La Suprema Corte ed il divieto di anatocismo bancario.

La Suprema Corte conferma la propria posizione di totale chiusura rispetto alla capitalizzazione degli interessi sui conti correnti.

Con ordinanza n. 24293 del 16 ottobre 2017, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sul divieto di anatocismo bancario, rafforzando la posizione già espressa in precedenza circa il totale rifiuto sulla pratica della capitalizzazione degli interessi sui conti correnti. La Suprema Corte è tornata ad affermare la propria posizione di totale chiusura rispetto alla capitalizzazione degli interessi sui conti correnti, con la conseguenza che, l’uso di annotare trimestralmente gli interessi a debito del correntista è un uso meramente negoziale e non normativo e, come tale, risulta inidoneo a derogare al disposto dell’art. 1283 c.c..
Nell’ordinanza in questione, infatti, si legge chiaramente che: “(..) gli usi bancari in materia di anatocismo non hanno alcun valore normativo, ed una volta disconosciuta la loro natura di fonte di diritto, la disciplina applicabile non può che essere quella legale, a meno che non vi sia stata una successiva pattuizione in merito alla capitalizzazione degli interessi. In caso contrario, ovvero nel caso in cui si faccia riferimento agli usi bancari e non a successive pattuizioni, mai gli interessi potranno produrre interessi se non a partire dalla data della domanda giudiziale (..)”.
Il caso sottoposto all’attenzione dei Giudici di Piazza Cavour, riguardava un rapporto di conto corrente bancario nato prima del 2000, regolato secondo gli usi bancari. La Suprema Corte ha affermato dunque che anche in tale ipotesi – in materia di anatocismo bancario – l’uso bancario, non può rivestire alcun valore di natura normativa
Anche la legge di stabilità del 2014, è intervenuta per proibire alle banche, e a tutti gli intermediari finanziari, di imputare gli interessi gli interessi maturati a capitale.
Prima di tale intervento, si ricorda comunque che, la capitalizzazione degli interessi faceva sì che ogni trimestre gli interessi passivi, calcolati sull’originaria quota capitale, diventassero a loro volta un capitale del tutto nuovo, su cui calcolare gli interessi passivi nel nuovo trimestre, e così proseguendo, dando vita quindi ad un meccanismo che gravava sul debitore in misura evidentemente superiore a quanto il legislatore ha inteso disciplinare.
La situazione della capitalizzazione degli interessi permetteva alle banche di ottenere ottimi margini da interesse, e, per converso, al correntista di far fronte a oneri molto più elevati, superando in alcuni casi anche quanto previsto dal tasso soglia Bankitalia.

Avv. Chiara D’Antò
studiolegale@cdfr.it

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here