Resistenza a pubblico ufficiale Cassazione, sez. VI, 18 maggio 2012, n. 19063

 

RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE

Cassazione, sez. VI, 18 maggio 2012, n. 19063

 

L’ignoranza della qualificazione giuridica (pubblico ufficiale) della persona offesa non vale ad escludere, l’elemento psicologico del delitto di resistenza

Tale principio, esatto in tesi, si scontra però logicamente con la constatazione che è comunque necessario per la configurabilità del delitto di resistenza che l’agente debba necessariamente sapere che la forza pubblica esercita, in atto, una determinata funzione, connessa al suo servizio, ossia che comunque, per le sue concrete circostanze, l’intervento dei due carabinieri, anche se solo proclamatisi tali per la concitazione del momento, fosse diretto al mantenimento dell’ordine pubblico o ad altra analoga finalità.

 

 

Cassazione, sez. VI, 18 maggio 2012; n. 19063

(Pres. Agrò – Rel. Fazio)

 

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Trento in parziale riforma della sentenza dal Tribunale di Rovereto ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del T. , in ordine alle lesioni personali dipendenti da un primo pugno sferrato al M.llo F. per difetto di querela e ne ha ribadito la responsabilità per i delitti di resistenza a pu e di lesioni in danno del nominato F. e del M.llo R. , riducendo per l’effetto la pena inflitta.

2. Ricorre il T. e deduce travisamento della prova, posto che le dichiarazioni delle parti offese sono state ritenute credibili, senza alcun controllo del necessario riscontro intrinseco ed estrinseco.

Invero, i testi a discolpa avevano concordemente affermato che i due erano stati aggrediti dall’imputato per errore; in quanto da costui ritenuti le persone che avevano poco prima molestatato per strada la sua convivente; essi non si erano qualificati immediatamente come appartenenti alle forze dell’ordine, e, dunque, era provato il difetto di dolo nella aggressione, anche dopo aver inferto il primo pugno, la cui rilevanza è stata esclusa, peraltro, ai fini della configurabilità dell’art. 337 cp: con il secondo motivo, rileva che l’aggravante del nesso teleologia) per le lesioni non era stata affatto esplicitata nella imputazione, che aveva fatto riferimento al n. 10 dell’art. 61 cp e non già per mero errore materiale; infatti nella imputazione non vi era alcun riferimento di fatto ai presupposti del nesso teleologia) e pertanto la pronuncia violerebbe il principio di corrispondenza di cui all’art. 522 cpp e comunque sul punto il giudicante non avrebbe espresso alcuna adeguata motivazione, posto che l’imputato ignorava la qualifica della vittima al momento della aggressione; viene ancora contestata la mancata concessione dell’attenuante dell’avvenuto risarcimento dei danni, posto che escluso il rilievo penale del primo pugno che aveva causato la frattura delle ossa del naso del m.llo Fi. , non poteva,poi Rivalutarsi tale episodio per la quantificazione dei danni da reato, e rilevata la erroneità del giudizio di equivalenza, di quello sulla pena e sull’aumento per continuazione, ritenuto eccessivo; in ultimo si duole della revoca della già concessa sospensione condizionale della pena.

Considerato in diritto

1. La sentenza è da annullare con rinvio al giudice di appello per un nuovo esame in punto di responsabilità per il delitto contestato.

2. La sentenza impugnata ha centrato la affermazione di colpevolezza sulla circostanza che l’ignoranza della qualificazione giuridica (pubblico ufficiale) della persona offesa non vale ad escludere, l’elemento psicologico del delitto di resistenza e che i due aggrediti avevano, peraltro specificato la loro qualità di appartenenti all’arma dei carabinieri.

3. Tale principio, esatto in tesi, si scontra però logicamente con la constatazione che è comunque necessario per la configurabilità del delitto di resistenza che l’agente debba necessariamente sapere che la forza pubblica esercita, in atto, una determinata funzione, connessa al suo servizio, ossia che comunque, per le sue concrete circostanze, l’intervento dei due carabinieri, anche se solo proclamatisi tali per la concitazione del momento, fosse diretto al mantenimento dell’ordine pubblico o ad altra analoga finalità.

4. Il punto, pregiudiziale per la sussistenza del delitto, non è stato esaminato dalla Corte, che ha esplicitamente ritenuto che solo la conoscenza della qualità dei due aggrediti aveva valenza al fine della sussumibilità della condotta, altrimenti qualificabile di lesioni, in quella specifica di resistenza.

5. Ma tale ragionamento salta un passaggio preliminare, poiché, né prima dell’inizio della gragnuola di pugni, né dopo, viene individuato quale fosse stato dei pubblici ufficiali in corso; anzi, poiché il primo manrovescio è stato ritenuto irrilevante, in quanto il T. aveva identificato nei due, secondo il suo soggettivo convincimento, coloro che, poco prima avevano molestato la sua compagna, appare necessario approfondire quale sia stato l’ordine legalmente dato da coloro che in quel momento all’imputato apparivano dei maleducati antagonisti. Infatti, la sola constatazione che le persone offese avessero invitato il T. a fermarsi perché appartenenti alle forze dell’ordine, con la frase “fermati siamo carabinieri” non colma la rilevata lacuna.

6. Il ragionamento, anzi, se portato alle estreme conseguenze conduce alla conclusione della sussistenza del delitto sempre e comunque in ragione della qualifica soggettiva della vittima, laddove la norma di cui all’art. 337 cp punisce la condotta di chi usi violenza o minaccia per impedire al pubblico ufficiale di compiere un atto del proprio ufficio, mentre questi lo sta realizzando: la Corte, pertanto, in sede di rinvio e tenuto conto delle modalità concrete della azione dovrà individuare quale sia stato la disposizione legalmente data al cittadino dalle forze dell’ordine e quale ne fosse la finalità pubblica e, tanto accertato sull’elemento oggettivo, potrà procedere all’esame dei rimanenti motivi di gravame, che allo stato restano riservati alla fase di merito.

7. A seguito dell’annullamento, gli atti vanno rimessi al giudice del rinvio, che si individua nella corte di appello di Bolzano.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Bolzano.

 

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