Relazione della Cassazione sulle modifiche penali del codice della strada

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

Rel. n. III/08/10 Roma, 3 agosto 2010

Novità legislative: Legge 29 luglio 2010, n. 120, recante “Disposizioni in materia di sicurezza stradale”.

RIF. NORM.: Cod. strada, artt. 186, 186 bis, 187, 222, 223, 224 ter.

 

 

Sommario: I Depenalizzazione dell’ipotesi meno grave di guida in stato di ebbrezza (art. 186, comma 2, lett. a cod. strada) – II Le modifiche apportate alla contravvenzione più grave e alla disciplina della confisca del veicolo (art. 186, comma 2, lett. c, cod. strada) – III Il trattamento sanzionatorio per il conducente in stato di ebbrezza che provochi un incidente stradale (art. 186, comma 2-bis cod. strada) – IV La sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità (art. 186, comma 9-bis, cod. strada) e le misure alternative alla pena detentiva – V Le nuove regole sanzionatorie se chi guida sotto l’influenza dell’alcool ha meno di ventuno anni, é “neopatentato” o “esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose” (art. 186-bis cod. strada) – VI La guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti (art. 187 cod. strada)

 

I Depenalizzazione dell’ipotesi meno grave di guida in stato di ebbrezza (art. 186, comma 2, lett. a cod. strada).

1. Nell’ambito di una profonda riforma del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada), la legge 29 luglio 2010, n. 120 è nuovamente intervenuta – per la quarta volta in quattro anni – sulle disposizioni che disciplinano le contravvenzioni di guida sotto l’influenza dell’assunzione di alcool o di sostanze stupefacenti.

Come si ricorderà, il decreto legge 3 agosto 2007, n. 117, entrato in vigore il 4 agosto, aveva rivisto, in genere inasprendolo e diversificandolo in tre fasce in ordine crescente di gravità, l’apparato punitivo delle fattispecie contravvenzionali dell’art. 186 cod. Strada.

Nella prima fascia, quella relativa alla violazione meno grave (tasso alcolemico superiore a 0,5 grammi per litro e non superiore a 0,8), la contravvenzione era sanzionata con l’ammenda da 500 a 2000 euro e con l’arresto fino ad un mese, nonché con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi (comma 2, lettera a).

La legge di conversione 2 ottobre 2007, n. 160 mutò detto trattamento sanzionatorio, sopprimendo la previsione dell’arresto.

La contravvenzione tornava, dunque, come in un recente passato, ad essere suscettibile di estinzione per oblazione ex art. 162 cod. pen.

Ora la fattispecie è stata depenalizzata (a far tempo dal 30 luglio 2010, come espressamente previsto dal comma 4 dell’art. 33 anche per le altre norme concernenti gli artt. 186, 186-bis e 187), attraverso la sostituzione della sanzione penale con quella amministrativa del pagamento di una somma da 500 a 2.000 euro, oltre che con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi.

Abolitio criminis dunque e, di riflesso, se il provvedimento è pendente, diritto all’archiviazione o alla sentenza liberatoria perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato e, come sancito dall’art. 2, secondo comma, cod. pen., se vi è stata condanna definitiva, cessazione dell’esecuzione e degli effetti penali della medesima.

2. Tace il legislatore sulla necessità di trasmettere gli atti all’Autorità amministrativa competente per l’applicazione della nuova sanzione.

La giurisprudenza di legittimità ha, in effetti, già avuto modo di chiarire (cfr. Sez. Un. 16 marzo 1994, p.g. in proc. Mazza, rv. 197699) che il principio della retroattività della norma più favorevole, posto dall’art. 2, quarto comma, cod. pen. opera solo con riferimento all’ipotesi della successione tra fattispecie incriminatrici e non è estensibile al caso della successione di norma che degradi un fatto previsto come illecito penale a illecito amministrativo.

Ne deriva che il giudice penale non è tenuto a rimettere gli atti all’autorità amministrativa competente, e ciò sia in virtù del principio di legalità-irretroattività dell’illecito amministrativo consacrato nell’art. 1, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (applicabile per il rinvio alla stessa effettuato dall’art. 194 cod. strada), sia per l’assenza, nella legge in esame, di disposizioni in deroga al medesimo (sul tipo di quelle, per intendersi, contenute negli artt. 40 e 41 della citata legge n. 689 o nell’articolo 5 del citato d.l. 3 agosto 2007, n. 117: con riguardo a quest’ultima disposizione cfr. Sez. IV 13 febbraio 2008, p.g. in proc. Selmi, rv 238975).

3. Deve, infine, rilevarsi che il nuovo illecito amministrativo è destinato ad applicarsi in caso di assenza (anche per rifiuto) del test spirometrico.

La valutazione dei sintomi esterni dell’ebbrezza non può, invero, che essere circoscritta alla sola fattispecie meno grave, non potendo ritenersi l’esame esterno idoneo per valutare condizioni di disabilità determinate da maggiori concentrazioni di alcool (in tal senso cfr. Sez. III 6 novembre 2008, p.g. in proc. Salvini, rv 241794; Sez. IV 21 ottobre 2008, Dalla Vedova, rv 242765; Sez. IV 3 giugno 2008, p.g. in proc. Ouhda, rv 240850; in senso parzialmente contrario Sez. IV 27 novembre 2008, Campregher, rv 242392, secondo la quale «lo stato di ebbrezza può essere accertato, non soltanto per l’ipotesi di cui alla fascia a) ma anche per quelle più gravi, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale» ma «dovrà comunque essere ravvisata l’ipotesi più lieve quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle due altre ipotesi»)

Vi è da dire, peraltro, che alla contravvenzione di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici (comma 7 dell’art. 186, come reintrodotto a seguito del decreto – legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito nella legge 24 luglio 2008, n. 125) è riservato il medesimo trattamento sanzionatorio della più grave delle ipotesi di guida in stato di ebbrezza, quella prevista dal comma 2, lett. c) dell’art. 186.

 

II Le modifiche apportate alla contravvenzione più grave e alla disciplina della confisca del veicolo (art. 186, comma 2, lett. c, cod. strada).

1. L’art. 33 della legge n. 120 del 2010 modifica anche la lett. c) del secondo comma dell’art. 186, la disposizione che disciplina la più grave delle tre contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza.

Nel confermare la fattispecie materiale, che continua a dipendere dall’accertamento di un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, l’intervento del legislatore si è concentrato per l’ennesima volta (la terza in tre anni) sul trattamento sanzionatorio, restringendo ulteriormente la forbice edittale.

Infatti la novella ha provveduto ad innalzare il minimo edittale da tre a sei mesi di arresto, lasciando però immutati il limite massimo di un anno e la misura dell’ammenda (da 1.500 a 6.000 euro) introdotti dalla citata legge n. 125/2008.

La novella ha poi confermato la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni e quella, più grave, della revoca della patente per i recidivi nel biennio, ma ha espunto l’identica misura rivolta ai conducenti di veicoli speciali, ai quali, come più avanti si dirà, è ora dedicata la nuova disposizione contenuta nell’art. 186-bis.

Con riguardo alla revoca è stato poi modificato il rinvio alle norme che disciplinano l’istituto, originariamente riferito a quelle della revoca accessoria agli illeciti di natura amministrativa (Capo I, Sez. II del Titolo VI del codice della strada) ed ora corretto con riguardo a quelle delle revoca accessoria agli illeciti penali (Capo II Sez. II dello stesso Titolo).

Conseguentemente è stato soppresso l’ulteriore rinvio precedentemente previsto all’art. 223, atteso che tale articolo è contenuto proprio nel menzionato Capo II.

2. Ben più rilevanti le modifiche apportate dalla legge n. 120 del 2010 in materia di confisca del veicolo con cui è stato commesso il reato, previsione introdotta nella lett. c) dell’art. 186 dal d.l. n. 92/2008.

Rimane fermo che la misura debba essere obbligatoriamente disposta in caso di condanna ovvero di patteggiamento per la contravvenzione di cui alla disposizione in commento, anche nel caso in cui venga concessa la sospensione condizionale della pena e salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato (per tale dovendosi intendere chi non sia concorso nel reato e, rispetto al medesimo, sappia dimostrare l’insussistenza di profili di colpa dai quali sia derivata la possibilità di uso illecito del veicolo: cfr. in proposito, seppur con riferimento al trasporto non autorizzato di rifiuti, Sez. III 4 novembre 2008, Castellano, rv 241771; Sez. III 20 maggio 2008, Torre, rv 240551; Sez. III 24 giugno 2004, Datola. rv 229010).

E’ stato invece eliminato l’inciso secondo cui la confisca doveva essere disposta ai sensi del secondo comma dell’art. 240 cod. pen.

Modifica imposta dal recente intervento della Corte Costituzionale, che, con la sentenza 4 giugno 2010, n. 196, ha dichiarato l’illegittimità parziale della lett. c) del secondo comma dell’art. 186 proprio in riferimento al citato rinvio all’art. 240 cod. pen., affermando la violazione dell’art. 117 Cost. in riferimento all’art. 7 CEDU.

Infatti, secondo il giudice delle leggi, tale rinvio suggeriva la qualificazione della confisca del veicolo come misura di sicurezza patrimoniale (come in effetti affermato dal diritto vivente: v. ex multis Sez. IV 6 maggio 2009, Di Tucci, rv 244220) e ne legittimava pertanto l’applicazione retroattiva anche ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della disposizione normativa che l’aveva introdotta.

La Corte ha invece riconosciuto che tale ipotesi di confisca presenta natura eminentemente sanzionatoria e meramente repressiva, osservando come la stessa non sia idonea a prevenire il pericolo che l’autore del reato si ponga alla guida di altri veicoli e come debba essere applicata anche nei casi (come quello del veicolo incidentato e inutilizzabile) in cui essa non esplica nemmeno alcun effetto preventivo con riguardo al veicolo condotto al momento della commissione del reato.

Riqualificata la confisca come sanzione ed espunto ogni riferimento alla disciplina delle misure di sicurezza, la Consulta ne ha pertanto precluso l’applicazione ai fatti commessi anteriormente alla sua introduzione.

Il legislatore ha dunque recepito nel nuovo testo della norma il dictum della Corte Costituzionale, ma si è spinto oltre, intervenendo nella querelle sulla natura – penale o amministrativa – della confisca “sanzione”, che di recente i giudici di legittimità avevano risolto classificando quest’ultima come sanzione penale accessoria (in questo senso Sez.Un. 25 febbraio 2010, p.g. in proc. Caligo, rv 247042).

In proposito, infatti, il nuovo testo della lett. c) dell’art. 186, ai fini del sequestro del veicolo destinato alla confisca, rinvia a quanto disposto dell’art. 224-ter, introdotto dalla stessa legge n. 120 del 2010.

Il primo comma di quest’ultimo articolo detta per l’appunto l’inedita disciplina del sequestro in questione, ma, per quanto qui di maggior interesse, precisa che tale disciplina si applica nelle ipotesi di reato per cui è prevista la «sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo».

Ed attraverso il rinvio menzionato, l’art. 186 sembra dunque identificare la confisca prevista per la più grave ipotesi di guida in stato di ebbrezza con quella descritta nel menzionato art. 224-ter.

In tal modo il legislatore ha dunque ribadito che la confisca è una sanzione, ma ha per la prima volta affermato che si tratta di una sanzione amministrativa e non penale.

Sulla base dell’assetto normativo previgente riconoscere la natura amministrativa della misura ablativa era tutt’altro che agevole, come hanno dimostrato le Sezioni Unite nella pronunzia citata in precedenza, ma certamente il tenore della nuova disposizione non lascia adito a dubbi in proposito, quantomeno per il futuro.

Infatti proprio l’eliminazione dal secondo comma dell’art. 186 di ogni riferimento all’art. 240 cod. pen. – che costituiva un rilevante indice della pregressa volontà di affermare il profilo penale della misura – sembra dimostrare come la qualificazione operata dal legislatore presenti carattere innovativo piuttosto che meramente ricognitivo della natura della confisca.

La previsione di una sanzione amministrativa accessoria per un illecito esclusivamente penale non è certo usuale, ma non è la prima volta che ciò accade, atteso che proprio l’art. 186 contemplava già le analoghe sanzioni della sospensione e della revoca della patente per la guida in stato di ebbrezza, senza che la giurisprudenza avesse per questo dubitato della loro natura amministrativa e del loro carattere accessorio o che la loro previsione rientrasse nella discrezionalità del legislatore (v. in proposito Sez. Un. 27 maggio 1998, Bosio, rv 210981).

Quanto alle ragioni della scelta legislativa, queste sono probabilmente da ricercarsi nel timore che la classificazione della confisca come sanzione penale accessoria potesse determinarne l’inoperatività in caso di patteggiamento, atteso che l’art. 445 c.p.p. inibisce in tal caso l’applicazione delle pene accessorie.

Timore peraltro infondato, atteso che la lett. c) dell’art. 186 esplicitamente fa salva l’applicazione della misura ablativa anche nell’ipotesi di sentenza di applicazione concordata della pena, ponendosi in rapporto di evidente specialità con la disposizione del codice di rito.

La qualificazione della confisca come sanzione amministrativa accessoria potrebbe di per sé escludere la possibilità che, in vista dell’applicazione della misura ablativa, possa procedersi al sequestro preventivo del veicolo ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen..

E ciò in quanto la norma da ultima menzionata sembrerebbe riferirsi esclusivamente alle ipotesi di confisca penale.

Sul punto è peraltro la stessa novella a risolvere qualsiasi dubbio, proprio attraverso il già citato art. 224-ter, che, come accennato, al primo comma detta una autonoma disciplina per il sequestro dei veicoli di cui è prevista la confisca in caso di consumazione dei reati previsti dal codice della strada.

Sembra dunque pacifico che il sequestro a fini di confisca del veicolo non possa essere disposto dal giudice penale, ma debba essere operato esclusivamente dall’autorità amministrativa cui per l’appunto la norma citata demanda l’adozione del provvedimento cautelare reale, il quale dunque assume valenza esclusivamente amministrativa.

Ed infatti il successivo comma sesto dell’articolo in commento prevede per la sua impugnazione lo strumento dell’opposizione ai sensi dell’art. 205 cod. strada.

Diversamente da quanto previsto per le sanzioni amministrative accessorie della sospensione e della revoca della patente, alla cui irrogazione deve provvedere il giudice penale con la sentenza o con il decreto di condanna (in questo senso ex multis Sez. IV 29 maggio 2008, p.g. in proc. Mesiti, rv 241359), il secondo comma dell’art. 224-ter riserva l’applicazione della confisca al prefetto, disponendo in tal senso la trasmissione al medesimo di copia della sentenza o del decreto di condanna divenuti irrevocabili.

Il successivo sesto comma stabilisce che l’estinzione del reato per morte del reo comporta anche l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria, mentre nel caso il reato si estingua per altra causa spetta al prefetto valutare la sussistenza delle condizioni per l’applicazione della confisca, provvedendo ai sensi degli artt. 213 e 214, in quanto compatibili.

Infine il settimo comma prevede che in caso di sentenza irrevocabile di proscioglimento per il reato in relazione al quale è stato disposto il sequestro a fini di confisca del veicolo sia sempre il prefetto a provvedere alla restituzione del veicolo all’intestatario del medesimo.

Va infine evidenziato che la qualifica della confisca come sanzione amministrativa accessoria potrebbe dissolvere i dubbi sorti, dopo gli interventi della Corte Costituzionale e delle Sezioni Unite della Cassazione di cui si è dato conto, circa la possibilità che la confisca – sanzione potesse conseguire anche alla condanna pronunziata nel provvedimento monitorio.

Infatti, l’art. 460, comma 5, cod. proc. pen. impedisce l’irrogazione delle pene accessorie con il decreto penale di condanna e di quest’ultimo non v’è menzione nel secondo comma lett. c) dell’art. 186.

Una volta stabilito che la misura ablativa non è una sanzione penale, la prima obiezione dovrebbe cadere, mentre la seconda potrebbe essere superata proprio dal fatto che, ai fini dell’applicazione della confisca, il secondo comma dell’art. 224-ter espressamente prevede la trasmissione anche del decreto e non solo della sentenza di condanna.

Da ultimo va evidenziato che l’art. 43 della legge n. 120 del 2010 ha introdotto due nuovi commi (3-ter e 3-quater) nell’art. 219.

Il primo prevede che, se a seguito della condanna per una delle contravvenzioni di cui agli artt. 186, 186-bis e 187 sia stata disposta la revoca della patente, il condannato non possa conseguirne una nuova prima di tre anni dalla data di accertamento del reato (e non da quella del passaggio in giudicato della sentenza o del decreto di condanna). Previsione che deroga in senso peggiorativo rispetto a quella generale contenuta nello stesso art. 219 per i casi di revoca non connessa ad un illecito penale, per i quali l’inibizione al conseguimento della nuova patente è invece di soli due anni.

L’altro comma dispone invece che, in caso di condanna per uno dei reati previsti dagli artt. 186, comma secondo, lett. b) e c) e 187, la conseguente revoca della patente ad uno dei conducenti professionali indicati nell’art. 186-bis costituisce giusta causa di licenziamento ai sensi dell’art. 2119 c.c..

 

III Il trattamento sanzionatorio per il conducente in stato di ebbrezza che provochi un incidente stradale (art. 186, comma 2-bis cod. strada).

Alcuni ritocchi ha subito anche il comma 2-bis dell’art. 186, nel quale è configurata la circostanza aggravante dell’incidente stradale («se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale»).

La novella ha stabilito in proposito il raddoppio delle pene e l’elevazione del fermo amministrativo del veicolo (sempre che non appartenga a persona estranea al reato) da 90 a 180 giorni. Misure estese anche alla fattispecie di cui al comma terzo del nuovo art. 186-bis di cui si dirà in seguito.

E’ prevista, poi, la revoca della patente di guida in caso di tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, fatto salvo quanto previsto dal quinto (confisca del veicolo, con la sentenza di condanna o di patteggiamento, che non appartenga a persona estranea al reato) e dal sesto periodo (applicabilità delle disposizioni di cui al già visto art. 224-ter ai fini del sequestro del veicolo) della lett. c) del comma 2 dell’articolo 186, nonché l’applicazione dell’art. 222 che disciplina altri casi di revoca o sospensione della patente accessori all’accertamento di reati.

 

IV La sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità (art. 186, comma 9-bis, cod. strada) e le misure alternative alla pena detentiva.

1. Sempre l’art. 33 della l. n. 120 del 2010 ha introdotto nell’art. 186 anche un nuovo comma, il 9-bis, che attribuisce al giudice il potere di sostituire per non più di una volta la pena (sia detentiva che pecuniaria) applicata per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza con quella del lavoro di pubblica utilità, salvo nel caso in cui il conducente abbia provocato un incidente.

In proposito la novella rinvia alla disciplina dettata dall’art. 54 d.lgs. n. 274/2000 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace), aggiungendo all’elenco degli enti presso cui la pena sostitutiva deve essere scontata anche «i centri specializzati di lotta alle dipendenze» e precisando che l’attività lavorativa deve essere prioritariamente svolta nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale.

In realtà il rinvio alla normativa del giudice di pace non è integrale. Innanzi tutto la nuova disposizione, analogamente a quanto stabilito in tema di sospensione condizionale dall’art. 165 cod. pen ., non subordina la sostituzione all’iniziativa dell’imputato, ma si limita a richiedere che questi non vi si opponga.

In secondo luogo, come previsto in materia di stupefacenti dall’art. 73, comma 5-bis, d.P.R. n. 309 del 1990 ed in espressa deroga all’art. 54 citato, la durata della sanzione sostitutiva non è stata contenuta nei limiti edittali previsti dal secondo comma di tale articolo, ma viene fissata dalla novella in misura corrispondente a quella della pena detentiva e di quella pecuniaria sostituite. Ed a tal fine il legislatore ha configurato un autonomo tasso di conversione di quest’ultima, stabilendo che 250 euro di ammenda corrispondano ad un giorno di lavoro sostitutivo.

Per il resto, come accennato, la disciplina dell’istituto deve effettivamente essere mutuata da quella dettata per il giudice di pace. Dunque rimane fermo il limite della prestazione di un massimo di sei ore settimanali di lavoro sostitutivo, salvo che l’imputato non chieda di svolgerne un numero superiore. Non di meno il computo della pena sostitutiva rimane quello fissato dal quinto comma del più volte menzionato art. 54 d.lgs. n. 274 del 2000, per cui un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di due ore, anche non continuative, di attività lavorativa (nello stesso senso con riguardo all’art. 73, comma 5-bis, d.P.R. n. 309 del 1990: cfr. Sez. I 26 giugno 2009, n. 30089, Pinto, rv 244812).

La novella non precisa, come invece avviene nella citata norma in materia di stupefacenti, che alla sostituzione possa farsi luogo solo qualora il giudice non ritenga di concedere all’imputato la sospensione condizionale della pena.

2. Ai sensi del comma in esame, poi, l’effettivo svolgimento del lavoro sostitutivo non comporta la mera espiazione della pena, ma costituisce una vera e propria causa di estinzione del reato. Ed in tal senso al giudice viene imposto di fissare una «nuova udienza» proprio per dichiarare l’avvenuta estinzione del reato, la quale si riflette in maniera singolare sulle eventuali sanzioni amministrative accessorie irrogate con la condanna. Infatti, nella stessa udienza il giudice deve obbligatoriamente ridurre della metà quella della sospensione della patente e revocare quella della confisca del veicolo, il quale, pertanto, deve essere restituito al suo proprietario. Nulla dice la norma, invece, con riguardo alla revoca della patente, che, ove disposta, sembrerebbe dunque rimanere efficace.

La decisione del giudice, sempre secondo quanto dispone la norma in commento, è ricorribile per cassazione e l’eventuale ricorso non ne sospende l’esecuzione a meno che lo stesso giudice che l’ha adottata non disponga diversamente.

In sostanza quello delineato dal legislatore è una variante del procedimento di esecuzione ed infatti molteplici sono gli aspetti mutuati dalla disciplina dettata negli artt. 666 e 676 cod. proc. pen., alla quale appare dunque necessario rivolgersi per tutto ciò che non è stato espressamente regolamentato nel comma 9-bis dell’art. 186.

Esplicito è invece il richiamo delle formalità di cui all’art. 666 del codice di rito con riguardo alla speciale procedura dedicata dalla novella alla constatazione della violazione da parte del condannato degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro sostitutivo. In tal caso il giudice (ambiguamente identificato in quello che procede o in quello dell’esecuzione), d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero e con le forme di cui si è detto, può disporre la revoca della pena sostitutiva ed il “ripristino” di quella sostituita e delle sanzioni amministrative accessorie (che in realtà, non essendo state sostituite, non necessiterebbero di essere ripristinate). Non ogni violazione comporta peraltro l’automatica revoca della pena sostitutiva, richiedendo la norma che la valutazione del giudice tenga conto della sua entità e delle circostanze in cui essa viene consumata.

L’art. 57 della novella prevede infine che il condannato alla pena dell’arresto per i reati previsti dagli artt. 116, 186, 186-bis e 187 del codice della strada possa accedere su richiesta alla misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali, richiamando in proposito la disciplina generale dell’istituto di cui all’art. 47 della l. n. 354 del 1975 (Ordinamento penitenziario). In realtà la disposizione risulterebbe superflua, atteso che i limiti edittali delle pene previste per le sunnominate contravvenzioni comunque non consentirebbero l’applicazione di una sanzione in concreto superiore a quella che costituisce la soglia per l’accesso alla misura alternativa ai sensi dell’art. 47 citato. L’intervento normativo si giustifica esclusivamente perché detta una specifica disciplina per l’individuazione dei servizi sociali ai quali il condannato deve essere affidato, i quali devono essere predeterminati con decreto del Ministro del lavoro di concerto con quello della giustizia e scelti «preferibilmente tra i servizi sociali che esercitano l’attività nel settore dell’assistenza alle vittime dei sinistri stradali e alle loro famiglie».

 

V Le nuove regole sanzionatorie se chi guida sotto l’influenza dell’alcool ha meno di ventuno anni, é “neopatentato” o “esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose” (art. 186-bis cod. strada)

Con l’art. 186-bis, introdotto dall’art. 33, comma 2, della legge n. 120 del 2010 – ed entrato in vigore come detto il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge, vale a dire il 30 luglio 2010 – il legislatore ha inteso accentuare la repressione nei confronti di alcune particolari categorie di conducenti e cioè:

– dei minori dei ventuno anni (comma 1, lett. a);

– dei “neopatentati”, recte dei conducenti nei primi tre anni dal conseguimento della patente di guida di categoria B (comma 1, lett. a);

– di coloro che esercitano, per professione, l’attività di trasporto di persone, specificamente indicati nei conducenti che effettuano servizio di noleggio (art. 85 cod. strada), di taxi o di altra autovettura che effettuano servizio di piazza (art. 86), di veicoli adibiti a servizio di linea (art. 87) (comma 1, lett. b);

– di coloro che esercitano, per professione, l’attività di trasporto di cose, indicati nei conducenti di veicoli adibiti al servizio per conto terzi (art. 88), di veicoli adibiti a servizio di linea (art. 89) e di veicoli adibiti al servizio di piazza per conto terzi (art. 90) (comma 1, lett. c);

– dei conducenti di autoveicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate, di autoveicoli trainanti un rimorchio che comporti una massa complessiva totale a pieno carico dei due veicoli superiore a 3,5 tonnellate, di autobus e di altri autoveicoli destinati al trasporto di persone il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, sia superiore a otto, nonché di autoarticolati e di autosnodati (comma 1, lett. d).

La disposizione, dopo avere ribadito (alinea del comma primo) che anche per detti soggetti vige il divieto di guidare dopo aver assunto bevande alcoliche e sotto l’influenza di queste, mette mani al generalizzato irrigidimento sanzionatorio cui si accennava, che viene articolato in sette punti.

Primo punto: per gli anzidetti soggetti è illecito amministrativo guidare in presenza di un tasso alcolemico non superiore a 0,5 grammi per litro (condotta che per la generalità dei consociati è invece lecita); la sanzione prevista è quella del pagamento di una somma da 155 a 624 euro, raddoppiata nel caso in cui gli stessi abbiano provocato un incidente (art. 186-bis, comma 2). In proposito va evidenziato che questo illecito amministrativo, meno grave di quello contemplato dal menzionato art. 186, comma 2, lett. a), è destinato, per le ragioni già illustrate sub I, ad applicarsi in caso di assenza (anche per rifiuto) di accertamenti alcolimetrici ai soggetti di cui si tratta.

Secondo punto: per tali soggetti, se commettono l’illecito amministrativo di cui all’art. 186, comma 2, lett. a), le sanzioni (pagamento di una somma da 500 a 2.000 euro e, parrebbe, sospensione della patente di guida da tre a sei mesi) sono aumentate di un terzo (art. 186-bis, comma 3).

Terzo punto: qualora i predetti incorrano nelle contravvenzioni di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) e c), le sanzioni ivi previste sono aumentate da un terzo alla metà (art. 186-bis, comma 3).

Quarto punto: in deroga all’art. 69 cod. pen., le eventuali circostanze attenuanti riconosciute non possono mai essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle predette circostanze aggravanti; in altre parole, si applica la circostanza aggravante e le diminuzioni per le

attenuanti operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente all’applicazione dell’aggravante (art. 186-bis, comma 4). Previsione questa che conferma come la disposizione di cui al comma terzo configuri una circostanza aggravante e non già un’autonoma ipotesi di reato.

Quinto punto (che riprende rivisitandola una disposizione prima contenuta nell’art. 186, comma 2, lett. c): revoca della patente, per i conducenti di cui al menzionato comma 1 lett. d), ove incorrano nella più grave delle contravvenzioni, quella di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) (valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro) e per gli altri conducenti di cui al comma 1 (lett. a, b e c) in caso di recidiva nel triennio qualunque sia la violazione commessa (mentre per il comune conducente, come già ricordato, la recidiva biennale che rileva ai fini della revoca è quella nel biennio); è poi fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al quinto (confisca del veicolo, con la sentenza di condanna o di patteggiamento, che non appartenga a persona estranea al reato) e al sesto periodo (applicabilità delle disposizioni di cui al già menzionato art. 224-ter ai fini del sequestro del veicolo) della lett. c) del comma secondo dell’articolo 186 (art. 186-bis, comma 5).

Sesto punto (strettamente correlato al terzo): il trattamento sanzionatorio della contravvenzione di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici, in gran parte mutuato dal comma settimo dell’art. 186, è, ferma restando l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 6, 8 e 9 dell’articolo medesimo, più rigoroso, essendo previsto l’aumento da un terzo alla metà delle pene previste dal comma 2, lett. c), dello stesso art. 186; inoltre, qualora non sia possibile confiscare il veicolo perché appartenente a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente di guida (da sei mesi a due anni) è raddoppiata (art. 186-bis, comma 6).

Settimo punto: il minore degli anni diciotto che abbia commesso l’illecito amministrativo indicato al primo punto non potrà conseguire la patente di guida di categoria B prima del compimento del diciannovesimo anno di età; ventunesimo qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 grammi per litro.

 

VI La guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti (art. 187 cod. strada)

Il terzo comma dell’art. 33 della l. n. 120 del 2010 provvede inoltre ad apportare alcune modifiche anche alla contravvenzione di guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti prevista dall’art. 187 del codice della strada. Modifiche che, in larga parte, replicano quelle già operate sulle ipotesi penalmente rilevanti di guida in stato di ebbrezza.

Così anche per tale fattispecie è stata elevata la soglia minima edittale della pena detentiva, fissata anche in questo caso in sei mesi di arresto, nonché introdotta la speciale aggravante (e il relativo regime di deroga alla disciplina del bilanciamento ex art. 69 cod. pen.) per i soggetti elencati nel nuovo art. 186-bis. Ed in tutto identica a quella già esaminata trattando della più grave delle ipotesi di guida in stato di ebbrezza è la speciale disciplina della confisca sanzione configurata nel primo comma dell’art. 187, come quella della revoca della patente per il conducente che abbia causato un incidente stradale o quella della sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità.

La novella ha anche introdotto l’inedito comma 2-bis nell’articolo in esame e modificato il preesistente comma terzo, disposizioni nelle quali ha trovato collocazione una più articolata 9

disciplina degli accertamenti finalizzati a verificare lo stato di alterazione dovuto all’assunzione di sostanze stupefacenti.

La nuova disposizione autorizza il personale di polizia a sottoporre il conducente ad accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale. Tale attività deve però essere compiuta obbligatoriamente dal personale sanitario ausiliario delle forze di polizia e non più, come in precedenza previsto dal citato terzo comma dell’art. 187, anche presso le strutture sanitarie, alle quali è ora possibile ricorrere esclusivamente nell’ipotesi in cui l’intervento del personale ausiliario non sia possibile ovvero qualora il conducente si rifiuti di sottoporsi al prelievo.

Conseguentemente la clausola per cui agli accertamenti invasivi è possibile procedere solo quando gli accertamenti non invasivi e le verifiche strumentali di cui al secondo comma dell’art. 187 abbiano dato esito positivo ovvero quando si abbia altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto delle sostanze stupefacenti, è stata estrapolata dal terzo comma e ricollocata nel nuovo comma 2-bis.

In definitiva il legislatore ha più analiticamente stabilito la tipologia degli accertamenti invasivi che possono essere eseguiti ed ha concentrato la loro esecuzione, prima demandata dal comma terzo dell’art. 187 soprattutto alle strutture sanitarie dove il conducente doveva essere accompagnato in caso di positività dei test strumentali, al personale medico delle forze di polizia. Scopo della modifica è quello di rendere più rapidi gli accertamenti in questione, atteso che detto personale può affiancare direttamente “sulla strada” gli operanti impegnati nei servizi di prevenzione. In tal modo infatti, annullando i tempi necessari per il reperimento di una struttura sanitaria idonea e per l’accompagnamento, il legislatore ha ritenuto di contrastare il rischio della progressiva metabolizzazione delle sostanze da parte del soggetto sospettato di averle assunte.

Come si è visto quella dell’accompagnamento presso una struttura sanitaria è divenuta opzione residuale per i soli casi di impossibilità di provvedere all’atto del controllo ai prelievi stabiliti dalla legge. Impossibilità che, come pure si è detto, può dipendere anche dal rifiuto del conducente di sottoporsi all’attività di prelievo. Se ne deduce che la possibilità di eseguire gli accertamenti a cura del personale sanitario ausiliario è subordinata al consenso dell’interessato ed infatti in tal senso la novella ha integrato la fattispecie di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti finalizzati alla verifica dello stato di alterazione psico-fisica, inserendo anche l’opportuno riferimento a quelli descritti nell’illustrato comma 2-bis.

 

Redattore: Luca Pistorelli

Il vice direttore

(Domenico Carcano)

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