Il bambino nato malformato ha diritto al risarcimento del danno alla salute? (E.Guerri)

 

IL BAMBINO NATO MALFORMATO HA DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO ALLA SALUTE?

Cassazione, Sez.III, 11 maggio 2009, n. 10741e n°16754, 2 ottobre 2012, a confronto

Elena Guerri, Avvocato del Foro di Siena e Specializzata in professioni legali.

 

 

Sommario: 1. Il contratto-contatto sociale come fonte di obblighi di protezione tra le parti e di effetti protettivi verso terzi; 2. Corte di Cassazione, sentenza n° 10741/2009: i principi di diritto in essa enunciati; a). Il marito della gestante ed il nascituro come soggetti ‘protetti’ dal contratto medico-gestante; b). Il nascituro è soggetto di diritto; c). Il diritto ad un consenso informato; d). E’ irrisarcibile il danno da nascita indesiderata per mancanza di informazione da parte del medico lamentato in proprio dal neonato, tale diritto spetta solo alla madre ed al padre; 3. Corte di Cassazione, sentenza n° 16754/2012; a). Il nato malformato è legittimato a chiedere il risarcimento del danno; b). Anche i fratelli hanno diritto al risarcimento del danno; c). L’evento di danno risarcibile ed il nesso causale.

 

1.                   Il contratto-contatto sociale come fonte di obblighi di protezione tra le parti e di effetti protettivi verso terzi.

                Il contratto ed il contatto sociale cd. qualificato, oltre ad assere fonti della obbligazione principale, sono fonti, nel rapporto tra le parti, di obblighi di protezione e, verso i terzi, di effetti protettivi.

                Infatti, tra le parti il rapporto obbligatorio ha un contenuto complesso ed, accanto all’obbligo di prestazione principale, ciascuna parte è tenuta ad obblighi di protezione accessori, volti alla tutela del patrimonio e della persona dell’altra parte. Ciascuna deve fare, entro i limiti di un apprezzabile sacrificio, quanto necessario per evitare un danno alla controparte, godendo, così, una eventuale violazione, della tutela offerta dalla responsabilità contrattuale.[1]

                Gli effetti protettivi verso i terzi derivano, invece, dalla necessità di tutelare soggetti che, pur essendo estranei al contratto, possono essere esposti, nel corso della sua esecuzione, ad un pericolo di danno. Tali obblighi di protezione riguardano coloro che sono in un rapporto di vicinanza cd. qualificata con le parti. Esemplare è stato il caso risolto dalla giurisprudenza tedesca nel quale fu affermata la responsabilità contrattuale dell’appaltatore per i danni subiti dalla domestica che era a servizio presso la committente, causati dall’esplosione di un contatore di gas da esso installato[2]. Oppure ancora, per entrare nel merito della vicenda che stiamo per esaminare, del medico, il quale è tenuto ad eseguire la prestazione correttamente nei confronti sia della gestante, sia del di lei marito.

 

                Assodato in giurisprudenza che dal contatto sociale qualificato paziente-medico[3] nasce una obbligazione ai sensi dell’art. 1173 c.c., si analizzano adesso due recenti sentenze che sono pervenute, con argomentazioni diverse e soluzioni opposte, alla decisione della questione se il bambino nato malformato, a seguito di mancata informazione medica alla madre, abbia diritto al risarcimento del danno.

 

2.                   Corte di Cassazione, sentenza n° 10741/2009: i principi di diritto in essa enunciati.

 

a). Il marito della gestante ed il nascituro come soggetti ‘protetti’ dal contatto medico-gestante.

 

                La Corte di Cassazione, con sentenza n°10741 del 2009, ha stabilito che l’inadempimento dell’obbligo di informazione da parte del medico rileva sia nei confronti della gestante, nei cui confronti si ha una responsabilità contrattuale cd. da contatto sociale, sia nei confronti del di lei marito e del figlio nato malformato, ricordando la nozione di causa in concreto del contratto, quale sua funzione economico-individuale[4], e la rilevanza della famiglia che viene ad esserne interessata.

                Si legge nel testo della pronuncia: “..produttivi di effetti, oltre che nei confronti delle stesse parti, anche di ulteriori effetti cd. protettivi nei confronti del concepito e del genitore, come terzi.. più che in base alla pur rilevante disposizione di cui all’art. 1411 c.c., in virtù della lettura costituzionale dell’intera normativa codicistica in tema di efficacia e di interpretazione del contratto, per cui tale strumento negoziale non può essere considerato al di fuori della visione sociale del nostro ordinamento, caratterizzato dalla centralità della persona.. causa del contratto è la sintesi degli interessi in concreto dei soggetti contraenti, quale fonte dei cd. effetti essenziali che esso produce.. detto accordo infatti si proietta nei confronti del destinatario finale del negozio (il concepito che poi viene ad esistenza) come anche nei confronti di chi (genitore) insieme alla madre ha i diritti ed i doveri nei confronti dei figli ai sensi dell’art. 30 Cost.”.

 

b). Il nascituro è soggetto di diritto.

 

                La sentenza si sofferma sul nascituro come autonomo centro d’interessi, meritevoli di tutela ‘in vista della nascita’, col riconoscimento della tutela di un diritto ‘a nascere e a nascere sano’ che può essere fatto valere in via contrattuale, una volta nato, sulla base del contratto stipulato tra gestante e sanitario, avente effetti protettivi nei suoi confronti.[5]

                La Corte ritiene il nascituro soggetto di diritto,  in quanto titolare di alcuni diritti, in base alle norme dell’ordinamento che lo prendono in considerazione (come l’art. 462 c.c. e l’art. 784 c.c.), azionabili in giudizio solo al momento della nascita,  condizione sospensiva all’azionabilità, così argomentando “deve, quindi, oggi intendersi per soggettività giuridica una nozione senz’altro più ampia di quella di capacità giuridica delle persone fisiche[6]  (che si acquisisce con la nascita ex art. 1 c.c., comma primo), con conseguente non assoluta coincidenza, da un punto di vista giuridico, tra soggetto e persona, e di personalità giuridica (con riferimento agli enti non riconosciuti, dotati conseguentemente di autonomia ‘perfetta’ sul piano patrimoniale): sono soggetti giuridici, infatti, i titolari di interessi protetti, a vario titolo, anche sul piano personale, nonchè gli enti non riconosciuti….”. Questi ultimi sono soggetti di diritto pur non avendo personalità giuridica: anche se dotati di autonomia patrimoniale cd. “imperfetta”, sono idonei ad essere titolari di diritti e ad asercitarli tramite gli organi che li rappresentano, come si legge in Cass. n°8239/2000.

                Il nascituro o concepito risulta comunque dotato di autonoma soggettività giuridica .. perchè titolare, sul piano sostanziale, di alcuni interessi personali in via diretta, quali il diritto alla vita, il diritto alla salute, … rispetto ai quali  l’avverarsi della condicio iuris della nascita .. è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio a fini risarcitori”.

 

c).                 Il diritto ad un consenso informato.

 

           “Riguardo al consenso informato, deve ribadirsi che la relativa esigenza del suo realizzarsi trova riscontro, oltre che in quanto previsto in tema di Codice deontologico dei medici, (dapprima nella versione del 1998 agli artt. 30 e 32 e in seguito in quella del 2006 agli artt 33 e 35, per cui il medico deve correttamente ed esaurientemente informare il paziente in ordine alle terapie praticate al fine di ottenere il consenso), principalmente nell’art. 32 Cost., comma 2 (a norma del quale “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”), nell’art. 13 Cost. (che garantisce l’inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute ed integrità fisica), nella L. n. 833 del 1978, art. 33 (che esclude trattamenti salutari contro l’assenso del paziente se questo non è in grado di esprimerlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità ex art. 54 c.p.); detto consenso ha come presupposto una attività di corretta informazione, sia nella fase di formazione del consenso, sia nella fase antecedente che in quella di esecuzione del contratto, riconducibile (come in altri settori) alla clausola generale di buona fede del nostro ordinamento civilistico ex artt. 1175, 1337 e 1375 c.c. La violazione di tale obbligo comporta, consistendo in un dovere di comportamento, non un vizio (nullità) del contratto stesso, in mancanza di una esplicita previsione in tal senso, bensì il risarcimento del danno, come di recente affermato da questa Corte a Sezioni Unite (con la sentenza n. 26724/2007). Come bene messo in evidenza nella decisione impugnata, nella vicenda in esame la mancata osservanza dell’obbligo dei sanitari del consenso informato ha riguardato esclusivamente la somministrazione a fini terapeutici di medicinali poi rivelatisi dannosi per il concepito e non l’eventuale esercizio del diritto all’interruzione di gravidanza; …è dunque evidente che detta mancanza di consenso (ai fini della terapia e non dell’interruzione di gravidanza), in relazione anche agli effetti nei confronti del nascituro, ha determinato l’obbligo a carico del responsabile al risarcimento del danno“.

         Il medico è tenuto ad informare adeguatamente il paziente sui rischi e sulle possibilità di successo dell’intervento cui verrà sottoposto, per consentire la corretta formazione del suo consenso; suddetto obbligo deriva dagli artt. 13 e 32, comma secondo, Cost. La mancata informazione dà luogo a responsabilità contrattuale, nascendo il dovere di informazione dopo l’attività diagnostica, quando cioè il contatto col paziente c’è già stato. Discende, pertanto, dal contratto o contatto sociale e trattasi di una prestazione principale e non accessoria, dato che la sua violazione incide sul diritto costituzionale del paziente all’autodeterminazione in ordine alle scelte terapeutiche circa la propria salute. La violazione di tale obbligo di informazione cagiona il danno ove si dimostri che, se correttamente informato, il paziente avrebbe rifiutato[7]: essa è stata privata della possibilità di decidere arrecando così un danno anche al nascituro, a prescindere dall’esercizio del diritto all’interruzione della gravidanza.[8]

               Recentemente, la Suprema Corte, con la sentenza n°20984 del 27 novembre 2012, ha ribadito che “Il consenso informato costituisce, di norma, legittimazione e fondamento del trattamento sanitario. Senza il consenso informato l’intervento medico è -al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità- sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente”.

 

d). E’ irrisarcibile il danno da nascita indesiderata per mancanza di informazione da parte del medico lamentato in proprio dal neonato, tale diritto spetta solo alla madre ed al padre.

               

                Si legge nella sentenza ” … la mancanza di consenso informato, nella diversa fattispecie da quella in esame con riguardo alla interruzione volontaria di gravidanza (e non in relazione alla sola effettuazione di una terapia), non può dar luogo a risarcimento anche nei confronti del nascituro poi nato con malformazioni, oltre che nei confronti della gestante-madre; ciò perché, in base alla condivisibile giurisprudenza di questa Corte (sul punto, tra le altre, la già citata sentenza n. 14488 del 2004, la n. 6735/2002 e la n. 16123/2006) non è configurabile nel nostro ordinamento un diritto “a non nascere se non sano” perché, in base alla L. n. 194 del 1978, sull’interruzione volontaria di gravidanza, e in particolare agli artt. 4 e 6 nonché all’art. 7, comma 3, che prevedono la possibilità di interrompere la gravidanza nei soli casi in cui la sua prosecuzione o il parto comportino un grave pericolo per la salute o la vita della donna, deve escludersi nel nostro ordinamento il c.d. aborto eugenetico. Pertanto il concepito, poi nato, non potrà avvalersi del risarcimento del danno perché la madre non è stata posta nella condizione di praticare l’aborto; tale circostanza non è in contrasto con la tutela riconosciuta al nascituro, quale soggetto giuridico, ed ai suoi interessi e non prospetta profili di incostituzionalità per quanto affermato anche dalla Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 27/1975 (anche se antecedente alla legge sulla interruzione volontaria di gravidanza), secondo cui, pur sussistendo una tutela costituzionale del concepito, deducibile dall’art. 31 Cost., comma 2, e art. 2 Cost., gli interessi dello stesso possono venire in collisione con altri beni anch’essi costituzionalmente tutelati (come, nel caso di specie, la salute della madre)”.

                La legge, in poche parole, prevede l’aborto solo a tutela della salute della donna, in presenza di determinate condizioni; dinanzi a malformazioni del feto che non incidano sulla salute o sulla vita della donna non è consentito il cd. aborto eugenetico, ossia il diritto-dovere di abortire[9].

                Quindi, manca un ‘diritto a non nascere se non sano’, che sarebbe adespota, nascendo solo nel caso in cui lo stesso venga leso. Ai sensi dell’art. 1 c.c., l’acquisto della capacità giuridica è subordinato alla nascita; fino ad allora, salvo le eccezioni legali di stretta interpretazione (come i già richiamati art. 462 c.c. ed art. 784 c.c.), il concepito non può incamerare diritti. Anche dopo la nascita egli non ha il ‘diritto a non nascere’ perchè è contraddittorio ammettere che il diritto di non esistere nasca contestualmente all’evento che lo preguidica. Conseguentemente, un tale diritto non può mai essere esercitato, poichè solo se viene violato ha un titolare, ma se tale violazione manchi, nel caso in cui il malformato non si faccia nascere per rispettare il suo diritto di non nascere, mancherà anche un titolare, tutelando il nostro ordinamento il diritto alla nascita e non alla non nascita, è protetto il concepito e l’evoluzione della gravidanza verso la nascita e non verso la non nascita (Cass., n°14488/2004).[10]

 

3.                   Corte di Cassazione, sentenza n° 16754/2012: pincipi di diritto enunciati.

 

                La sentenza che ci si appresta a commentare è stata ritenuta da acuta dottrina[11] come costituente un evidente esempio del ruolo espansivo del formante giurisprudenziale nel nostro ordinamento, tendenza esplicitata nella stessa pronuncia con il richiamo ai principi cardine della giurisprudenza degli interessi, “a mente della quale la correttezza della decisione del giudice dipende dalla altrettanto corretta valutazione dello scopo della norma.., secondo una ricerca del relativo significato in una dimensione teleologica”. Trattasi di una giurisprudenza cd. normativa che apre problematiche in relazione ai criteri in base ai quali la decisione è di volta in volta adottata ed alla certezza del diritto che così si origina.

                Con questa sentenza si assiste ad un deciso cambio di rotta rispetto alla precente del 2009, appena analizzata nei suoi punti chiave.

 

a). Il nato malformato è legittimato a chiedere il risarcimento del danno.

 

                A distanza di tre anni la Cassazione è tornata sulla medesima questione giuridica criticando le conclusioni a cui era pervenuta nel 2009. Un Autore[12], nel commentare tale sentenza, aveva sostenuto come diversi fossero gli argomenti utilizzati da dottrina e giurisprudenza per escludere un danno per la cd. ‘vita ingiusta’: innanzitutto al medico è addebitabile solo la mancata informazione e non la malformazione; in secondo luogo, il nascituro è centro di interessi tutelati solo ‘in vista della nascita’, titolare solo di un ‘diritto a nascere sano’.

                Premesso ciò, la Corte sposta adesso l’attenzione dalla presunta soggettività del concepito o del non ancora nato e da un suo non diritto a ‘non nascere se non sano’[13], adespota, alla possibilità del soggetto nato malformato di chiedere il risarcimento dei danni, in quanto soggetto di diritto ai sensi dell’art. 1 c.c.[14]

                Nella sentenza è rilevato come l’affermazione della soggettività giuridica del concepito/nascituro non sia essenziale ai fini della risoluzione della questione risarcitoria; la Corte di Cassazione evita la ricostruzione delle singole situazioni soggettive (della madre, del padre, dei componenti il nucleo familiare, del neonato stesso) che postulino in premessa l’esistenza, in capo al nascituro, di un diritto a nascere sano, contrapposto idealmente ad un non diritto ‘a non nascere se non sano’, il che ha implicato ed implica una serie di equivoci, venendo ad affermare il principio di diritto per cui La propagazione intersoggettiva dell’illecito legittima un soggetto di diritto, quale il neonato, per il tramite del suo legale rappresentante, ad agire in giudizio per il risarcimento di un danno che si assume in ipotesi ingiusto”.[15]

 

                La lesione inferta al concepito si manifesta e diviene attuale al momento della nascita e la situazione soggettiva tutelata è il diritto alla salute, non quello a nascere sano. Chi nasce malato per via di un fatto lesivo ingiusto occorsogli durante il concepimento non fa, pertanto, valere un diritto alla vita né un diritto a nascere sano né, tantomeno, un ‘diritto a non nascere’, ma, più semplicemente, la lesione al suo diritto alla salute, originatasi al momento del concepimento. “Oggetto della pretesa e della tutela risarcitoria è, pertanto, sul piano morfologico, la nascita malformata, su quello funzionale (quello, cioè, del dipanarsi della vita quotidiana), il perdurante e irredimibile stato di infermità. Non la nascita non sana. O la non nascita”.

 

                La dottrina osserva come la legittimazione del bambino nato malformato a chiedere il risarcimento del danno avvenga non tanto sotto il profilo dell’astratta titolarità del nascituro a chiedere il risarcimento del danno, quanto sotto l’aspetto della natura giuridica del danno stesso: si ha una violazione dell’art. 32 Cost., intesa la salute non solo nella sua dimensione statica di assenza di malattia, ma come condizione dinamico-funzionale di benessere psico-fisico.[16]

                Il bambino nato malformato può avanzare domanda risarcitoria ai sensi degli artt. 2, 3, 29, 30, 32 Cost.: il vulnus lamentato da parte del minore malformato, difatti, non è malformazione in  sè considerata, non è in altri termini l’infermità intesa in senso naturalistico (o secondo i dettami della scienza medica) bensì lo stato funzionale di infermità, la condizione evolutiva della vita handicappata intesa come proiezione dinamica dell’esistenza che non è semplice somma algebrica della vita e dell’handicap, sintesi generatrice di una vita handicappata. E’ violato l’art. 32 Cost., intesa la salute non soltanto nella sua dimensione statica di assenza di malattia, ma come condizione dinamico/funzionale di bene psico-fisico.. dell’art. 2 Cost., apparendo innegabile la limitazione del diritto del minore allo svolgimento della propria personalità sia come singolo, sia nelle formazioni sociali; dell’art. 3 Cost., nella misura in cui si renderà sempre più evidente la limitazione al pieno sviluppo della persona; degli artt. 29, 30 e 31 Cost., l’arrivo del minore in una dimensione familiare “alterata” (la madre, se correttamente informata, avrebbe optato per l’aborto) impedisce o rende più ardua la concreta e costante attuazione dei diritti-doveri dei genitori sanciti dal dettato costituzionale, che tutela la vita familiare nel suo libero e sereno svolgimento sotto il profilo dell’istruzione, educazione, mantenimento dei figli. Tali situazioni soggettive, giuridicamente tutelate e giuridicamente rilevanti, sono pertanto riconducibili non alla sola nascita nè al solo handicap, bensì alla nascita ed alla futura vita handicappata intesa nella sua più ampia accezione funzionale, la cui “diversità” non è discriminata in un giudizio metagiuridico di disvalore tra nascita e non nascita, ma soltanto tutelata, rispettata ed alleviata in via risarcitoria“.

                La Corte ricorda, sulla stessa linea di pensiero, la sentenza n°9700 del 2011, in cui ha stabilito che la bambina nata dopo la morte del padre ha diritto al risarcimento dei danni, irrilevante essendo la non contemporaneità tra la condotta dell’autore dell’illecito ed il danno subito al momento della nascita, dato che la figlia nasceva orfana, destinata a vivere senza la figura paterna. La situazione giuridica tutelata è, in questo caso, il diritto al godimento del rapporto parentale che inizia dopo la nascita, come situazione anomala che influenzerà tutta la sua vita, come nel caso del bimbo nato malformato è la malattia permanente.

 

                La dottrina[17] ha già osservato come con l’arresto in oggetto si sia passati dal nascituro quale “soggetto di diritto” al nascituro quale “oggetto speciale di tutela”, equiparando la soggettività giuridica alla capacità giuridica ex art. 1 c.c.[18] ed attribuendole funzione di imputazione di situazioni giuridiche soggettive (si legge nella sentenza “va riconosciuto al neonato/soggetto di diritto/giuridicamente capace (art. 1 c.c.) il diritto a chiedere il risarcimento del danno dal momento in cui è nato”); mentre il nostro ordinamento è, invece, caratterizzato da una impostazione soggettiva e le norme giuridiche forniscono tutela ai soggetti a seguito della lesione della loro posizione giuridico-soggettiva e non a questa come autonomamente considerata.

                All’opposto, si ricorda che la Cassazione n°10741/2009 aveva iniziato ad argomentare partendo proprio dal presupposto secondo cui  il nascituro è soggetto di diritto in quanto titolare di alcuni diritti, azionabili in giudizio al momento della nascita, sottolineando come la soggettività giuridica sia nozione più ampia della capacità giuridica.[19]

                Pertanto, dato il contrasto giurisprudenziale nell’ambito della III Sezione della Corte di Cassazione, è ritenuto necessario un intervento del legislatore a chiarire lo status da riconoscere al nascituro.[20]

 

b). Anche i fratelli hanno diritto al risarcimento del danno.

 

                Per la prima volta la Cassazione esamina la posizione dei fratelli di colui che nasce malformato, ritenendoli rientranti tra i soggetti protetti dal rapporto intercorrente tra il medico e la gestante. Anche essi possono subire dall’evento un serio danno non patrimoniale, derivante dalla “inevitabile, minor disponibilità dei genitori nei loro confronti, in ragione del maggior tempo necessariamente dedicato al figlio affetto da handicap, nonchè nella diminuita possibilità di godere di un rapporto parentale con i genitori costantemente caratterizzato da serenità e distensione; ..”.

 

                c). L’evento di danno risarcibile ed il nesso causale.

                La Corte stabilisce che il danno risarcibile non è rappresentato dalla malformazione in sè considerata, ma dalla esistenza del minore come diversamente abile, “che discende a sua volta dalla possibilità legale dell’aborto riconosciuta alla madre”.

                Il nesso causale rilevante è rappresentato dal rapporto tra la nascita malformata e l’omessa informazione medica. Quindi, l’errore del professionista ha comportato la indebita compressione della libertà della madre di praticare l’aborto terapeutico (“..facoltà il cui esercizio la gestante aveva, nella specie, espressamente dichiarato di voler esercitare..”) e l’ulteriore nascita di un bimbo nato malformato.[21]

 


[1]Cfr. CARINGELLA F., Manuale di diritto civile. III Le obbligazioni in generale, Roma, 2011, p. 606.

[2]Ibidem, p. 610-611. Corte Suprema tedesca, caso Gasuhrfall, anno 1930.

[3]Ibidem, p. 90 e ss. L’espressione “contatto sociale qualificato” fa riferimento ad un rapporto socialmente tipico – poiché qualificato dall’ordinamento giuridico – in cui, a prescindere da un precedente vincolo pattizio in senso stretto, il danneggiante è legato al danneggiato da una relazione di fatto. Ne discendono per il primo un dovere di protezione di specifici beni giuridici e, per il secondo, di conseguenza, un obiettivo affidamento nella professionalità dell’altro soggetto, proprio in ragione del fatto che si tratta di un rapporto qualificato. I casi per i quali la giurisprudenza ha coniato la figura della responsabilità de qua mostrano chiaramente il tipo di rapporto “fattuale” cui ci si riferisce: si pensi al “contatto” tra medico e paziente, o alla responsabilità individuata in capo all’insegnante per lesioni autoinflitte dall’alunno, che delineano appunto una relazione sicuramente non contrattuale, ma neppure fra “soggetti qualunque”, sciolti da qualsiasi legame; Cfr. PRUDENTE V., Contatto sociale e “sufficient relationship of proximity or neighbourhood”: parallelismi tra modello italiano e modello anglosassone, su www.filodiritto.com.

[4]Causa come sintesi reale degli interessi che il contratto è diretto a realizzare, Cfr. CARINGELLA F., Manuale di diritto civile. II. Il contratto, Roma, 2011, p. 160.

[5]Cfr. GIOVAGNOLI R., Giurisprudenza civile 2010, Milano, 2010, p. 184.

[6]Si ricorda che quella di soggetto giuridico è una nozione  di carattere formale, collegata alla potenziale titolarità di situazioni giuridiche soggettive. L’ordinamento giuridico riconosce al soggetto giuridico la capacità giuridica, ovvero  l’attitudine ad essere titolare di situazioni giuridiche: la definizione “soggetto giuridico” è, quindi, una formalità rispetto alla capacità giuridica, che è una qualità di carattere generale. Invece, in relazione agli enti, per  personalità giuridica si intende l’autonomia patrimoniale, ovvero delle obbligazioni assunte risponde solo l’ente col suo patrimonio. Essa si differenzia sostanzialmente dalla soggettività giuridica che è un concetto più ampio, comprendente enti non riconosciuti, che, pur non avendo personalità giuridica, sono soggetti di diritto, essendo titolari di situazioni giuridiche. La capacità di agire, invece, si ha col raggiungimento della maggiore età e riguarda la capacità di gestire le situazioni giuridiche che alla persona fanno capo. Cfr. TORRENTE A., SCHLESINGER P., Manuale di diritto privato, Milano 2009, p. 90 e ss.

[7]Cfr. CARINGELLA F., Manuale di diritto civile. III, op. cit., pp. 689-696.

[8]Si veda, GIOVAGNOLI R., op. cit., p. 192.

[9]Si veda GIOVAGNOLI R., op. cit., p. 191.

[10]Cfr. FRATINI M., Corso di magistratura, Le lezioni, Diritto Civile, 2/2012, pp. 253-254.

[11]Al riguardo, Cfr. Colpa medica e nascita indesiderata, in La rivista nel diritto, n°10/2012, pp. 1675-1676.

[12]Cfr. GIOVAGNOLI R., op. cit., p. 194.

[13]‘. “6.2 Con la sentenza 10741/2009 questa corte di legittimità .. dopo aver premesso che il nascituro o concepito devono ritenersi dotati di autonoma soggettività giuridica perchè titolari sul piano sostanziale di alcuni interessi personali in via diretta, quali il diritto alla vita, e quelli alla salute o integrità psico-fisica, all’onore o alla reputazione, all’identità personale, affermò il principio di diritto secondo il quale, stante la soggettività giuridica al suo diritto a nascere sano corrisponde l’obbligo dei sanitari di risarcirlo … per mancata osservanza sia del dovere di corretta informazione … sia del dovere di non somministrare farmaci dannosi per il minore stesso… La soluzione non sembra peraltro postulare nè imporre come imprenscindibile la soggettività del nascituro, soluzione che sconta un primo ostacolo di ordine logico costituito dalla apparente contraddizione tra un diritto a nascere sano .. e la sua repentina.. trasformazione in un diritto alla salute di cui si invocherebbe tutela soltanto dopo la nascita… Ritiene pertanto il collegio che la protezione del nascituro non passi necessariamente attraverso la sua istituzione a soggetto di diritto -ovvero attraverso la negazione di diritti del tutto immaginari, come quello a non nascere se non sano, locuzione che semplicemente non rappresenta un diritto..”.

[14] “Superate le suggestioni rappresentate dall’ostacolo ontologico -l’impossibilità per un essere vivente di esistere come soggetto prima della sua vita- e convertita in questione giuridica la posizione del soggetto che attualmente esiste senza pretese risarcitorie (ciò che sposterebbe il piano dell’analisi non sul versante della legittimazione soggettiva astratta, ma della titolarità concreta del rapporto controverso)….. va riconosciuto al neonato/soggetto di diritto/giuridicamente capace (art. 1 c.c.) il diritto a chiedere il risarcimento del danno dal momento in cui è nato.. un soggetto che, alla sua nascita, istituisce retroattivamente se stesso, divenendo così titolare di un diritto soggettivo nuovo, il cui esercizio non richiede, peraltro, la finzione di un soggetto di diritto prenatale“.

[15]Cfr. ROSSI S., Il nascituro quale oggetto di tutela. Brevi note su una sentenza-manifesto, su www.personaedanno.it.

[16]Si veda MARTINI F., Nel risarcimento per omessa diagnosi prenatale spunta il diritto del neonato a ricorrere in proprio, su Guida al diritto, n°46/2012, p. 15.

[17]Cfr. FRATINI M., SALERNO A., Il risarcimento del danno da nascita indesiderata, in La rivista nel diritto 1/2013, pp. 72-73.

[18]Cfr. supra in nota per le definizioni giuridiche.

[19]Si veda supra, paragrafo 2, lettera b).

[20]Cfr. FRATINI M., SALERNO A., op. cit., pp.72-73.

[21]Cfr. RODOLFI M., Concepito equiparato a un “centro di interessi”, su Guida al diritto, n°46/2012, p. 44.

 

 

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