Art. 62 del D.L. 24/01/2012, n. 1 e il giallo della sua abrogazione (G. Marasciuolo)

 

ART. 62 DEL D.L. 24/01/2012, N. 1 E IL GIALLO DELLA SUA ABROGAZIONE

Gennaro Marasciuolo

 

 

1) Introduzione; 2) Origine del contrasto; 3) La risposta del Ministero per lo Sviluppo Economico; 4) Il parere del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.; 5) Considerazioni a margine.

 

1) Introduzione.

Ai contrasti giurisprudenziali, ai quali gli operatori del diritto si erano loro malgrado abituati, si aggiungono, ora, anche i contrasti fra ministeri.

E’ accaduto, infatti, che il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali abbiano fornito due interpretazioni diametralmente opposte in ordine all’art. 62 del D.L. 24/01/2012, n. 1, convertito, con modificazioni, nella Legge 24/03/2012, n. 27: il primo ritiene che tale norma sia stata tacitamente abrogata e il secondo, invece, che non sussista alcuna abrogazione.

2) Origine del contrasto.

Il tutto è sorto a causa della richiesta di delucidazioni del 26/02/2013, inviata da parte di Confindustria al Ministero dello Sviluppo Economico, proprio in ordine all’efficacia delle predetta norma, dopo l’entrata in vigore delle modifiche al D. Lgs. 231/2002, apportate con il D. Lgs. 192/2012, di recepimento della Direttiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi dei pagamenti.

L’art. 62, che ha lo scopo di riequilibrare i rapporti contrattuali fra i produttori del settore agroalimentare e la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), di solito sbilanciati in danno dei primi, ha pesantemente limitato l’autonomia privata, introducendo delle disposizioni non derogabili inerenti:

1)       l’obbligo della forma scritta del contratto di fornitura;

2)       l’obbligo per i contraenti di indicare alcuni elementi essenziali;

3)        l’obbligo per il cliente di corrispondere gli interessi moratori, dopo la scadenza prefissata, dei termini di 30 o 60 giorni;

4)       il divieto, per i clienti, di porre in essere determinate pratiche commerciali, ritenute legislativamente scorrette.

Se a questo elenco si aggiungono le sanzioni amministrative pecuniarie, in caso di violazione dei predetti obblighi, è possibile comprendere le preoccupazioni esplicitate da Confindustria, che, da una parte, ha assistito al peggioramento dei rapporti produttori – GDO e, dall’altra, ha constatato l’insorgere di problemi di carattere organizzativo, oltre che di natura economica, nelle filiere agroalimentari medio – piccole, abituate a procedure più snelle e flessibili.

In questo quadro si inerisce il D. Lgs. 192/2012 che, modificando alcuni articoli del D. Lgs. 231/02, ha introdotto dei meccanismi di tutela per qualsiasi fornitore-creditore, analoghi a quelli indicati dall’art. 62, ma, allo stesso tempo, rendendoli derogabili e non prevedendo alcun sistema sanzionatorio di carattere pecuniario, li ha dotati di quella flessibilità desiderata da Confindustria.

Da qui la lettera di quest’ultima o meglio il suo tentativo di ottenere, da parete del Ministero per lo Sviluppo Economico, un’interpretazione abrogatrice dell’art. 62 che, di certo, “burocratizza” i rapporti commerciali all’intero della filiera agroalimentare.

3) La risposta del Ministero per lo Sviluppo Economico.

Il MISE, con la risposta del 27/03/2013, ha accolto in pieno la tesi prospettata da Confindustria.

Partendo, infatti, dal presupposto che l’art. 62 è stato adottato alla luce dell’originario D. Lgs. 231/02, norma quest’ultima anch’essa di derivazione comunitaria, ha ritenuto che sia stato abrogato tacitamente dal D. Lgs. 192/12 che, modificando il predetto decreto delegato, ha eliminato ogni riferimento ai prodotti alimentari deteriorabili, ha introdotto, come già anticipato, meccanismi più flessibili e, soprattutto, non ha fatto esplicitamente salva la diversa disciplina dell’art. 62.

Orbene, sempre secondo la tesi descritta, poiché la nuova normativa, nel rispetto della Direttiva 2011/7/UE, si applica a tutte le transazioni commerciali indistintamente dall’oggetto della compravendita e, stante l’assenza, nel riformato D Lgs. 231/02, di alcun riferimento all’art. 62, quest’ultimo dovrà ritenersi abrogato, seppur tacitamente.

La presente tesi troverebbe fondamento nell’art. 15 delle disposizioni preliminari al Codice Civile (norma non espressamente richiamata), che ritiene abrogate le leggi anteriori, quando la nuova legge regola l’intera materia già disciplinata dalla legge anteriore.

A tanto, il MISE aggiunge che il D. Lgs. 192/12, al pari della direttiva comunitaria che recepisce, non lascia margini per inserire deroghe o eccezioni e, pertanto, l’art. 62, che si differenzia nelle modalità di tutela del creditore/fornitore, è da ritenersi comunque in contrasto con la normativa comunitaria e, conseguentemente, dovrà essere disapplicato.

4) Il parere del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

Il MIPAAF, innanzi a questa interpretazione, ha ritenuto opportuno fornirne una sulla vicenda, poichè, l’art. 62 in parola non può ritenersi abrogato, ma, a tutt’oggi, ancora valido ed efficace.

Secondo quest’ultima tesi, dunque, troverebbe applicazione il principio “lex posterior generalis non derogat legi priori speciali”, sicchè l’art. 62, benché antecedente alle modifiche introdotte al D.Lgs. 231/02, dal D.Lgs. 192/12, non può ritenersi tacitamente abrogato da quest’ultima norma, perché ha carattere speciale.

Non potrebbe aver alcun pregio neanche la tesi della disapplicazione dell’art. 62, per contrasto alla normativa comunitaria, atteso che, da una parte, l’art. 12, comma III della Direttiva 2011/07/UE concede la facoltà agli Stati Membri di mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per il creditore, rispetto a quelle necessarie per conformarsi alla stessa Direttiva e, dall’altra parte, l’art. 11, comma II del D.Lgs. 231/02 ammette esplicitamente che trovano sempre applicazione le norme del codice civile o quelle dettate da leggi speciali, a condizione che la disciplina sia più favorevole per il creditore.

Ne consegue che l’art. 62, contenendo sicuramente delle deroghe alla normativa comunitaria e a quella da essa derivata, ma fornendo degli strumenti più favorevoli per i creditori, non potrà essere disapplicata.

L’art. 62, poi, ha resistito all’entrata in vigore del D.Lgs. 192/12, poiché:

a)       lo stesso Legislatore non lo ha abrogato, pur avendone avuto l’occasione, con la Legge 221/2012 di conversione del D.L. 179/12, intervenuta sull’assetto normativo dello stesso art.62;

b)       il Consiglio di Stato, in sede di parere avente ad oggetto il D.M. del Mipaaf, attuativo dell’art. 62, nonostante si pronunciasse anche alla luce dell’emanazione della Direttiva 2011/7/UE, ha osservato  che “… la finalità della normativa primaria induce a ritenere che le disposizioni in esame abbiano le caratteristiche delle norme nazionali ad applicazione necessaria”;

c)       da ultimo, anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nulla ha osservato in ordine alla validità ed all’efficacia dell’art. 62 e ha persino adottato il “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di disciplina delle relazioni commerciali concernenti la cessione di prodotti agricoli e alimentari”, così come previsto dall’art. 7 del D.M. 199/12, attuativo dell’art. 62.

5) Considerazioni a margine.

Quest’ultima interpretazione dell’art. 62 appare maggiormente condivisibile, poiché è conforme ai principi del nostro ordinamento che concernono la successione delle leggi nel tempo.

Sono altrettanto condivisibili, però, le preoccupazioni sollevate da Confindustria, atteso che l’impianto normativo introdotto dall’art. 62 crea dei seri vincoli all’autonomia privata e, invece, di tutelare i creditori/fornitori della filiera agroalimentare, si ritorce su di loro come un boomerang.

Infatti, in un momento di crisi economica e dei consumi come quello attuale, il mercato avrebbe bisogno di regole più snelle, almeno per le piccole e medie realtà e non di regole rigide e inderogabili pena, per giunta, la comminazione di una sanzione amministrativa.

Il Legislatore, a quanto pare, si è reso conto di tale situazione e ha cercato di correre ai ripari, tanto è che con il precitato D.L. 179/2012, convertito con L. 221/2012 (c.d. Decreto Crescita), ha escluso, dall’art. 62, la nullità del contratto, qualora manchino le indicazioni relative alla durata, alle quantità e alle caratteristiche del prodotto venduto, al prezzo, alle modalità di consegna e di pagamento.

Permane, però, il problema, molto serio, dei tempi di pagamento, che di certo non può essere risolto con norme rigide che nuocciono agli stessi soggetti che si intende tutelare.

Dal punto di vista della tecnica legislativa, sarebbe stato preferibile, forse, che il contenuto dell’art. 62 fosse stato inserito nel D.Lgs. 192/12 e non separatamente e, per giunta, in una norma antecedente: in tal modo gli operatori commerciali non avrebbero avuto alcun dubbio di natura interpretativa.

Il contrasto interpretativo fra i due ministeri, però, ha fatto emergere un dato da non sottovalutare, vale a dire, la sussistenza di un rapporto di genere a specie fra la disciplina dettata dal D.Lgs. 231/02 e quella introdotta dall’art. 62, sicchè, per quanto non disciplinato dalla seconda, si dovrà far riferimento alla prima, con significativi risvolti pratici.

Ad esempio, sarà ben possibile, anche per il creditore, appartenente alla filiera agroalimentare, richiedere al debitore, che non abbia corrisposto tempestivamente quanto dovuto, il risarcimento del danno dei costi sostenuti determinato forfettariamente in € 40, applicando, così, quanto disposto dall’art. 6 del D. Lgs. 231/02 e non previsto dall’art. 62.

Come al solito, in questi casi, è auspicabile un intervento legislativo, atteso che i pareri forniti dal Mise e dal Mipaaf, seppur autorevoli, non sono, di certo, vincolanti.

 

 

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