunitaria che essa stessa non fosse in grado di sciogliere, ciò che nella specie non risulta.

4.- Nel merito la questione è fondata.

4.1. L’art. 15 del d.lgs. n. 111 del 1995 si inserisce in un’evoluzione normativa del modello contrattuale con finalità turistica. In particolare, con riferimento al contratto di viaggio e di intermediario di viaggio, la «Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio» (d’ora in poi CCV), firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge n. 1084 del 1977, recava una disciplina complessa, nella quale ad interventi rivolti agli operatori turistici si affiancavano norme preordinate alla tutela del viaggiatore-consumatore. La CCV, tuttavia, era stata sottoscritta da pochissimi Stati membri dell’Unione europea; ed inoltre risultava non pienamente conforme alle esigenze sociali e contrattuali che si stavano affermando a livello internazionale, orientate non tanto sulla mera intermediazione per il trasporto ed il soggiorno, quanto sulla fornitura dell’insieme di servizi funzionali al viaggio e anche non connessi strettamente ad esso.

La direttiva comunitaria n. 90/314/CEE ha invece colto queste nuove esigenze ed inteso affrontare le «notevoli divergenze tra gli Stati membri sia sul piano normativo, sia per quanto riguarda la prassi corrente», superando gli «ostacoli alla libera prestazione dei servizi tutto compreso e distorsioni di concorrenza tra gli operatori stabiliti nei diversi Stati membri» (secondo e terzo considerando della direttiva).

4.2.- La direttiva aveva delineato un articolato livello di armonizzazione delle legislazioni riguardo alle informazioni che devono essere fornite al consumatore, ai requisiti formali per i contratti di viaggio, alle norme imperative da applicare alle obbligazioni contrattuali ed infine alla tutela dei consumatori in caso di insolvenza o di fallimento dell’organizzatore del viaggio. Essa, dunque, pur lasciando un certo margine agli Stati membri quanto alla scelta dei mezzi per raggiungere il risultato da essa perseguito, imponeva di prevedere a favore dei singoli consumatori diritti il cui contenuto poteva essere determinato con sufficiente precisione, tra questi il diritto al ristoro degli eventuali danni imputabili all’organizzatore (Corte di giustizia, Dillenkofer contro Germania, causa C-178/94, sentenza 8 ottobre 1996).

4.2.1.- In particolare, la direttiva in esame consente che, «per quanto riguarda i danni derivanti dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del servizio tutto compreso, gli Stati membri posso[a]no ammettere che l’indennizzo sia limitato conformemente alle convenzioni internazionali che disciplinano dette prestazioni», di cui al 19° considerando. In quest’ultimo sono espressamente richiamate «la Convenzione di Varsavia del 1929 sul trasporto aereo internazionale, la Convenzione di Berna del 1961 sul trasporto ferroviario, la Convenzione di Atene del 1974 relativa al trasporto via mare e la Convenzione di Parigi del 1962 sulla responsabilità degli albergatori». Non risulta evocata la Convenzione di Bruxelles (CCV), con la conseguenza che nessun riferimento c’è ad un obbligo risarcitorio, e ai suoi limiti, quanto al danno alla persona a sèguito di sinistro stradale.         5.― La legge delega in esame, in quanto “legge comunitaria” diretta all’attuazione di direttive europee, stabilisce anzitutto un insieme di criteri e principi direttivi “generali” valevoli, cioè, per tutti i decreti legislativi da emanare in attuazione delle direttive di cui all’allegato. Inoltre, essa enuncia principi specifici in relazione alle singole materie, in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare. In definitiva, quindi, la “legge comunitaria” vincola il legislatore delegato in primo luogo quanto ai principi contenuti nelle direttive da attuare, poi quanto ai criteri e princìpi direttivi generali (art. 2), infine, quanto ai criteri di delega specifici, dettati in relazione alla direttiva in esame (art. 24).

5.1.- L’attuazione della direttiva n. 90/314/CEE imposta al legislatore delegato, innestandosi in un tessuto normativo che già aveva disciplinato il contratto di viaggio, ha necessariamente indicato principi e criteri direttivi speciali che hanno delimitato in maniera assai significativa lo spazio di discrezionalità del legislatore delegato. In primo luogo, la legge delega n. 146 del 1994 ha, infatti, stabilito non solo che «i decreti legislativi assicureranno in ogni caso che, nelle materie trattate dalle direttive da attuare, la disciplina disposta sia pienamente conforme alle prescrizioni delle direttive medesime» (art. 2, comma 1, lettera h), ma anche che, «per evitare disarmonie con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, saranno introdotte le occorrenti modifiche o integrazioni alle discipline stesse» (art. 2, comma 1, lettera c). Infine, con specifico riferimento alla direttiva viaggi “tutto compreso”, all’art. 24 la legge comunitaria ha testualmente fissato i seguenti princìpi e criteri direttivi: «a) l’offerta del servizio “tutto compreso” ed il relativo contratto sono disciplinati tenendo conto delle disposizioni più favorevoli dettate in tema di contratto di organizzazione di viaggio dalla legge 27 dicembre 1977, n. 1084; b) il risarcimento dei danni diversi dal danno alla persona, derivanti da inadempimento o cattiva esecuzione delle prestazioni, sarà ammesso nei limiti stabiliti dalla legge 27 dicembre 1977, n. 1084».

Si tratta di limiti che tenevano nel debito conto l’eventualità che la disciplina pregressa comprendesse aspetti più favorevoli al contraente consumatore, potendo evidentemente la legislazione degli Stati membri derogare solo in melius rispetto alla normativa comunitaria.

6.- In questo contesto, il legislatore delegato, con il citato art. 15, oggi censurato, aveva stabilito, al comma 1, che «Il danno derivante alla persona dall’inadempimento o dalla inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico è risarcibile nei limiti delle convenzioni internazionali che disciplinano la materia, di cui sono parte l’Italia o l’Unione europea, ed, in particolare, nei limiti previsti dalla convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 sul trasporto aereo internazionale, resa esecutiva con legge 19 maggio 1932, n. 841, dalla convenzione di Berna del 25 febbraio 1961 sul trasporto ferroviario, resa esecutiva con legge 2 marzo 1963, n. 806, e dalla convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970 (CCV), resa esecutiva con legge 27 dicembre 1977, n. 1084, per ogni altra ipotesi di responsabilità dell’organizzatore e del venditore, così come recepite nell’ordinamento».

6.1.- A giudizio del Tribunale di Verona, il legislatore delegato non sarebbe stato autorizzato ad introdurre la disciplina relativa ai danni alle persone così come prevista nella CCV, in primo luogo perché il citato art. 24 della legge comunitaria del 1993 espressamente avrebbe consentito di introdurre il limite risarcitorio solo per i danni diversi dal danno alla persona, in secondo luogo perché la direttiva, oltre a non richiamare la CCV, non imponeva affatto limiti per danni alla persona provocati durante il trasporto terrestre rientrante tra le prestazioni oggetto del pacchetto turistico.

6.2.- Sul punto merita in primo luogo di essere precisato, quanto alla distinzione fra il contratto “tutto compreso” ed il contratto di viaggio di cui alla Convenzione internazionale, che la giurisprudenza di legittimità, debitamente richiamata dal giudice a quo, ha distinto il primo (c.d. “pacchetto turistico” o “package”), dal contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio di cui alla CCV, in quanto la “finalità turistica” nel primo caso assume rilievo, oltre che come elemento di qualificazione, anche con riguardo alle successive vicende del contratto (Cass., sentenza 24 luglio 2007, n. 16315, in particolare per il caso di impossibilità sopravvenuta). Alla luce di tale ricostruzione è agevole ritenere che l’applicazione della disciplina introdotta dalla CCV non fosse ricollegabile al tipo contrattuale che il d.lgs. n. 111 del 1995 era chiamato a disciplinare e che, quindi, il riferimento a tale disciplina non solo fosse un’eccezione, ma che fosse un’eccezione da circoscrivere in un ristretto margine di compatibilità e di favore verso il consumatore, di cui la legge delega aveva inteso individuare con precisione i contorni. Di tale aspetto il procedimento ermeneutico da condurre deve dunque necessariamente tener conto.

6.3.- In merito ai rapporti fra legge delega e norma attuativa, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il sindacato di costituzionalità sulla delega legislativa deve essere svolto attraverso «un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli concernenti, rispettivamente, la norma delegante (al fine di individuarne l’esatto contenuto, nel quadro dei principi e criteri direttivi e del contesto in cui questi si collocano, nonché delle ragioni e finalità della medesima) e la norma delegata, da interpretare nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega» (tra le più recenti, sentenze n. 293 del 2010, n. 112 del 2008, n. 341, n. 340 e n. 170 del 2007). L’esame del vizio di eccesso di delega impone che l’interpretazione dei principi e dei criteri direttivi sia effettuata in riferimento alla ratio della legge delega, tenendo conto del contesto normativo in cui sono inseriti e delle finalità che ispirano complessivamente la delega ed in particolare i principi e i criteri direttivi specifici. In tale processo, in definitiva «i principi posti dal legislatore delegante costituiscono non solo la base e il limite delle norme delegate, ma strumenti per l’interpretazione della portata delle stesse» (sentenza n. 96 del 2001).

6.4.- Nel caso di specie, la delega ha indicato come criteri specifici quello della salvaguardia delle disposizioni più favorevoli dettate in tema di contratto di organizzazione di viaggio dalla legge n. 1084 del 1977 e quello della applicabilità espressa al risarcimento dei danni diversi dal danno alla persona, dei limiti stabiliti dalla legge n. 1084 del 1977 (art. 24, lettera b).

L’esegesi di tale disposto deve necessariamente essere conforme alla ratio della delega, che consisteva in primo luogo nell’attuazione della direttiva e, in ultima analisi, essere conforme alla ratio della stessa direttiva, consistente, fra l’altro, in un trattamento più favorevole alla tutela del consumatore, salva l’opportunità di limitare il risarcimento conformemente alle convenzioni in essa richiamate. Ciò va evidentemente inteso nel senso di adottare il medesimo massimale che il diritto uniforme riservava ai vettori delle prestazioni correlate, in modo da evitare che i venditori o gli organizzatori dei viaggi a pacchetto potessero essere tenuti ad un maggior indennizzo. In questo senso, evidentemente nessun profilo di maggior favore potrebbe essere rinvenuto nella CCV, disciplinando questa anche prestazioni non comprese nei tipi di trasporto di cui alle convenzioni internazionali citate nella direttiva, con la conseguenza che una limitazione di responsabilità meno favorevole rispetto alle prestazioni di viaggio-tipo non era giustificabile, non solo perché non prevista dalla direttiva, quanto perché norma chiaramente meno favorevole rispetto al consumatore danneggiato. Tale conclusione risulta, del resto, avvalorata dal dato testuale della lettera c) del più volte citato art. 14 della legge delega, che richiamava espressamente il limite risarcitorio fissato dalla Convenzione di Bruxelles soltanto con riferimento ai danni diversi dal danno alla persona, rispetto ai quali si circoscriveva l’ambito di discrezionalità del delegato. Una tale esegesi, peraltro, evidenzia proprio la coerenza fra il mancato espresso richiamo ai danni alla persona ed il concorrente criterio di delega orientato a conservare soltanto le norme più favorevoli. In altri termini, poiché la scelta legislativa era orientata nel senso di maggior favore per il viaggiatore, in ossequio alle finalità della direttiva 90/314/CEE, correttamente la legge comunitaria del 1993 ha ritenuto di mantenere espressamente solo il limite risarcitorio per i danni alle cose, che pure la direttiva consentiva di ridurre negozialmente nei limiti della ragionevolezza, e di non richiamare l’analogo limite risarcitorio per i danni alle persone.

I rilievi svolti trovano significativo conforto nell’evoluzione della normativa conferente successiva al d.lgs. n. 111 del 1995 ed alla data del sinistro oggetto del giudizio principale. La disciplina relativa ai “servizi turistici” ed in particolare ai “pacchetti turistici”, è stata dapprima inserita nel decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229), ed in particolare nell’art. 94, nel quale è stato soppresso il riferimento alla Convenzione di Bruxelles, ed il massimale del risarcimento è stato fissato con riferimento alle convenzioni internazionali in materia, di cui sono parte l’Italia o l’Unione europea. Infine, la disciplina di tali contratti è stata stabilita con il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio) che, intervenendo in modo organico sulla tematica dei pacchetti turistici e del rapporto contrattuale con il consumatore turista, ha provveduto peraltro all’abrogazione della legge n. 1084 del 1977.

7. Va in conclusione dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 111 del 1995, nella parte in cui, in violazione dei criteri della legge delega, ha fissato un limite all’obbligo risarcitorio per danni alla persona, attraverso il richiamo della Convenzione di Bruxelles (CCV), limite non prefigurato dalla legge delega.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara inammissibile l’intervento in giudizio di A.M.L. e A.C.;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 15 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111 (Attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso»), nella parte in cui, limitatamente alla responsabilità per danni alla persona, pone come limite all’obbligo di ristoro dei danni quello indicato dalla Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio, firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970, ratificata con la legge 27 dicembre 1977, n. 1084 (Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio – CCV).

 

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