Esame AVVOCATO 2012 – Parere di diritto civile traccia n. 1

CIVILE TRACCIA n. 1

 

Caio, cliente da anni della banca X riferisce di aver versato alla stessa, dopo la chiusura di alcuni rapporti di conto corrente con essa intrattenuti fra il 1994 e il 2008, l’importo comprensivo di interessi computati ad un tasso extralegale, e capitalizzati trimestralmente per parte della durata dei suddetti rapporti e successivamente capitalizzati annualmente. Il candidato assunte le vesti del difensore di Caio, rediga motivato parere sugli istituti e su problematiche sottese alla fattispecie soffermandosi in particolare sulla eventuale prescrizione dell’indebito, sull’anatocismo e sulla pattuizione inerente tasso di interesse passivo

 

Prima analisi a cura diLuca D’Apollo

 

Le questioni sottese alla traccia

Per l’analisi del caso proposto è necessario soffermarsi sull’istituto dell’anatocismo, con descrizione delle sue varie tipologie: convenzionale, legale, usurario

L’analisi dovrà poi spostarsi nel verificare se le capitalizzazioni annuali e trimestrali effettuata dalla Banca siano valide o meno, e conseguentemente se sussista il diritto alla ripetizione dell’indebito.

 

Particolare attenzione dovrà essere rivolta al dies a quo per l’azione di ripetizione dell’indebito così da verificarne i termini prescrizionali.

 

Le sentenze di riferimento

·       Cassazione, sez. III, 3 maggio 2011, n. 9695

(https://www.dirittoeprocesso.com/index.php?option=com_content&view=article&id=3537:capitalizzazione-trimestrale-e-prescrizione-quale-il-dies-a-quo-cassazione-sez-iii-3-maggio-2011-n-9695&catid=57:obbligazioni-e-contratti&Itemid=87 )

1. È il principio della persistente unicità del debito derivante da mutuo fondiario in più versamenti periodici ad imporre la decorrenza di un unitario termine di prescrizione decennale non già dalla data dell’erogazione del mutuo, ma da quella della scadenza del termine per l’adempimento: e, trattandosi di debito rateizzato, allora da quello dell’ultima rata impagata, siccome prima della scadenza il mutuante non potrebbe pretendere il pagamento della rata e, quindi, non avrebbe azione per costringere il debitore all’adempimento;

2. L’estinzione ex art. 1957 c.c. si ricollega soltanto ad un fatto positivo del creditore e non alla sua mera inazione: il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell’art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, non può consistere nella mera inazione, ma deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che deve concretizzarsi nella perdita del diritto (di surrogazione ai sensi dell’art. 1949 c.c., o di regresso ai sensi dell’art. 1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore.

3. La decadenza del creditore dall’obbligazione fideiussoria ai sensi dell’art. 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale può formare oggetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore, trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità delle parti e che non collide con alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore; la clausola relativa a detta rinuncia non rientra, inoltre, tra quelle particolarmente onerose per le quali l’art. 1341, secondo comma, c.c. esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente; e tanto a prescindere dal fatto che comunque si tratta di contratto concluso direttamente ed immediatamente dai due contraenti, senza adozione di moduli o formulari o applicazione di condizioni generali di contratto

 

·       Cassazione, Sezioni unite civili, 2 dicembre 2010, n. 24418

1. Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati.

2. L’interpretazione data dal giudice di merito all’art. 7 del contratto di conto corrente bancario, stipulato dalle parti in epoca anteriore al 22 aprile 2000, secondo la quale la previsione di capitalizzazione annuale degli interessi contemplata dal comma 1, di detto articolo si riferisce ai soli interessi maturati a credito del correntista, essendo invece la capitalizzazione degli interessi a debito prevista dal comma successivo su base trimestrale, è conforme ai criteri legali d’interpretazione del contratto ed, in particolare, a quello che prescrive l’interpretazione sistematica delle clausole; con la conseguenza che, dichiarata la nullità della surriferita previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c., (il quale osterebbe anche ad un’eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna.

 

Approfondimenti:

ANATOCISMO: TERMINI DI PRESCRIZIONE DELLE AZIONI RESTITUTORIE ED ESCLUSIONE DELLA CAPITALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI A DEBITO di Maria Cristina Iannini

(Estratto da Diritto e Processo formazione n.2/2011)

 

 

 SVOLGIMENTO a cura di LUCA D’APOLLO 

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