Caso Claps: no alla costituzione di parte civile per la diocesi di Potenza e la parrocchia della SS. Trinità Cassazione, sez. VII Penale, 7 marzo 2013, n. 10880

 

CASO CLAPS: NO ALLA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE PER LA DIOCESI DI POTENZA E LA PARROCCHIA DELLA SS. TRINITÀ

Cassazione, sez. VII Penale, 7 marzo 2013, n. 10880

 

  L’ordinanza dibattimentale di esclusione della parte civile è sempre e definitivamente inoppugnabile; nel caso di specie non si ravvisa neppure la denunciata abnormità del provvedimento.

 

 

Cassazione, sez. VII Penale, 7 marzo 2013, n. 10880

(Pres. Vecchio – Rel. Tardio)

 

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza dell’Euro novembre 2011 il G.i.p. del Tribunale di Salerno, decidendo sulle richieste di i ostruzione di parte civile, ha, tra l’altro, ricettato le richieste avanzate dalla Diocesi di (…) e dall’Ente parrocchia (omissis) , ritenendo che, sebbene in ipotesi era possibile ammettere detta costituzione in favore di enti e associazioni, la stessa non doveva porsi neppure potenzialmente in contrasto con gli interessi della parte lesa e che, nella specie, tale contrasto emergeva in nodo chiaro e non poteva essere sottaciuto.

2. Avverso detta ordinanza hanno proposto congiunto ricorso per cessazione personalmente l’Arcivescovo Metropolita della Diocesi di (omissis) , in qualità di legale rappresentante del detto Ente ecclesiastico e dell’Ente Parrocchia (omissis) , e il suo difensore di fiducia e procuratore speciale, che ne hanno chiesto l’annullamento, deducendo l’abnormità funzionale dei provvedimento che ha precluso l’esercizio di una facoltà processuale, in ragione di motivazioni espressive di ma chiara ipotesi di sviamento o di eccesso di potere giurisdizionale, perché, in presenza della evidenziata legittimazione attiva e in assenza di censura sotto l’appello formale dell’atto di costituzione, vi sono stati una intempestiva valutazione di merito della pretesa civilistica, un riferimento a indagini in corso per eventuali responsabilità concorrenti sulla base di analisi probabilistiche connesse a esenti futuri e incerti, e il richiamo a criteri soggettivi e arbitrari, oltre a essere in contrasto con precedente decisione dello stesso Giudice che aveva negato l’autorizzazione, chiesta dai prossimi congiunti della vittima, di citare quale responsabile civile la Diocesi di (…).

3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591, comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen..

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.

2. L’ordinanza dibattimentale di esclusione della parte civile è, infatti, sempre e definitivamente inoppugnabile, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ribadita dalle Sezioni unite (Sez. U, n, 12 del 19/05/1999, dep, 13/07/1999, Pediconi, Rv, 213858), che, a fondamento, ha considerato che “del provvedimento anticipato di inammissibilità della costituzione di parte civile non è consentita da alcuna disposizione di legge non solo l’impugnazione immediata e autonoma (per la ragione che in tal modo, come per la parallela e coerente regola fissata per l’ordinanza ammissiva, si verificherebbe una stasi del processo penale), ma, a differenza d quest’ultima, neppure è consentita l’impugnazione differita e “conglobata” con la sentenza secondo l’art. 586.1 c.p.p., perché il soggetto danneggiato, una volta estromesso dal processo, perde la qualità di parte e non è più legittimato a impugnare l’eventuale sentenza assolutoria dell’imputato, che non contiene alcuna statuizione decisoria che lo riguardi in connessione con il provvedimento dibattimentale di esclusione”, e ha rimarcato che tale ultimo provvedimento non ha carattere meramente ordinatorio, ma “chiude definitivamente il rapporto processuale civile davanti al giudice penale esaurendone gli effetti”.

Tale sistema è stato ritenuto immune da vizi anche dalla Corte costituzione (sentenza n. 166 del 1975), che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del a analoga previgente disciplina degli artt. 99, 100 e 190 cod. proc. pen., nella parte in cui il loro combinato contesto non consentiva l’impugnazione dell’ordinanza reiettiva della richiesta di costituzione di parte civile.

Né è possibile, nel case concreto, ritenere la ricorribilità del provvedimento sotto il profilo della sua abnormità, trattandosi di ordinanza espressamente prevista dall’ordinamento processuale penale, emessa dall’organo giudiziario dotato del relativo potere, e che non pregiudica l’esercizio in sede civile dell’azione risarcitoria, neppure operando per il relativo giudizio civile, In considerazione del carattere necessitato e non volontario dell’”esodo”, il meccanismo di stasi prevista dall’art. 75, comma 3, cod. proc. pen. in attesa della conclusione del giudizio penale.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti, essendo due gli enti rappresentati, al pagamento delle spese processuali.

Si ravvisano, invece, giustificati motivi, in relazione alla non infondatezza delle censure mosse avverso il provvedimento di esclusione della parte civile, per non disporre la condanna dei ricorrenti alla penalità aggiuntiva del pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

 

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