La riforma sulla disciplina dell’apprendistato dopo la legge di stabilità (B. Olivieri)

 

 

LA RIFORMA SULLA DISCIPLINA DELL’APPRENDISTATO DOPO LA LEGGE DI STABILITÀ

(Legge 183 del 12/11/2011)

(Fonte Direzione Provinciale del Lavoro di Modena)

Bruno Olivieri

 

 

Qualsiasi forma di apprendistato (professionalizzante, ad alta formazione, per il diritto – dovere all’istruzione e formazione, ex lege n. 196/1997) prevista dal nostro ordinamento “gode” dei medesimi incentivi  che, per chiarezza di esposizione possono così sintetizzarsi, a prescindere dalle modalità di svolgimento del rapporto contrattuale:

La precedente disciplina degli incentivi di natura contributiva

L’art. 1, comma 773, della legge n. 296/2003 ha stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2007, i datori di lavoro usufruiscono, in via generale, di una contribuzione a loro carico, per tutta la durata dell’apprendistato, pari al 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali cui, ovviamente, va sommata quella a carico del giovane, pari al 5,84%, per cui il totale complessivo è pari al 15,84%.

Per i datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze un numero di addetti inferiore a nove l’aliquota complessiva a loro carico è ridotta per i primi due anni rispettivamente all’1,5% ed al 3%, restando fermo il livello del 10% per i periodi contributivi maturati dopo il secondo anno.

In caso di trasformazione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato l’agevolazione contributiva del 10% viene riconosciuta per i dodici mesi successivi: ovviamente, la prosecuzione del rapporto deve essere con la qualifica  (o la qualificazione) ottenuta con l’apprendistato e non con una qualifica diversa, come ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 15055 del 22 giugno 2010.

Per completezza di informazione è opportuno ricordare come la Corte Costituzionale con sentenza n. 169 del 28 novembre 1973 abbia dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 10 della legge n. 604/1966 sui licenziamenti individuali nella parte in cui esclude gli apprendisti dalla applicabilità nei loro confronti degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 11, 12 e 13. La Consulta ha precisato che “la dichiarazione di illegittimità va limitata al solo licenziamento effettuato nel corso del rapporto di apprendistato, giacchè, una volta che questo si sia esaurito, il datore di lavoro resta libero di assumere o meno l’ex apprendista e di stringere con lui un normale rapporto di lavoro o di dare la disdetta ai sensi dell’art. 2118 c.c.”.

Aggiornamento dovuto all’articolo 22, comma 1, della c.d. Legge di Stabilità (Legge n. 183 del 12 novembre 2011)

A partire dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2016 viene riconosciuto uno sgravio contributivo del 100% ai datori di lavoro con un organico pari od inferiore alle nove unità che assumono apprendisti. Fino al 31 dicembre 2011 essa resta dell’1,5% per il primo anno e del 3% per il secondo anno. Lo sgravio, a prescindere dalla durata del contratto di apprendistato (che nel settore artigiano può durare fino a cinque anni come previsto dal D.L.vo n. 167/2011), è per tre anni. La contribuzione a carico del lavoratore resta sempre la stessa (5,84%). L’utilizzazione della parola “sgravio” sembrerebbe far presumere, ma qui è doveroso attendere un chiarimento amministrativo del Ministero del Lavoro e dell’INPS, un cambio di indirizzo rispetto a quanto sostenuto nel 2008 quando si sostenne che la contribuzione di riferimento degli apprendisti fosse il frutto di una politica finalizzata a favorire l’occupazione giovanile, a prescindere dalle agevolazioni previste per altre assunzioni (v. lavoratori in mobilità) ove è richiesto il DURC e l’applicazione economica e normativa del CCNL e, se esistente, della contrattazione di secondo livello. Per il calcolo numerico dei dipendenti si ritiene opportuno ricordare come in passato (e si ritiene anche oggi) debbano essere esclusi i soggetti  in forza con contratto di apprendistato, con contratto di inserimento, i lavoratori somministrati o i lavoratori assunti dopo esperienze in prestazioni socialmente utili o di pubblica utilità, mentre quelli a tempo parziale vanno considerati “pro – quota” (art. 6 del D.L.vo n. 61/2000) e quelli assunti con lavoro intermittente in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre (art. 39 del D.L.vo n. 276/2003).. La disposizione non sembra trovare applicazione per i c.d. “apprendisti in mobilità” per i quali l’art. 7, comma 4, del D.L.vo n. 167/2011 riconosce la contribuzione speciale prevista per i lavoratori in mobilità assunti a tempo indeterminato dall’art. 25, comma 9, della legge n. 223/1991

Incentivi di natura economica

L’apprendista può essere retribuito (art. 53 del D.L.vo n. 276/2003) per tutta la durata del rapporto e fino alla trasformazione anche con due livelli stipendiali inferiori a quelli di “approdo”. C’è da osservare, tuttavia, come alcuni contratti collettivi, soprattutto per talune qualifiche, abbiano previsto un percorso di avvicinamento al livello massimo, attraverso scatti intermedi (magari di un livello a “metà percorso”) o, in altri casi, soprattutto per le qualifiche a più basso contenuto professionale, l’abbassamento di un solo livello.

Su tale quadro normativo di riferimento è intervenuta, con l’art. 2, comma 155, della legge n. 191/2009, una possibile ulteriore novità: la contrattazione collettiva, nazionale territoriale od aziendale può stabilire, nel rispetto dell’anzianità di servizio, una forma retributiva “percentualizzata” rispetto al trattamento economico finale e progressiva nell’ammontare, secondo un “modus” già presente, in passato, nel nostro ordinamento, prima della riforma del 2003, e conservato in alcuni CCNL (es. edilizia del settore artigiano).

Incentivi di natura normativa

Gli assunti con contratto di apprendistato non rientrano (per tutta la durata della tipologia) nella base di calcolo per l’applicazione di particolari istituti previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva: ciò significa, ad esempio, che ai fini del computo dell’aliquota dei disabili, prevista dalla legge n. 68/1999 essi non sono presi in considerazione. Ovviamente ci sono delle eccezioni che, però, debbono essere previste da disposizioni imperative: è il caso, ad esempio, dell’art. 1 della legge n. 223/1991 il quale, nel calcolo medio della base numerica necessaria per la verifica dell’ampiezza aziendale, ai fini dell’applicazione della normativa sulla cassa integrazione guadagni straordinaria o dei contratti di solidarietà difensivi del settore industriale, ricomprende gli apprendisti, pur escludendoli dal beneficio.

Un ulteriore incentivo di natura normativa può anche considerarsi quello offerto dal Ministero del Lavoro circa il limite massimo di assunzione : esso è stato fissato in 29 anni e 364 giorni (e non al compimento del ventinovesimo anno di età), sicchè un contratto di apprendistato può, legittimamente, iniziare alle soglie dei trenta anni e concludersi magari, dopo quattro anni.

Tra gli incentivi di natura normativa possono, in un certo senso, ricollegarsi anche le norme (art. 49, comma 5 ter, del D.L.vo n. 276/2003) che consentono, a determinate condizione, alle aziende di poter far svolgere la formazione, senza alcuna contribuzione pubblica, all’interno della propria struttura o in una struttura sotto il loro controllo, nel rispetto della contrattazione collettiva. Questa disposizione, tuttavia, è stata parzialmente dichiarata incostituzionale dalla Consulta con la sentenza n. 176/2010, nella parte in cui non prevede alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni e delle Province Autonome che in materia di formazione professionale hanno una loro competenza costituzionale primaria.

Incentivi di natura fiscale

Le spese sostenute per la formazione degli apprendisti sono escluse dalla base per il calcolo dell’IRAP.

 

 

 

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