Guida in stato di alterazione psico-fisica: l’ammissione di previa assunzione di sostanze stupefacenti non integra il reato ex 187 cod. strada

 

GUIDA IN STATO DI ALTERAZIONE PSICO-FISICA: L’AMMISSIONE DI PREVIA ASSUNZIONE DI SOSTANZE STUPEFACENTI NON INTEGRA IL REATO EX 187 COD. STRADA

Cassazione, Sez. IV, 23 febbraio 2010, n. 7270

 

La condotta tipica del reato previsto dall’art. 187 Cod. della Strada non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione. Perché possa dunque affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato d’alterazione causato da tale assunzione.

Mentre per affermare la sussistenza della guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente, che vi sia una prova sintomatica dell’ebbrezza o che il conducente del veicolo abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nel comma 2° dell’art. 186 C.d.S.; per affermare la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 187 C.d.S. è necessario sia un accertamento tecnico-biologico, attraverso cui provare la situazione di alterazione psico-fisica.

 

Cassazione, Sez. IV, 23 febbraio 2010, n. 7270

 (Pres. Morgigni – Rel. Izzo)

 

 

Fatto e diritto

 

1. Con sentenza del 11/6/2007 il Tribunale di Padova, condannava Omissis per il reato di cui all’art. 187 C.d.S. per avere guidato un’auto in stato di alterazione dovuto all’uso di stupefacenti (fatto acc. in Padova il 24/7/2005).

Con sentenza del 5/2/2009 la Corte di Appello di Venezia, confermava la pronuncia di condanna, determinando la pena in giorni 15 di arresto ed euro 600 di ammenda, concesse le attenuanti generiche, pena sospesa e non menzione.

Osservava la Corte che la responsabilità dell’imputato, pur non emergendo da analisi biologiche, a cui l’imputato si era rifiutato di sottoporsi, emergeva dalla dichiarazioni dei verbalizzanti, i quali avevano visto l’auto circolare a zig-zag; inoltre, durante un controllo effettuato circa 15 minuti prima all’interno di un garage, avevano visto l’imputato gettare in terra una siringa ed un fazzoletto sporco di sangue ed avevano notato un’ecchimosi sul braccio; lo stesso Omissis aveva ammesso in tale occasione agli agenti di essersi poco prima iniettato dello stupefacente.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando:

2.1. la violazione della legge processuale, per avere il giudice, per formare il proprio convincimento, fatto uso di prove inutilizzabili, in quanto vietate dalla legge. Ciò con riferimento alla dichiarazione resa dal Omissis ai verbalizzanti di avere fatto da poco uso di droga e su cui la P.G. non poteva deporre e che in ogni caso erano inutilizzabili ai sensi dell’art. 63 c.p.

2.2. Il difetto di motivazione per essere giunti i giudici di merito alla pronuncia della condanna, sulla base di elementi di prova sintomatici e non sulla base di accertamenti scientifici, così come previsto dalla legge.

3. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

3.1. In ordine alle doglianze di natura processuale formulate, esse sono prive di fondamento.

Invero le dichiarazioni rese dal Omissis alla Polizia, in garage, non possono considerarsi “indizianti” (art. 63 c.p.p.), in quanto fatte in un momento in cui il predetto ancora doveva mettersi alla guida dell’auto e pertanto non era accusato della contravvenzione di cui al cit. art. 186; inoltre, l’uso personale di stupefacenti non integra alcuna fattispecie delittuosa.

Né sulle dichiarazioni raccolte dai poliziotti vi era divieto di testimonianza, ai sensi dell’art. 62 c.p.p., in quanto dette dichiarazioni erano state captate al di fuori del procedimento.

Ne consegue la infondatezza delle censure di inutilizzabilità delle deposizioni.

3.2. Quanto alla configurabilità del reato, va osservato che questa Corte di legittimità ha in più occasioni affermato che la condotta tipica del reato previsto dall’art. 187 Cod. della Strada non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione. Perché possa dunque affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato d’alterazione causato da tale assunzione (Cass. IV, 33312/08, Gagliano).

In breve, mentre per affermare la sussistenza della guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente, che vi sia una prova sintomatica dell’ebbrezza o che il conducente del veicolo abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nel comma 2° dell’art. 186 C.d.S.; per affermare la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 187 C.d.S. è necessario sia un accertamento tecnico-biologico, attraverso cui provare la situazione di alterazione psico-fisica.

Nel caso di specie il giudice di merito ha certamente motivato adeguatamente sulla pregressa assunzione di droga da parte del Omissis, ma tale accertamento non è stato supportato da analisi biologiche, sicché non è dato di sapere quale sia stata l’entità dell’assunzione e se la stessa ha indotto uno stato di “alterazione”, ben essendo possibile che la sostanza assunta avesse modesta efficacia drogante.

Alla luce di quanto detto, si impone l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.

 

P.Q.M.

 

La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.

 

 

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