Autovelox. Verbale valido anche fuori centro abitato e senza contestazione Cassazione, sez. II, 16 gennaio 2012, n. 484

AUTOVELOX. VERBALE VALIDO ANCHE FUORI CENTRO ABITATO E SENZA CONTESTAZIONE

Cassazione, sez. II, 16 gennaio 2012, n. 484

 

Il disposto del comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4 – che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti “a priori” per le autostrade e per le strade extraurbane principali – evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 cod. strada (limiti di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del comma 4 del medesimo art. 4, con il quale si esclude “tout court” l’obbligo della contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4 non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201, comma 1-bis, cod. strada

 

 

Cassazione, sez. II, 16 gennaio 2012, n. 484

(Pres. Petitti – Rel. D’Ascola)

 

Fatto e diritto

1) Il Tribunale di Locri con sentenza depositata in data 17 settembre 2008 rigettava l’appello proposto dal Comune di Riace avverso Funebri Ingros di B. G. per la riforma della sentenza resa in data 1 dicembre 2006 dal giudice di pace di Stilo, con la quale era stata accolta l’opposizione proposta dalla parte opponente in relazione a sanzione amministrativa per violazione dell’art. 142 c. 8 C.d.S..

Il Tribunale rilevava che era stata indebitamente omessa la contestazione immediata dell’infrazione, obbligatoria ex art. 201 C.d.S., con la giustificazione – ritenuta insufficiente – dell’uso di apparecchiatura autovelox, gestita direttamente da organi di polizia, perché il veicolo era a distanza dal posto di accertamento o comunque per l’impossibilità di fermarlo in tempo utile. Affermava che l’omissione è possibile sulle strade extraurbane, come quella de qua (SS …), solo se preventivamente individuate con decreto prefettizio.

Riteneva, inoltre, sussistente la denunciata incompetenza della Polizia Municipale del Comune di Riace, in quanto enti proprietari della strada ove è stata accertata la violazione sono la Provincia di Reggio Calabria e l’ANAS.

Riteneva, infine, quale ulteriore motivo di annullamento, che non sussisteva prova che fosse stata fornita agli automobilisti informazione dell’avvenuta installazione di un autovelox sulla via Nazionale SS (…), essendo irrilevante l’attestazione a verbale della presenza di cartellonistica relativa al controllo elettronico della velocità.

2) Il Comune ha proposto ricorso per cassazione notificato il 27 ottobre 2009.

Parte opponente è rimasta intimata.

Il ricorso è stato in un primo tempo avviato alla trattazione in camera di consiglio, sulla base di relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.; indi, con ordinanza interlocutoria ne è stato disposto il rinvio all’udienza pubblica, essendosi ravvisata l’esigenza di approfondire la questione della competenza della polizia municipale in ordine alla elevazione del verbale di contestazione su strada extraurbana statale ricadente nel territorio comunale.

3) Con il primo motivo, il Comune deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002 nonché violazione degli artt. 142, 200 e 201 del codice della strada, 384 del relativo Regolamento in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c..

Premesso che a seguito delle modifiche legislative del 2002, la contestazione immediata e quella differita sono previste in disposizioni legislative, avendo il legislatore trasfuso il contenuto dell’art. 384 del regolamento di esecuzione nel testo dell’art. 201 del codice della strada, non vi sarebbe ragione per escludere che la contestazione differita, ove ovviamente ne ricorrano le condizioni e siano osservate le prescrizioni di cui al citato art. 201, possa essere effettuata a seguito della utilizzazione diretta da parte degli agenti accertatori delle apparecchiature elettroniche di rilevazione della velocità anche su strade diverse da quelle indicate nel citato art. 4 d.l. n. 121 del 2002 o nel decreto prefettizio di cui al medesimo art. 4.

Il ricorrente formula quindi il seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., da considerarsi ammissibile anche se formulato in più punti (Cass. 26737/08): “Vige nel nostro ordinamento giuridico un’esclusione generalizzata dell’utilizzazione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento della velocità al di fuori delle autostrade e delle strade extraurbane principali di cui all’art. 2, comma 2, lett. A e B del d.lgs. n. 285/92?

b) È da considerarsi legittima, ai sensi dell’art. 4 d.l. 121/02, convertito in legge 168/02, l’utilizzazione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento della velocità da parte del Comune di Riace sulla via Nazionale SS (…), con contestazione differita in virtù delle eccezioni previste dall’art. 201 C.d.S. comma 1 bis?

c) È ammissibile la contestazione differita dell’infrazione relativa al superamento dei limiti di velocità qualora nel verbale di contestazioni siano contenuti i richiami all’art. 201, comma 1-bis lett. e C.d.S. e all’art. 384 comma 1 lett. e) del Reg.to n. 495/92 circa l’impossibilità della contestazione immediata, sul presupposto che la strumentazione elettronica utilizzata consente la rilevazione dell’illecito solo in tempo successivo perché il veicolo oggetto del rilievo è a distanza dal posto di accertamento ed impossibilitato ad essere fermato in tempo utile?

d) È consentito al giudice dell’opposizione il sindacato, in sede giudiziaria, sulla possibilità concreta di contestazione immediata della violazione e sulle scelte organizzative dell’amministrazione?

Il motivo appare manifestamente fondato, alla luce della giurisprudenza di legittimità, la quale ha reiteratamente affermato che “il disposto del comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4 – che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti “a priori” per le autostrade e per le strade extraurbane principali – evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 cod. strada (limiti di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del comma 4 del medesimo art. 4, con il quale si esclude “tout court” l’obbligo della contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4 non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201, comma 1-bis, cod. strada” (Cass., n. 376 del 2008; Cass., n. 1889 del 2008; Cass., n. 2243 del 2008).

La tesi del Tribunale, che pure, come detto, ha dato conto dell’orientamento affermato da Cass. n. 376 del 2008, non appare convincente, anche perché a suo sostegno nella sentenza impugnata viene presa in considerazione la disciplina amministrativa relativa all’accertamento di infrazioni a mezzo apparecchiature elettroniche in funzione automatica, laddove nel caso di specie, così come in quelli esaminati dalle citate sentenze, l’apparecchiatura era utilizzata direttamente dagli agenti accertatori, e solo la contestazione era avvenuta in modo differito per le ragioni indicate nel verbale e puntualmente riportate nella sentenza impugnata.

Ed infatti va ribadito che, a fronte dell’affermata possibilità di rilevamento da parte degli agenti di polizia che direttamente gestiscono l’apparecchiatura elettronica, nel caso non si sia proceduto alla contestazione immediata nei confronti del trasgressore, l’indicazione nel verbale di una ragione che renda ammissibile la contestazione differita dell’infrazione, comporta “ipso facto” la legittimità’ del verbale medesimo e della conseguente irrogazione della sanzione, senza che sussista alcun margine da parte del giudice di apprezzare nel concreto le scelte organizzative compiute dall’amministrazione ai fini dell’espletamento del servizio.(Cass. 19032/08; 24355/06).

4) Con il secondo motivo, che denuncia violazione degli artt. 11 e 12 C.d.S., 22 dpr 495/1992 e 5 della legge n. 65/86, nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e vizio di contraddittorietà di motivazione, parte ricorrente si duole dell’errore commesso dal giudice del Tribunale con il negare che sulle strade di proprietà statale o dell’Anas sia interdetta alla Polizia municipale l’attività di espletamento dei servizi di polizia stradale.

La censura, cui accede quesito sviluppato in più proposizioni, che tuttavia puntualizza specificamente i termini della controversia individuandola inequivocabilmente, è fondata.

4.1. – Dalla sentenza impugnata emerge che la violazione è stata accertata sul tratto della SS n. (…) ricadente nel territorio del Comune di Riace.

Si tratta di stabilire se la polizia municipale avesse la competenza all’accertamento delle violazioni commesse su detto tratto di strada.

Al quesito deve darsi risposta positiva.

Gli organi di polizia municipale, nel territorio di competenza, sono abilitati a compiere legittimamente la loro attività di accertamento istituzionale nell’ambito dell’espletamento dei servizi di polizia stradale, senza che abbia rilievo la circostanza relativa alla tipologia della strada che attraversa lo stesso, e quindi ben possono effettuare accertamenti e contestazioni di violazioni di norme del codice della strada anche quando il tracciato su cui si verifica l’infrazione sia una strada statale al di fuori del centro abitato.

In proposito va osservato quanto segue.

A norma dell’art. 13, terzo comma, della legge n. 689 del 1981, “all’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria”.

L’art. 57 cod. proc. pen. indica fra gli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria “le guardie dei comuni”, con competenza “nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza”.

Secondo l’art. 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65 (recante la legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale), il “personale che svolge servizio di polizia municipale”, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, ha funzioni di polizia stradale (comma 1, lettera h), in correlazione con quanto stabilito dal codice della strada vigente, dovendosi ritenere rinvio formale e non recettizio quello contenuto in tale norma al codice della strada del 1959.

In base al disposto dell’art. 3 della legge n. 65 del 1986, gli addetti al servizio di polizia municipale esercitano le loro funzioni istituzionali “nel territorio di competenza”.

Questa disciplina generale, che identifica l’ambito territoriale di competenza della polizia municipale con il territorio comunale, e che caratterizza la polizia locale per la dimensione territoriale comunale di esercizio delle funzioni (Corte cost., sentenza n. 740 del 1988), trova un puntuale riscontro nell’art. 12 del codice della strada, che al comma 1, lettera e), attribuisce l’espletamento dei servizi di polizia stradale “ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza”, ed è richiamata dall’art. 22 del regolamento di esecuzione del codice della strada del 1992, il quale dispone, al comma 3, che “i servizi di polizia stradale sono espletati dagli appartenenti alle amministrazioni di cui all’art. 12, commi 1 e 2, del codice, in relazione agli ordinamenti ed ai regolamenti interni delle stesse”.

Il comma 3 dell’art. 11, che in materia di servizi di polizia stradale (inclusi la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale) li demanda al Ministro dell’interno, con la sola salvezza delle attribuzioni dei Comuni per quanto riguarda i centri abitati, non attiene alla delimitazione della competenza della polizia municipale in materia di servizi di polizia stradale, ma alla direzione e predisposizione dei relativi servizi, come è fatto palese dall’ultima parte del comma, che riserva in ogni caso al Ministero il coordinamento dei servizi.

Gli agenti ed ufficiali di polizia municipale, pertanto, in conformità della regola generale stabilita dall’art. 13 della legge n. 689 del 1981 in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio, anche, quindi, su strade statali al di fuori del centro abitato. Ne deriva che, una volta stabilito che gli ufficiali e gli agenti della polizia municipale hanno tale potere nell’ambito dell’intero territorio comunale, gli accertamenti di violazioni del codice della strada da essi compiuti in tale territorio debbono ritenersi per ciò stesso legittimi sotto il profilo della competenza dell’organo accertatore, restando l’organizzazione, la direzione e il coordinamento del servizio elementi esterni all’accertamento, ininfluenti su detta competenza.

In questo senso il Collegio, nell’accogliere la censura, intende dare continuità all’indirizzo costante di questa Corte, espresso da Sez. 1, 1 marzo 2002, n. 3019, Sez. 2, 11 luglio 2006, n. 15688, Sez. 1, 19 ottobre 2006, n. 22366, e da ultimo ribadito da Sez. 2, 28 aprile 2011, n. 9497 e n. 9498.

5) Con il terzo motivo, che denuncia violazione degli artt. 346 c.p.c. e 2697 c.c., nonché contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, parte ricorrente espone due profili di ricorso.

In primo luogo si duole dell’errore processuale commesso dalla sentenza per aver pronunciato ultra petita, posto che non sarebbe stato fatto valere con appello incidentale il motivo di annullamento della sanzione relativo alla pretesa mancanza di idonea informazione agli automobilisti della installazione di un autovelox sulla via Nazionale (…) in comune di Riace.

La censura, cui si riferisce utilmente il punto a) del quesito, è fondata: dalla sentenza, che riporta meticolosamente in narrativa i motivi di opposizione svolti nel ricorso davanti al giudice di pace, emerge nitidamente che l’opponente non fece valere questo preteso vizio dell’atto sanzionatorio, né la riproposizione di essa in sede di appello (Cass. 14086/10; 15003/10); conseguentemente il Tribunale ha errato nell’annullare anche per questa ragione il verbale impugnato.

L’opposizione al verbale di contestazione di violazione del codice della strada, ai sensi degli artt. 204-bis dello stesso codice della strada e 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, configura l’atto introduttivo, secondo le regole proprie del procedimento civile dinanzi al giudice di pace, di un giudizio di accertamento della pretesa punitiva della P.A., il cui oggetto è delimitato, per l’opponente, dalla causa petendi fatta valere con l’opposizione stessa, sicché il giudice non può rilevare d’ufficio vizi diversi da quelli dedotti dal medesimo opponente, entro i termini di legge, con il suddetto atto introduttivo.(Cass. 656/10; 17625/07). A maggior ragione ciò è precluso al giudice d’appello, che non può neppure ammettere l’introduzione in sede di gravame di nuovi motivi.

L’accoglimento del primo profilo assorbe il secondo relativo alla ritenuta mancanza prova dell’apposizione dell’apposito cartello.

6. – Pertanto il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione originaria.

Parte opponente, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune, delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione. Condanna l’opponente al pagamento delle spese dell’intero giudizio, che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 450, di cui Euro 50 per spese, Euro 150 per diritti ed Euro 250 per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550, di cui Euro 50 per spese, Euro 100 per diritti ed Euro 400 per onorari; per il giudizio di legittimità, in Euro 600, di cui Euro 400 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge per tutti i gradi del giudizio.

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