Lo statuto del concepito: risarcibilità del danno da perdita del congiunto a favore del concepito (Avv. A. Torre)

LO STATUTO DEL CONCEPITO: risarcibilità del danno da perdita del congiunto a favore del concepito.

A cura dell’avv. Antonio Torre

 

Inquadramento sistematico.

Per l’ordinamento giuridico un soggetto configura un centro unitario di imputazione di situazioni giuridiche soggettive attive e passive, previo acquisto della capacità giuridica, vale a dire dell’idoneità a divenire titolari di diritti e doveri.

Sono soggetti di diritto le persone fisiche, le persone giuridiche e gli enti di fatto, in relazione ai quali i concetti di soggettività e di capacità giuridica coincidono, in ossequio alla c.d. teoria organica.

L’indagine storico ricostruttiva del concetto di persona fisica e della risarcibilità del danno da perdita del congiunto a favore del concepito, va condotta ed analizzata, alla luce del dato normativo storico e vigente, degli orientamenti dottrinali e dell’evoluzione giurisprudenziale.

La sistematica delle Istituzioni di Gaio, che si ritrova in massima parte ancora nelle Istituzioni di Giustiniano, a quasi quattro secoli di distanza (quanti ne vanno dalla metà del II sec. D.C. al 533 d.C.) si occupa delle persone con la suprema divisione circa il diritto relativo ad esse (summa divisio de iure personarum: 1,9 ss.). Egli distingue infatti, anzitutto, fra liberi e schiavi[1].

La Sui Iuris nell’ambito della familia romana era data dall’esistenza o meno di tre status giuridici: 1) status libertatis: soggetto libero o servo; 2) status civitatis: posizione del soggetto nella civitas; 3) status familae: posizione del soggetto nella famiglia[2].

Nell’antica Roma, era definito sui iuris il soggetto dotato di personalità giuridica autonoma nell’ambito della familia romana: tale soggetto era il pater familias. Gli altri membri della famiglia erano alieni iuris: le donne erano soggette all’autorità del marito, i figli erano soggetti all’autorità del padre, gli schiavi erano soggetti all’autorità del padrone[3].

Mentre, con il termine Càpitis deminùtio si indicava la perdita di una delle qualità giuridiche dell’individuo: libertà, cittadinanza e posizione familiare.

In diritto romano, si distingueva in particolare, tra: Càpitis deminùtio maxima, che comportava la riduzione in schiavitù di una persona libera; Càpitis deminùtio media, che comportava la perdita, generalmente per effetto di condanna penale, della cittadinanza, da parte di una persona che conservava, peraltro, la condizione di uomo libero; Càpitis deminùtio minima, che comportava la perdita della posizione familiare: si pensi, ad es., al caso della fuoriuscita dalla famiglia, per emancipàtio, o del passaggio da una familia all’altra per adozione [adòptio, adrogàtio] o matrimonio [matrimonium][4].

L’art. 1 del c.c. statuisce che <<La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita>>. Mentre l’art 2 del c.c. statuisce che <<La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa. Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un’età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore è abilitato all’esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro>>.

La capacità giuridica, ai giorni nostri, si acquista con la nascita e si perde con la morte (Mors omnia solvit). Il fenomeno nascita rilevante ai fini dell’acquisto della capacità giuridica si verifica in presenza di due condizioni: la separazione completa del feto dal corpo materno e l’inizio della respirazione polmonare, la quale si constata attraverso il ricorso alla tecnica della docimasia polmonare e prova come il feto sia vivo[5].

Da tale preciso momento il neonato diviene, ex art. 1, comma 1, c.c., titolare di diritti, anche personalissimi, di talché ove dovesse morire immediatamente dopo il parto, si aprirebbe finanche la successione ex lege.

La capacità giuridica rappresenta certamente, una conquista di civiltà dopo secoli di discriminazioni, oggi espressamente stigmatizzate dalla carta costituzionale (si pensi al principio di uguaglianza forma e sostanziale ex art. 3) che, nel rispetto di idee di uguaglianza e libertà, non solo riconosce e garantisce una soggettività identica a tutti gli individui, ma attraverso il combinato disposto degli artt. 2, 3 e 22, fornisce, altresì, una copertura costituzionale allo stesso art. 1, comma 1, c.c., precludendo al legislatore la possibilità di modificarlo, anche per motivi religiosi o politici[6].

 

Il concepito e il nascituro non concepito.

I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita (art. 1, comma 2, c.c.)[7]. Infatti per l’art. 462 c.c., comma 1, c.c., <<sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione. Salvo prova contraria, si presume concepito al tempo dell’apertura della successione chi è nato entro i trecento giorni dalla morte della persona della cui successione si tratta. Possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benché non ancora concepiti>>, che per lo stesso art. 784 c.c., <<La donazione può essere fatta anche a favore di chi è soltanto concepito, ovvero a favore dei figli di una determinata persona vivente al tempo della donazione, benché non ancora concepiti. L’accettazione della donazione a favore di nascituri, benché non concepiti, è regolata dalle disposizioni degli artt. 320 e 321. Salvo diversa pattuizione del donante, l’amministrazione dei beni donati spetta al donante o ai suoi eredi, i quali possono essere obbligati a prestare idonea garanzia. I frutti maturati prima della nascita sono riservati al donatario se la donazione è fatta a favore di un nascituro già concepito. Se è fatta a favore di un non concepito, i frutti sono riservati al donante sino al momento della nascita del donatario[8]>>.

Dalle su richiamate disposizioni normative, si evince chiaramente come, il legislatore riserva alla tutela del nascituro non concepito un differente trattamento giuridico, probabilmente dovuto al fatto che ancora non esiste un individuo in fieri[9].

Pertanto, ai nascituri non concepiti non si riconosce la capacità di succedere, mentre si riconosce la possibilità di ricevere, esclusivamente per testamento o per donazione, purché figli di persona vivente al tempo della morte del testatore o dell’atto di liberalità[10].

Ai non concepiti, inoltre, non sono attribuiti i frutti della cosa donata, (come, invece, ai concepiti ex art. 784, comma 3, c.c.), né ai loro genitori è consentito di amministrare i beni ereditari (potere, invece, riconosciuto ai genitori del concepito dall’art. 643, comma 1, c.c.)[11].

 

Lo statuto del concepito alla luce della sentenza 11 maggio 2009, n. 10741. (Brevissimi) cenni.

La Corte di Cassazione più volte, è stata chiamata a pronunciarsi sul diritto del concepito al risarcimento del danno conseguente a colpa medica.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 10741 del dì 11 maggio 2009, traccia una chiara linea di discrimine tra capacità giuridica e la soggettività giuridica e, riconosce, al concepito autonoma soggettività giuridica, perché titolare, sul piano sostanziale, di alcuni interessi personali in via diretta, quali ad esempio, il diritto alla vita, il diritto alla salute o integrità psico-fisica, il diritto all’onore o alla reputazione, il diritto all’identità personale, rispetto ai quali l’avverarsi della condicio iuris della nascita ex art. 1, comma 2, c.c. è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio ai fini risarcitori[12].

Pertanto, alla luce della predetta sentenza, lo statuto del nascituro è alla base del suo diritto, a nascere sano, in virtù, in particolare, degli artt. 2 e 32 Cost. e dell’art. 3 della Dichiarazione di Diritti fondamentali dell’Unione europea che esplicitamente prevede il diritto di ogni individui all’integrità psicofisica)[13].

 

Risarcibilità del danno da perdita del congiunto a favore del concepito, alla luce della recente giurisprudenza.

L’evoluzione giurisprudenziale sul punto si è avuta a partire dalle sentenze della Cassazione n. 14488/2004 e n. 11503/2003 della III sezione civile.

Con la su richiamata sentenza n. 10741/2009, la Corte di Cassazione affermò che il concepito, pur non avendo una piena capacità giuridica, è comunque un soggetto di diritto, perché titolare di molteplici interessi personali riconosciuti dall’ordinamento sia nazionale che sovranazionale, quali il diritto alla vita, alla salute, all’onore, all’identità personale, a nascere sano.

Questi diritti sono azionabili all’avverarsi della condicio iuris della nascita. Questi principi sono applicabili anche alla perdita del rapporto parentale.

Con una sentenza (r)elativamente recente, la n. 9700 del 3 maggio 2011, la Corte di Cassazione affronta il tema della risarcibilità, a favore del concepito, del danno non patrimoniale da uccisione del prossimo congiunto.

La Corte di Cassazione con tale sentenza ha ribadito che non è necessaria la soggettività giuridica del concepito per affermare il diritto al risarcimento. (…) <<Il diritto al risarcimento è, infatti, vantato dal figlio in quanto nato orfano del padre, come tale destinato a vivere senza la figura paterna. Il fatto che il padre muoia prima della sua nascita per fatto imputabile a responsabilità di un terzo significa solo che la condotta e l’evento costituenti l’illecito, si erano già verificati prima della nascita. Solo successivamente alla nascita si verificano le conseguenze pregiudizievoli che dalla lesione del diritto al rapporto parentale. La relazione col proprio padre naturale crea un rapporto affettivo ed educativo che la legge protegge perché contribuisce ad una più equilibrata formazione della personalità del minore. Il figlio cui sia impedito di svilupparsi in questo rapporto, può subire un pregiudizio che costituisce un danno ingiusto, indipendentemente dalla circostanza che sia già nato al momento della morte del padre o che, essendo solo concepito, sia nato successivamente[14]>>.

Anche il danno causato colposamente al feto durante il parto dal personale medico, a seguito della nascita, fa sorgere il diritto del nato ad essere risarcito per il danno subito alla propria salute.

In passato, la risarcibilità di tale danno era stata esclusa in quanto, l’orientamento giurisprudenziale precedente si orientava sul fatto che il feto, se pur dotato di soggettività giuridica, non era capace di soffrire e, inoltre, era doveroso la necessaria contestualità tra fatto ed evento, imposta peraltro dal dettato letterale dell’art. 2043 c.c., laddove asserisce di condotta dolosa o colposa che cagiona ad altri un danno ingiusto[15].

La giurisprudenza ha superato questa obiezione sostenendo che sia invece risarcibile ma dal momento in cui, una volta nato, il soggetto percepisca la sofferenza conseguente al fatto lesivo della sfera soggettiva. Il caso specifico è quello dell’uccisione del genitore del concepito: se venga uccisa la madre, la morte conseguente del nascituro non è risarcibile, mentre è risarcibile se muoia il padre[16].

 Il discrimine, è lo stesso degli interessi patrimoniali, in quanto il risarcimento consegue alla nascita: per questo sarà risarcibile l’uccisione del padre, ma solo se il nascituro nasca, (cosa praticamente impossibile in caso di decesso della madre)[17]. Ma per giungere a questa considerazione è stato necessario superare diverse obiezioni, alcune radicate nella tradizione storica interpretativa di alcuni istituti[18].

Innanzitutto si faceva notare che l’evento dannoso seguiva il fatto ingiusto dopo un lungo lasso di tempo, in violazione della presunta necessaria contemporaneità tra fatto ed evento ai fini del danno ingiusto ex art. 2043 c.c..

 L’obiezione è stata superata sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina, sulla base di una interpretazione ragionevole e corretta dell’istituto ex art. 2043 c.c. e, tra l’altro, valorizzando la categoria dei cd. danni lungolatenti[19]: l’elemento della contemporaneità non è elemento della responsabilità aquiliana ma soprattutto non è più da considerarsi, l’art. 2043 c.c., come norma destinata alla riparazione delle lesioni dei soli diritti, riguardando anche gli interessi legittimi ed ogni situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela, (Cass. SS.UU. 500/1999).

La censura è stata superata anche sulla base della ricostruzione dell’istituto sul piano causale: fatto – evento ed evento – effetti sono due momenti della fattispecie che vengono regolati, il primo rapporto ex artt. 40 – 41 c.p. ; il secondo ex art. 1223 c.c. (per il richiamo operato dall’art. 2056 c.c.).

 Il fondamento della tutela accordata in caso di perdita del genitore è da rinvenire nel diritto del concepito ad avere i genitori, ex artt. 30 e 31 della Costituzione, altro valore costituzionale, quindi, che supera il limite dell’art. 1 c.c.. Tra l’altro l’art. 32 cost. indica al I comma gli “individui” e non le persone, termine più ampio di proposito adottato nel comprendere anche le figure soggettive diverse dalla persona umana[20].

Ne discende, per quanto sin qui affermato, che bene sarà risarcito il danno non patrimoniale in capo al concepito, quaestio juris che orbita nel generale problema del “già e non ancora”[21] nella responsabilità civile.

Alla luce della su richiamata giurisprudenza, con la sentenza n. 9700 del 3 maggio 2011, la Suprema Corte perviene ad una conclusione opposta all’orientamento precedente e precisa che:<<nella fattispecie de qua non si pone alcun problema relativo alla soggettività giuridica del concepito, non essendo necessario configurala per affermare il diritto del nato al risarcimento e non potendo, d’altro canto, quella soggettività evincersi dal fatto che il feto è fatto oggetto di protezione da parte dell’ordinamento>>.

Considerato che il danno in esame ha per contenuto le conseguenze pregiudizievoli che la figlia subisce per non aver potuto godere del diritto, costituzionalmente garantito, alla relazione con il proprio padre, tale diritto di credito sorge e, conseguentemente, è leso solo in quanto ella, nascendo, non ha potuto instaurare il suddetto rapporto con il genitore deceduto[22].

(…) <<La circostanza che il padre  fosse deceduto prima della sua nascita per fatto imputabile a responsabilità di un terzo significa solo che condotta ed evento materiale costituenti l’illecito si erano già verificato prima che ella nascesse, non anche che prima di nascere potesse avere acquistato il diritto di credito al risarcimento; in quel momento si è verificata la propagazione intersoggettiva dell’effetto dell’illecito per la lesione del diritto della figlia (non del feto) al rapporto col padre; e nello stesso momento è sorto il suo diritto di credito al risarcimento, del quale è dunque diventato titolare un soggetto fornito della capacità giuridica per essere nato[23]>>.

Pertanto, alla luce della su richiamata giurisprudenza, deve pertanto pervenirsi alla conclusione che prima della nascita esistessero soltanto le circostanze ostative all’insorgere del diritto per l’intervenuta morte del padre dopo il concepimento, ma la mancanza del rapporto intersoggettivo proprio della relazione padre-figlio è divenuta attuale solo dopo la nascita[24].

Dunque, il figlio nato dopo la morte del padre naturale, per il fatto illecito di un terzo avvenuto durante il periodo della gestazione, ha diritto ad essere risarcito dal responsabile per la perdita del rapporto col padre e per i pregiudizi di natura non patrimoniale e patrimoniale in conseguenza dell’evento.

La stessa Corte di Cassazione, con la successiva sentenza 10 marzo 2014, n. 5509 ha confermato il proprio indirizzo giurisprudenziale, cassando la sentenza della Corte d’Appello di Potenza, in materia di diritto al risarcimento per morte di un genitore del nascituro. Al momento del sinistro stradale in cui ha perso la vita il padre, il figlio non era ancora nato, e la Corte di Appello aveva respinto la domanda di risarcimento avanzata dalla madre a nome del figlio, sul presupposto della mancanza di capacità giuridica che si acquisisce solo con la nascita. Di conseguenza il figlio del defunto non era, al momento del sinistro, titolare di nessun diritto al risarcimento del danno.

La Cassazione invece, accoglie il ricorso ribadendo che anche il soggetto nato dopo la morte del padre naturale, causata dal fatto illecito di un terzo durante la gestazione, ha diritto ad essere risarcito dal responsabile per la perdita del relativo rapporto e per i pregiudizi di natura non patrimoniale e patrimoniale che gli siano derivati[25].

Pertanto viene confermato l’orientamento che riconosce un autonomo risarcimento al nascituro per la perdita del padre avvenuta fra il suo concepimento e la nascita.

Il diritto di credito è infatti vantato dal figlio in quanto nato orfano del padre, e perciò destinato a vivere senza tale figura. E’ proprio successivamente alla nascita che si verificano le conseguenze pregiudizievoli derivanti da questa perdita[26].

Difatti, la relazione coi propri genitori integra un rapporto affettivo ed educativo, che la legge protegge perché, di norma, è fattore di più equilibrata formazione della personalità.

Il figlio concepito, cui sia impedito di crescere in questo rapporto, può riportare un pregiudizio, costituendo ciò un danno ingiusto indipendentemente dalla nascita postuma alla morte del padre.

Quindi, appurato il nesso di causa fra comportamento colposo del terzo e danno derivato al soggetto che, una volta nato, acquisterà personalità giuridica, sorge e deve essere riconosciuto al figlio un diritto al risarcimento del danno subito, patrimoniale e non patrimoniale.

 

 


[1] Remo Martini, Appunti di Diritto Romano Privato, CEDAM, 2002.

[2] Wolfgang Kunkel, Linee di Storia Giuridica Romana, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001.

[3] Remo Martini, Appunti di Diritto Romano Privato, CEDAM, 2002.

[4] Wolfgang Kunkel, Linee di Storia Giuridica Romana, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001.

[5] R. Garofoli, M. Fratini, A. Pensabene, Compendio di Diritto Civile, Nel Diritto Editore, II° edizione, 2013.

[6] Marco Fratini, Compendio di Diritto Civile, (Scritti Concorso magistratura), Nel Diritto Editore, II° edizione, 2014.

[7] Bianca, Diritto civile I, La norma giuridica, I soggetti, Giuffrè, Milano, 1993.

[8] Busnelli, Lo statuto del concepito, in Dem. dir., 1988.

[9] Baldini G., Il nascituro e la soggettività giuridica, in Dir. fam. e pers., 2000, II.

[10] Per un panorama autorevole sulla teoria del soggetto, v. Falzea, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939; Teoria generale, in Enc. dir., VI, Milano, 1960.

[11] Biscontini G., Ruggeri L., La tutela della vita nascente. A proposito di un recente progetto di legge, Università degli Studi di Camerino, Scuola di specializzazione in diritto civile, Napoli, E.S.I., 2003.

[12] R. Garofoli, M. Fratini, A. Pensabene, Compendio di Diritto Civile, Nel Diritto Editore, II° edizione, 2013.

[13] Venneri, Diritto del nascituro a nascere sano, in Rass. dir. civ. comm., fasc. 4, 1994.

[14] Corte di Cassazione, sentenza 3 maggio 2011, n. 9700.

[15] In materia: ZENO ZENCOVICH V., Il danno al nascituro, in Nuova giur. civ. comm., 1994, fasc. 5, I.

[16] Giuseppe Buffone, la Tutela della Vita nascente: Lo statuto giuridico del concepito al confine tra Soggetto e Persona, Altalex, 2007.

[17] In materia: ZENO ZENCOVICH V., Il danno al nascituro, in Nuova giur. civ. comm., 1994, fasc. 5, I.

[18] In argomento, v. Carusi., Responsabilità contrattuale ed illecito anteriore alla nascita del danneggiato, in Giur. it., 1994, fasc. 4, I, I.

[19] Giuseppe Buffone, la Tutela della Vita nascente: Lo statuto giuridico del concepito al confine tra Soggetto e Persona, Altalex, 2007.

[20] Sull’argomento, Coviello, La tutela della salute dell’individuo concepito, in Dir. fam e pers., 1978.

[21] Morozzo Della Rocca, Il danno morale al concepito, ovvero il ”già e non ancora” nella responsabilità civile, nota a Cass., sez. IV, 13-11-2000, in Corr. giur., 2001, n. 3.

[22] ZENO ZENCOVICH V., Il danno al nascituro, in Nuova giur. civ. comm., 1994, fasc. 5, I.

[23] Corte di Cassazione, sentenza n. 9700 del 3 maggio 2011.

[24] Caferra, Il danno morale del nascituro per l’uccisione del genitore, in Foro it., 1974, I.

[25] Giuseppina Vassallo, Figlio nato dopo la morte del padre per fatto illecito del terzo: si al risarcimento, Altalex, 2014.

[26] Giuseppina Vassallo, Figlio nato dopo la morte del padre per fatto illecito del terzo: si al risarcimento, Altalex, 2014.

 

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