Legittimo il sequestro preventivo dell’auto in leasing se chi guida è in stato di ebbrezza

 

LEGITTIMO IL SEQUESTRO PREVENTIVO DELL’AUTO IN LEASING SE CHI GUIDA È IN STATO DI EBBREZZA

Cassazione, Sez. IV, 18 marzo 2010, n. 10688

 

Tenuto conto della natura e degli effetti di un contratto di leasing, non v’è dubbio che un bene detenuto in forza di tale contratto “appartiene” al soggetto al quale è stata attribuita la materiale disponibilità del bene stesso: ed invero, “appartenenza” non significa astrattamente proprietà di una “res”, ma sostanzialmente diritto di goderne e disporne sulla base di titolo che esclude i terzi (caratteristica propria del leasing). Muovendo da tale presupposto, appare evidente dunque la legittimità del sequestro di un veicolo il cui conducente, sorpreso alla guida di quel veicolo in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186, comma secondo, lett. c), del codice della strada, ne abbia la disponibilità in forza di un contratto di leasing: anche in tal caso, infatti, non può revocarsi in dubbio la sussistenza del “periculum in mora” derivante dalla disponibilità del veicolo da parte del soggetto sorpreso a guidarlo in condizioni ritenute pericolose per la sicurezza della circolazione; la stessa società di leasing, per riavere la materiale disponibilità di un veicolo concesso a terzi in virtù di contratto di leasing, dovrebbe dimostrare che il contratto é cessato e che, conseguentemente, é sorto il suo diritto alla restituzione.

 

Cassazione, Sez. IV, 18 marzo 2010, n. 10688

(Pres. Mocali – Rel. Romis)

 

 

Osserva

 

Con decreto del 10 giugno 2009 il G.I.P. presso il Tribunale di Fermo convalidava il sequestro preventivo della vettura Audi Q7 tg. DM 869 FA nella disponibilità di Omissis, in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186, secondo comma, del codice della strada.

Avverso detto provvedimento, il Omissis presentava istanza di riesame basata sull’asserita non confiscabilità del veicolo, in quanto nella disponibilità del Omissis in virtù di contratto di leasing e quindi intestato a terzi; l’istante prospettava altresì l’insussistenza del “periculum in mora” per essergli stata ritirata, e quindi sospesa, la patente di guida.

Il Tribunale di Fermo – in funzione di giudice del riesame – rigettava il gravame rilevando che: 1) a nulla rilevava che il veicolo fosse intestato a terzi (nella specie, alla “Banca Italease”), essendo stato accertato che l’indagato aveva la disponibilità del veicolo stesso, e trattandosi di una “res” in evidente rapporto di strumentalità rispetto al reato: di tal che l’auto, se lasciata nella libera disponibilità dell’indagato, avrebbe comportato pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato, ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti; 2) quanto al “periculum in mora”, la sospensione della patente, anche perché misura temporanea, non avrebbe di certo impedito la reiterazione di analoghe condotte.

Ricorre per cassazione l’indagato, a mezzo del difensore, reiterando la tesi della non confiscabilità del bene perché appartenente a terzi, e sostenendo che la sospensione della patente di guida avrebbe fatto venir meno il “periculum in mora”.

All’odierna udienza, il difensore dell’indagato ha rappresentato che il contratto di leasing è stato risolto e che quindi l’auto in questione è rientrata nella piena ed esclusiva disponibilità della “Banca Italease”.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

Tenuto conto della natura e degli effetti di un contratto di leasing, non v’è dubbio che un bene detenuto in forza di tale contratto “appartiene” al soggetto al quale è stata attribuita la materiale disponibilità del bene stesso: ed invero, “appartenenza” non significa astrattamente proprietà di una “res”, ma sostanzialmente diritto di goderne e disporne sulla base di titolo che esclude i terzi (caratteristica propria del leasing). Muovendo da tale presupposto, appare evidente dunque la legittimità del sequestro di un veicolo il cui conducente, sorpreso alla guida di quel veicolo in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186, comma secondo, lett. c), del codice della strada, ne abbia la disponibilità in forza di un contratto di leasing: anche in tal caso, infatti, non può revocarsi in dubbio la sussistenza del “periculum in mora” derivante dalla disponibilità del veicolo da parte del soggetto sorpreso a guidarlo in condizioni ritenute pericolose per la sicurezza della circolazione; la stessa società di leasing, per riavere la materiale disponibilità di un veicolo concesso a terzi in virtù di contratto di leasing, dovrebbe dimostrare che il contratto é cessato e che, conseguentemente, é sorto il suo diritto alla restituzione.

Correttamente il Tribunale del riesame ha poi ritenuto, con argomentazioni assolutamente condivisibili, del tutto irrilevante la sospensione della patente di guida del Omissis ai fini del “periculum in mora”.

Donde la manifesta infondatezza delle dedotte censure.

Ai rilievi che precedono, pur di carattere decisivo ed assorbente, deve inoltre aggiungersi, “ad abundantiam”, che all’odierna udienza (cfr. verbale di udienza) il difensore dell’indagato, nell’illustrare la tesi difensiva, insistendo per l’accoglimento del ricorso, ha precisato che il contratto di leasing è stato risolto e l’auto in sequestro è rientrata nella piena disponibilità, formale e sostanziale, della società “Banca Italease”: orbene, è, dunque, anche cessato qualsiasi interesse dell’indagato alla restituzione dell’auto stessa. Sarà onere della predetta società – in quanto soggetto “estraneo al reato” – far valere eventualmente le sue ragioni nella sede opportuna.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

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