Gli abiti consegnati alla lavanderia vanno distrutti nell’incendio: quid iuris? Cassazione, sez. III, 3 febbraio 2012, n.1619

GLI ABITI CONSEGNATI ALLA LAVANDERIA VANNO DISTRUTTI NELL’INCENDIO: QUID IURIS?

Cassazione, sez. III, 3 febbraio 2012, n.1619

 

1. Il depositario è tenuto a provare, se la cosa va perduta o distrutta, di avere osservato la diligenza del buon padre di famiglia, ossia che la perdita o la distruzione è avvenuta per causa a lui non imputabile.

2. Il lavaggio di capi di abbigliamento, affidati per l’occasione a soggetto qualificato, rappresenta un’ipotesi di contratto d’opera che include, ai sensi dell’art. 1177 c.c., l’obbligazione di custodire la merce fino alla riconsegna nei modi dovuti, per cui risponde di inadempimento all’accessoria obbligazione di custodia colui che si è obbligato alla relativa prestazione tipica del contratto concluso,qualora la merce consegnata va perduta o distrutta.

 

 

Cassazione, sez. III 3 febbraio 2012, n.1619

(Pres. Trifone – Rel. Ucella)

 

Il Tribunale di Roma, quale giudice di appello, il 4 luglio 2007 condannava la società Euoclean al risarcimento dei danni subiti da C.C., nella misura di euro 1.500, oltre spese di lite, che aveva consegnati alcuni abiti alla stessa per la pulitura e che erano andati distrutti a causa di un incendio verificatosi nel locale di lavanderia, dovuto ad atti vandalici. Il Tribunale riformava integralmente la decisione del Giudice di Pace di Roma che aveva respinto la domanda del C., argomentando che fosse difficile definire un incendio provocato da atti vandalici come atto fortuito. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la Euroclean s.r.l. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso P.M.P. erede del C., che ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. – Osserva il Collegio che ai fini metodologici, va considerato che dalle fasi di merito si evince in modo in equivoco che il rapporto giuridico intercorso tra le parti debba qualificarsi come contratto d’opera, cui è accessoria l’obbligazione di deposito.

E ciò è tanto più vero che con l’unico motivo di appello il C. censurava la sentenza di primo grado in questi termini: “violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1256, 1177, 2697 c.c.”.

Infatti, l’appellante precisava che la Euroclean non aveva usato la diligenza qualificata di cui all’art. 1176 comma 2 c.c. e, comunque, ex art. 1256 c.c., non trattandosi di risarcimento in forma specifica, l’obbligazione poteva e doveva essere estinta per equivalente in danaro (v.p. 4 atto di appello, riportato a p.8 ricorso e non disconosciuta in questa sede dal resistente).

2. – Ciò posto, è evidente, altresì, che ci si trova dinanzi ad un contratto d’opera (lavaggio di capi di abbigliamento, affidati per l’occasione a soggetto qualificato), che include ai sensi dell’art. 1177 c.c. l’obbligazione di custodire la merce fino alla riconsegna nei modi dovuti, per cui risponde di inadempimento all’accessoria obbligazione di custodia colui che si è obbligato alla relativa prestazione tipica del contratto concluso,qualora la merce consegnata va perduta o distrutta.

Infatti, in tal caso, il depositario è tenuto a provare, se la cosa va perduta o distrutta, di avere osservato la diligenza del buon padre di famiglia, ossia che la perdita o la distruzione è avvenuta per causa a lui non imputabile (giurisprudenza costante: di recente Cass. n. 6084/10; Cass.n.20995/03).

La qualificazione del rapporto su cui le parti hanno accettato il contraddittorio, per come emerge dagli atti di causa, induce a sottolineare che erroneamente il giudice dell’appello abbia argomentato e statuito nel caso in esame, circa una responsabilità extracontrattuale che era stata dedotta solo nella comparsa conclusionale dall’appellante C.

In tal modo argomentando, e di riflesso statuendo, il giudice a quo ha dato credito ad una vera e propria mutatio libelli.

Infatti, se corrisponde al vero che il giudice del merito ha il potere di interpretare la domanda, al di là della formulazione delle parti, è ormai jus receptum che questo potere va coordinato con il sistema tipico della impugnazione e, quindi, in ragione dell’effetto devolutivo della stessa, deve ritenersi precluso al giudice di secondo grado di mutare la qualificazione data dal giudice di primo grado e accettata dalle parti e ribadita anche con l’atto di impugnazione.

Nel caso in esame, come già ricordato, le conclusioni di cui alla citazione di appello riguardavano l’errata applicazione di alcuni principi in tema di responsabilità contrattuale.

Solo nella comparsa conclusionale che, come è noto, ha carattere illustrativo delle ragioni esposte e precisate in sede di conclusioni (v.Cass.n.6354/96), come, peraltro, lo stesso resistente riconosce, vi fu un mutamento di causa petendi.

Di qui, l’accoglimento del primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.), corredato da conferente quesito di diritto, con l’assorbimento degli altri due motivi.

La sentenza impugnata va, quindi, cassata e nell’ambito del motivo accolto va rinviata al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, e nell’ambito del motivo accolto cassa e rinvia al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

 

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