I giudici molisani ancora contro l’accorpamento di classi TAR Molise, 15 febbraio 2013, n. 163 (M. Ceniccola)

 

I GIUDICI MOLISANI ANCORA CONTRO L’ACCORPAMENTO DI CLASSI

TAR Molise, 15 febbraio 2013, n. 163

 

Marcella Ceniccola

 

Nell’ennesima decisione, il TAR Molise insiste sui rischi che il sovraffollamento delle classi comporta per l’igiene e la salubrità delle aule intese quale luogo di lavoro ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 81 del 2008, nonché alla luce della inderogabile necessità di garantire la gestione delle emergenze e la corretta evacuazione dall’edificio in situazioni di pericolo come accade in ipotesi di incendio e di eventi sismici.

Il caso riguardava il ricorso proposto da genitori di alunni del Liceo classico “Mario Pagano” di Campobasso, con l’intervento ad adiuvandum della Federazione Gilda Unams – Gilda degli insegnanti.

In sintesi questo il decisum del TAR: “Gli obiettivi di razionalizzazione dell’organizzazione scolastica e quelli connessi di contenimento della spesa perseguiti dal DPR 81/09 non possono prescindere dalla valutazione in concreto circa le condizioni di sicurezza e salubrità degli ambienti ed ogni decisione a tal fine assunta deve necessariamente essere condizionata, quanto meno nei suoi effetti (e quindi nella sua operatività), al rispetto dei concorrenti interessi di tutela della salute e della integrità delle persone presenti negli ambienti scolastici anche se trattasi di interessi la cui cura è rimessa a centri di competenza diversi (nel caso di specie la Provincia)”.

 

 

 

TAR Molise, Sez. I, 15 febbraio 2013, n. 163

(Pres. Zaccardi – Rel. Monteferrante)

 

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti sono genitori di minori che nell’anno scolastico 2010/2011 hanno frequentato il V ginnasio sezione D, composta da 19 alunni, presso il Liceo Classico Mario Pagano di Campobasso.

In applicazione del DPR 20 marzo 2009, n. 81 l’Ufficio scolastico regionale per il Molise con provvedimento del 24 giugno 2011 ha provveduto ad accorpare per l’anno scolastico 2011/2012 gli alunni della ex classe quinta ginnasio sez. D alle altre tre sezioni, eliminando in tal modo la sezione D e riducendo pertanto le sezioni del primo liceo da quattro a tre.

Per l’anno scolastico 2010/2011 le classi V ginnasio sezioni A, B, C e D erano composte, rispettivamente, di 25 alunni la prima, di 20 alunni la seconda, di 22 alunni la terza e di 19 alunni la quarta.

A seguito dell’accorpamento per l’anno scolastico 2011/2012 sono state previste esclusivamente tre classi di I Liceo, ciascuna di 29 alunni.

Il Dirigente scolastico ha rappresentato all’Ufficio Scolastico regionale la necessità della permanenza di quattro classi di I Liceo (cfr. note del 19.5.2011 e del 8.7.2011) anche alla luce della relazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’istituto scolastico (nota del 6.7.2011) che in base agli indici di cui al D.M. 18.12.1975 e tenuto conto delle superfici medie nette della aule, ha indicato in 25 il numero massimo di alunni compatibile con le dimensioni delle aule, rammentando al contempo che in forza dell’art. 5 del D.M. 26.8.1992, recante norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica, l’affollamento massimo consentito nelle aule è di 26 persone di cui 25 alunni e 1 docente.

Avverso il provvedimento dell’Ufficio Scolastico regionale sono insorti i genitori degli alunni indicati in epigrafe per chiederne l’annullamento lamentandone la illegittimità per i seguenti motivi:

1. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 20 marzo 2009, n. 81, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, del D.M. 18 dicembre 1975, del d. lgs. 19 settembre 1994, n. 626 e successive modificazioni, del D.M. 26 agosto 1992, del D.P.C.M. 7 giugno 1995, dell’art. 3 della legge 241 del 1990. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e per carenza di adeguata motivazione.

Lamentano che le misure di accorpamento organizzativo previste dal D.P.R. n. 81/2009 non potrebbero derogare alle norme speciali sull’edilizia scolastica di cui al D.M. 18.12.1975 che, nella disciplina dei requisiti igienico sanitari, alla tabella 9 specifica il rapporto tra numero degli alunni e dimensioni dell’aula, indicandolo in una superficie minima netta di 1,96 mq per alunno; poiché nel caso del liceo classico Pagano le aule hanno dimensioni di circa mq 51, la capienza massima di alunni sarebbe pari a 25, come indicato dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione, donde l’illegittimità del provvedimento impugnato che ne ha previsti 29. In ogni caso le norme sulla riorganizzazione della rete scolastica di cui al D.P.R. n. 81/2009 non potrebbero derogare quelle contenute nel D.M. 18.12.1975 anche perchè successivamente legificate dalla legge 11 gennaio 1996, n. 23 art. 5 con conseguente necessità di disapplicarle in parte qua.

Il provvedimento impugnato si porrebbe inoltre in contrasto con la normativa a tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro di cui al d. lgs. 626/1994 e successive modifiche come segnalato dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione con apposita relazione trasmessa dal dirigente scolastico all’Ufficio scolastico regionale.

Risulterebbe violato altresì il D.M. 26 agosto 1992 recante norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica che all’art. 5 indica in 26 persone il massimo affollamento ipotizzabile; analoga violazione si configurerebbe con riferimento al D.P.C.M. 7 giugno 1995 recante la carta dei servizi scolastici che prescrive il rispetto di standard di tutela adeguati anche per quanto concerne le condizioni igieniche e di sicurezza dei locali da adibire ad attività didattica.

Infine il provvedimento impugnato sarebbe anche immotivato in relazione alle risultanze istruttorie tenuto conto che sia la relazione del dirigente scolastico sia quella del responsabile del servizio di prevenzione e protezione rappresentavano motivatamente la necessità di conservare il precedente assetto organizzativo articolato su quattro distinte classi al fine di assicurare la salubrità delle aule nonché per la corretta evacuazione dall’edificio in situazioni di pericolo.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Università, dell’Istruzione e della ricerca per contestare la fondatezza dei motivi ex adverso articolati concludendo per la reiezione del ricorso nel merito.

La federazione Gilda-Unams ha notificato atto di intervento in giudizio per sostenere le ragioni dei ricorrenti contestando la legittimità dei provvedimenti adottati dall’autorità scolastica.

Alla camera di consiglio del 30 agosto 2011 è stata accolta la domanda cautelare con ordinanza 163/2011 riformata dalla VI sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 4813/2011 sul presupposto che l’Ufficio scolastico regionale si sarebbe limitato ad attuare le prescrizioni contenute nel d.P.R. n. 81 del 2009.

In esecuzione della predetta ordinanza del giudice d’appello l’Ufficio scolastico regionale ha adottato la nota prot. n.8808 del 10.11.2011 con cui il Dirigente Scolastico del Liceo Classico M. Pagano è stato invitato a dare esecuzione all’ordinanza del Consiglio di Stato attraverso l’accorpamento della I liceo sez. D alle altre classi; il Dirigente Scolastico del liceo Classico M. Pagano con nota prot. n.4632/C21 del 22 novembre 2011 ha quindi disposto l’accorpamento della classe I liceo sez. D alle altre sezioni a partire dal giorno 25.11.2011.

I predetti provvedimenti, impugnati con motivi aggiunti depositati il 24.11.2011 ed ulteriori motivi integrativi depositati il 30.12.2011, sono stati sospesi con ordinanza n. 12 del 13.1.2012 di questo TAR che ha motivatamente illustrato le ragioni di inopponibilità del giudicato cautelare eccepite dalla difesa erariale.

Alla pubblica udienza del 20.12.2012 la causa è stata infine trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato.

Sebbene all’esito delle pubblica discussione i ricorrenti abbiano depositato una nota dalla quale emerge che per l’anno scolastico 2012/2013 è stata confermata in via definitiva la costituzione della classe II liceo classico sez. D (cfr. nota dell’Ufficio scolastico regionale per il Molise prot. 3231 del 6.7.2012), il presente giudizio non può essere definito mediante declaratoria di cessazione della materia del contendere non avendo i ricorrenti formalmente escluso la persistenza dell’interesse alla decisione, anche solo ai fini risarcitori, con riferimento ad eventuali pregiudizi in ipotesi patiti nel corso dell’anno scolastico 2011/2012 in conseguenza dei provvedimenti di accorpamento adottati dall’autorità scolastica, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm..

Nel merito occorre rammentare che questo Tribunale ha già trattato funditus la problematica giuridica prospettata dai ricorrenti con sentenze nn. 144 e 145 del 10 aprile 2012 e n. 556 del 16 ottobre 2012 e poiché la presente controversia non presenta profili di novità in fatto o in diritto, il collegio non può che ribadire le ragioni in diritto precedentemente espresse.

In particolare è pacifico tra le parti che in conseguenza del disposto accorpamento della ex classe V ginnasio sez. D per l’anno scolastico 2011/2012 non risulta rispettato il parametro della superficie netta minima che il D.M. 18 dicembre 1975 indica per la scuola secondaria di secondo grado in 1,96 mq per studente, con un numero massimo di studenti pari a 25 per aula, secondo quanto rappresentato dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione con relazione istruttoria del 6.7.2011 richiamata nella nota del dirigente scolastico del 8.7.2011 (ma in tal senso cfr. già la nota del dirigente del 19.5.2011) inviata all’Ufficio scolastico regionale.

Nessuna deduzione è stata sul punto articolata in fatto dalla difesa erariale sicchè, in applicazione del generale principio di non contestazione ex art. 64, comma 2 del c.p.a., devono ritenersi pacifiche le circostanze di fatto ivi allegate.

La difesa erariale eccepisce tuttavia in diritto, in via preliminare, la sopravvenuta abrogazione implicita per incompatibilità del D.M. 18.12.1975 ad opera del successivo D.P.R. 81/2009 nella parte in cui innova la disciplina dei criteri numerici di composizione delle classi: in senso contrario deve osservarsi, in applicazione dei canoni generali che regolano la successione delle norme nel tempo, che la norma generale successiva non può abrogare quella speciale anteriore qual è nel caso di specie la tabella 9 allegata al D.M. 18.12.1975 disciplinante i requisiti minimi di igiene della aule scolastiche, anche perché la prima dà attuazione al canone del buon andamento della funzione organizzativa del servizio, la seconda tutela il diritto fondamentale alla salute sicchè ogni atto organizzativo deve necessariamente essere adottato nel rispetto della normativa speciale in materia di igiene e sanità che opera quale requisito di validità dell’atto.

La difesa erariale rileva ancora, in diritto, che i parametri del D.M. 18 dicembre 1975 non sarebbero comunque vincolanti in quanto le disposizioni ivi contenute, ai sensi dell’art. 5.7 del medesimo decreto, rivestirebbero “carattere indicativo” non solo per i progetti in corso di esecuzione, o già approvati o in fase inoltrata di approvazione ma anche per gli ampliamenti, gli adattamenti ed i completamenti degli edifici già esistenti. Senonchè non è stato né allegato né tanto meno dimostrato che il Liceo Classico “Mario Pagano” di Campobasso versi in una di tali ipotesi derogatorie sicchè deve trovare applicazione la restante parte dell’art. 5.7 che in via generale ne afferma la vincolatività.

Deve ancora osservarsi che nel caso di specie la vincolatività delle prescrizioni in questione deriva in ogni caso dalla autonoma scelta del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’istituto scolastico che ha ritenuto di uniformarvisi nella valutazione in concreto (cfr. T.A.R. Veneto, III, 16 febbraio 2009, n. 375) dei rischi che il sovraffollamento delle classi comporta per l’igiene e la salubrità delle aule intese quale luogo di lavoro ai sensi dell’art. 30 del d. lgs. 81 del 2008 nonché alla luce della inderogabile necessità di garantire la gestione delle emergenze e la corretta evacuazione dall’edificio in situazioni di pericolo come accade in ipotesi di incendio e di eventi sismici.

Il parametro di legittimità violato è dunque rappresentato non dal citato decreto ministeriale del 1975 bensì dal d. lgs. 626 del 1994 poi confluito nel d. lgs. 81 del 2008 – applicabile agli istituti scolastici ai sensi dell’art. 3, comma 2, del medesimo, come successivamente precisato dall’art. 1, comma, 1 D.M. 382/1998 anche con riferimento agli alunni in quanto “utenti” del servizio – e, come si vedrà nel prosieguo, dal D.M. 26 agosto 1992 sulla prevenzione incendi.

In particolare l’art. 33 del d. lgs. 81/2008 impone al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi professionali di provvedere alla individuazione in concreto dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente, sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale.

In applicazione del citato disposto normativo – come già precisato dagli artt. 2 e 3 del D.M. 382/1998 con specifico riferimento alle istituzioni scolastiche – l’individuazione e la valutazione dei rischi e la predisposizione delle conseguenti misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro deve essere condotta “nel rispetto della normativa vigente” da individuarsi, nel caso di specie, nelle previsioni del richiamato D.M. 18.12.1975; ed infatti, sebbene tale decreto sia stato abrogato dall’art. 12 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, il comma 5 del medesimo articolo ha fatto comunque salvo quanto previsto dal precedente articolo 5, comma 3, a mente del quale “In sede di prima applicazione e fino all’approvazione delle norme regionali di cui al comma 2 [quelle cioè sulla progettazione esecutiva degli interventi in materia di edilizia scolastica] possono essere assunti quali indici di riferimento quelli contenuti nel decreto del Ministro dei lavori pubblici 18 dicembre 1975…”.

Poiché la Regione Molise non ha legiferato in materia, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, dovendo per legge individuare le situazioni di potenziale pericolo per la salubrità e la sicurezza dei luoghi di lavoro “nel rispetto della normativa vigente”, ha ritenuto, nella propria autonomia decisionale, di poter assumere a parametro di riferimento le norme del predetto decreto del 1975 essendo a ciò espressamente facoltizzato dall’art. 5, comma 3 del d. lgs. 23 del 1996 richiamato; e tanto al fine di porre in essere le conseguenti misure necessarie al corretto dimensionamento della aule che successivamente l’Ufficio Scolastico Regionale ha ritenuto immotivatamente di disattendere.

Una volta accertato, dal soggetto a ciò deputato per legge, che l’accorpamento era incompatibile con l’esigenza di assicurare la sicurezza e la salubrità delle aule destinate ad accogliere gli alunni del I liceo classico, l’Ufficio scolastico regionale non poteva ignorare tale circostanza senza incorrere in un palese eccesso di potere nella adozione delle misure organizzative pur previste dal D.M. 81/2009; così facendo infatti ha obliterato una circostanza, palesata dall’istruttoria, di rilevante importanza in quanto pertinente alla necessità di tutelare valori primari quale la salubrità dell’ambiente di lavoro e la stessa incolumità degli alunni. In ogni caso a fronte di una tale risultanza istruttoria l’Ufficio scolastico regionale doveva, quanto meno, motivare in ordine alle eventuali ragioni che consentivano di ritenere non ostative le circostanze rappresentate dal dirigente scolastico, non potendo di certo opporre l’incompetenza ad adottare le misure idonee a superare le predette criticità poiché il rispetto delle misure di tutela della salubrità degli ambienti di lavoro e di sicurezza dei lavoratori e degli utenti del servizio rappresenta una condizione di legittimità dei provvedimenti relativi all’organizzazione del sistema scolastico.

Inoltre la contestata inerzia della Provincia, quale ente proprietario dell’immobile e responsabile delle misure di adeguamento, non può risolversi nella sostanziale violazione della normativa sulla sicurezza e la salubrità degli ambienti scolastici con grave pregiudizio per chi vi opera (alunni, personale docente e non docente).

Ciò anche in considerazione del fatto che, stando a quanto disposto in materia di istituzioni scolastiche dall’art. 5 del D.M. 29 settembre 1998, n. 382, “nel caso in cui il datore di lavoro, sentito l’eventuale responsabile del servizio di prevenzione e di protezione, ravvisi grave ed immediato pregiudizio alla sicurezza ed alla salute dei lavoratori e degli allievi adotta, sentito lo stesso responsabile, ogni misura idonea a contenere o eliminare lo stato di pregiudizio, informandone contemporaneamente l’ente locale per gli adempimenti di obbligo” sicchè l’Ufficio scolastico regionale non può adottare provvedimenti organizzativi che si pongano in contrasto con le specifiche misure di prevenzione adottate dal dirigente scolastico in forza di espressa previsione normativa, senza incorrere in una palese violazione di legge.

Gli obiettivi di razionalizzazione dell’organizzazione scolastica e quelli connessi di contenimento della spesa perseguiti dal DPR 81/09 non possono prescindere dalla valutazione in concreto circa le condizioni di sicurezza e salubrità degli ambienti ed ogni decisione a tal fine assunta deve necessariamente essere condizionata, quanto meno nei suoi effetti (e quindi nella sua operatività), al rispetto dei concorrenti interessi di tutela della salute e della integrità delle persone presenti negli ambienti scolastici anche se trattasi di interessi la cui cura è rimessa a centri di competenza diversi (nel caso di specie la Provincia).

Peraltro il provvedimento impugnato risulta illegittimo anche perché assunto in contrasto con l’art. 5 del D.M. 26 agosto 1991 recante norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica (sulla vincolatività di tale normativa nel dimensionamento delle classi cfr. T.A.R. Veneto, III, 16 febbraio 2009, n. 375); tale disposto normativo, ai fini della sicurezza antincendi prescrive che il massimo affollamento ipotizzabile in aula sia di 26 persone mentre nel caso di specie ve ne sono 29 (28 alunni più l’insegnante).

E’ noto che il predetto limite è stato considerato suscettibile di deroga dal Ministero dell’Interno Dipartimento dei vigili del fuoco con nota prot. P480/4122 sott.32 del 6.5.2008 ma la possibilità di deroga è stata subordinata al ricorrere di tre condizioni: 1) che le porte devono avere larghezza almeno di 1,20 metri ed aprirsi nel senso dell’esodo e devono rispondere agli ulteriori requisiti specificamente indicati al punto 5.6; 2 ) che ci sia una apposita dichiarazione rilasciata sotto la responsabilità del titolare dell’attività; 3) che l’incremento numerico sia “modesto”.

Nel caso di specie nessuna delle tre circostanze è stata comprovata dal Ministero intimato: non le dimensioni e le caratteristiche delle porte di uscita dell’aula ed il rispetto degli ulteriori parametri indicati al punto 5.6. del D.M. 26 agosto 1992; non l’esistenza della prescritta dichiarazione di responsabilità del dirigente scolastico, in quanto soggetto responsabile della sicurezza dei luoghi di lavoro (che ha piuttosto rappresentato ragioni ostative al rilascio); non la condizione del modesto incremento numerico, non potendosi d’altro canto ritenere tale un incremento di oltre il 10% rispetto al limite massimo di 26.

Occorre infine precisare che ove la definizione delle classi non corrisponda a quanto previsto negli atti progettuali depositati presso il locale Comando dei vigili del fuoco, l’eventuale dichiarazione di responsabilità del dirigente scolastico, attestante il numero di persone presenti per ogni singola aula ed il rispetto, sebbene in regime di deroga, del punto 5 “Misure per l’evacuazione in caso di emergenza” dell’allegato al D.M. 26.08.1992, dovrà comunque essere sottoposta ad una verifica formale da parte del comando vigili del fuoco competente per territorio, quale organo deputato per legge ad accertare se l’incremento numerico della popolazione scolastica per aula, rispetto al parametro legale (n. 26), comunicato dal dirigente scolastico, possa reputarsi effettivamente compatibile, in concreto, con la capacità di deflusso del sistema di vie d’uscita, senza pregiudicare le condizioni generali di sicurezza, come specificato nella richiamata nota ministeriale del 6 maggio 2008.

Ne discende che, alla luce delle motivazioni che precedono, il ricorso ed i motivi aggiunti vanno accolti ed i provvedimenti impugnati devono essere dichiarati illegittimi ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm..

Le spese di giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra ricorrenti e Ministero resistente e si liquidano in dispositivo mentre possono essere compensate nei rapporti tra la federazione Gilda-Unams ed il medesimo Ministero.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale amministrativo regionale del Molise, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara l’illegittimità dei provvedimenti impugnati e condanna il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca scientifica alla rifusione in favore dei ricorrenti, in solido tra loro, delle spese di giudizio che liquida complessivamente in euro 3000,00 oltre IVA, CAP e con diritto alla restituzione del contributo unificato. Compensa le spese di giudizio nei rapporti tra la federazione Gilda-Unams ed il Ministero resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

 

 

 

 

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