Riconoscimento della paternità: Il giudice può chiedere d’ufficio CTU? Cassazione, sez. I, 11 settembre 2012, n. 15157

 

 

RICONOSCIMENTO DELLA PATERNITÀ: IL GIUDICE PUÒ CHIEDERE D’UFFICIO CTU?

Cassazione, sez. I, 11 settembre 2012, n. 15157

 

  La compatibilità immunogenetica costituisce possibile elemento di prova che può essere acquisito con l’espletamento di una CTU: il giudice può richiederla d’ufficio

 

 

Cassazione, sez. I, 11 settembre 2012, n. 15157

(Pres. Luccioli – Rel. Cristiano)

 

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso, N..M. denuncia violazione del principio dispositivo e degli artt. 99, 61 e 191 c.p.c., 2727 c.c.. Deduce che la ctu, benché sia mezzo istruttorio che può essere disposto dal giudice d’ufficio, non può mai essere rivolta alla ricerca di fatti costitutivi non allegati dall’attore e pertanto estranei al tema d’indagine da questi) delineato e sostiene che, nel caso di specie, la ctu era inammissibile, in quanto F. aveva dedotto a fondamento della domanda unicamente il fatto storico della convivenza fra la madre ed il presunto padre.

Il motivo è infondato.

Ancorché, in linea generale, la consulenza tecnica di ufficio non possa essere disposta al fine di esonerare la parte dal relativo onere probatorio, quando non vi sia altro mezzo per giungere all’accertamento richiesto che quello di demandarlo a chi sia dotato di speciali competenze tecniche, il giudice può incaricare il consulente non solo di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulenza deducente), ma anche di accertare i fatti stessi (consulenza percipiente). In tal caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento dei suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (Cass. nn. 18993/010, 6155/09, 3990/06, 27002/05).

La domanda di riconoscimento della paternità trova la propria causa petendi nella sussistenza del dedotto rapporto di procreazione e non certo nelle circostanze (quali la convivenza fra la propria madre ed il preteso padre) allegate dall’attore come possibili fonti di prova presuntiva del fatto di cui richiede l’accertamento in via giudiziale.

Anche la compatibilità immunogenetica costituisce possibile elemento di prova della procreazione, che però esula dalla disponibilità della parte e che non può essere acquisito se non attraverso l’espletamento di una ctu. Si tratta, oltretutto, di elemento d’indagine implicitamente e necessariamente connesso alla proposizione della domanda, non essendo possibile che fra padre e figlio non via sia compatibilità. Ne consegue che la mancata, esplicita allegazione del tema non preclude al giudice di affidare d’ufficio l’indagine al ctu, qualora la ritenga indispensabile al raggiungimento della prova (che, ai sensi dell’art. 269 c.c., può essere data con ogni mezzo): tanto, nell’esercizio di un potere discrezionale che non è sindacabile in sede di legittimità e che non necessita di apposita motivazione, essendo la valutazione di indispensabilità implicita nell’ammissione del mezzo (Cass. n. 27002/05).

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna M.N. al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

 

 

 

 

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