Guida in stato di ebbrezza minima: “il fatto non è più previsto dalla legge come reato” Cassazione, Sez. IV, 3 novembre 2010, n. 38692

 

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA MINIMA: “IL FATTO NON È PIÙ PREVISTO DALLA LEGGE COME REATO”

Cassazione, Sez. IV, 3 novembre 2010, n. 38692

 

1.L’art. 186, co. 1, lett. a) codice della strada (guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8), è stata depenalizzata ai sensi della legge 30.7.2010 n. 120, art. 33, co. 4.

2.L’intervenuta “abolitio criminis” (nel senso della intervenuta trasformazione dell’illecito penale in illecito amministrativo) comporta che deve essere emesso un provvedimento giurisdizionale di proscioglimento perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, provvedimento che può essere emesso da questa Corte, essendo lo “ius superveniens” applicabile di ufficio anche in Cassazione e deponendo in tal senso evidenti ragioni di economia processuale.

3.Non ritiene il Collegio di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa, in considerazione del principio di legalità – irretroattività operante sia per gli illeciti penali (art. 2 cp), sia per gli illeciti amministrativi (art. 1 legge 24.11.1981 n. 689 richiamata dall’art. 194 codice della strada), e non rinvenendosi nella legge 120 del 2010 una apposita previsione che imponga la trasmissione e che possa far ritenere derogato il suddetto principio di irretroattività.

 

 

Cassazione, Sez. IV, 3 novembre 2010, n. 38692

(Pres. Morgigni – Rel. Bianchi)

 

 

Motivi della decisione

Imputata del reato di guida in stato di ebbrezza, omissis è stata dal Tribunale di Massa condannata, con le attenuanti generiche, alla pena di 10 giorni di arresto e 500,00 euro di ammenda, doppi benefici di legge e sospensione della patente di guida per gg. 45.

La Corte di appello di Genova, ritenuto che non si poteva tenere conto dell’accertamento effettuato con l’alcoltest e che la prova era data solo dalle dichiarazioni degli agenti intervenuti relative ai sintomi dell’ebbrezza, riconduceva la fattispecie a quella stabilita dall’art. 186, co. 2 lett. a) e riduceva la pena nei limiti da essa previsti.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputata. Lamenta il vizio di violazione di legge con riferimento all’art. 141, co. 4 bis, disp. att. Cpp: rileva che la Corte di appello, dopo aver accolto l’eccezione di nullità dell’accertamento effettuato con l’alcoltest, ha ritenuto provato lo stato di ebbrezza sulla base degli elementi sintomatici; ha così ricondotto la fattispecie al reato di cui all’art. 186 co. 1 lett. a), punito con la sola pena dell’ammenda e per cui è ammessa l’oblazione e pertanto avrebbe dovuto rimettere in termini l’imputata per chiedere di essere ammessa all’oblazione, così come richiesto nell’atto di appello.

Rileva la Corte che l’ipotesi di reato per la quale omissis è stata giudicata è quella di cui all’art. 186, co. 1, lett. a) codice della strada (guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8), fattispecie che è stata depenalizzata ai sensi della legge 30.7.2010 n. 120, art. 33, co. 4.

L’intervenuta “abolitio criminis” (nel senso della intervenuta trasformazione dell’illecito penale in illecito amministrativo) comporta che deve essere emesso un provvedimento giurisdizionale di proscioglimento perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, provvedimento che può essere emesso da questa Corte, essendo lo “ius superveniens” applicabile di ufficio anche in Cassazione (v. sez. V 15.2000 n. 769 rv 215996) e deponendo in tal senso evidenti ragioni di economia processuale.

Non ritiene il Collegio di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa, in considerazione del principio di legalità – irretroattività operante sia per gli illeciti penali (art. 2 cp), sia per gli illeciti amministrativi (art. 1 legge 24.11.1981 n. 689 richiamata dall’art. 194 codice della strada), e non rinvenendosi nella legge 120 del 2010 una apposita previsione che imponga la trasmissione e che possa far ritenere derogato il suddetto principio di irretroattività (v. Sez. Un. 16.3.1994 n. 739 rv 197698).

 

P.T.M.

 

La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non è previsto come reato.

 

 

 

 

 

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