Animali in autostrada e responsabilità da custodia Giudice Di Pace Di Fermo, 30.01.2015

ANIMALI IN AUTOSTRADA E RESPONSABILITÀ DA CUSTODIA

Giudice Di Pace Di Fermo, 30.01.2015

Avv. Giuseppe Fedeli

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda è fondata e va consequenzialmente accolta. Le risultanze istruttorie hanno infatti oggettivato la species, suffragando l’assunto.

A fondamento della richiesta di tutela giurisdizionale assume l’attrice che in data 1.1.2011 percorreva, alla guida dell’autovettura di proprietà della stessa attrice, l’Autostrada A 14 con direzione Nord (recte, nel tratto compreso tra le uscite di Pedaso e Porto San Giorgio), allorquando vedeva improvvisamente un cane di taglia medio-piccola attraversare la strada da sinistra.

Il conducente dell’autovettura non riusciva a mutare la traiettoria, per cui, investendo il cane, il mezzo subiva alcuni danni al paraurti anteriore e allo spigolo sinistro. Costituitasi in giudizio, la Società Autostrade per l’Italia S.p.a. eccepiva il difetto di qualsivoglia elemento oggettivo che dimostrasse l’evento e, come conseguenza immediata e diretta, il danno, ergo il nexus causalis. Eccepiva inoltre la sussistenza del caso fortuito, avendo la convenuta adempiuto maxima diligentia al proprio dovere di vigilanza e costituendo l’attraversamento del cane una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della strada dovuta a comportamento di terzi. In ordine alla quantificazione del danno, la Società Autostrade ne contesta l’ammontare in quanto la richiesta era, a suo avviso, sfornita di sufficienti dominii probatori.

Il percorso motivazionale segue le linee direttrici della sentenza n° 149/14 emessa dall’Ufficio del Giudice di Pace dell’ex Mandamento di Civitanova Marche nella persona del sottoscritto Giudicante, essendo dissimile solo il fatto storico, invero sussumibile a fortiori nella stessa tatbestand. Per giurisprudenza ormai unanime, l’art. 2051 c.c. si ritiene applicabile al gestore autostradale: si è ribadito in tal senso il tradizionale principio secondo cui la presunzione di cui all’articolo 2051 c.c. non può trovare applicazione con riferimento a beni di estensione tale da non consentire un’efficace e capillare controllo, tuttavia aggiungendo che la possibilità o l’impossibilità di tale controllo «non si atteggia univocamente in relazione ad ogni tipo di strada».

Essa, infatti, dipende non solo dall’estensione della strada, ma anche dalle sue caratteristiche, dalle sue dotazioni, dai sistemi di assistenza che le connotano, dagli strumenti «che il progresso tecnologico volta a volta appresta e che, in larga misura, condizionano anche le aspettative della generalità degli utenti».

E sulla base di questi parametri, si è concluso che «per la autostrade, per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, l’apprezzamento relativo alla effettiva possibilità del controllo alla stregua degli indicati parametri non può che indurre a conclusioni in via generale affermative, e dunque a ravvisare la configurabilità di un rapporto di custodia per gli affetti di cui all’art. 2051 c.c.» (ex plurimis Cass. 25 luglio 2008, n. 20427, GCM, 2008, 7-8; Cass. 6 giugno 2008, n. 15042, GCM, 2008, 6; Cass. 13 gennaio 2003 n. 298, GC, 2004, I, 209).

E l’odierno Giudicante non può che condividere questo orientamento, siccome non solo obiettivamente più rispondente ai caratteri peculiari delle autostrade – beni non assimilabili ad ordinarie vie infraurbane, destinate ad una circolazione molto più lenta – ma anche perché esso è meglio confacente ai maggiori oneri di verifica e manutenzione che incombono in capo al gestore, il quale, contrariamente agli enti pubblici proprietari delle strade ordinarie, percepisce una specifica prestazione pecuniaria proprio per garantire una percorribilità massimamente efficiente per gli utenti.

Dunque, è giusto che egli risponda in termini più gravosi di eventuali sinistri verificatisi sui beni rimessi alle sue cure (cfr Cass. Civ. Sezione terza, sentenza n. 10689/08, depositata il 24 aprile; Cassazione civile, sez. III, 29 marzo 2007, n. 7763; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 2308 del 02/02/2007; Cassazione civile , sez. III, 06 luglio 2006, n. 15384). E il fatto che l’art. 2051 c.c. (come esaustivamente tracciato nella sentenza-guida supra citata) contempli non un obbligo ma un rischio di custodia – così addossando al custode onori ed oneri riconducibili alla res- s’invera, se è lecito dire a più forte ragione, in materia di manutenzione stradale, avuto specifico riguardo alla rete autostradale, nel solco di quanto espresso dalla Corte di Cassazione civile con citata pronuncia n. 298/03.

Secondo il dictum, in ambito autostradale si è in presenza di un prezzo pubblico quale corrispettivo della prestazione della controparte (pagamento del pedaggio quale corrispettivo per l’utilizzo della strada) , sì che si configura un contratto di scambio. Da ciò discende che l’onere della prova grava ex art. 1218 c.c. sulla società autostradale, che deve quindi dimostrare che l’inadempimento è strato determinato da causa ad essa non imputabile (anche le Sezioni Unite penali della medesima Corte, con sentenza n. 7738/97 -v. pure Cass. Civ. Sez. III 10681/2008- hanno configurato il pedaggio autostradale quale controprestazione del servizio costituito dalla messa a disposizione dell’autostrada nell’ambito di un rapporto sinallagmatico, escludendo invece che esso possa essere considerato alla stregua di tributo dovuto per l’uso di un pubblico servizio): sicché è lecito per l’utente ipotizzare una conservazione e una sicurezza ancor maggiore rispetto a quella che dovrebbe esser propria di ogni carreggiata (sul fronte “laico”, v. GdPace Ottaviano 07.07.2012).

La responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia, alla luce dell’impostazione accolta, ha carattere oggettivo, onde, ai fini della sua configurabilità, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa, e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza.

Nella responsabilità oggettiva il giudizio sul nesso causale è puramente tipologico e consiste nell’appurare se l’evento che si è verificato appartenga o meno alla serie di quelli che il criterio di imputazione ascrive ad una certa sfera del soggetto per il loro semplice accadere. In questi termini è esatta la centralità del nesso causale nelle ipotesi di responsabilità oggettiva (cfr. a contrario sensu Cass. 7037/2012).

La Suprema Corte, in una fattispecie simile a quella in esame, ha recentemente affermato: “…la responsabilità trova un limite solo nel caso fortuito che va ravvisato nei casi in cui il danno sia stato determinato da cause estrinseche alla struttura del bene, o dal comportamento di terzi (…) con modalità di tempo e di luogo tali per cui il pericolo non avrebbe potuto essere conosciuto ed eliminato tempestivamente neppure con la più diligente attività di controllo e di manutenzione. L’onere della prova sia del caso fortuito, sia dell’adempimento dei doveri di diligente manutenzione è a carico del custode” (Cfr. Cass. Civ. Sez. III, sentenza 15 gennaio 2013, n. 783).

Ai sensi dell’art. 2 n. 3 lett. A del d.lg. 30 aprile 1992 n. 285, è prescritto che l’autostrada sia “dotata di recinzione”.

In tal modo si è costituita, da un lato, una legittima aspettativa degli utenti dell’autostrada di non trovarsi “presenze estranee” alla circolazione ordinaria; dall’altro, uno specifico dovere di sistemare lungo la strada, una rete di recinzione atta a contrastare penetrazioni dall’esterno (specie da parte degli animali selvatici o abbandonati), nonché di effettuare la manutenzione ordinaria e, in ipotesi di rottura/smagliatura di essa, di segnalare la situazione di pericolo, ponendovi sollecito riparo.

Perciò, spettava anzitutto a parte convenuta dimostrare che sul tratto autostradale in questione fosse stata apposta adeguata ed integra recinzione della carreggiata. Laddove, infatti, al di là di arbitrarie congetture, era evidente che l’ipotesi più ovvia e naturale, secondo il principio della regolarità causale e dell’id quod plerumque accidit, era che l’animale avesse approfittato di uno squarcio o di una mancanza parziale nella recinzione, al fine di entrare sulla carreggiata.

Nella specie, non sono stati predisposti dall’ente gestore della strada tutte quelle misure idonee affinché la fauna possa nuocere il meno possibile alle cose o alle persone. Per completezza espositiva è indiscutibile che la presenza di un animale sull’autostrada, incidendo in termini significativamente negativi sulla sua utilizzabilità, fa assumere alla cosa una condizione assolutamente pericolosa e potenzialmente lesiva per i fruitori della stessa, in quanto, attraverso essa, è ostacolata in modo imprevedibile la carreggiata e si produce un turbamento emotivo incontrollabile in ciascun conducente che si vede improvvisamente davanti l’animale. In buona sostanza, nell’ipotesi di cui all’art. 2051 c.c il dovere di agere è destinato ad esplicarsi non solo riguardo alle cose pericolose, ma anche a quelle che possano, in presenza di altri fattori casuali, divenire tali, essendo per l’appunto imposto al custode di mantenere la cosa in condizioni di non nuocere a terzi.

Né va sottaciuto che è applicabile anche alla responsabilità civile, per costante giurisprudenza ( V. Cass. 5923/95 e 268/96), il principio dell’equivalenza delle cause posto dagli artt. 40 e 41 c.p per cui il danno non necessariamente deve derivare dalla cosa in sé, ben potendo essere l’effetto di una pluralità di fattori casuali tra i quali rientra anche -ai sensi dell’art. 40 cpv. c.p.- la violazione dell’obbligo di impedire un evento e- non pare contestabile- l’obbligo di manutenzione a carico del proprietario della strada nonché quello di evitare che vi siano pericoli o insidie (d’altro canto, anche volendo sussumere il caso nell’alveo dell’art. 2043 c.c, questo Giudicante ritiene, alla stregua delle risultanze istruttorie, che nel caso in esame, date le circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificata, la collisione rappresentasse una vera insidia, in quanto non prevedibile e poco visibile e quindi non facilmente evitabile, sì da creare una situazione di pericolo).

Viceversa -a rafforzare quanto dianzi-, in considerazione della natura del pericolo, era rimesso alla società convenuta di dimostrare di avere adottato tutte le precauzioni prescritte per prevenire l’evento. Al che, a parere di questo Giudicante, la difesa della società non ha atteso. “In corpore vili”, particolarmente rilevante, anche perché proveniente da soggetto estraneo alla causa e Pubblico Ufficiale, indicato peraltro come testimone da parte convenuta, appare la deposizione dell’Agente della Polizia Stradale  ……………., intervenuto in occasione dell’evento per cui è causa. Questi, sentito all’udienza del 04.06.2014, dichiarava testualmente: “…

Riconosco i danni così come mi vengono mostrati dalle foto… Posso affermare che accade spesso che vengano investiti animali per lo più selvatici lungo l’Autostrada e riceviamo spesso segnalazioni di animali erranti sull’Autostrada… al Km …….., luogo dove si è verificato il sinistro, la protezione del margine dell’Autostrada è piuttosto precaria…”.Tale ultimo testimone, in servizio presso la Polizia Stradale della Sottosezione di ……………., ha indubbiamente una conoscenza capillare del tratto autostradale sul quale opera quotidianamente, e le sue affermazioni circa la elevata frequenza con cui si verificano investimenti di animali per lo più selvatici sul tratto in questione e sulle segnalazioni di animali vaganti sulla sede autostradale, nonché riguardo alla precarietà della rete di recinzione posta a margine dell’Autostrada proprio nel tratto dove si è verificato il sinistro, acquisiscono irrefragabilmente valenza privilegiata e confortano la piena attendibilità dell’assunto di parte attrice, corroborando per altro verso le dichiarazioni testimoniale del sig. …………….. terzo trasportato a bordo dell’autovettura.

L’autovettura dell’attrice, mentre percorreva l’A14 al Km. ………… in direzione Nord, riportava pertanto danni originati dall’impatto con un cane di piccola taglia che attraversava improvvisamente la sede autostradale proprio in corrispondenza di un tratto di recinzione “piuttosto precaria”, dove si segnalano spesso investimenti di animali, con numerose segnalazioni alla Polizia Stradale di animali erranti nel tratto in parola. Ad onta delle eccezioni mosse ex latere rei, conforta la tesi dell’attraversamento improvviso e repentino dell’animale la circostanza che sulla vettura erano presenti dei peli di quello (in tal senso ha deposto il teste ………………).

D’altronde, la presenza del cane è acclarata nel prontuario/rapporto della Polstrada di ………………in punto alla descrizione della dinamica dell’occorso (confermato in sede di deposizione orale dall’agente verbalizzante anche in merito ai danni  di cui alle produzioni fotografiche). In ordine al quantum respondeatur, il preventivo di riparazione agli atti del giudizio, datato 05.01.2011, è stato confermato in sede di deposizione testimoniale dal sig. …………………. titolare del Centro …………………. e risulta peraltro perfettamente compatibile con la dinamica del sinistro ed i punti di impatto evidenziati. All’importo di € 1.368,78 vanno aggiunti gli interessi legali dalla data del sinistro al soddisfo. Il regime delle spese di giudizio è governato dall’art. 91 cpc, e va adeguato al proprium della statuizione, in ossequio ai parametri e ai paradigmi del DM 55/14

PQM

Il Giudice di Pace, definitivamente pronunciando, condanna parte convenuta al pagamento in favore di parte attrice della somma di € 1.368,78, in aggiunta agli interessi legali dalla data del sinistro al soddisfo.Ai sensi dell’art. 91 cpc, condanna Autostrade per l’Italia SpA  alla rifusione degli oneri di giudizio a beneficio della ……………………., per complessivi € 1.300,00 (di cui € 103,78 per esborsi),al netto dell’aumento forfettario 15% ex art. 2 DM 55/14 e degli accessori di legge, da distrarsi ai sensi dell’art. 93 cpc a favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

Sic decisum in Fermo hodie 30.01.2015

 

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