La rappresentazione materiale e visibile della patria, pervenuta a noi attraverso la lenta successione dei secoli (M. Giarrizzo)

LA RAPPRESENTAZIONE MATERIALE E VISIBILE DELLA PATRIA, PERVENUTA A NOI ATTRAVERSO LA LENTA SUCCESSIONE DEI SECOLI

Corte Costituzionale 23 novembre 2011, n. 309 

Mauro Giarrizzo

(Estratto da Diritto e Processo formazione n.1/2012)

 

 

La sentenza in commento, ricca di spunti, ci induce a riflessioni soprattutto storiche.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Seconda,  con ordinanza del 7/9/2010, (reg. ord. N. 364 del 2010), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, e 103 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), nonché dell’art. 22 della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010), in relazione all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

La norma di riferimento, per la legislazione urbanistica, è il D.P.R. 6/6/2001, n. 380, (d’ora in poi T.U.).  Norma cardine per la tutela e la salvaguardia di tutto il territorio. Norma che ha riscritto le competenze nell’attività edilizia.

L’art. 1 del detto T.U.,  contiene principi fondamentali e generali per il settore edilizio. Il comma 3 dell’art. 2 del detto T.U.,  prescrive il rinvio, quale norma quadro, fino all’emanazione delle leggi regionali (Regioni a Statuto Ordinario).

A ragione, il TAR Lombardia, esprimendo un sentore di illegittimità della norma, (censurata successivamente dal vaglio della Corte Costituzionale), ha descritto, quale puntuale momento di confronto con il T.U. sull’Edilizia,  un comportamento non conforme alla Costituzione da parte del Legislatore Regionale Lombardo.

E’ notorio che il settore dell’edilizia, rientra tra le competenze dello Stato, quale salvaguardia del territorio, così come pervenuto a noi, come << la rappresentazione materiale e visibile della Patria, coi suoi caratteri fisici particolari, con le sue montagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo, quali si sono formati e son pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli» (Relazione illustrativa della legge 11 giugno 1922, n. 778 «Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico», Atti parlamentari, Legislatura XXV, Senato del Regno, Tornata del 25 settembre 1920)>>.

Il Giudice delle Leggi, nel giudicare fondata la questione, si è interrogato su un pregevole punto storico: la conservazione lenta e successiva dei secoli, quale rappresentazione dell’Italia così come era e non come dovrebbe essere.

E il Giudice delle Leggi è riuscito a riesumare dal cassetto, lo scheletro che restava nell’armadio da varî anni, soprattutto grazie alle varie sanatorie edilizie. Sanatorie che sono servite per battere cassa a favore della macchina pubblica, e non a favore dell’abbattimento dello stock di debito pubblico.

Mi chiedo, ma il Legislatore di oggi, indottrinato alle nuove tecnologie, capace di provocare sacrifici per gli altri e non per se stesso, come ha potuto dimenticare il passato che, come un boomerang torna sulla sua testa?

Ma, in un’era ove il consumismo è penetrante, in tutte le sue varie forme, e l’individualismo è stato accentuato nelle forme estreme del super uomo d’affari, quale manager di grido, perché il Giudice delle Leggi, ha voluto scomodare la storia?

La legge n. 778, è del giugno 1922;  vigilia della legge sui pieni poteri che richiama alla mente, l’inizio di non lieti eventi (M. GIARRIZZO, La legislazione scolastica nel Regno d’Italia e la situazione nella Provincia di Noto, Avola (SR) 2011, pag. 137: Legge 3 dicembre 1922, n. 1601, (G.u. n. 239 del 15/12/1922- Concernente: delegazione di pieni poteri al governo del re per il riordino del sistema tributario e della pubblica amministrazione).

E’ il periodo in cui Uomini di Cultura lasciavano il posto ad altri Uomini di Cultura! E’ il periodo dove gli uomini, forgiati con il senno del sapere, facevano grandi opere per un’Italia uscita dalla prima guerra mondiale e capace di avere molta fame. E’ il periodo in cui il Bel Paese, era prettamente agricolo, e dove iniziavano a comparire le prime macchine  agricole per la raccolta del frumento.  E’ il periodo in cui un maestro impartiva le lezioni a classi di almeno trecento persone adulte e analfabete.

E’, quindi, il periodo di Uomini forgiati per dare una giusta successione alle bellezze naturali e agli immobili. Periodo in cui si poteva iniziare a creare qualcosa per l’Italia intera e non per una parte di essa.

Il Giudice delle Leggi, nel ridescrivere l’intera morfologia dell’Italia, ha voluto dettare una nuova interpretazione dell’art. 9, comma 2,  Costituzione, definendo la <<Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione>>, ha voluto indicare <<la rappresentazione materiale e visibile della Patria >> quale  dettato unitario della tutela disposta ex art. 117, comma 2 lett. s).

E’ un plauso non può che essere conferito ai detti Eccellentissimi Giudici, quali Maestri dell’insegnamento della Costituzione, capace di detenere, da oltre un sessantennio, alti i valori di unità.

Valori che se letti superficialmente appaiono in antinomia tra loro, ma se consultati con parsimonia sono (valori) bilanciati e capaci di poter rilasciare la melodia che solo un’opera sinfonica, a più fiati, può provocare.

Valori, dunque, vecchi e nuovi: vecchi, quelli della legge n. 778/1922, che continuano ad essere trasfusi come principi in varie altre norme odierne; nuovi, quelli del legislatore che premuratosi solo di contenere le esigenze singolari di pochi gruppi  volevano  imputare alla collettività tutta.

Regole, o rendite particolari, che appaiono sconvolgere ciò che la lenta successione dei secoli, ha voluto donarci, quale simbolo di tradizione forte. Regole, censurate con la declaratoria di incostituzionalità da parte del Collegio Costituzionale.

Due i tipi di interessi contrapposti, e capace di descrivere antinomie, con la caducazione dell’interessa particolare, delle lobby del potere economico, ed a favore dell’interesse generale della Nazione.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here