Actio quanti minoris: quali criteri applicare? Cassazione, sez. VI, 25 gennaio 2012, n. 1066 (L. D’Apollo)

ACTIO QUANTI MINORIS: QUALI CRITERI APPLICARE?

Cassazione, sez. VI, 25 gennaio 2012, n. 1066

Luca D’Apollo

 

 

La Cassazione affronta un’ipotesi di inadempimento contrattuale relativo ad una vendita immobiliare per cui gli acquirenti lamentavano che l’insonorizzazione dell’immobile non era quella concordata. Gli attori, nei giudizi di merito chiedendo che la convenuta fosse condannata ad apportare le modifiche necessarie per garantire i difetti dell’opera o in subordine alla riduzione del prezzo e al risarcimento dei danni.

Accertata l’insufficienza dell’isolamento acustico i giudici del Tribunale di Torino (confermata in appello) riducevano del 20 % il prezzo dell’immobile già corrisposto, ordinandone la restituzione.

La società costruttrice/venditrice ricorre per Cassazione ritenendo ingiusto il criterio di riduzione del prezzo applicato nei precedenti gradi di giudizio.

L’actio quanti minoris, infatti, permette al venditore di rimanere proprietario del bene acquistato ma con un riequilibrio (economico) del sinallagma contrattuale: la richiesta del compratore si sostanzia in una riduzione del prezzo pattuito in ragione dei vizi sussistenti sul bene. La criticità di tale azione sussiste nella genericità della norma che non stabilisce come ridurre il prezzo liberamente concordato dalle parti.

Al fine di evitare che il Giudicante entri nella “cittadella della volontà” devono applicarsi criteri chiari e oggettivi che manifestino il potere equitativo e riequilibratore del Giudice.

Il collegio di Cassazione afferma che “una volta individuato il difetto, la correzione del prezzo è variabile in relazione a fattori peculiari di ogni singola contrattazione, quale l’interesse dell’aspirante acquirente di acquisire quell’immobile in funzione di ubicazione, esposizione, dimensioni, etc, il bisogno del venditore di realizzare il prezzo e quindi la disponibilità a sopportare maggiore o minore abbattimento di costi”.

Logico e razionale si rivela pertanto il criterio individuato dalla Corte di Torino, che “ha preso come utile parametro di riferimento il costo degli eventuali lavori di messa a norma dell’immobile, opere che richiederebbero l’evacuazione dell’appartamento soprastante”. “Ha quindi equitativamente temperato questo costo, pervenendo all’individuazione del 20% del prezzo di acquisto, in considerazione della destinazione abitativa del bene, della gravosità del difetto, della sua incidenza rispetto al godimento ordinario di un immobile siffatto”.

 

 

Cassazione, sez. VI, 25 gennaio 2012, n. 1066

(Pres. Goldoni – Rel. D’Ascola)

 

Fatto e diritto

I signori G. B. e M. G., acquirenti di un immobile costruito dalla venditrice S. costruzioni S.p.A., agivano nel dicembre 2003 chiedendo che la convenuta fosse condannata ad apportare le modifiche necessarie per garantire i difetti dell’opera o in subordine alla riduzione del prezzo e al risarcimento dei danni.

Il tribunale di Torino accoglieva la domanda di riduzione del prezzo con riferimento alla insufficiente insonorizzazione dell’appartamento. Condannava pertanto la società costruttrice alla restituzione del 20% del prezzo dichiarato nell’atto di acquisto.

La Corte d’ appello l’8 ottobre 2009 rigettava il gravame, ritenendo provato l’insufficiente isolamento acustico dell’immobile.

Confermava l’esistenza del potere del giudice di merito di procedere a liquidazione equitativa delle riduzioni del prezzo.

La soccombente ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 30 dicembre 2009, resistito da controricorso degli intimati.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio.

L’unico complesso motivo denuncia vizi di motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 1492 c.c., nonché degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c..

La censura deduce che l’esistenza del vizio e la domanda estimatoria non giustificano il ricorso alla valutazione equitativa della diminuzione del prezzo; che la Corte avrebbe dovuto accertare le ragioni per le quali era impossibile o estremamente difficile fornire la prova del minor valore di mercato dell’alloggio, vertendosi in un caso di mera “complessità” di tale accertamento.

Un secondo profilo è dedicato alla percentuale di riduzione applicata, considerata illogica e non sorretta da prova adeguata.

Il ricorso è manifestamente infondato.

La sentenza impugnata ha opportunamente preso le mosse da Cass. 13332/00, a mente della quale in materia di vendita e di minor prezzo è possibile il ricorso al criterio equitativo e al prudente apprezzamento del giudice.

La particolarità del caso in esame non evidenzia reali, concrete possibilità di dimostrare l’entità della diminuzione di valore del bene a causa dei difetti di costruzione. Significativamente neppure il ricorso è stato in grado di indicare quali fattori avrebbero potuto essere oggetto di prova e in qual modo.

Invero, nelle offerte immobiliari con i consueti canali commerciali non viene divulgata la esistenza dei difetti degli immobili, né la riduzione eventualmente accordata in relazione ad essi.

Una volta individuato il difetto, la correzione del prezzo è variabile in relazione a fattori peculiari di ogni singola contrattazione, quale l’interesse dell’aspirante acquirente di acquisire quell’immobile in funzione di ubicazione, esposizione, dimensioni, etc, il bisogno del venditore di realizzare il prezzo e quindi la disponibilità a sopportare maggiore o minore abbattimento di costi.

Si potrebbe continuare, nell’indicazione di fattori aleatori, verificabili in concreto solo con un metodo impraticabile, cioè l’offerta in vendita proprio dell’immobile oggetto della controversia, che invece gli attori hanno inteso trattenere per sé, chiedendo solo la riduzione del prezzo.

Logico e razionale si rivela pertanto il criterio individuato dalla Corte di Torino, che ha preso come utile parametro di riferimento il costo degli eventuali lavori di messa a norma dell’immobile, opere che richiederebbero l’evacuazione dell’appartamento soprastante.

Ha quindi equitativamente temperato questo costo, pervenendo all’individuazione del 20% del prezzo di acquisto, in considerazione della destinazione abitativa del bene, della gravosità del difetto. Della sua incidenza rispetto al godimento ordinario di un immobile siffatto.

La decisione non viola pertanto una corretta linea interpretativa delle norme evocate.

La motivazione risulta immune da vizi logici tali da consentire al giudice di legittimità il sindacato richiesto, fermo restando che è precluso alla Corte sostituirsi al compito proprio del giudice di merito.

Il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni qui riportate, già contenute nella relazione preliminare.

Non sono state svolte considerazioni critiche.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione ai conto ricorrenti delle spese di lite, liquidate in euro 2.500 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma alla Camera di consiglio della sesta sezione civile tenuta il 7 ottobre 2011.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here