L’armonizzazione della valutazione equitativa del danno a persona (B. Grazzini)

3. I criteri giurisprudenziali di liquidazione. La « vocazione nazionale » delle tabelle milanesi.

In effetti, a fronte del suddetto quadro normativo la giurisprudenza ha elaborato nel tempo  propri criteri di liquidazione per i settori non coperti da specifica disciplina. Si va dal criterio equitativo puro al sistema « a punto » tramite media delle precedenti decisioni in materia, ed in alcuni casi si pongono tetti massimi e minimi alla personalizzazione.

A partire dalla giurisprudenza pisana[11], che propose la valutazione a punto differenziato, poi avallata dalla Corte costituzionale[12], il sistema tabellare è stato quello che ha trovato la maggiore diffusione. I diversi giudici di merito hanno elaborato proprie tabelle per la liquidazione del danno biologico con assegnazione di un valore per ogni punto di invalidità, crescente in ragione della gravità della lesione e decrescente in funzione dell’età, oppure con l’individuazione di un valore per le varie fasce di invalidità. Tuttavia, come osservato, questo sistema, anziché soddisfare l’esigenza di uniformità da cui era stato ispirato ha finito per accrescere l’incertezza. Anche con riferimento al sistema a punto, ogni Tribunale ha adottato proprie tabelle, laddove esistono divergenze anche quanto ai singoli valori tabellari[13]. Ne sortisce una sorta di giurisprudenza a zone, in grado di incentivare il c.d. forum shopping.

In simile contesto, un significativo passo avanti nel processo di uniformazione dei criteri liquidativi del danno non patrimoniale da lesione dell’integrità psicofisica è stato fatto dalla sentenza della Cassazione 7 giugno 2011, n. 12408[14], in certa misura (si vedrà in prosieguo quale) confermata dalla di poco successiva sentenza della del 30 giugno 2011, n. 14402[15].

Ed, infatti, con intervento nomofilattico ed espressamente evocando i compiti di cui all’art. 65 dell’Ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12) di assicurare l’esatta osservanza, « l’uniforme interpretazione della legge » e « l’unità del diritto oggettivo nazionale », la Suprema Corte ha individuato nelle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano il riferimento per un sistema uniforme di valutazione del danno a persona su tutto il territorio nazionale.

La Cassazione prende le mosse dalle evidenziate disparità, nella giurisprudenza di merito, sui valori e sul metodo utilizzato per la liquidazione, che appaiono tali da vulnerare il principio di uguaglianza e l’esigenza di certezza del diritto, oltre ad ostacolare la composizione transattiva delle controversie con conseguente inflazione del contenzioso. Perno del ragionamento è l’equità, richiamata da numerose norme, codicistiche e non[16], la quale consente, da un lato di applicare la norma giuridica, per sua natura generale ed astratta, al caso concreto (tale funzione, esplica, per esempio, l’equità richiamata dagli artt. 1226, 1374, 2056 c.c.), dall’altro di eliminare « le disparità di trattamento e le ingiustizie », sicché essa rappresenta uno « strumento di eguaglianza, attuativo del precetto di cui all’art. 3 Cost. » [17]. In questa seconda accezione l’equità costituisce principio che concorre a garantire « l’intima coerenza dell’ordinamento » (tale è il caso dell’equità richiamata dagli artt. 1450, 1467, 1733, 1748, 1755, 2045, 2047, 2263, 2500 quater, c.c.).  

Chiarito, quindi, che equità vuol dire sia regola del caso concreto sia parità di trattamento ed uguaglianza[18], esclusa l’applicazione analogica dell’art. 139 Cod. ass. e data la mancanza di altri parametri legislativi, il criterio da utilizzarsi onde garantire detta uniformità viene individuato nei valori di riferimento per la liquidazione del danno a persona adottati dal Tribunale di Milano, indicati come « valore da ritenersi ‘equo’, e cioè quello in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanza idonee ad alimentarne o ridurne l’entità ».

L’opzione per le tabelle milanesi trova giustificazione nella loro diffusa applicazione presso numerosi Tribunali e nel recepimento in esse delle indicazioni e dei principi sanciti dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite dell’11 novembre 2008, n. 26972, la quale ha configurato il danno non patrimoniale come categoria non suscettibile di suddivisioni nelle sottocategorie del danno biologico, danno morale, danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale e danno alla capacità lavorativa generica. Si tratta infatti delle tabelle varate dall’osservatorio per la Giustizia civile di Milano in data 23 marzo 2011 per la liquidazione del danno non patrimoniale inteso in senso complessivo ed al fine di garantire una sua liquidazione unitaria. Tali tabelle prevedono infatti la sostituzione della denominazione «Tabella per la liquidazione del danno biologico» con quella di «Tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all’integrità psico-fisica», venendo ivi assorbito il calcolo del danno morale. In esse è, dunque, prevista la liquidazione congiunta del danno non patrimoniale  quale lesione dell’integrità psicofisica della persona , vuoi nel suo aspetto « statico » (la lesione  in sé considerata) vuoi nel suo aspetto « dinamico», e cioè i risvolti anatomo funzionali e relazionali e del danno non patrimoniale inteso quale sofferenza soggettiva[19].

 

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