L’utilizzo costante e reiterato nel tempo dell’auto pubblica è peculato d’uso o per appropriazione? Cassazione, sez. VI, 30 maggio 2012, n. 20922 (L. D’Apollo)

 

L’UTILIZZO COSTANTE E REITERATO NEL TEMPO DELL’AUTO PUBBLICA È PECULATO D’USO O PER APPROPRIAZIONE?

Cassazione, sez. VI, 30 maggio 2012, n. 20922

Luca D’Apollo

 

Nel caso di utilizzo uti dominus di bene pubblico con uso costante e reiterato nel tempo (nel caso di specie di un’autovettura di servizio) da parte del pubblico ufficiale, non si integra il peculato d’uso, bensì la più grave ipotesi del peculato per appropriazione.

È necessario che la condotta incriminata sia idonea ad arrecare un danno patrimoniale apprezzabile all’amministrazione.

Nel corso del giudizio si era accertato che l’indagato ha fatto uso dell’autovettura anche nei giorni prefestivi e festivi, per scopi estranei a quelli dell’ufficio: si è recato in luoghi che nulla hanno a che fare con i suoi compiti istituzionali, è stato sorpreso a scaricare dall’auto buste e pacchi della spesa davanti all’abitazione dei genitori, si è recato il giorno di Pasquetta presso una zona boschiva in compagnia di parenti e amici per fare un picnic, ha parcheggiato l’auto nel garage privato del padre, circostanze queste che giustificano la valutazione del Tribunale in ordine alla sussistenza dei gravi indizi del reato contestato. Peraltro, è emerso, attraverso la verifica del chilometraggio che l’auto, nel periodo in cui è stata nella piena disponibilità dell’imputato, ha percorso circa 3.300 chilometri, mentre dalla documentazione dei fogli di percorrenza giornaliera risultano solo 997 chilometri, sicché i giudici hanno desunto da ciò un ulteriore indizio circa l’uso improprio del mezzo, rilevando l’omessa compilazione dei dati trimestrali riferibili ai tratti di strada complessivamente percorsi. Dei resto un ulteriore indice della condotta illecita è stato individuato con riferimento all’uso dei buoni carburante, che avrebbe dovuto essere giustificato dalla compilazione del libretto d’uso del veicolo, che invece è stata omessa.

 

Cassazione, sez. VI, 30 maggio 2012, n. 20922

(Pres. Garribba – Rel. Fidelbo)

 

 

Ritenuto in fatto

1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Bari, accogliendo l’appello proposto dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 310 c.p.p. contro l’ordinanza del 21 aprile 2010 con cui il G.i.p. in sede aveva rigettato la richiesta della misura cautelare degli arresti domiciliari, ha disposto la misura interdittiva della sospensione per due mesi dall’esercizio di un pubblico ufficio nei confronti di D..C., accusato del reato di peculato continuato per avere, in qualità di dirigente presso la Regione Puglia, utilizzato l’autovettura di servizio per fini personali e comunque estranei all’attività dell’ufficio.

Il Tribunale ha ribadito la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato all’imputato e, inoltre, ha ritenuto sussistenti, a differenza del G.i.p., anche le esigenze cautelari di cui all’art. 274 lett. c) e.p.p., in considerazione della serialità delle condotte illecite poste in essere dal C., che avrebbe utilizzato l’autovettura di proprietà della Regione in forme “privatistiche”.

2. Nell’interesse dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione l’avvocato Michele Laforgia.

Con il primo motivo deduce l’erronea applicazione dell’art. 314 c.p. e il vizio di motivazione, sostenendo che il Tribunale ha omesso di prendere in esame la documentazione prodotta dalla difesa che dimostra come in quasi tutti gli episodi considerati nell’ordinanza impugnata vi sarebbe stato un uso istituzionale dell’autovettura da parte dell’indagato, mentre residuano episodi minori per i quali dagli elementi acquisiti emergerebbero solo indizi di colpevolezza in ordine al meno grave reato di peculato d’uso, essendosi trattato di un uso improprio e temporaneo dell’automobile di servizio.

Con il secondo motivo censura la motivazione con cui il Tribunale ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari.

Considerato in diritto

3. Il primo motivo è infondato, in quanto l’ordinanza impugnata non ha disconosciuto che il veicolo è stato utilizzato anche per finalità istituzionali dell’ufficio, ma ha posto in evidenza una serie di elementi di prova dimostrativi del fatto che, accanto a tale legittimo utilizzo, ve n’è stato un altro del tutto illegittimo, in quanto l’imputato ha disposto dell’autovettura come cosa propria. A sostegno di ciò il Tribunale ha indicato come, dai controlli effettuati nel corso delle indagini, è risultato che il C. nel periodo 21.4.2010-2.8.2010 ha fatto uso dell’autovettura anche nei giorni prefestivi e festivi, per scopi estranei a quelli dell’ufficio: si è recato in luoghi che nulla hanno a che fare con i suoi compiti istituzionali, è stato sorpreso a scaricare dall’auto buste e pacchi della spesa davanti all’abitazione dei genitori, si è recato il giorno di Pasquetta presso la foresta di (omissis) in compagnia di parenti e amici per fare un picnic, ha parcheggiato l’auto nel garage privato del padre, circostanze queste che giustificano la valutazione del Tribunale in ordine alla sussistenza dei gravi indizi del reato contestato. Peraltro, è emerso, attraverso la verifica del chilometraggio che l’auto, nel periodo in cui è stata nella piena disponibilità dell’imputato, ha percorso circa 3.300 chilometri, mentre dalla documentazione dei fogli di percorrenza giornaliera risultano solo 997 chilometri, sicché i giudici hanno desunto da ciò un ulteriore indizio circa l’uso improprio del mezzo, rilevando l’omessa compilazione dei dati trimestrali riferibili ai tratti di strada complessivamente percorsi. Dei resto un ulteriore indice della condotta illecita del C. è stato individuato con riferimento all’uso dei buoni carburante, che avrebbe dovuto essere giustificato dalla compilazione del libretto d’uso del veicolo, che invece è stata omessa.

Rispetto a questa ricostruzione puntuale dei fatti, fondata su elementi oggettivi, le giustificazioni dell’imputato, dirette a fornire una lettura alternativa dei fatti, appaiono del tutto inidonee a svalutare il giudizio di gravità indiziaria in relazione al reato di peculato. Come del resto risulta vano il tentativo di dimostrare che si sarebbe trattato di un uso temporaneo del mezzo: infatti, deve ritenersi che, allo stato degli atti, correttamente il Tribunale ha qualificato la condotta nel reato di cui all’art. 314 comma 1 c.p., in quanto nella specie non si è trattato di un uso momentaneo dell’autovettura di ufficio, ma di un utilizzo costante e reiterato nel tempo, idoneo ad arrecare un danno patrimoniale apprezzabile all’amministrazione, come dimostrato dai chilometri effettuati.

4. Infondato è anche il secondo motivo, dal momento che l’ordinanza ha logicamente motivato in ordine al pericolo di reiterazione delle condotte illecite da parte dell’imputato, mettendo in evidenza da un lato la “gestione privatistica” dell’automezzo fatta dall’imputato, dall’altro i compiti che allo stesso sono affidati nel suo ufficio, che io portano ad utilizzare l’autovettura, con un rischio concreto di reiterazione nel reato. Peraltro, la scelta della misura appare del tutto coerente con tale esigenza, senza comportare una eccessiva compressione della libertà personale dell’imputato.

5. L’infondatezza dei motivi proposti comporta il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; inoltre, dalla presente decisione consegue l’esecuzione della misura disposta dal Tribunale, sicché deve darsi mandato alla Cancelleria di provvedere ai sensi dell’art. 28 reg. esec. c.p.p..

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuale.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p..

 

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