Opposizione al provvedimento relativo alla liquidazione dell’onorario del difensore a spese dello Stato: occorre chiamare in causa il Ministero della Giustizia? Cassazione, sez. Unite Civili, 29 maggio 2012, n. 8516

 

OPPOSIZIONE AL PROVVEDIMENTO RELATIVO ALLA LIQUIDAZIONE DELL’ONORARIO DEL DIFENSORE A SPESE DELLO STATO: OCCORRE CHIAMARE IN CAUSA IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA?

Cassazione, sez. Unite Civili, 29 maggio 2012, n. 8516

 

Posto che il procedimento di opposizione ex art. 170 d.p.r. 115/2002 (al decreto di liquidazione dei compensi a custodi ed ausiliari del giudice ed al decreto di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori di patrocinati a spese dello Stato) presenta, anche se riferito a liquidazioni inerenti ad attività espletate ai fini di giudizio penale, carattere di autonomo giudizio contenzioso avente ad oggetto controversia di natura civile incidente su situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto soggettivo patrimoniale, parte necessaria dei procedimenti suddetti deve considerarsi ogni titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento; con la conseguenza che in tale prospettiva finalistica va letta la previsione di cui all’art. 170 d.p.r. 115/2002 e che, nei procedimenti di opposizione a liquidazioni inerenti a giudizi civili e penali suscettibili di restare a carico dell'”erario”, anche quest’ultimo, identificato nel Ministero della Giustizia, è parte necessaria

 

Cassazione, sez. Unite Civili, 29 maggio 2012, n. 8516

(Pres. Vittoria – Rel. Cappabianca)

 

Svolgimento del processo

L’Avv. R.S. propone ricorso per cassazione avverso provvedimento, del Presidente delegato del Tribunale di Brescia, di rigetto del ricorso da lui promosso, ai sensi degli artt. 84 e 170 d.p.r. 115/2002, contro decreto, con il quale giudice del Tribunale gli aveva liquidato, riducendone la pretesa esposta nella nota spese, l’onorario per l’opera professionale prestata nell’ambito di giudizio penale a favore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Ha instaurato contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e del Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale.

Deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 82 d.p.r. 115/2002 e del d.m. 127/2004 nonché omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione – il ricorrente lamenta che il provvedimento non specifica in maniera analitica le voci della tariffa professionale ridotte in sede di liquidazione né svolge motivazione adeguata in merito alla semplicità del processo penale assunta a giustificazione dell’operata decurtazione della pretesa.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso eccependo, preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva.

Emergendo contrasto giurisprudenziale sulla questione della legittimazione passiva, con ordinanza interlocutoria (n. 12621/11, depositata l’1.4.2011), la Prima sezione civile della Corte, originariamente investita del giudizio, ha rimesso la causa al Primo Presidente, che l’ha, quindi, assegnata a queste Sezioni Unite.

Motivi della decisione

I.1 – Il provvedimento di liquidazione degli onorari al difensore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato è impugnabile, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 84 e 170 d.p.r. 115/2002 (“Testo unico in materia di spese di giustizia”), con opposizione dinanzi al Presidente dell’Ufficio competente.

L’art. 84 d.p.r. 115/2002 (contemplato nella parte del testo normativo che specificamente regola il patrocinio a spese dello Stato) stabilisce che “avverso il decreto di pagamento del compenso al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte, è ammessa opposizione ai sensi dell’art. 170″. L’art. 170 (contemplato nella parte del testo normativo che regola i titoli di pagamento in genere), stabilisce a sua volta, al comma 1, che “avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui è affidato l’incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione, entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione, al presidente dell’ufficio giudiziario competente”.

Quale provvedimento dotato di carattere decisorio, (incidendo direttamente sulle situazioni giuridiche delle parti) e definitivo (tale essendo espressamente qualificato dalla previsione dell’art. 29 l. 794/1942 e da quella dell’art. 15, comma 6, d.lgs. 150/2011, richiamate, rispettivamente, dall’originaria formulazione dell’art. 170 d.p.r. 115/2002, applicabile alla fattispecie concreta, e da quella attualmente in vigore), il provvedimento presidenziale è suscettibile di ricorso per Cassazione (cfr. Cass. 5881/07, ss.uu. 28266/05, 2592/05).

2 – La compenetrazione normativa realizzata dal rinvio dell’art. 84 d.p.r. 115/2002 alla previsione del successivo art. 170, impone che l’indagine sulla legittimazione passiva nel procedimento di opposizione alla liquidazione degli onorari del difensore di soggetto patrocinato a spese dello Stato, demandata a queste Sezioni Unite, muova dal dato, di evidenza testuale, costituito dalla parte della disposizione richiamata, che (nel riproporre sostanzialmente la previsione del previgente art. 11, comma 5, l. 319/1980) attribuisce il potere di agire, nelle contemplate opposizioni, al “beneficiario” ed alle “parti processuali” compreso il “pubblico ministero”; laddove il riferimento alle “parti processuali” non sembra poter riguardare che le parti del giudizio presupposto.

L’indicato dato letterale non risulta, tuttavia, appagante ai fini della soluzione della questione in esame, giacché, non in relazione ad ogni opposizione devoluta alla disciplina della norma, esso appare in grado di investire il titolare passivo del rapporto sostanziale oggetto della controversia introdotta con l’opposizione.

Già in sede di prima approssimazione al problema, può, invero, notarsi che – se, in relazione all’originario ambito di applicazione dell’art. 170 d.p.r. 115/2002 (costituito dalle opposizioni alla liquidazione dei compensi spettanti all’ausiliario di giustizia), il riconoscimento della legittimazione passiva alle parti processuali del giudizio (civile o penale) presupposto non rivela stridenti incoerenze, essendo tendenzialmente ciascuna di esse, almeno in potenza, titolare del rapporto di debito oggetto della liquidazione opposta – altrettanto non può dirsi in merito alle opposizioni alle liquidazioni dei compensi dei difensori dei soggetti patrocinati a spese dello Stato (che l’art. 170 d.p.r. 215/2002 è chiamato a regolare per rinvio dall’art. 84), atteso che tali compensi non gravano necessariamente sulle parti del giudizio presupposto, ma tendono, per definizione, ad incidere sullo Stato, genericamente qualificato “erario” dagli artt. 131 e 132 d.p.r. 115/2002, che può non essere (e, in larga misura, non è) parte del giudizio presupposto.

3 – Alla luce delle esposte premesse, occorre, dunque, indagare se (a prescindere dalla formula letterale dell’art. 170 d.p.r. 215/2002) lo Stato, ancorché estraneo al giudizio presupposto, rivesta, comunque, ruolo di parte necessaria nel procedimento di opposizione alla liquidazione degli onorari spettanti ai difensori dei soggetti gratuitamente patrocinati, in quanto titolare del rapporto di debito oggetto del procedimento medesimo. Attesa la genericità dell’accezione “erario” utilizzata dalla legge per identificare lo Stato quale soggetto passivo del rapporto sostanziale oggetto del procedimento, sarà quindi, eventualmente, necessario chiarire come tale generico concetto venga, in concreto, ad identificarsi con riferimento alla legittimazione passiva nei procedimenti in rassegna.

Come evidenziato dall’ordinanza di rimessione al Primo Presidente, in proposito si riscontrano nella giurisprudenza di questa Corte orientamenti disparati.

Alcune pronunzie (seppur in relazione a fattispecie caratterizzate dalla mancata instaurazione di ogni contraddittorio, e, pertanto, al limitato fine di rilevare la radicale inammissibilità del ricorso, in quanto solo depositato e non notificato ad alcuno) dimostrano d’intendere che l’ambito della legittimazione passiva dei procedimenti di opposizione alla liquidazione degli onorari dei difensori dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato è conclusivamente tratto, in via speculare, dalla previsione di cui all’art. 170 d.p.r. 115/2002 (cfr. Cass. 5881/07, 2542/05). Ciò, del resto, in sintonia con quanto già affermato, in relazione alla previgente (e sostanzialmente analoga) previsione dell’art. 11, comma 5, l. 319/1980 in tema di opposizione a liquidazione di compenso di ausiliare del giudice (cfr. Cass. 4175/98, 4819/97).

Sempre con riguardo alla previgente disciplina sulle opposizioni alle liquidazioni dei compensi spettanti agli ausiliari del giudice, altre pronunzie, in base ad una valutazione eminentemente letterale del dato normativo, attribuiscono ruolo centrale, ai fini della rappresentanza dell’interesse pubblico nei procedimenti in oggetto, al Pubblico Ministero (cfr. Cass. 5132/96; 7227/98).

Ulteriore indirizzo (per il quale, v. Cass. 24349/07 non massimata, in tema di opposizione alla liquidazione di onorario per attività di difensore d’ufficio ricondotta alla disciplina di cui all’art. 84 d.p.r. 115/2002, dal successivo art. 116) reputa parte necessaria del procedimento l’Agenzia delle Entrate. Ciò, essenzialmente, in funzione dell’applicazione analogica, al procedimento di opposizione alla liquidazione degli onorari spettanti ai difensori dei patrocinati a spese dello Stato, delle disposizioni in tema di legittimazione passiva previste, in relazione al procedimento di ammissione al gratuito patrocinio, dall’art. 99 d.p.r. 115/2002, che espressamente attribuisce, all’ufficio finanziario, ruolo di parte nel relativo processo.

Altra impostazione (v. Cass. 3342/1992, in tema di liquidazione di compensi a c.t.u. in procedimento penale, regolata dalla previgente l. 319/1980), reputa, infine, parte necessaria, nel giudizio di opposizione alla liquidazione, il Ministero della Giustizia, quale soggetto in concreto chiamato a far fronte ai correlativi esborsi.

II.1 – Ad avviso di queste Sezioni unite, fondamentale, ai fini della risoluzione del delineato contrasto, risulta il rilievo che, con la precedente sentenza 19161/09, si è definitivamente riconosciuto che il procedimento di opposizione ex art. 170 d.p.r. 115/2002 (al decreto di liquidazione dei compensi ad ausiliari del giudice e custodi ed al decreto di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori di patrocinati a spese dello Stato) presenta, anche se riferito a liquidazioni inerenti ad attività espletate ai fini di giudizio penale, carattere di autonomo giudizio contenzioso avente ad oggetto controversia di natura civile incidente su situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto soggettivo patrimoniale.

In base ai principi generali, l’affermato criterio rende, infatti, ineludibile considerare parte necessaria dei procedimenti di opposizione a liquidazione regolati dall’art. 170 d.p.r. 115/2002 ogni titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento medesimo (ogni soggetto, cioè, esposto all’obbligo di sopportare l’onere economico del compenso); con la conseguenza che in tale prospettiva finalistica va letta la previsione di cui all’art. 170 d.p.r. 115/2002 e che dunque – nei procedimenti, di opposizione a liquidazioni di compensi e onorari inerenti a giudizi civili e penali, suscettibili di restare a carico dell'”erario” – anche quest’ultimo è parte necessaria, ancorché estraneo al giudizio presupposto.

2.1 – In tale prospettiva ed approfondendo il tema dell’identificazione del soggetto destinato ad assumere, per l’”erario”, il ruolo di legittimato passivo nei procedimenti in oggetto, deve, in primo luogo, disattendersi la tesi di chi assegna tale ruolo all’Agenzia delle Entrate.

L’impostazione è, come si visto, essenzialmente fondata sull’applicazione analogica, al procedimento di opposizione alla liquidazione degli onorari spettanti ai difensori dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, delle disposizioni in tema di legittimazione passiva previste, in relazione al procedimento di ammissione al gratuito patrocinio, dall’art. 99 d.p.r. 115/2002.

L’ambito applicativo dell’art. 99 d.p.r. 115/2002, è, tuttavia, troppo specificamente ancorato al tema dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed al procedimento di opposizione al correlativo diniego, per essere suscettibile di applicazione analogica, alle opposizioni alle liquidazioni regolate dall’art. 170 d.p.r. 115/2002 (e ciò non solo, come è intuitivo, con riguardo alle opposizioni avverso i decreti di liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice, ma, anche, con riferimento a quelle avverso le liquidazioni degli onorari del gratuito patrocinio).

In proposito, appare decisivo il rilievo che, nel caso dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, l’art. 98 d.p.r. 115/2002 rende l’ufficio finanziario parte attiva del procedimento di ammissione al beneficio, demandandogli il riscontro del requisito di reddito per la concessione del beneficio medesimo ed attribuendogli anche il potere di richiederne la revoca ai sensi dell’art. 112, sicché è solo in ragione di tali peculiari attribuzioni (non replicate in tema di liquidazione dei compensi e, del resto, non conferenti rispetto ad esso), che il successivo art. 99, conferisce espressamente all’ufficio tributario ruolo di parte nel procedimento di opposizione al diniego del beneficio (cfr. Cass. pen. 3 9501/06, Infranca; 31369/05, Alicata).

Esclusa l’applicazione analogica dell’art. 99 d.p.r 115/2002 al procedimento di opposizione alla liquidazione dei compensi e degli onorari di cui all’art. 170 d.p.r. 115/2002 – e riscontrato, peraltro, che, significativamente, gli artt. 82 e 168 d.p.r. 115/2002 omettono di annoverare l’ufficio finanziario tra i destinatari della comunicazione dei decreti di pagamento dei compensi e degli onorari – deve, poi, considerarsi che gli artt. 57 e 62 d.lgs. (istitutivo) 300/1999 – nel circoscrivere l’ambito di azione dell’Agenzia delle Entrate allo svolgimento dei servizi relativi all’amministrazione, alla riscossione ed al conten2ioso dei tributi diretti e dell’iva nonché di tutte le imposte, diritti o entrate erariali o locali, anche di natura extra-tributaria, già di competenza del Dipartimento delle Entrate del Ministero delle Finanze o affidati alla sua gestione in base alla legge o ad apposite convenzioni – non consente di riconoscere all’Agenzia alcuna funzione in tema di erogazione dei compensi dovuti ad ausiliari del giudice o ai difensori incaricati di esercitare la difesa in regime di patrocinio a spese dello Stato.

2.2 – Da disattendere è, altresì, l’orientamento che ravvisa nel Pubblico Ministero il soggetto destinato ad assumere ruolo di legittimato passivo nei procedimenti di liquidazione di compensi ed onorari destinati a restare a carico dell'”erario”.

In disparte il rilievo che l’accezione “erario” evoca piuttosto riferimento ad esponente dello Stato-Amministrazione, l’inadeguatezza dell’impostazione risulta palese ove si consideri che il Pubblico Ministero è sempre parte solo nei processi penali ovvero in quei processi civili in cui è prevista la sua partecipazione obbligatoria, mentre (disciplinando l’art. 170 d.p.r. 115/2002, unitariamente, l’opposizione alla liquidazione di compensi ed onorari nel processo penale e in quello civile) resta imperscrutabile il titolo che ne imponga il ruolo di parte necessaria in relazione a tutti i procedimenti di opposizione alle liquidazioni che concernono i giudizi civili cui non partecipa.

Deve, peraltro, considerarsi (nella prospettiva di cui al precedente punto II.1), che il Pubblico Ministero non è, certamente, titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento di opposizione alla liquidazione (non essendo nemmeno dotato, al pari di tutti gli altri uffici giudiziari, di autonomo bilancio) e, d’altro canto, che il potere di proporre opposizione alla liquidazione, riconosciutogli dall’art. 170 d.p.r. 115/2002, appare idoneamente giustificabile in funzione al suo tradizionale ruolo di tutore dell’interesse della legge.

3. L’inadeguatezza delle altre soluzioni e la riscontrata esigenza di osservare il principio, secondo cui parte necessaria dei procedimenti di opposizione a liquidazione regolati dall’art. 170 d.p.r. 115/2002 deve inevitabilmente reputarsi ogni titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento medesimo (principio, che, del resto, solo in tal modo viene ad acquisire piena attuazione) impongono di propendere per la tesi che individua il Ministero della Giustizia quale parte necessaria nei procedimenti suddetti, se concernenti compensi e onorari, relativi a giudizi civili o penali, suscettibili di restare a carico dell'”erario”.

Come emerge anche dalla previsione di cui all’art. 185, comma 1, d.p.r. 115/2002, è, infatti, sul bilancio del Ministero della Giustizia (attualmente sul relativo capitolo 1360) che viene a gravare l’onere degli esborsi correlativi, in concreto gestito attraverso aperture di credito a favore dei funzionari delegati (mentre, altrimenti, incidono le corrispondenti spese in tema di giudizi tributario, penale militare e amministrativo).

Può, dunque, pervenirsi all’affermazione del seguente principio di diritto: “posto che il procedimento di opposizione ex art. 170 d.p.r. 115/2002 (al decreto di liquidazione dei compensi a custodi ed ausiliari del giudice ed al decreto di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori di patrocinati a spese dello Stato) presenta, anche se riferito a liquidazioni inerenti ad attività espletate ai fini di giudizio penale, carattere di autonomo giudizio contenzioso avente ad oggetto controversia di natura civile incidente su situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto soggettivo patrimoniale, parte necessaria dei procedimenti suddetti deve considerarsi ogni titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento; con la conseguenza che in tale prospettiva finalistica va letta la previsione di cui all’art. 170 d.p.r. 115/2002 e che, nei procedimenti di opposizione a liquidazioni inerenti a giudizi civili e penali suscettibili di restare a carico dell'”erario”, anche quest’ultimo, identificato nel Ministero della Giustizia, è parte necessaria“.

III.1 – Le conclusioni raggiunte in precedenza, portano, nel caso concreto, a rilevare – in accoglimento della corrispondente eccezione preliminare dell’interessata – la carenza di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate, intimata e costituitasi (con l’Avvocatura dello Stato), ed a cassare il provvedimento impugnato, in quanto emesso in assenza di contraddittorio con la parte necessaria, Ministero della Giustizia.

La causa va, peraltro, rinviata al Presidente del Tribunale di Brescia, che disporrà la notificazione dell’atto, alla sopra identificata parte necessaria, ai sensi dell’art. 4 l. 260/1958.

2.1 – A tale ultimo riguardo, va osservato che la norma citata deve ritenersi applicabile anche quando l’errore d’identificazione riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato; nella specie: Agenzia delle Entrate (che, facoltativamente difesa dall’Avvocatura dello Stato ai sensi degli artt. 72 d.lgs. 300/1999 e 43 r.d.l. 1611/1933, si è in concreto costituita a mezzo del relativo patrocinio, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva) e Ministero della Giustizia, (difeso ex lege dall’Avvocatura dello Stato). Ciò tuttavia, in forza dell’inviolabile principio del contraddittorio, limitatamente alla prevista rimessione in termine e con esclusione di ogni possibilità di automatica “stabilizzazione” (cfr. Cass. 6177/10), nei confronti dell’effettivo destinatario, degli effetti dell’atto giudiziario notificato ad altro soggetto.

Ad avviso di queste Sezioni unite, è infatti, in tali termini, che va ricondotto a sintesi sistematicamente coerente il contrasto riscontrabile, anche all’interno della giurisprudenza di questa Corte, tra l’orientamento (per cui, v. Cass. 10.010/11, 6917/05) che reputa l’operatività dell’art. 4 l. 260/1958 circoscritta agli errori di identificazione, per così dire, “interni” alle singole soggettività (che incidano, cioè, sull’organo in concreto munito di legittimazione processuale nell’ambito del medesimo soggetto di diritto pubblico), e quello che ritiene la norma applicabile anche agli errori di identificazione incidenti su soggettività distinte (diverse Amministrazioni dello Stato: cfr. Cass. 1405/03, 8697/01, 10806/00, 10890/96; e addirittura enti diversi, quali Stato e Regione: v. Cass. 3709/11, 11473/03, che aderisce al principio pur ritenendolo non applicabile alla fattispecie concreta, e 4755/03).

L’adesione al secondo indirizzo appare, invero, imprescindibilmente imposto dal rilievo che esso pienamente compatibile con il complessivo dato letterale, in funzione della relativa elasticità (“L’errore di identificazione della persona, alla quale l’atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto doveva essere notificato…”) – si rivela il solo idoneo a soddisfare compiutamente la ratio legis. Ciò, essendo questa identificabile – secondo non smentita indicazione di questa Corte e del Giudice amministrativo (cfr. Cass. 11473/03, 4755/03), confortata, del resto, dagli obiettivi imposti dal principio del c.d. “giusto processo” – nell’intento di agevolare l’effettività del diritto alla tutela giurisdizionale delle pretese vantate nei confronti della pubblica amministrazione (cfr. artt. 24, comma 1, Cost.), in rapporto alla circostanza che l’esercizio di tale diritto, condizionato dal rispetto di rigorosi termini di decadenza, rischia di essere vanificato nelle non infrequenti ipotesi (delle quali quella oggetto della presente vicenda processuale costituisce esempio emblematico), in cui la concreta individuazione dell’organo investito della rappresentanza dell’amministrazione convenuta ovvero quella del soggetto pubblico passivamente legittimato al giudizio risulti particolarmente ardua, se non aleatoria.

D’altro canto (considerato anche che l’unitarietà ed inscindibilità dello Stato nell’esercizio della sue funzioni sovrane non elide l’autonomia soggettiva delle persone giuridiche di diritto pubblico: v. Cass. 6917/05), l’ineludibile principio dell’effettività del contraddittorio (che l’art. 111, comma 2, Cost., in tema di “giusto processo” non sottordina ad alcuna altra sua espressione e la rilevabilità della cui violazione non incorre in preclusione di sorta, se non quella della formazione di giudicato esplicito, v: Cass. ss.uu. 26019/08 e 24883/08), impone, altrettanto imprescindibilmente, che, in relazione agli errori di identificazione incidenti su soggettività diverse (e quindi, in definitiva, sulla stessa legitimatio ad causam), l’operatività dell’art. 4 l. 260/1958 sia circoscritta al profilo della rimessione in termine; con esclusione, dunque, di ogni possibilità di automatica stabilizzazione nei confronti del reale destinatario, in funzione della comune difesa, degli effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e del conseguente giudizio.

3. Il giudice del rinvio provvedere anche in ordine alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

la Corte, a sezioni unite, decidendo sul ricorso, dichiara la carenza di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate; cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio, al Presidente del Tribunale di Brescia.

 

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