Esecuzione o attuazione del verbale di conciliazione intervenuto in un procedimento di de-nuncia di nuova opera e danno temuto (M. Perathoner)

ESECUZIONE O ATTUAZIONE DEL VERBALE DI CONCILIAZIONE INTERVENUTO IN UN PROCEDIMENTO DI DENUNCIA DI NUOVA OPERA E DANNO TEMUTO

 

Manuel Perathoner

 

 

Con l’ordinanza in commento il Tribunale di Bolzano, in sede di reclamo, ha avuto modo di pronunciarsi in relazione alla dibattuta questione sulla natura processuale dei verbali di conci-liazione sottoscritti nell’ambito dei procedimenti cautelari cd. a “fase unica”.

La questione affrontata riguarda la scelta del rito da effettuare per vedersi accordata la tutela giurisdizionale in seguito alla mancata ottemperanza di una pattuizione raggiunta in luogo di un provvedimento cautelare, precisamente se sia necessario richiedere l’attuazione a norma dell’articolo 669-duodecies c.p.c., ovvero l’esecuzione ex art. 612 c.p.c.

Nel caso di specie i ricorrenti optavano per l’attuazione del verbale di conciliazione, fondando tale scelta sulla necessaria identità processuale fra la conciliazione giudiziale e la natura del provvedimento che la stessa ha sostituito (interpretazione già accolta da Tribunale di Biella, 26.01.2012 – unico precedente che si rinviene in argomento – secondo il quale: “Il meccanismo procedimentale previsto per l’esecuzione del verbale di conciliazione di cui cui si discute é caratterizzato dalla stessa speditezza cui è improntato il giudizio possessorio nella fase di cognizione; a tale stregua, atteso che ai sensi dell’art. 669 duodecies c.p.c., (il quale, pur se dettato per i sequestri, trova invero applicazione in virtù dell’art. 669 quaterdecies c.p.c., anche ai provvedimenti possessori immediati) l’esecuzione del provvedimento d’urgenza in materia possessoria dà luogo ad una ulteriore fase del procedimento possessorio, di competenza dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento (v. Cass. 15/1/2003, n. 481), e non già alla serie procedimentale dell’esecuzione forzata, l’attuazione e la regolarità formale degli atti di esecuzione dei predetti provvedimenti potendo essere invero conseguentemente contestata solo nell’ambito del giudizio possessorio, e non con opposizione agli atti esecutivi.”).

Di diverso avviso, invece, il Tribunale pronunciatosi con l’ordinanza qui riportata, il quale ritiene inammissibile il ricorso alla procedura ex art. 669-duodecies c.p.c. nel caso di verbali di conciliazione, dovendo gli stessi, pare di potersi comprendere dal tenore delle motivazioni, venire sempre eseguiti.

Per giungere a tale conclusione, il Collegio muove dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 336/2002, ove, a dire del decidente, é stato affermato il costituire titolo esecutivo di ogni verbale di conciliazione (cfr. la stessa ordinanza: “[…] principalmente nel fatto che l’appena citata tipologia di provvedimento non è considerata titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. (con la conseguenza che essa non è suscettibile di esecuzione forzata in via ordinaria), mentre lo è (anche alla luce della sopra richiamata pronuncia della Corte Costituzionale) ogni verbale di conciliazione giudiziale, riguardo al quale non vi è quindi alcuna ragione di prevedere speciali forme di esecuzione forzata.”).

Pare, quindi, che il convincimento del Tribunale sia fondato su una errata percezione del con-tenuto motivo della sentenza sopra richiamata.

Ed invero, la Corte Costituzionale non pone alcuna sorte di necessaria suscettibilità di esecu-zione forzata del verbale di conciliazione, bensì, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Bolzano, si esprime in negativo rispetto all’esclusione dello stesso dal novero dei titoli esecutivi (cfr. il tenore delle motivazioni della sentenza Cort. Cost. n. 336/2002: “Ritiene que-sta Corte che l’art. 612, primo comma, cod. proc. civ. possa essere letto nel senso che esso consenta il procedimento di esecuzione disciplinato dalle disposizioni che lo seguono anche se il titolo esecutivo sia costituito dal verbale di conciliazione […].” La Corte riconosce, inoltre, utilizzando il termine “in linea di principio”, l’esistenza di verbali di conciliazione non suscettibili di esecuzione forzata: “In presenza di un verbale di conciliazione, cui il codice di rito attribuisce in linea di principio efficacia di titolo esecutivo […].”).

Ritenendosi, quindi, che il verbale di conciliazione possa costituire titolo esecutivo, non risulta, per converso, escluso, che lo stesso possa assumere anche altre forme processuali, quali il provvedimento cautelare che va a sostituire, divenendo così passibile di attuazione.

In conclusione si puó, di conseguenza, affermare, che anche la decisione assunta dal Tribunale di Bolzano non é in grado di risolvere le difficoltà interpretative poste dalla normativa in esame.

 

 

Tribunale di Bolzano, 30 settembre 2013

(Pres. dott. Stefan Tappeiner – Rel. dott. Oswald Leitner)

R.G. 3.689/2013 – 1

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato in data 31.7.20013 i sig.ri S e G hanno proposto reclamo contro l’ordi-nanza dd. 17.07.2013, emessa nel procedimento ex art. 669duodecies c.p.c. da essi instaurato nei confronti dei reclamati in epigrafe nominati, in quanto il giudice di prime cure aveva dichiarato inammissibile l’istanza di essi reclamanti di determinazione delle modalità d`attuazione di quanto convenuto tra le parti del presente procedimento di reclamo attraverso un verbale di conciliazione giudiziale sottoscritto nell’ambito di un procedimento di danno temuto trattato dal Tribunale di Bolzano sub n. 6.029/210 RG, decisione che il magistrato ha motivato con il fatto che la disposizione ex art. 669duodocies c.p.c. non sarebbe applicabile riguardo all’attuazione di verbali di conciliazione e che nella fattispecie, per l’esecuzione for-zata dell’accordo raggiunto, si doveva ricorrere al giudice dell’esecuzione, azionando il rimedio ex art. 612 c.p.c..

Gli odierni reclamanti lamentano l`erroneità di tale decisione, richiamando sul punto, in primo luogo, il precedente giurisprudenziale costituito dalla sentenza del Tribunale di Biella dd. 26.01.2012, secondo la quale il verbale di conciliazione giudiziale che definisce un procedi-mento cautelare assume la stessa forma del prowedimento cautelare per cui è suscettibile di essere attuato ex art. 669duodecies c.p.c.; inoltre, essi citano un serie di pronunce della Su-prema Corte di Cassazione, in virtù delle quali, ai fini dell’esecuzione forzata di obblighi di fare e non fare, il verbale di conciliazione non costituirebbe titolo esecutivo, conla conseguente impossibilitá – secondo i sig.ri S di metterlo in esecuzione secondo le modalità indicate dal giudice di primo grado.

In secondo luogo, i reclamanti rilevano che il provvedimento impugnato dovrebbe considerarsi illegittimo anche qualora si aderisse al ragionamento giuridico del giudice di prime cure riguardo all’applicabilita, al caso di specie, della disposizione ex art. 612 c.p.c.; nel decreto di fissazione dell’udienza innanzi a sé, infatti, il giudice di prima istanza, aveva richiamato l’arti-colo di legge in questione, per cui – ritenuta la non esperibilità del rimedio ex art. 669duodecies c.p.c. – avrebbe potuto e dovuto senz’altro provvedere sul ricorso quale giudice dell’esecuzione, ovvero proprio ex art. 612 c.p.c..

In ogni caso, infine, i reclamanti si dolgono del fatto che il giudice di primo grado non abbia ritenuto di dover/poter compensare tra le parti le spese del procedimento, il che sarebbe senz’altro stato giusto considerati la peculiarità della questione trattata e i precedenti giuri-sprudenziali in materia sopra illustrati.

Costituendosi nel presente procedimento di reclamo il sig. E invece, esprime, alla luce del tenore letterale dell’art. 669terdecies c.p.c., innanzitutto forti dubbi sull’ammissibilità del pro-posto reclamo; per confutare la tesi avversaria dinapplicabilità al caso di specie del disposto ex art. 612 c.p.c., poi, egli richiama la pronuncia della Corte Costituzionale n. 336 del 12.07.2002.

Secondo il resistente, per individuare le corrette modalità di mettere in esecuzione coattiva-mente quanto pattuito in un verbale di conciliazione giudiziale, è da ritenersi risolutivo, poi, in particolare, il ragionamento giuridico contenuto nella sentenza del Tribunale di Aosta n. 141 del 09.4.2013; nella stessa si afferma, infatti, che la previsione nel codice di rito dell’art. 669 duodecies c.p.c. – che e da considerarsi norma speciale e derogante alla disciplina generale ex art. 605 e ss. c.p.c. poiché riserva l’attuazione del provvedimento cautelare all’autorità giudiziaria che lo ha pronunciato – trova la sua giustificazione nel fatto che il provvedimento cautelare non ha natura di titolo esecutivo e, quindi, non attribuisce il diritto di procedere ad esecuzione forzata secondo la disciplina generale; dovendo tale efficacia essere indubbiamente riconosciuta al verbale di conciliazione, e ciò a prescindere dalla tipologia di procedimento civile nel cui ambito viene sottoscritto, secondo il resistente, in questo caso, non vi è, invece, alcuna ragione di prevedere il ricorso al procedimento ex art. 669duodecies c.p.c., poiché, appunto, il verbale di conciliazione permette di procedere all’esecuzione forzata secondo le forme ordinarie, ossia adendo il giudice dell’esecuzione, ovviamente, previa notifica di apposito atto di precetto. Senza rinuncia alcuna agli appena esposti rilievi procedurali, il convenuto, nella sua memoria di costituzione, elenca, infine, altresì una serie di fatti-cause per cui il ricorso avversario si deve ritenere infondato anche nel merito, ragioni che – secondo lui – costituiscono un ulteriore motivo per respingere il proposto reclamo e condannare la controparte alla rifusione delle spese di lite.

Ebbene, riassunte sommariamente le questioni sollevate dalle parti nei limiti in cui appaiono rilevanti ai fini della decisione del proposto reclamo, questo collegio ritiene che l’interposto gravame sia senz’altro ammissibile (cfr., in questo senso l’obiter dictum contenuto nelle sentenze della Suprema Corte n. 24.543 del 2009 e n. 9.808 del 2000, nelle quali si statuisce che i provvedimenti ex art. 669duodecies c.p.c., anche se emessi in sede di reclamo, non sono ricor-ribili in Cassazione), ma che le doglianze dei reclamanti possano essere soltanto parzialmente accolte, e ciò limitatamente alla regolazione delle spese procedimentali da parte del giudice di prime cure. Per quanto riguarda la questione se, per l’esecuzione coattiva delle pattuizioni contenute in un verbale

di conciliazione giudiziale sottoscritto nell’ambito di un procedimento cautelare, si debba ri-correre alla speciale procedura ex art. 669duodecies c.p.c. o se si debba adire il giudice d’ese-cuzione, infatti, pare doversi aderire alla soluzione giuridica proposta dalla parte resistente nei termini sopra esposti; questa, invero, appare preferibile non solo alla luce del tenore letterale dell’appena citato articolo di legge, che circoscrive il proprio campo di applicazione alla “misura cautelare”, che, in senso tecnico-giuridico, costituisce un provvedimento giurisdizionale, caratteristica che, invece, non può essere riconosciuta al verbale di conciliazione, il quale, infatti, ha natura pattizia, specie se contiene, come nel caso di specie, accordi che vanno ben al di là dell’aspetto della tutela cautelare, ma anche e soprattutto perché la previsione della speciale disciplina ex art. 669duodecies c.p.c. pare effettivamente trovare la sua giustificazione – oltre che nella necessità di garantire, attraverso la previsione di una procedura estremamente semplificata, l’esigenza della celere tutela giuridica alla quale è preordinata concettualmente la concessione del provvedimento cautelare (esigenza che, invece, di norma non ricorre in presenza di un accordo delle parti sul da farsi) – principalmente nel fatto che l’appena citata tipologia di provvedimento non è considerata titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. (con la conseguenza che essa non è suscettibile di esecuzione forzata in via ordinaria), mentre lo è (anche alla luce della sopra richiamata pronuncia della Corte Costituzionale) ogni verbale di conciliazione giudiziale, riguardo al quale non vi è quindi alcuna ragione di prevedere speciali forme di esecuzione forzata.

Quanto sinora esposto induce, pertanto, a sostenere che il verbale di conciliazione, anche se firmato in sede di procedimento cautelare, non possa e non debba essere equiparato, a fini esecutivi, al provvedimento cautelare in senso tecnico-giuridico e, per l’effetto, che le conven-zioni in esso contenuto non possano essere attuate coattivamente ex art. 669duodecies c.p.c..

Parimenti non condivisibile è l’assunto dei reclamanti, secondo cui il giudice di prime cure, ritenuta l’inapplicabilità del disposto ex art. 669duodecies c.p.c., avrebbe potuto e dovuto provvedere ex art. 612 c.p.c.; nella specie, infatti, non è mai stato notificato il precetto all’uopo necessario, per cui ogni iniziativa assunta dal giudice di primo grado in veste di giudice dell’esecuzione sarebbe stata già per questo fatto senz’altro illegittima.

Come già accennato, peraltro, appare meritevole d’accoglimento la censura die reclamanti circa la statuizione adottata dal giudice di primo grado in punto spese, in quanto si ritiene che, nella specie, sussistano senz’altro le gravi ed eccezionali ragioni ex art. 92, co. 2° c.p.p. per compensare integralmente tra le parti le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, ra-gioni che consistono

nell’oggettiva difficoltà di individuare l’appropriato mezzo di tutela giuridica, ciò non solo per la mancanza di espresse disposizioni normative in materia e per la non agevole lettura-interpretazione della disciplina codicistica da esaminare al fine di trovare la soluzione della questione procedurale contesa tra le parti, ma anche per l’esistenza di precedenti giurisprudenziali di merito proponenti una

soluzione giuridica della problematica de qua diversa da quella per cui ha optato questo giudi-ce, precedenti che parrebbero aver condizionato i reclamanti nella scelta del rimedio poi esperito.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale di Bolzano, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione di-sattesa, in parziale accoglimento del proposto reclamo, dichiara le spese di entrambi i gradi di giudizio integralmente compensate tra le parti e conferma, per il resto, il provvedimento im-pugnato.

 

 

 

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