Assegno mantenimento ridotto. Decisione illegittima se fondata sull’invito alla donna a lavorare ‘in nero’ Cassazione, sez. I, 19 marzo 2012, n. 4312

 

ASSEGNO MANTENIMENTO RIDOTTO. DECISIONE ILLEGITTIMA SE FONDATA SULL’INVITO ALLA DONNA A LAVORARE ‘IN NERO’

Cassazione, sez. I, 19 marzo 2012, n. 4312

(Pres. Carnevale – Rel. Bisogni)

 

 

Svolgimento del processo

S.B.C e L.D. vivono in regime di separazione consensuale, omologata con decreto del Tribunale di Lanciano del 14 novembre 2005, in base al quale il Omissis è tenuto a corrispondere un assegno di mantenimento alla moglie nella misura di 450 euro mensili. In data 11 giugno 2007 il Tribunale ha respinto il ricorso del Omissis diretto a far eliminare o, quanto meno, ridurre l’assegno di mantenimento. La Corte di appello de L’Aquila, ha invece accolto, con provvedimento del 19 febbraio 2008, il reclamo del C. fissando in 200 euro mensili la misura dell’assegno sul presupposto del peggioramento delle condizioni economiche del reclamante e della stabile occupazione lavorativa della D. Quest’ultima ha chiesto, a sua volta, con ricorso del 9 giugno 2008 al Tribunale di Lanciano, la revisione delle condizioni economiche della separazione con determinazione in almeno 500 euro mensili dell’assegno di mantenimento in suo favore a seguito della perdita del posto di lavoro.

Il Tribunale ha accolto il ricorso con provvedimento del 29 settembre 2008 rideterminando in 450 euro mensili la misura dell’assegno di mantenimento dovuto dal C. La Corte di appello de L’Aquila, accogliendo il reclamo del C., ha rideterminato nuovamente la misura dell’assegno in 200 euro mensili, con decorrenza dal 19 febbraio 2008.

Ricorre per cassazione L.D. deducendo: a) violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’articolo 156 del codice civile; b) violazione dell’articolo 360 n. 5 c.p.c. per motivazione insufficiente, contraddittoria e perplessa su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Si difende con controricorso S.B.C.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la Corte abbia violato l’art. 156 del codice civile non tenendo in considerazione le sue limitatissime possibilità di lavoro e di reddito a fronte di un reddito mensile del marito, derivante da lavoro subordinato e quindi stabile, pari ad euro 1.260.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’insufficienza, illogicità e perplessità della motivazione laddove essa riconduce, senza alcuna dimostrazione, il suo licenziamento a un comportamento fraudolento inteso a ricostituire i presupposti per il ripristino della precedente misura dell’assegno di mantenimento.

I due motivi, di ricorso che debbono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione sono fondati. Infatti la Corte di appello ha addotto a sostegno della sua decisione una motivazione che è da considerare meramente assertiva relativamente all’affermazione della strumentalità del licenziamento della D. La circostanza per cui il licenziamento della D. sia avvenuto poco tempo dopo il provvedimento della Corte di appello del 19 febbraio 2008 non può di certo essere considerata una ragione giustificativa, oggettiva e plausibile, di un comportamento fraudolento e strumentale orchestrato dalla D. in danno del C. senza fornire alcun riscontro probatorio esterno e senza alcuna considerazione per il danno economico che la stessa ricorrente si sarebbe volontariamente procurato con un tale comportamento. La motivazione della Corte si presenta quindi insufficiente, illogica e in definitiva apparente. Per altro verso la comparazione dei redditi e delle potenzialità di reddito delle parti, al fine della determinazione dell’assegno di mantenimento, non può utilizzare l’argomento per cui la D. potrebbe comunque procurarsi da guadagnare ricorrendo al mercato del lavoro domestico in nero il che presuppone che la ricorrente sarebbe tenuta, secondo la valutazione del decreto impugnato, a violare la normativa fiscale e previdenziale o ad assumersi la responsabilità di tale più che legittimo rifiuto e vedere ridotta la misura dell’assegno di mantenimento.

Il ricorso va conseguentemente accolto con cassazione del decreto impugnato e rinvio alla Corte di appello de L’Aquila che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La. Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia ad altra sezione della Corte di appello de L’Aquila che deciderà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 del d.lgs n. 196/2003.

 

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