Detenuto testimone di Geova puó studiare la Bibbia col Ministro del Culto (F.G. Postiglione)

 

DETENUTO TESTIMONE DI GEOVA PUÓ STUDIARE LA BIBBIA COL MINISTRO DEL CULTO

Fabrizia Gaia Postiglione

 

 

La Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 20979/2011, ha stabilito che i detenuti sottoposti al regime di ” 41 bis “hanno diritto a ricevere un’assistenza spirituale anche attraverso i colloqui con il ministro del loro culto.

L’articolo 41 bis fa parte della legge 354 del 1975 sul trattamento penitenziario modificata nel 2002. E’ inserito nel capitolo IV (regime penitenziario).

Nel caso di specie un detenuto, testimone di Geova, aveva chiesto di poter incontrare quotidianamente  il ministro del culto per poter studiare la Bibbia ma il Tribunale di sorveglianza aveva rigettando tale richiesta.

Nella motivazione si affermava che lo studio dei Testi biblici poteva avvenire anche mediante contatti epistolari direttamente dal carcere.

Il detenuto ricorreva il Cassazione per violazione dell’art. 19 Cost. il quale prevede espressamente che “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

I Giudici di Piazza Cavour con sentenza n. 20979/2011, hanno accolto la richiesta del detenuto ravvisando la necessità della presenza non solo spirituale ma anche fisica del Ministro del culto.

I testimoni di Geova infatti, considerano di fondamentale importanza lo studio della Bibbia e non si puó quindi negare ad un credente tale diritto.

Nella predetta sentenza la Cassazione  ha precisato che ”in linea di massima non pare possibile negare ad un credente, e a maggior ragione ad un testimone di Geova per il quale e’ importante lo studio della Bibbia, almeno una qualche forma di approccio con il ministro del proprio culto, al fine di poter approfondire lo studio dei testi biblici, ferma restando l’esigenza che il colloquio si svolga con modalita’ tali da assicurare l’ordine e la sicurezza dell’istituto carcerario”.

 

 

 

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