Guida in stato di ebbrezza: sequestro dello scooter anche se intestato al genitore anziano Cassazione, Sez. 1 giugno 2010, n. 20610

 

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: SEQUESTRO DELLO SCOOTER ANCHE SE INTESTATO AL GENITORE ANZIANO

Cassazione, Sez. 1 giugno 2010, n. 20610

 

Il provvedimento ablativo, secondo la disposizione dell’art. 186 C.d.S. è la “appartenenza” del veicolo a persona estranea al reato, pertanto, di contro, per consentirlo è necessario che esso “appartenga” all’imputato.

Il termine utilizzato dal legislatore non ha uno specifico significato tecnico come potrebbero invece esserlo i termini “proprietà” o “intestazione” nei registri.

Ciò significa che il concetto di “appartenenza” deve inteso in una diversa accezione e cioè come effettivo e concreto dominio sulla cosa, indipendentemente dalla formale intestazione del bene e che può assumere sia le forme del possesso che della detenzione, escludendosi solamente forme di dominio del tutto occasionali.

 

Cassazione, Sez. 1 giugno 2010, n. 20610

(Pres. Morgigni – Rel. Izzo)

 

 

Fatto e diritto

 

1. Con ordinanza del GIP del Tribunale di Reggio Calabria veniva convalidato il sequestro dello scooter Tauztong Kaitong tg. X 2XTW5 in relazione al reato di cui all’art. 186, co. 2°, lett. c), C.d.S. (in quanto condotto da PG in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico di 2,3 g/l).

Con lo stesso provvedimento veniva adottato il sequestro preventivo del veicolo.

Con istanza avanzata da M. A., madre dell’indagato, veniva richiesto il dissequestro del mezzo. Il GIP rigettava la richiesta e con provvedimento del 10/6/2009 il Tribunale di Reggio Calabria rigettava l’appello proposto dalla M..

Osservava il Tribunale che il motoveicolo solo apparentemente apparteneva alla ricorrente in quanto, avendo l’età di 68 anni, ben difficilmente era la effettiva utilizzatrice del mezzo.

Inoltre l’art. 213 C.d.S. esplicitamente consentiva la confisca, in quanto motoveicolo era stato utilizzato per commettere un reato.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso la M. lamentando la violazione di legge in quanto l’art. 186, c. 2°, C.d.S. non consentiva la confisca e, quindi il sequestro, del veicolo se questo apparteneva a terzi; inoltre non era invocabile l’applicazione dell’art. 213, c. 2 sexies, C.d.S. in quanto la disposizione operava se il motomezzo era stato finalisticamente utilizzato per commettere un reato (es. una rapina), presupposto questo che nel caso di specie difettava.

3. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

Invero, indipendentemente dalla operatività dell’art. 213, co. 2 sexies, C.d.S., il secondo comma dell’art. 186 C.d.S. prevede che quando il tasso alcolemico supera il limite di g/l 1,5, deve essere obbligatoriamente disposta la confisca del veicolo.

Ne consegue che in tali casi è ammesso il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321, co. 2°, c.p.p.

La citata norma del codice della strada, però, nel prevedere la confisca stabilisce che essa debba essere disposta, “… salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato”.

Nel caso di specie, come osservato in ricorso, il motoveicolo risulta intestato alla madre dell’imputato, M. A. Ne ha dedotto il ricorrente che non potendo esso essere confiscato, non poteva neanche essere sequestrato.

Ciò premesso, va osservato che ad inibire il provvedimento ablativo, secondo la disposizione dell’art. 186 C.d.S. è la “appartenenza” del veicolo a persona estranea al reato, pertanto, di contro, per consentirlo è necessario che esso “appartenga” all’imputato.

Il termine utilizzato dal legislatore non ha uno specifico significato tecnico come potrebbero invece esserlo i termini “proprietà” o “intestazione” nei registri.

Ciò significa che il concetto di “appartenenza” deve inteso in una diversa accezione e cioè come effettivo e concreto dominio sulla cosa, indipendentemente dalla formale intestazione del bene e che può assumere sia le forme del possesso che della detenzione, escludendosi solamente forme di dominio del tutto occasionali.

Nel caso de quo, in modo coerente il Tribunale ha ritenuto che la signoria sulla cosa fosse dell’imputato (P. G. di anni 39 al momento del fatto e conducente del motoveicolo) e non della madre ricorrente, di anni 67 e pertanto verosimilmente inidonea alla guida di uno scooter.

Ne consegue che il Tribunale ha fatto buon governo delle disposizioni previste dall’art. 186 C.d.S. che in ricorso si assumono violate.

La manifesta infondatezza del ricorso impone la declaratoria di inammissibilità.

Consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 1.000 a titolo di sanzione pecuniaria.

 

P.Q.M.

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

 

 

 

 

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