Prima traccia.
Tizio, residente nel comune di Alfa, è proprietario di un immobile denominato «Villa Adelaide», sito nella nota località balneare del comune di Beta. L’abitazione è però stabilmente occupata da Caio, il quale ne ha preso possesso a partire dal gennaio del 1980, allorché Tizio ha smesso di recarsi nell’immobile in occasione delle vacanze.
In data 6 ottobre 2009, Tizio aliena «Villa Adelaide» all’amico di vecchia data Sempronio – che conosceva l’immobile per esservisi spesso recato durante le vacanze estive fino all’anno 1979 – e ne riceve il pagamento del corrispettivo di euro 120.000. Sempronio, dopo aver proceduto alla trascrizione dell’atto di vendita in data 20 ottobre 2009, si reca nel Comune di Beta per prendere possesso dell’immobile, ma vi trova Caio che gli nega l’accesso.
Successivamente, il Tribunale di Beta, con sentenza passata in giudicato in data 4 luglio 2011, dichiara Caio proprietario di «Villa Adelaide» per usucapione, in virtù del possesso protrattosi per venti anni alla data del 20 gennaio 2000. La causa era stata introdotta da Caio contro Tizio (rimasto contumace) con atto di citazione notificato in data 10 marzo 2009.
Tizio dunque, preoccupato per le rivendicazioni di Sempronio in relazione alla compravendita dell’immobile, si reca dal proprio avvocato per un consulto.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga motivato parere esaminando tutte le questioni sottese al caso.
Schema per un possibile svolgimento.
1. Il caso.
Per una migliore comprensione della questione appariva utile, in primo luogo, ricostruire in senso cronologico gli elementi di fatto:
1. dal gennaio 1980 Caio entrava in possesso dell’immobile Villa Adelaide di proprietà di Tizio;
2. in virtù della durata ventennale di tale possesso (che dal tenore della traccia appare costante, pacifico ed ininterrotto), il 20 gennaio 2000, si perfezionava l’usucapione dell’immobile in favore di Caio;
3. il 10 marzo 2009, Caio notificava a Tizio atto di citazione con il quale invocava il Tribunale di Beta al fine di veder accertare e dichiarare il suo diritto di proprietà sull’immobile Villa Adelaide per intervenuta usucapione;
4. Tizio rimaneva contumace nel giudizio;
5. il 6 ottobre 2009, Tizio vendeva l’immobile a Sempronio, il quale, a tal fine, corrispondeva l’importo di € 120.000;
6. il 20 ottobre 2009, Sempronio, dopo aver provveduto alla trascrizione dell’atto di compravendita, si recava presso l’immobile per prenderne possesso, ma Caio gli negava l’accesso;
7. il 4 luglio 2011 passava in giudicato la sentenza con la quale il Tribunale di Beta dichiarava Caio proprietario di Villa Adelaide per usucapione.
2. Il diritto.
Innanzitutto, occorreva concentrare l’indagine in diritto sull’effettivo acquisto della proprietà dell’immobile da parte di Caio svolgendo brevi cenni sui modi di acquisto della proprietà a titolo originario e concentrando l’attenzione sull’usucapione (nozione, fondamento, elementi costitutivi) e sulla sua opponibilità nei confronti di Tizio e Sempronio.
All’esito di tale primo paragrafo, non poteva non concludersi confermando che l’usucapione in favore di Caio fosse maturata nel gennaio 2000 e che la sentenza passata in giudicato il 4 luglio 2011 avesse carattere di mero accertamento, con natura dichiarativa e non costitutiva (tra le tante, Corte di Cassazione, sentenza del 19 marzo 2008, n. 12609).
La sentenza avrebbe, poi, dovuto essere trascritta ai sensi dell’art. 2651 c.c., ma tale adempimento ha natura di pubblicità-notizia, in quanto assolve allo scopo di garantire completezza ai pubblici registri e, a differenza di quanto avviene per gli acquisti a titolo derivativo, non rileva ai fini dell’opponibilità ai terzi.
Ne deriva che l’usucapione, anche se non (ancora) accertata giudizialmente e, quindi, non pubblicizzata attraverso la trascrizione, come nel caso oggetto d’esame, non è vanificata dall’acquisto effettuato dal terzo successivamente al compimento (nel gennaio del 2000) dell’usucapione stessa e trascritto nei pubblici registri (tra il 6 ed il 20 ottobre 2009).
Tanto è vero che, come ben esplicato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 2161/2005, “Il conflitto tra acquirente a titolo derivativo e acquirente per usucapione è sempre risolto a favore dell’usucapiente, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l’avvenuto acquisto a titolo originario e dall’anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell’acquisto a titolo derivativo, perché il principio dettato dall’articolo 2644 del codice civile, con riferimento agli atti indicati nell’articolo 2643, non risolve il conflitto tra acquisto a titolo originario e acquisto a titolo derivativo, ma unicamente quello tra più acquisti a titolo derivativo dal medesimo dante causa”.
Principio ribadito, più recentemente, dalla Suprema Corte nella sentenza n. 18888/2008: “(…) è assolutamente irrilevante che sia mancata, prima dell’atto, una pronunzia giudiziaria che accertasse la intervenuta usucapione (…)”.
In buona sostanza, l’usucapione ha effetto erga omnes (estinguendo il diritto in capo al precedente titolare) a prescindere dal ricorso o meno al regime pubblicitario. Infatti, tra le sentenze soggette al regime della trascrizione solo quelle riconducibili all’art. 2651 c.c. non necessitano della preventiva annotazione sui pubblici registri della domanda giudiziale (con il relativo effetto prenotativo che essa comporterebbe).
Occorreva, a questo punto, valutare il comportamento di Tizio, il quale, venuto a conoscenza (il 10 marzo 2009) della causa introdotta dall’usucapiente e, dunque, della maturata usucapione, vendeva l’immobile all’evidentemente ignaro Sempronio per € 120.000,00 (il 6 ottobre 2009).
Al fine di dare prova della propria preparazione giuridica, si rendeva opportuna anche una breve trattazione sui principi della correttezza e della buona fede in sede di trattative.
Soprattutto, appariva evidentemente opportuno ricordare a Tizio che, ai sensi dell’art. 1476 n. 3 c.c., tra le obbligazioni principali del venditore vi è quella di garantire il compratore dall’evizione ex art. 1483 c.c. posto che l’evento che determinava l’evizione si perfezionava ben prima del contratto di compravendita e che, come già ribadito, la sentenza dell’ottobre 2011 aveva un carattere di mero accertamento, con natura dichiarativa e non costitutiva.
Seconda traccia.
Tizio gioca una partita a poker con qualche sconosciuto, nel corso del quale viene bevuta da tutti una consistente quantità di whisky. All’esito della mano finale Tizio perde l’importo di euro 1.000 in favore di Caio.
Non avendo con sé tale importo, chiede ed ottiene due ore di tempo per saldare il debito, ma non riesce a procurarsi la somma necessaria. Pertanto, dietro pressioni di Caio e degli amici di quest’ultimo che avevano partecipato alla partita, sottoscrive una dichiarazione la quale prometteva il pagamento della vincita a Caio entro le successive 48 ore.
Dopo aver pagato la soma, però, Tizio si rivolge al proprio legale rappresentando che gli altri giocatori avevano barato al gioco e che la promessa di pagamento gli era stata estorta dietro minacce di gravi ripercussioni alla propria integrità fisica.
Il candidato assunte le vesti del legale di Tizio, rediga motivato parere esaminando le questioni sottese al caso e individuando le varie possibilità di tutela offerte dall’ordinamento.
Schema per un possibile svolgimento
Quaestio iuris.
Concerne il pagamento dei debiti di gioco e la loro ripetibilità, in caso di coartazione e violenza, nonché nelle ipotesi di incapacità naturale del solvens.
Istituto principale.
Natura giuridica dei debiti di gioco
Pagamento dell’obbligazione naturale e sua ripetibilità
Inquadramento normativo
Art. 1933 codice civile
Art. 428 codice civile
Art. 1435 codice civile
Giurisprudenza rilevante
Cass. n.7694/2014
Conclusione
Il sig. Tizio potrà vittoriosamente agire in giudizio per richiedere la restituzione di quanto pagato al sig. Caio a seguito della partita a poker in esecuzione del debito di gioco. Questi infatti trovandosi in stato di alterazione fisica per uso ingente di alcol era in stato di incapacità naturale.
Inoltre, Tizio è stato truffato in quanto la partita a poker era truccata e gli altri giocatori avevano barato ed usato violenza per costringerlo a pagare.
Ne consegue che risultano sussistenti tutti i presupposti previsti dall’art. 1933 comma 2 cc, e quindi il sig. Tizio potrà agire in giudizio per chiedere la restituzione di quanto pagato illegittimamente a Caio.
La promessa di pagamento sottoscritta da Tizio potrà essere annullata giudizialmente ex art 1435 cc perché frutto di violenza.