Lo stato di incertezza pregiudizio del dubbio costituzionale Cassazione, sez. I civ., Ord. 21 marzo 2013, n. 12060 (M. Giarrizzo)

 

LO STATO DI INCERTEZZA PREGIUDIZIO DEL DUBBIO COSTITUZIONALE

Cassazione, sez. I civ., Ord. 21 marzo 2013, n. 12060

Mauro Giarrizzo

 

 

L’Ordinanza interlocutoria n. 12060/13 del 21/03/2013, depositata in Cancelleria della Corte di Cassazione, Sezione I Civile, il 17/05/2013, pone in evidenza il potere irragionavole del Legislatore Ordinario in merito ad alcuni articoli del D.P.R. 361/57[1], nel testo risultante dalla legge 270/2005[2] e dal Decreto Legislativo 533/1993[3], per violazione degli artt.:  1, comma 2[4]; 3[5]; 48, comma 2[6]; 49[7]; 56, comma 2[8]; 58, comma 1[9]; 67[10] e 117, comma 1[11], Costituzione, anche alla luce dell’art. 3[12] Prot. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta Fondamentali.

Gli articoli posti sotto la lente d’osservazione, da parte della Corte di Cassazione, Sezione I, sono:

4, comma 2[13]; 59, comma 1[14]; 83, comma 1[15], n. 5 e 2; del D.P.R. 361/87 nel testo risultante dalla legge 270/2005; e 14, comma 1[16]; 17[17] commi 2 e 4 dal Decreto legislativo 533/93 nel testo risultante  dalla Legge 270/2005[18].

La Corte, nel porre il dilemma della irragionevolezza delle leggi elettorali, nella remissione dinanzi alla Corte Costituzionale della detta questione, ex lege 87/53[19], ha narrato i fatti e le circostanze che hanno portato alla successiva conclusione della manifesta fondatezza della questione di legittimità costituzionale.

Il ricorso muove le fila a Milano. Il periodo: novembre 2009. Un cittadino elettore, propose doglianza in merito alla possibilità di non poter portare a pieno compimento la propria libertà positiva[20], diritto al voto, con le modalità disposte dalla  Costituzione. Detta privativa, a parere del cittadino elettore, viene ristretta da parte del Legislatore Ordinario che ha dettato norme stringenti sulle modalità di esercizio del voto sia per l’elezione dei membri della Camera dei Deputati, che per quella del Senato della Repubblica.

Ad esso, cittadino elettore, con ricordo ad adiuvandum, si sono aggregati altri cittadini elettori.

Le rimostranze segnalate, per sommi capi, riguardano:

          il diritto di poter esprimere la preferenza ai singoli candidati,

          vincolo di mandato creato dalla preferenza espressa alla lista di coalizione elettorale,  in violazione del dettato costituzionale (art. 67[21] Cost.).

          la coartazione della libertà del Presidente della Repubblica di nominare il Presidente del Consiglio dei Ministri, dovuta alla preferenza espressa alla coalizione;

          la violazione del principio di uguaglianza espressa nel premio di maggioranza, attribuita per l’elezione del Senato della Repubblica, in virtù della maggiore densità popolativi di talune regioni a scapito di altre.

Il Tribunale di Milano, (sentenza 18/04/2011) prima e la Corte di Appello,(sentenza 24/04/2012)  poi, hanno giudicato manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate da parte attrice, adducendo, ciascuno dei due Tribunali, proprie considerazioni giuridiche.

I ricorrenti propose ricorso dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, con tre motivi.

La stessa Corte, Sezione I Civile, nel porre la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale, coglie l’occasione per mostrare i propri muscoli. Infatti, la I Sezione, nel dare ragione alla Corte di Appello, che rigettò la richiesta di legittimità costituzionale, ha sommariamente descritto l’onere del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, (ex art. 112[22], c.p.c.), nonché l’obbligo di motivazione[23]. Purtuttavia la Corte di Cassazione non ha sanzionato la Corte d’Appello per la mancata motivazione, sul primo punto del ricorso in Cassazione.

La motivazione, in sentenza, è un obbligo, come insegna M. TARUFFO[24]. <<…Come noto, nell’Europa continentale, l’obbligo di motivare gli atti giurisdizionali sorge quale frutto del pensiero illuministico del XVIII secolo, nel senso che costituisce lo svolgimento, diverso quanto a presupposti immediati e (si potrebbe dire) consapevoli delle ideologie rivoluzionarie francesi e del tentativo di <<razionalizzazione>> degli ordinamenti giuridici in corso in quegli anni nei paesi di lingua tedesca. La sentenza motivata sarebbe nata, quindi oltralpe in chiave ideologica, quale limite all’arbitrarietà del giudizio  (caratteristica dell’ancien règime) e per consentire il controllo diffuso sull’amministrazione della giustizia[25]…>>.

Già CONDORCET, il solo tra i philosophes del tempo, nel 1786, nel suo Réflections d’un citoyen non gradué sur un procés bien connu, (Francfort 1786), nel guardare le sentenze penali, metteva in evidenza l’importanza della motivazione. E la mancata indagine dei Filosofi poteva solo essere concepito dalla chiarezza, semplicità e uniformità delle leggi[26].

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