I doveri di protezione tra le parti ed il contatto sociale qualificato come fonte di responsabilità contrattuale tra soggetti già legati da un preesistente accordo negoziale.

Nota dell’Avv. Luigi Piemonte a Corte di Cassazione, sentenza n. 24071 del 13 ottobre 2017.

La sentenza n. 24071 del 13 ottobre 2017 della Suprema Corte suscita interesse poiché affronta il tema dell’applicazione del contatto sociale qualificato come fonte di responsabilità contrattuale tra soggetti già legati da un preesistente accordo negoziale.
La Corte di cassazione, infatti, rileva che il contatto sociale qualificato opera anche in materia contrattuale in relazione a quegli aspetti che non attengono alla esecuzione della prestazione principale, non essendo direttamente oggetto del contratto stipulato tra le parti, ma ad interessi ulteriori che si sostanziano nei doveri di protezione che ciascuna parte ha nei confronti dell’altra in virtù del reciproco affidamento riposto nella buona fede, correttezza e professionalità, e che insorgono, anche al di fuori di uno specifico vincolo contrattuale, tutte le volte in cui le parti instaurino una “relazione qualificata” e cioè agiscano di concerto in vista del conseguimento di uno scopo.
Il caso.
Caia chiedeva la condanna dell’Azienda termale di Gamma al risarcimento dei danni dalla stessa patiti a seguito delle lesioni personali subite poiché cadeva nel tentativo di uscire da sola dalla vasca termale dopo aver invano richiesto l’assistenza del personale della struttura.
La Corte di Appello rigettava la domanda di Caia rilevando, tra le altre cose, che il rapporto di convenzionamento dell’Azienda termale di Gamma con il Servizio sanitario pubblico per la erogazione delle cure termali non dimostrava che la prima fosse tenuta a svolgere attività ulteriori e diverse dalle prestazioni alberghiere e che erano rimasti indimostrati, all’esito dell’istruttoria, sia l’affidamento riposto da Caia sulla assistenza da parte del personale nei giorni precedenti sia la prova di disabilità deambulatoria della paziente o di specifiche situazioni di pericolo correlate all’uso della vasca termale.
In buona sostanza, la Corte di Appello – secondo cui il mancato intervento dei dipendenti dell’Azienda termale ad assistere una paziente che si trovava in difficoltà, non soltanto non integrava inadempimento della prestazione principale ex contractu, ma neppure poteva astrattamente configurare una ipotesi di responsabilità da violazione dei doveri di salvaguardia – negava la sussistenza di elementi idonei a ravvisare nella fattispecie una responsabilità di natura contrattuale derivante da “contatto sociale”, sostenendo che la “responsabilità da contatto” sia configurabile soltanto quando l’ordinamento impone a determinati soggetti, in ragione della attività o della funzione esercitata e della specifica professionalità richiesta a tal fine, di tenere in determinate situazioni specifici comportamenti, sorgendo in tal modo a carico di detti soggetti obblighi essenzialmente di protezione nei confronti di tutti coloro che siano titolari degli interessi la cui tutela costituisce la ragione della prescrizione di quelle specifiche condotte.
Il diritto.
Nella sentenza in commento, la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della danneggiata, rileva che anche nella materia contrattuale può trovare funzionamento il “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni a norma dell’art. 1173 c.c. e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell’art. 1174 c.c., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, in ossequio alle disposizioni di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.
In particolare, come ben esplicato dalla Suprema Corte, il “contatto sociale qualificato” opera anche nella materia contrattuale in relazione a quegli aspetti che non attengono alla esecuzione della prestazione principale, non essendo direttamente oggetto del contratto stipulato tra le parti, ma ad interessi ulteriori (nel caso di specie, evidentemente, l’incolumità personale dei fruitori del servizio) che accedono al rapporto obbligatorio e che si sostanziano nei doveri di protezione che ciascuna parte ha nei confronti dell’altra in virtù del reciproco affidamento riposto nella buona fede, correttezza e professionalità, e che insorgono, anche al di fuori di uno specifico vincolo contrattuale, tutte le volte in cui le parti instaurino una “relazione qualificata” e cioè agiscano di concerto in vista del conseguimento di uno scopo.
Proprio tale elemento, ragiona la Corte, distingue la responsabilità da “contatto sociale” dalla responsabilità derivante da illecito extracontrattuale, caratterizzata, invece, dalla assenza di una relazione tra i soggetti anteriore alla commissione dell’illecito.
La tutela degli interessi di protezione (e di informazione) trova, dunque, fondamento nell’art. 2 Cost., cui è ancorato il principio di correttezza buona fede nei rapporti obbligatori ex art. 1175 c.c., e nell’esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c., quale espressione del dovere di solidarietà imposto a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico di entrambe, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge, la cui violazione costituisce di per sé un inadempimento e può comportare l’obbligo di risarcire il danno che ne sia derivato a titolo di responsabilità contrattuale (Corte di Cassazione, sentenza n. 14188 del 12 luglio 2016)
Il dovere di salvaguardia, richiesto a ciascuna delle parti che si pongono in relazione qualificata, pertanto, non viene in rilievo soltanto nelle ipotesi di confine tra il contratto ed il “torto”, ma si inserisce a pieno titolo nello stesso rapporto contrattuale prescrivendo un autonomo obbligo di condotta che si aggiunge e concorre con l’adempimento della obbligazione principale, in quanto diretto alla protezione di ulteriori interessi della parte contraente.
Nel caso deciso dalla Suprema Corte, il mancato tempestivo intervento in ausilio al soggetto che versava in occasionale difficoltà, indipendentemente dal contenuto della prestazione principale (di natura alberghiera e od anche sanitaria) e dalla previsione di impiego di personale ausiliario di sostegno soltanto per i pazienti disabili, ha, quindi, integrato una condotta contraria al “dovere di protezione”, prescritto dall’art. 2 Cost. e dagli artt. 1175 e 1375 c.c., di quegli interessi della parte contraente che, pur essendo estranei all’oggetto della prestazione contrattualmente stabilita, rimangono comunque coinvolti dalla realizzazione del risultato negoziale programmato e che, in quanto tale, determina una responsabilità di natura contrattuale per le conseguenze pregiudizievoli derivate dalla inosservanza di detto dovere.

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