L’armonizzazione della valutazione equitativa del danno a persona (B. Grazzini)

5. Le ulteriori istanze di uniformità del sistema. I problemi di legittimità costituzionale.

L’uniformità del sistema di liquidazione del danno a persona richiederebbe un superamento della differenziazione del trattamento risarcitorio a seconda che la lesione si sia o meno prodotta nell’ambito di specifici settori.

Questa esigenza è stata rilevata dal Consiglio di Stato nel parere reso nell’adunanza dell’8 novembre 2011[36] sullo Schema di regolamento recante tabella delle menomazioni dell’integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti di invalidità ai sensi dell’art. 138 del d.lgs. 209/2005 ed approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 3 agosto 2011[37].

Ora, tale Schema di regolamento rinvia a due tabelle allo stesso allegate, l’una concernente le menomazioni all’integrità psicofisica comprese fra 10 e 100 punti, l’altra relativa al valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità. Mentre nell’intestazione e nel testo dell’art. 1 dello Schema di regolamento sembra farsi riferimento alle sole lesioni di non lieve entità in attuazione dell’art. 138, commi 1 e 2, d.lgs. 209/2005, per contro, nella tabella allegata, relativa ai coefficienti moltiplicatori del punto di invalidità, si prevedono anche lesioni di lieve entità, ovverosia comprese fra 1 e 9 punti. Tanto sembrerebbe denotare la volontà del Governo di esercitare anche la potestà regolamentare di cui all’art. 139 del d.lgs. 209/2005, con conseguente necessità di coordinamento dell’intitolazione, delle premesse e del testo con richiamo anche alle lesioni di lieve entità ed alla loro disciplina[38]. Soprattutto il Consiglio di Stato segnala le conseguenze distorsive legate alla settorialità della normativa, giacché omologhe lesioni si trovano ad avere differenti trattamenti risarcitori a seconda che il pregiudizio si sia o meno prodotto nell’ambito della circolazione stradale. Il suggerimento formulato nel parere è quello del superamento della limitazione ratione materiae mediante l’introduzione di una modifica legislativa volta ad ampliare lo spettro applicativo delle tabelle parametriche dedotte nello Schema di regolamento cosicché esse siano invocabili anche in contesti diversi dai sinistri stradali[39].

Nel frattempo però è maturato il sospetto di illegittimità costituzionale dell’art. 139 del Codice delle Assicurazioni, come già, pervero, in precedenza, per l’art. 5 della legge 5 marzo 2001, n. 57[40]. Il primo ad adire la Corte costituzionale con riguardo all’art. 139 Cod. ass. è stato, nel 2009, il Giudice di Pace di Torino[41], ma la Corte dichiarava la questione inammissibile per carenze di prospettazione da parte del giudice remittente quanto a descrizione della fattispecie concreta ai fini dell’esame sulla rilevanza nel giudizio a quo[42]. La questione è stata allora nuovamente proposta dal medesimo Giudice di Pace[43] mediante più articolata ordinanza di rimessione; successivamente, e per analoghi motivi, hanno sollevato incidente di costituzionalità il Tribunale di Tivoli[44] e, ancor più di recente, il Tribunale di Brindisi[45]. In particolare i profili di incostituzionalità attengono al possibile contrasto con gli art. 2, 3, 24, 32 Cost., con il principio della ragionevolezza, nonché con l’art. 76 Cost. per eccesso di delega: e tanto, vuoi per disparità di trattamento, vuoi per la pretermissione del principio di integralità del risarcimento a causa della inderogabilità dei parametri tabellari e del tetto percentuale alla possibilità di personalizzazione.

Più in dettaglio, la violazione dell’art. 3, comma 1, della Costituzione è stata ravvisata nella differenza del trattamento risarcitorio a seconda della genesi del pregiudizio e nella diversità di regime delle micropermanenti rispetto alle macropermanenti. Potrebbe infatti risultare irragionevole che un medesimo pregiudizio venga risarcito in base a parametri diversi a seconda che origini o meno da un sinistro stradale, e che, nel contesto della circolazione di veicoli, il trattamento risarcitorio sia diverso per le lesioni inferiori rispetto a quelle superiori al 9%. In questo caso, poi, la contrarietà alla norma costituzionale risulta a maggior ragione evidente ove le tabelle normative vengano poste a confronto con le tabelle milanesi considerate strumento di attuazione del principio equitativo[46]. Oltre a ciò, è stata prospettata anche violazione degli artt. 32, 2, 24 Cost. sotto il profilo della necessità di assicurare, accanto alla «uniformità pecuniaria di base» essenziale per l’attuazione del principio di uguaglianza, anche un’adeguata personalizzazione della misura risarcitoria: ed, infatti, l’art. 139 Cod. ass., prevedendo un limite (1/5) all’aumento della misura risarcitoria, non assicura, né parità di trattamento per fattispecie di offesa omogenee, ma nemmeno un’adeguata conformità all’effettiva incidenza del pregiudizio sul bene leso.

In effetti, il principio dell’eguaglianza sostanziale e dell’integralità del risarcimento richiedono, ai fini di una corretta liquidazione del danno alla salute, la compresenza dei requisiti dell’uniformità e della flessibilità. La prima (per l’appunto la c.d. « uniformità pecuniaria di base ») impone di individuare un parametro omogeneo tale per cui lo stesso tipo di lesione non venga valutato in maniera del tutto dissimile da caso a caso; la seconda consiste nell’elasticità e flessibilità necessaria per adeguare la liquidazione all’incidenza della lesione nella fattispecie concreta al fine di consentire la maggior approssimazione possibile all’integrale risarcimento[47].

 

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