FOCUS: “ANGELI E DEMONI” – CASO BIBBIANO: SISTEMA GIURIDICO VIGENTE.

Un'analisi degli istituti di cui agli articoli 330 e 403 del codice civile a cura dell'Avv. Antonio Torre.

(Breve) ricostruzione della vicenda giudiziaria. Come è tristemente noto, il 27 giugno c.a. i Carabinieri di Reggio Emilia danno il via all’operazione denominata “Angeli e Demoni” e mettono agli arresti domiciliari 18 persone, tra cui il sindaco della città.

A guidare l’inchiesta della magistratura c’è il gip dott. Luca Ramponi, il quale emette una ordinanza con accuse di vario genere: frode processuale, depistaggio, maltrattamenti su minori, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, abuso d’ufficio, peculato d’uso e lesioni gravissime.
Secondo l’accusa esiste una sorta di “sistema Bibbiano” di gestione e affidamento dei minori, con funzionari pubblici, assistenti sociali, medici e psicologi – i quali a vario titolo e in vario modo gravitano attorno ai servizi sociali dell’Unione Val d’Enza, tanto (presumibilmente) da aver (m)anipolato le testimonianze dei bambini così da sottrarli alle famiglie di origine per affidarli, dietro pagamento, a famiglie di amici o conoscenti.
A dare il via alle indagini è quella che il procuratore capo di Reggio Emilia, Marco Mescolini, ha definito “un’intuizione della pm Valentina Salvi”, insospettita dall’alto numero di fascicoli per abusi su minori aperti su segnalazione dei servizi sociali dell’Unione Val d’Enza – un distretto composto da sette comuni, con sede a Bibbiano – e risoltisi spesso in provvedimenti di allontanamento dalle famiglie. Messi uno accanto all’altro, i casi iniziano a destare non pochi sospetti e tanto basta ad autorizzare le intercettazioni ambientali, che rivelano una realtà che lo stesso Mescolini ha definito “umanamente devastante”.
Nell’ordinanza di 277 pagine si tratteggiano i confini di quello che viene presentato come un vero e proprio “copione” comune alle vicende dei sei minori oggetto dell’indagine.

Tutto inizia con una segnalazione, che in alcuni casi parte dai parenti dei minori, in altri dagli stessi insegnanti, ma che secondo l’ordinanza poteva riguardare “comportamenti interpretabili, e di fatto interpretati puntualmente dagli assistenti sociali e psicologi indagati, in termini di erotizzazione precoce”.
Poteva bastare dunque una frase ambigua, un disegno ritenuto rivelatore o un comportamento giudicato anomalo per mettere in moto la macchina dei servizi sociali, un processo che nella maggior parte dei casi culminava con un provvedimento di allontanamento del minore.
Uno dei punti cruciali dell’ordinanza riguarda proprio la veridicità delle relazioni con cui, secondo gli inquirenti, i servizi sociali decidevano le sorti dei minori. Le accuse sono piuttosto pesanti e vanno dalla frode processuale al depistaggio, fino alle lesioni personali per i traumi provocati ai bambini, tanto da portare il Presidente del Tribunale dei minori di Bologna, Giuseppe Spadaro, a considerare il suo ufficio “parte offesa, in quanto depistati e frodati, assieme ai minori”.

Nei giorni successivi Spadaro e i suoi colleghi decidono di rimettere mano a tutti i procedimenti partiti su segnalazione dei servizi sociali oggetto dell’indagine, ricontrollando circa 70 fascicoli.

Ne consegue che, i racconti contenuti nell’ordinanza descrivono uno scenario profondamente compromesso, fatto di testimonianze false o volutamente decontestualizzate, omissioni colpevoli e manomissioni vere e proprie.
Le storie sono piuttosto diverse tra loro, com’è ovvio, ma l’ordinanza sottolinea in tutte la volontà di dipingere il nucleo famigliare come inadatto alla permanenza del minore, avvalendosi di accuse costruite ad arte, virgolettati inventati e, in almeno un caso, di un disegno modificato in modo tale da rafforzare l’ipotesi di un abuso.
Dopo l’allontanamento, i minori venivano destinati a una struttura pubblica, La Cura, assegnata in gestione alla onlus Hansel e Gretel di Moncalieri. È qui che secondo le carte della Procura sarebbe avvenuto il secondo livello di contaminazione delle storie personali dei minori coinvolti, attraverso un metodo di ascolto potenzialmente in grado di modificare gli stessi ricordi dei bambini.
Secondo quanto si legge nell’ordinanza, nel corso delle sedute avvenivano “significative induzioni, suggestioni, contaminazioni” che “rischiano fortemente di contribuire alla costruzione di falsi ricordi”.

Alla fine del 2017 questa pratica era finita al centro dell’inchiesta giornalistica Veleno, il podcast in sette puntate realizzato da Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, che di fatto riapriva il caso dei Diavoli della Bassa modenese.
In quella circostanza, risalente a metà degli anni Novanta, i bambini allontanati dalle famiglie per presunti abusi e rituali satanici furono in tutto sedici, sparsi tra i comuni di Mirandola e di Massa Finalese.
La tecnica di ascolto utilizzata, ora come allora, non rispetta le linee guida della Carta di Noto “per l’esame del minore in caso di abuso sessuale”, preferendo un’impostazione fortemente minoritaria all’interno della comunità scientifica e considerata “altamente suggestiva” per il rischio di impiantare falsi ricordi.
Tra i principali sostenitori di questa alternativa c’è il Cismai (Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia), un’associazione privata che, come dichiara la professoressa Giuliana Mazzoni proprio a Pablo Trincia, “ha una posizione preconcetta, secondo cui i bambini non mentono mai”.
I fatti di cronaca di una certa rilevanza mediatica, costituiscono purtroppo “manna dal cielo” per gli addetti ai servizi tanto che, dal momento della denuncia di un determinato fatto storico, prendono prepotentemente piede la stampa, i mass-media e l’opinione pubblica.
E’ importante ribadire che allo stato le indagini sono ancora lungi dall’essere concluse e che la stampa ha “ingigantito” o “frainteso” alcuni elementi, come ad esempio quello del presunto utilizzo dell’elettroshock, che non c’è mai stato.
Gli stessi giornali che avevano parlato di elettroshock si sono poi corretti nei giorni seguenti, spiegando che la funzione dell’apparecchio trovato dai Carabinieri era stata fraintesa.

Non era un apparecchio per l’elettroshock – una terapia ormai molto rara e che si può eseguire solo in pochi casi – e non poteva essere usato per trasmettere scariche elettriche ai pazienti: era invece di un apparecchio usato nell’ambito della psicoterapia EMDR, una tecnica utilizzata e rispettata dalla comunità scientifica, che permette di mandare ai pazienti stimoli acustici e tattili.
Dai fatti di cronaca, nei giorni a seguire si è aperto un dibattito pubblico sulla protezione dell’infanzia e sulla natura giuridica dei provvedimenti di allontanamento dei minori dalle famiglie, provvedimenti lo si ricordi, che debbano essere sempre circostanziati da prove e circoscritti il più possibile nel tempo e nel numero.
Togliere un figlio ai genitori è un atto gravissimo che si giustifica solo di fronte a gravi fatti di abusi, abbandono o incapacità; a questo punto l’opinione pubblica nonché le stesse comunità scientifiche di ogni ordine e grado, si sono posti molti interrogativi di fondo, come ad esempio se la singola perizia degli assistenti sociali sia sufficiente a mettere in moto certi meccanismi, che possono non di rado portare all’allontanamento dei minori dalle loro famiglie, come anche sui possibili conflitti di interesse dei giudici onorari su cui la magistratura deve vigilare con severità.

Osservazioni preliminari. L’ordinamento giuridico prevede ampi poteri di intervento dell’autorità giudiziaria nel caso di violazione dei doveri dei genitori nei confronti dei figli o di abuso dei poteri, ove da simili comportamenti possano derivare gravi pregiudizi in capo ai minori.
Infatti, l’art. 330 c.c., prevede che possa essere pronunciata la decadenza della responsabilità genitoriale nei confronti di quel genitore che violi o trascuri i propri doveri, ovvero abusi dei poteri inerenti la responsabilità stessa, arrecando grave pregiudizio nei confronti del figlio.
Ove il comportamento del genitore non sia tale da giustificare la pronuncia della decadenza della responsabilità, ma sia in ogni caso pregiudizievole per il figlio, potranno essere adottati i più opportuni provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c..
Infatti, quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza della responsabilità genitoriale prevista dall’art. 330 c.c., ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore #1.
Pertanto, la sussistenza di una situazione di pregiudizio inerente la sfera familiare di appartenenza del minore rende necessaria la pronuncia di un provvedimento protettivo, in ipotesi di conflittualità familiare grave che incide negativamente sul piano dell’armonico sviluppo della personalità dello stesso, necessitante di serene ed equilibrate relazioni familiari.

Ne consegue che ogni uso della responsabilità genitoriale non finalizzato alle esigenze di crescita umana del minore può essere sanzionato e come tutta la funzione educativa, di cui la responsabilità genitoriale è mero strumento, deve svolgersi tenendo conto in via primaria delle necessità di sviluppo della personalità del figlio anziché delle aspettative genitoriali #2.
I provvedimenti de potestate hanno dunque principalmente lo scopo di tutelare i figli dai possibili pregiudizi derivanti dall’inadempimento dei genitori ai propri doveri e di garantire, la corretta crescita e lo sviluppo fisico e psicologico del minore, evitando la reiterazione e il protrarsi degli effetti pregiudizievoli #3.
Di conseguenza, la funzione di detti provvedimenti, è certamente preventiva e protettiva, pur non mancando la giurisprudenza di evidenziare anche una componente sanzionatoria nei confronti dei genitori #4.
Va da se che, dalla diversa funzione che voglia attribuirsi ai provvedimenti di cui agli artt. 330 e ss. c.c.
discende tuttavia una differente valorizzazione dell’elemento soggettivo in capo al genitore.

Se volessimo escludere per un attimo il carattere sanzionatorio, l’accertamento dello stato soggettivo di dolo o colpa diviene rilevante al solo fine di graduare la misura applicabile, ma non rileva quale presupposto della stessa #5.
In questa prospettiva, il solo fatto oggettivo della violazione dei doveri o abuso dei poteri,
sommato all’accertamento del pregiudizio del minore, dà luogo all’applicazione della misura protettiva #6.

Il pregiudizio, potrà essere anche meramente eventuale, potendosi applicare la misura nell’ipotesi in cui si sia verificato il mero pericolo di un danno pregiudizievole per il minore, indipendentemente dalla circostanza che il genitore abbia agito con la coscienza di ledere gli interessi della prole, dovendo essere evitato, nei limiti del possibile, ogni obiettivo pregiudizio, non necessariamente attuale, ma anche solo eventuale, per il minore #7.
Il venir meno di qualsivoglia pregiudizio in capo al minore e del comportamento del genitore che abbia violato i propri doveri o abusato dei poteri, costituisce presupposto per la pronuncia di reintegrazione nella responsabilità genitoriale.

Parte della dottrina rappresenta che, ai fini della reintegrazione non sarebbe sufficiente, il venir meno della sola gravità del pregiudizio, ma è necessario l’accertamento dell’assenza di qualsiasi ragione, anche eventuale, di pregiudizio per il minore stesso.

Sistema giuridico vigente e garanzie per il minore: i procedimenti ablativi e modificativi della responsabilità genitoriale.
Le ipotesi rubricate negli artt. 330 e 333 c.c. sono differenti sotto l’aspetto quantitativo e non qualitativo.

In altre parole, ove il giudice dovesse accertare il ricorrere di una particolare gravità nel comportamento, ovvero dovesse accertare un grave pregiudizio in capo al minore, dovrà pronunciare necessariamente la decadenza del/dei genitori dalla responsabilità genitoriale8.
Al contrario, il giudice, ove dovesse ravvisare un comportamento pregiudizievole per il minore, (pur non ricorrendo i presupposti per la pronuncia di decadenza) potrà adottare i provvedimenti convenienti, limitando la stessa responsabilità genitoriale.
La scelta tra le fattispecie di cui agli artt. 330 e 333 c.c. deve essere effettuata sulla base della considerazione dell’entità del pregiudizio in capo al figlio.

Una volta accertata la gravità del comportamento, la pronuncia della decadenza consegue necessariamente all’accertamento, essendo la discrezionalità del giudice limitata alla valutazione della gravità del pregiudizio e non all’applicazione della misura una volta che tale gravità sia stata ravvisata #9.
Ai fini dell’applicazione della misura, è rilevante non solo il comportamento del genitore nei confronti del figlio, ma anche nei confronti dell’altro genitore ove lo stesso possa arrecare pregiudizio al minore, così come deve essere posta alla base del provvedimento di decadenza anche la condotta omissiva del genitore che non si sia adoperato per evitare la violazione dei doveri genitoriali da parte dell’altro genitore o l’abuso da parte di terzi #10.
Pertanto, ove non sussistano i presupposti per la decadenza dalla responsabilità genitoriale, ma sia accertata la sussistenza di una condotta pregiudizievole nei confronti del minore, ovvero una notevole inidoneità allo svolgimento del ruolo genitoriale, possono essere pronunciati provvedimenti limitativi ai sensi dell’art. 333 c.c..
In tal caso, sarà il giudice a determinare nella propria discrezionalità quali siano i provvedimenti più adatti, potendo dettare le concrete modalità di esercizio della responsabilità genitoriale, impartendo ai genitori vere e proprie prescrizioni (rectius istruzioni) comportamentali.

Competenza del Tribunale per i Minorenni e vis actractiva del tribunale ordinario. Non sempre la tutela della prole rispetto a condotte pregiudizievoli dei genitori passa attraverso l’applicazione degli artt. 330 e 333 c.c..

Ove infatti le condotte dei genitori di ostacolo ad una sana e serena crescita dei figli siano poste in essere in fase di separazione e siano dovute alla forte conflittualità che la stessa comporta, i provvedimenti, anche urgenti, relativi all’affidamento della prole, al collocamento della stessa e alla regolamentazione delle visite del genitore non collocatario, possono costituire la risposta dell’ordinamento alla necessità di realizzare e garantire l’interesse materiale e morale della prole #11.
Il discrimen tra la competenza del tribunale ordinario e quello minorile è indicato dalla stessa Corte di Cassazione, nell’esatta individuazione del petitum e causa petendi #12; ne consegue che, rientra nella competenza del giudice specializzato le domande finalizzate ad ottenere provvedimenti cautelari e temporanei idonei ad ovviare a situazioni pregiudizievoli per il minore, restando viceversa al giudice ordinario le pronunce di affidamento dei minori che mirino soltanto ad individuare quale dei due genitori sia più idoneo a prendersi cura del figlio, al fine di consentirgli una crescita tranquilla ed equilibrata #13.
L’art. 38 disp. att. cod. civ., così come modificato dalla l. n. 219/2012 statuisce che, sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile.
Per i procedimenti di cui all’articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono, altresì, di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile.
Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria.
Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.
Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni #14.

Ne consegue che, con riferimento ai procedimenti di cui all’art. 333 c.c., la competenza del tribunale per i minorenni resta esclusa ove sia in corso tra le stesse parti un giudizio di separazione, divorzio ex art. 316 c.c..
In tali casi, i provvedimenti ablativi e/o limitativi della responsabilità genitoriale, normalmente di competenza del tribunale per i minorenni, dovranno essere chiesti al giudice ordinario davanti al quale penda il giudizio di separazione, divorzio o tra i genitori non coniugati per la determinazione dell’affidamento e mantenimento dei minori #15.
Che si tratti di pronunciare la decadenza della responsabilità genitoriale sui figli (art. 330 c.c.), che si ratti di reintegrare il genitore decaduto (art. 332 c.c.), di porre limiti all’esercizio della stessa (art. 333 c.c.), di rimuovere o reintegrare i genitori dall’amministrazione dei beni dei figli o di porre condizioni cui attenersi ell’amministrazione (artt. 334 e 335 c.c.), il procedimento applicabile avanti al tribunale per i minorenni è dettato dall’art. 336 c.c., che costituisce il paradigma normativo di tutti i procedimenti a concludersi con provvedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale #16.
Secondo quanto previsto dall’art. 336 c.c. la legittimazione spetta all’altro genitore, ai parenti o al p.m., oltre che al genitore stesso in caso di richiesta di revoca.

Il procedimento si avvia su ricorso e il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte sommarie informazioni e sentito lo stesso p.m..
Ove il provvedimento sia richiesto contro il genitore, dovrà essere sentito anche quest’ultimo, in virtù del disposto dell’art. 9, 2° comma, della Convenzione dei diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27.05.1991, n. 176 #17.
La norma modificata dall’art. 37, l. 28.03.2001, n. 149, prevede pertanto che i genitori e il minore debbano essere assistiti da un difensore e, in caso di urgente necessità, il giudice potrà adottare provvedimenti temporanei nell’interesse del figlio18.
Il 2° comma dell’art. 336 c.c. prevede l’obbligo per il giudice di disporre l’ascolto del minore che abbia compiuto 12 anni o sia in ogni caso capace di discernimento, intendendosi per capacità di discernimento la maturità, la capacità di comprendere, di rendersi conto degli eventi che si verificano nella famiglia e di operare scelte autonome #19.

Infatti, è noto come l’art. 315 bis c.c. aggiunto dalla legge n. 219/2012, menzioni espressamente tra i diritti del figlio il diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, con ciò sancendo l’esistenza di un vero e proprio diritto del minore.
Alla luce delle su richiamate disposizioni di legge, il minore va considerato non solo e non tanto come oggetto di protezione, quanto piuttosto come soggetto titolare di diritti soggettivi, la cui violazione comporta finanche la nullità della sentenza.
Il giudice, potrà non procedere all’ascolto del minore, ove tale adempimento sia in concreto contrario all’interesse dello stesso; infatti l’art. 336 bis c.c. prevede che il minore sia ascoltato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano, con ciò intendendosi i procedimenti nei quali l’interesse superiore del minore è criterio di giudizio e misura di giustizia della decisione e non qualsiasi giudizio nel quale il minore sia parte #20.
In caso di mancato adempimento dell’ascolto, il giudice dovrà adeguatamente motivarne l’esclusione, evidenziando la sussistenza di un interesse superiore del minore a non essere coinvolto emotivamente nella controversia che oppone i suoi genitori.
Il dettato normativo dell’art. 336 c.c. deve essere dunque integrato con quanto dispone l’art. 38 disp. Att. c.c. il quale, oltre a ribadire che il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, prevede espressamente che i provvedimenti emessi dal tribunale siano immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente.
L’art. 3 della l. 10.12.2012, n. 219 ha modificato l’art. 38 disp. Att. c.c. attribuendo al giudice ordinario tutti i provvedimenti relativi ai minori per i quali non sia espressamente stabilita una diversa competenza #21.

I c.d. giudizi de potestate, ora più correttamente, sulla responsabilità genitoriale, espressamente riservati al giudice minorile, restano dunque di competenza del Tribunale per i minorenni, salvo quanto disposto dallo stesso art. 38 per l’ipotesi in cui sia in corso un giudizio di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c.22.
Pertanto, per i procedimenti di cui all’art. 333 c.c. resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’art. 316 del c.c..

In pendenza del giudizio di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c., dunque, il giudice ordinario è competente anche sulle domande proposte ai sensi dell’art. 333 c.c., e cioè in ordine alla pronuncia di eventuali provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale.
Ne consegue che, ove instaurato un procedimento di separazione, o divorzio o ex art. 316 c.c. sia successivamente proposta domanda ai sensi degli artt. 330 e ss., nel qual caso il tribunale per i minorenni declinerà la propria competenza in favore del tribunale ordinario.
Viceversa, nel caso in cui sia dapprima investito il giudice minorile e successivamente sia proposta la domanda davanti al giudice ordinario, nel qual caso la prevalente giurisprudenza esclude la attrazione davanti al giudice della separazione o divorzio e ciò in ossequio non solo al rispetto della lettera della legge, ma anche del principio della perpetuatio jurisdictionis #23.
I provvedimenti emessi ai sensi degli artt. 330 e ss. c.c. sono reclamabili alla Sezione per i minorenni della Corte d’Appello, su iniziativa dei genitori, dei parenti e del P.M., nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento impugnato.
I provvedimenti sulla responsabilità genitoriale, essendo espressione di giurisdizione volontaria non contenziosa, non sono impugnabili ai sensi dell’art. 111 Cost..
La Suprema Corte rileva, infatti, come i provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale non rivestano alcuna efficacia di giudicato, potendo in ogni momento essere revocati e modificati dal giudice che li ha pronunciati, e ciò non solo con efficacia ex nunc, ma anche con efficacia ex tunc, dunque sulla base di fatti sopravvenuti ma anche per la mera rivalutazione della situazione #24.
Infine, quanto ai provvedimenti provvisori e d’urgenza che possono essere pronunciati d’ufficio ai sensi dell’art. 336, 3° comma, c.c., si è discusso in dottrina e in giurisprudenza se tali provvedimenti debbano essere considerati immediatamente impugnabili.
Secondo quanto affermato dalla Suprema Corte, i provvedimenti temporanei ed urgenti resi, ai sensi degli artt. 316 e 336 c.c., in tema di affidamento di figli minori possono formare oggetto di impugnazione mediante reclamo alla Corte di appello esclusivamente nei limiti in cui essi risultino già idonei a produrre, “ex se” ed in modo autonomo, uno stabile pregiudizio nei confronti del genitore interessato #25.

L’istituto dell’art. 403 c.c. A questo punto è importante spiegare come avviene l’iter di allontanamento, che non è una prerogativa nelle mani dei servizi sociali.

Per allontanare un minore dal nucleo famigliare è infatti necessario un provvedimento disposto dal Tribunale per i minorenni, che si serve di un’indagine psicosociale che la Procura minorile affida al servizio sociale competente, deliberando poi collegialmente.
Esiste anche la possibilità di ricorrere al cosiddetto 403, un intervento urgente di messa in sicurezza del minore ai sensi dell’articolo 403 del codice civile – secondo le indagini, molto utilizzato dai servizi sociali dell’Unione Val d’Enza per il caso in esame – ma anche in questo caso è necessaria la convalida del Tribunale dei minorenni.
L’art. 403 c.c. statuisce che << Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all ’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione>>.
Andiamo a vedere in concreto, come si pone in essere il c.d. 403, o meglio un intervento urgente di “messa in sicurezza”.

Chi? Quando? Come? Cosa? #26, sono le domande alle quali dobbiamo cercare di rispondere sia in maniera sintetica che analitica.
Chi: “la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia”, quindi in primis i servizi sociali (comunali o della Tutela dei minori), aiutati dalla forza pubblica soltanto quando necessario.
Il 403 può essere anche disposto dall’Ospedale, nel caso in cui il personale ospedaliero si trovi di fronte a un sospetto di maltrattamento e abuso e non riesca a contattare il Servizio sociale territoriale.

Quando: “quando il minore si trova in una condizione di grave pericolo per la propria integrità fisica e psichica ”, cioè una situazione di evidente pregiudizio per il bambino o per il ragazzo.
Ora, sappiamo che la condizione di pregiudizio caratterizza molte delle situazioni di cui si occupa la Tutela dei minori: che cosa differenzia queste situazioni da quelle per le quali si attua un 403?
L’urgenza.
Mentre nelle altre situazioni si ha necessariamente bisogno di tempo per approfondire, capire bene, verificare la fondatezza delle segnalazioni, di fronte all’urgenza è talmente chiaro che il minore è in stato pregiudizio che non è possibile rimandare l’intervento di protezione.

Come: si rileva la situazione di pregiudizio e si valuta l’urgenza di un intervento di tutela del minore.
Il Servizio sociale riferisce al Sindaco la necessità di collocare immediatamente il minore in un luogo protetto; il Sindaco o suo delegato firma il provvedimento per l’allontanamento urgente del minore; il Servizio sociale organizza il collocamento del minore in luogo sicuro; il Servizio sociale comunica tempestivamente il provvedimento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni e provvede, anche

successivamente, a fornire una dettagliata relazione sulla situazione e i motivi che hanno portato all’allontanamento urgente; il Servizio sociale (fatto salvo eventuali casi in cui questa comunicazione sia in contrasto con le esigenze di tutela del minore o delle indagini) comunica tempestivamente il provvedimento ai genitori del minore dando conto delle motivazioni e informando della segnalazione all’autorità giudiziaria; il responsabile dei Servizi sociali assume l’impegno di spesa necessario a sostenere l’intervento di protezione.
Lo stato di necessità permane fino al provvedimento di pronuncia del Tribunale per i Minorenni, che può disporre l’allontanamento del minore dalla famiglia oppure il suo rientro.

Cosa: per tali situazioni di emergenza descritte dalla legge che richiedono un soccorso immediato, gli interventi generalmente necessari sono: a. il ricovero in pronto soccorso ospedaliero del minore con lesioni o sintomi gravi di malattie fisiche o mentali e il rintraccio dei suoi genitori o degli altri adulti che ne hanno la responsabilità; b. il rintraccio dei genitori o degli altri adulti responsabili del bambino occasionalmente smarrito o che sia sfuggito alla loro sorveglianza e il suo riaffido; c. il collocamento in luogo sicuro – in attesa di un provvedimento giudiziario di tutela – del minore che sia materialmente o moralmente abbandonato o in grave pericolo, sia per la situazione ambientale sia per la qualità degli adulti cui risulta affidato.
La situazione di pericolo evidentemente va commisurata anche all’età del minore e alle sue normali situazioni di vita. Questo intervento di soccorso riguarda tutti i minori, anche i minori stranieri non accompagnati che si trovano in Italia per ragioni di immigrazione e i non residenti #27.

Punti di frizione e spunti di riflessione.

270309-via del Pratello-ingresso tribunale per i minorenni e carcere minorile-foto Nucci/Benvenuti

Il 403 (p)recede l’intervento dell’autorità giudiziaria e quindi si colloca in quel delicatissimo terreno della discrezionalità dell’operatore: per evitare che si trasformi in un pericoloso arbitrio ai danni del cittadino è doveroso e necessario avere in mano elementi forti e incontrovertibili.
Se la situazione è nota, occorre che ci siano elementi nuovi e decisivi #28.
Come dicono anche le Linee Guida 2010 del CNOAS sui processi di sostegno e allontanamento del minore, il ricorso al 403 deve avvenire solo quando sia esclusa la possibilità di altre soluzioni.
In ogni caso, è bene mettere in atto tutte le accortezze del caso per evitare che l’evento si trasformi in un momento traumatico per il bambino che vorremmo mettere in sicurezza, ad esempio valutando bene la presenza delle forze dell’ordine in divisa.
Da ultimo, ricordiamoci che questo provvedimento è un atto amministrativo, quindi la responsabilità è in capo all’amministrazione che lo dispone.
Infatti, come ci ricordano le già citate linee guida venete, “il magistrato di turno della Procura per i minorenni è reperibile 24 ore su 24, tramite il 112 o il 113 per comunicazioni telefoniche urgenti. Egli così è posto nella condizione di formulare tempestive richieste al Tribunale per i minorenni per la pronuncia del provvedimento urgente di allontanamento del minore.”
A questo punto sono d’obbligo alcune domande anche alla luce dei fatti di cronaca di Bibbiano.

Quanti sono i bambini che rientrano in famiglia dopo un allontanamento? Chi ne tiene conto? Chi verifica le loro condizioni? Perché lasciare solo ai servizi sociali il potere di decidere degli interventi coatti di allontanamento in urgenza, come previsto dall’articolo 403 del Codice civile? Perché non imporre un tempo massimo per la convocazione della prima udienza di verifica dell’allontanamento? Nel penale, per esempio, un pubblico ministero ha 48 ore di tempo, mentre per i minori passano mesi.
Le criticità dell’articolo 403 e del relativo strapotere dei servizi sociali sono state tra gli argomenti al centro di un dibattito sull’affido condotto, sulla scia dei fatti di Bibbiano, dai giornalisti di Avvenire. Professionisti e operatori hanno, per l’appunto, messo nel mirino proprio l’articolo 403, che, per diversi relatori sarebbe da modificare.
(…) “La norma – ha spiegato il procuratore della Procura dei minorenni di Milano, Ciro Cascone – è del 1941 e non è mai stata modificata, varie proposte di riforma non hanno mai trovato le convergenze necessarie e alla fine tutto è rimasto uguale. Anche l’Associazione italiana dei magistrati minorili (AIMMF) ha presentato una proposta articolata per superare questo problema, ma siamo ancora fermi. Certo, ci sono situazioni che impongono all’autorità pubblica di intervenire in tempi rapidi per risolvere situazioni di emergenza e gli interventi non si possono rimandare: la legge non prescrive in quei casi di segnalare l’intervento alla Procura dei minorenni, così in alcuni casi avviene a Milano sempre in altri no”. Cascone ha aggiunto che per uniformare le procedure dei tribunali, con tempi certi, “occorre modificare la legge”.
Ad avviso dello scrivente il problema non è l’art. 403 c.c. ma il sistema che Vi ruota attorno.
Come in ogni professione, c’è il professionista competente, quello incompetente e poi c’è quel tertium genus
formato da competenze e personalità assai dubbie dove “carriere senza talenti” ne fanno da padrone.
Non sono mai utili a nessuno generalizzazioni del caso, approssimazione e qualunquismo senza la conoscenza, la competenza e la professionalità del caso, che tradotto sta a significare che di una qualunque vicenda non bisogna mai fare “tutt’erba e un fascio”.
E’ vero, in alcuni casi assistiamo allo strapotere dei servizi sociali, un potere fuori controllo al quale le famiglie non hanno quasi possibilità di intervento. O meglio, la possibilità ci sarebbe, sporgere querela di parte contro l’operato dei servizi stessi.
Ma fortunatamente, nella stragrande maggioranza dei casi abbiamo dei magistrati sensibili, attenti e preparati, coadiuvati dai loro curatori speciali e tutori, sentinelle a protezione degli interessi e dei bisogni dei minori.
Pertanto, i fatti di cronaca attuali sono importanti tanto quanto concretamente pongono luce alle criticità del sistema, criticità che non possono e non debbono avere come unici mostri il 403 e/o il Tribunale per i minorenni, Tribunale che nella stragrande maggioranza dei casi è a favore dei minori, tanto da aver salvato molte vite e molte famiglie con l’ausilio degli operatori sociali e del diritto.

Tutto il resto, ci dispiace, non dovrebbe essere oggetto di dibattito, perché non è materiale probatorio. Sono indizi, testimonianze, intercettazioni che devono trovare riscontri nelle indagini e nel dibattimento, per poter essere definite prove.

Le carte dell’accusa non sono verità processuale. Ed è buona cosa non parlarne, o parlarne usando tutti i condizionali del caso, perché è normale che nel corso delle indagini alcuni di questi indizi possano perdere consistenza e svaniscono come neve al sole.

Evitiamo processi sommari e condanne di piazza, se ancora non sappiamo nulla. Lasciamo che la giustizia faccia il suo corso, senza precorrerla. Cerchiamo di non strumentalizzare ogni vicenda per trarne un tornaconto politico o di auto-promozione sui social network, soprattutto se riguarda minori. Forse è la volta buona che diventiamo un paese migliore di quello che siamo. Forse è la volta buona che i nostri mostri li catturiamo per davvero #29.

 

NOTE.

1 Giovanni Bonilini, Trattato di Diritto di Famiglia, Volume IV°, La Filiazione e l’adozione, Utet Giuridica, 2016.

2 Sulle tappe che hanno condotto all’approvazione della legge v. M. Sesta, I disegni di legge in materia di filiazione: dalla diseguaglianza all’unicità̀ dello status, in Dir. Fam., 2012, p. 962 ss.; L. Fanni, La filiazione. Verso lo status unico di figlio, in AIAF 2012/Straordinario, 27 ss.; G. Ferrando, Filiazione legittima e naturale: la situazione attuale e il progetto di riforma, ibidem, p. 31 ss. Si veda anche F. D’Allongaro, Prime impressioni sul testo definitivo della legge di Riforma sul diritto di famiglia, in Dir. fam. pers., 1975, p. 593 ss; A. Luminoso, Quale processo per la famiglia. Ricognizione dell’esistente e prospettive di riforma, in Quale processo per la famiglia e i minori,1997, Atti del Convegno. Cagliari, 5-6 dicembre 1997 a cura di Luisella Fanni, p. 27.
3 AA.VV., Filiazione. Commento al decreto attuativo, a cura di M. Bianca, Milano, 2014.
4 Giovanni Bonilini, Trattato di Diritto di Famiglia, Volume IV°, La Filiazione e l’adozione, Utet Giuridica, 2016.
5 Corte Cost., 30 luglio 1980, n.135, in Foro It. 1980, I, 2961 ss; Corte Cost., 5 febbraio 1996, n. 23, in Foro it.,1997, I, 61 ss.;
Corte Cost., 30 dicembre 1997, n. 451, in Giust. civ., 1998, I, 987.
6 Per approfondimenti si rinvia a G. Ferrando, La nuova legge sulla filiazione profili sostanziali, in Corriere Giur., 2013, p. 525; M. Sesta, L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in questa Rivista, 2013, p. 231 e ss.; G. Casaburi, Novità legislative in tema di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio: profili sostanziali, in Foro it., 2013.
7 Cfr. Corte Cass. 21 febbraio 2004, n. 3529, 2005; Corte Cass. 4 febbraio 2000, n. 1213; Corte Cass. 15 marzo 2001, n. 3765;
Corte Cass. 10 maggio 1999, n. 4631.

8 Giovanni Bonilini, Trattato di Diritto di Famiglia, Volume IV°, La Filiazione e l’adozione, Utet Giuridica, 2016.
9 Vercellone, Il controllo giudiziario sull’esercizio della potestà, in Filiazione, a cura di Collura Lenti-Mantovani, in Trattato Zatti, Milano, 2002;
10 Villa, Potestà dei genitori e rapporti con i figli, in Tratt. Bonilini, Cattaneo, III, Filiazione e adozione, Torino, 2° ed., 2007.

11 Giordano, Il riparto di competenza tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni ai sensi del nuovo art. 38 disp. Att. c.c. p. 329.
12 Giovanni Bonilini, Trattato di Diritto di Famiglia, Volume IV°, La Filiazione e l’adozione, Utet Giuridica, 2016.
13 Tommaseo, Provvedimenti limitativi de potestate e competenza “per attrazione” del giudice ordinario, in Famiglia e dir., 2014,
7, p. 680.
14 Civinini, I procedimenti in camera di consiglio, in Giur. Sist Proto Pisani, I, Torino, 1994.

15 G. Scarselli, La recente riforma in materia di filiazione: gli aspetti processuali, in Giusto proc. civ., 2013, p. 665.
16 Giovanni Bonilini, Trattato di Diritto di Famiglia, Volume IV°, La Filiazione e l’adozione, Utet Giuridica, 2016.
17 C. Cost. 30.01.2002, n. 1.
18 Giovanni Bonilini, Trattato di Diritto di Famiglia, Volume IV°, La Filiazione e l’adozione, Utet Giuridica, 2016.
19 Il Protocollo Tribunale ordinario – Tribunale per i Minorenni di Brescia del 10 aprile 2013 ha affermato i seguenti principi:
a) se il giudizio de potestate ex art. 333 c.c. è proposto ex novo da uno dei genitori innanzi al tribunale per i minorenni, quando sia già pendente un giudizio di separazione, divorzio o ex art. 317 bis c.c., il tribunale per i minorenni deve dichiarare la propria incompetenza, essendo competente il tribunale innanzi al quale è in corso tra le stesse parti un giudizio separativo; b) se, invece, il giudizio de potestate ex art. 333 c.c. è proposto da uno dei genitori innanzi al tribunale per i minorenni in assenza di giudizio separativo e questo sia instaurato solo successivamente, le domande de potestate devono essere riunite con quelle di separazione, divorzio o ex art. 317 bis c.c. a norma degli artt. 40 e 274 c.p.c. per l’evidente connessione tra gli stessi; c) se, infine, il giudizio de potestate ex art. 333 c.c. è proposto innanzi al tribunale per i minorenni dai parenti legittimati ex art. 336 c.c. mentre è in corso tra i genitori un giudizio separativo, il tribunale per i minorenni rimane competente poiché la norma afferma la vis attractiva del tribunale ordinario solo se il giudizio di separazione penda tra le stesse parti e sempre che sia effettivamente “in corso”; d) l’art. 38 disp. att. c.c. non attribuisce al giudice ordinario, pur in pendenza di un giudizio separativo tra le stesse parti, la competenza a pronunciare la decadenza dalla potestà di un genitore a norma dell’art. 330 c.c.
20 A. Carrato, Tribunale per i minorenni: confermata la legittimità costituzionale dell’art. 38 disp. att. c.c., in Quotidiano giuridico, 2016.
21 Giovanni Bonilini, Trattato di Diritto di Famiglia, Volume IV°, La Filiazione e l’adozione, Utet Giuridica, 2016.
22 Per l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, 1° comma, disp. att. c.c., nella parte in cui prevede che sono di competenza del tribunale per i minorenni, anziché del tribunale ordinario, i procedimenti introdotti ex art. 317 bis
c.c. concernenti il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, anche in caso di pendenza di un giudizio di separazione o divorzio tra i genitori dinanzi al tribunale ordinario, in riferimento agli artt. 3, 76, 77 e 111 Cost., v. Corte Cost. 24 settembre 2015, n. 194. id., 2016, I, 1574, con nota di B. Poliseno, La tutela processuale dei diritti degli ascendenti nella crisi familiare sul diritto di famiglia Diritto Civile 2, Diritto di Famiglia e Biodiritto.

23 Giovanni Bonilini, Trattato di Diritto di Famiglia, Volume IV°, La Filiazione e l’adozione, Utet Giuridica, 2016.
24 F. Danovi, I procedimenti de potestate dopo la riforma, tra tribunale ordinario e giudice minorile, in Dir. Fam., 6/2013, p. 627 ss.
25 A. Carrato, Tribunale per i minorenni: confermata la legittimità costituzionale dell’art. 38 disp. att. c.c., in Quotidiano giuridico, 2016.

26 dott.ssa Giulia Ghezzi, Sapere Sociale, Informazioni e riflessioni dal mondo di un’assistente sociale, 2014.

27 La cura e la segnalazione”, Linee guida 2008 per i servizi sociali e sociosanitari della Regione Veneto.
28 dott.ssa Giulia Ghezzi, Sapere Sociale, Informazioni e riflessioni dal mondo di un’assistente sociale, 2014.

29 Francesco Cancellato, I Mostri di Bibbiano? Per ora è solo gogna mediatica e strumentalizzazione politica, L’INKIESTA,
2019.

 

 

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