Danno biologico. Lo stress da rapina non fa male al cuore Cassazione, sez. Lavoro, 14 maggio 2012; n. 7470

 

DANNO BIOLOGICO. LO STRESS DA RAPINA NON FA MALE AL CUORE

Cassazione, sez. Lavoro, 14 maggio 2012; n. 7470

(Pres. Roselli – Rel. Amoroso)

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 14/2/05 il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli rigettò la domanda proposta il 18/5/01 dall’ex dipendente bancario S..L. , diretta all’accertamento della responsabilità ex art. 2087 c.c. del Banco di Napoli nella determinazione del grave danno alla salute da lui subito per effetto delle rapine avvenute in banca nei mesi di giugno e settembre del 1975, luglio 1976, giugno 1982, febbraio e marzo 1983 e maggio 1997, allorquando era in servizio, ed alla conseguente condanna dell’istituto bancario al risarcimento del danno biologico nella misura di lire 200.000.000, dopo aver verificato, tramite Ctu, che era risultato insussistente il nesso causale tra le patologie lamentate dal ricorrente e lo stress dal medesimo patito per effetto delle suddette rapine.

2. Con ricorso depositato del 30/9/05 gli eredi del L. , di cui in epigrafe, hanno proposto appello avverso tale sentenza deducendo l’erroneità delle valutazioni medico – legali del Ctu sulla base delle quali il giudicante aveva fondato il proprio convincimento e, ribadita la responsabilità dell’istituto bancario convenuto nella mancata adozione delle necessarie cautele atte a prevenire i rischi delle rapine, hanno insistito per l’accoglimento dell’originaria domanda spiegata dal loro dante causa, previo rinnovo della consulenza medico – legale, il tutto con l’attribuzione delle spese del doppio grado del giudizio.

Si è costituita la spa Intesa Sanpaolo che ha eccepito l’infondatezza del gravame, del quale ha chiesto il rigetto, proponendo, nel contempo, in via condizionata all’accoglimento dell’impugnazione principale, appello incidentale per sentirsi manlevare e tenere indenne da ogni responsabilità da parte della compagnia assicuratrice Assitalia, alla cui chiamata in causa era stata già autorizzata in primo grado.

Si è costituita, altresì, la spa Ina Assitalia Assicurazioni che si è opposta sia all’accoglimento del gravame che alla sua chiamata in garanzia. All’udienza odierna la causa è stata decisa come da dispositivo.

La corte d’appello di Napoli con sentenza del 9 febbraio 2010 – 30 marzo 2010 ha rigettato l’appello compensando tra le parti le spese di lite.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione gli eredi di L.S. con un unico motivo.

Resistono con controricorso le parti intimate: la banca e la società assicuratrice.

Tutte le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui il ricorrente denuncia vizio di motivazione della sentenza impugnata che censura per essersi acriticamente appoggiata alla relazione dei consulente tecnico d’ufficio senza tener conto delle conclusioni del consulente di parte.

2. Il ricorso è infondato.

La censura mossa dal ricorrente avverso la sentenza impugnata è inammissibile perché consiste essenzialmente in un mero dissenso diagnostico.

Con tipica valutazione di merito, assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria la Corte d’appello ha osservato che nella relazione medico – legale il C.t.u. aveva concluso che la sindrome cardiaca non trovava alcun nesso di causalità con lo stress emotivo subito dalle varie rapine e soprattutto da quella del 7/5/97. Le valutazioni medico – legali formulate dal c.t.u. poggiavano – ha osservato la sorte d’appello – su dati oggettivi assolutamente incontrovertibili, cioè quelli rappresentati dall’esame dei referti specialistici specifici e della relazione necroscopica eseguita in ambito ospedaliero subito dopo il decesso del L. , oltre che dalla visita diretta di quest’ultimo, da parte del medesimo perito, allorquando era ancora in vita. Alla luce di tali dati inequivocabili il Ctu ebbe modo di accertare che clinicamente esistevano già da lungo tempo numerosi ed importanti fattori di alto rischio potenziali, concretizzatisi, successivamente, nella sclerosi vasale coronarica e miocardica, quali: ipertensione arteriosa, diabete mellito, ipercolesterolemia, confermate, poi, dall’esame necroscopico eseguito dopo il decesso dovuto ad addome acuto per infarto ischemico – ileale da trombosi dell’arteria mesenterica superiore. Al riguardo, dalla relazione svolta dall’unità operativa di anatomia patologica dell’azienda ospedaliera (OMISSIS) emergeva chiaramente che il cuore del deceduto presentava cavità ventricolari dilatate, che vi era una ipertrofia settale e ventricolare, che lo spessore dei ventricoli era notevolmente aumentato, che i vasi coronarici presentavano numerose placche ateromasiche, anche con stendi calcifiche, mentre all’aorta erano presenti diffuse placche ateromasiche calcifiche ed ulcerate, particolarmente presenti nel tratto addominale lombare. Si era, quindi, in presenza – ha ritenuto la corte d’appello, fondandosi sulla relazione del c.t.u. – di una situazione organica di per sé compromessa che giustificava pienamente la predisposizione del ricorrente alle più severe patologie accertate a suo carico della sclerosi vasale coronarica e miocardica che, proprio perché scaturenti dal predetto complesso morboso, non trovavano alcun nesso di causalità con lo stress subito per effetto delle rapine. Anche la sindrome ansiosa – depressiva, così come la patologia cardiovascolare, non trovava, secondo il Ctu, alcun nesso di causalità o di concausalità determinante ed effettiva col trauma psichico subito in conseguenza della rapina del 7/5/97,cioè quella registratasi a distanza di ben quattordici anni dall’ultima del marzo 1983, in quanto la stessa non rappresentava un vero morbo, bensì una sindrome che non creava danno patologico ed era caratterizzata da disagio clinicamente e psicologicamente significativo e alterazione sociale e lavorativa di entità relativa, limitata nel tempo (post – trauma), controllabile con la comune terapia ansiolitica; tale sindrome trovava, invece, fattore predisponente nella costituzione eretistica tiroidea del periziato, il quale era stato emitiroidectomizzato a 35 anni per gozzo ipertireosico.

In definitiva – ha concluso la torte d’appello – le condivisibili conclusioni del Ctu portavano ad escludere qualsiasi elemento di riconducibilità delle accertate patologie, favorite da deficienze organiche predisponenti alle stesse, allo stress psichico subito dal L. per effetto delle suddette rapine.

Di fronte di questa motivazione molto puntuale i ricorrenti oppongono essenzialmente un mero dissenso valutativo senza indicare specifiche circostanze di fatto che non siano state valutate dal c.t.u., ma deducono della sostanza una generica considerazione fattuale di mera potenziale incidenza degli episodi di rapine sullo stato di salute di S..L. , dipendente della banca. Si tratta di censure e deduzioni prive di sufficiente specificità che non valgono a revocare in dubbio la valutazione di adeguatezza e coerenza della motivazione della sentenza impugnata.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione

 

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