Il terremoto de L’Aquila non è come il disastro del Vajont: la causa non è condizionata dall’emotività! Cassazione, sez. IV, 22 marzo 2012, n. 11208

 

IL TERREMOTO DE L’AQUILA NON È COME IL DISASTRO DEL VAJONT: LA CAUSA NON È CONDIZIONATA DALL’EMOTIVITÀ!

Cassazione, sez. IV, 22 marzo 2012, n. 11208

 

L’indagine non coglie direttamente e significativamente le questioni note ed agitate dal ricorrente; e che afferiscono precipuamente al sisma, alla sua evoluzione, alta sua prevedibilità, alla possibilità di configurare la responsabilità di alcuno per la mancata adozione di misure che avrebbero potuto evitare le conseguenze più gravi e dolorose dell’evento. Da questo essenziale punto di vista non si configura analogia con il caso del Vajont, nel quale si discuteva direttamente proprio delle tecniche di realizzazione dell’invaso montano, delle cause del disastro, delle condotte colpose dei soggetti a vario titolo coinvolti nella sicurezza dell’opera.

 

 

Cassazione, sez. IV, 22 marzo 2012, n. 11208

(Pres. Sirena – Rel. Blaiotta)

 

Motivi della decisione

1. Con istanza cui ha fatto seguito la presentazione di memoria illustrativa, C.L. ha chiesto la rimessione del processo che lo riguarda ad altra sede giudiziaria.

Si espone che l’imputazione riguarda i reati di cui agli artt. 434, 449 e 589 cod. pen. in quanto collaudatore della costruzione di un edificio sito in L’Aquila, a seguito di incarico risalente al settembre 1959. Il fabbricato è crollato in data 6 aprile 2009 durante il noto terremoto, generando cinque vittime.

Presso la sede giudiziaria in questione si riscontra una situazione pregiudizievole alla libera determinazione delle persone che partecipano al processo: giudici, persone offese, parti civili, testimoni, consulenti. Tutti hanno avuto la loro vita distrutta o nella migliore delle ipotesi stravolta. È passato poco tempo dal tragico giorno e si vive ancora un clima pesante. I consulenti ed esperti nominati nel processo svolgono la loro attività presso Università degli Studi dell’Aquila. L’attività giudiziaria in corso riguarda l’operato di organismi pubblici prettamente locali; e la stessa terzietà del giudice è a rischio.

Occorre assicurare che la decisione del giudice avvenga attraverso l’acquisizione di elementi probatori scaturiti da comportamenti dei soggetti coinvolti nel processo alieni da ogni pregiudizio derivante dalle gravi condizioni locali. Nessun giudice può rimanere impermeabile alle situazioni esterne al processo, radicate nell’ambiente che lo circonda. Ma ciò che più conta è che – e indispensabile eliminare agli occhi di tutti anche la mera impressione che l’accertamento della verità sia inquinato dalla passione dell’ambiente.

Tali motivi di turbamento possono essere ovviati solo attraverso lo spostamento del processo ad altra sede giudiziaria. Tale soluzione è del resto in linea con quanto già deciso in un caso analogo afferente al disastro del Vajont.

3. Il ricorso è infondato.

La vicenda processuale in esame, pur collocandosi sullo sfondo del terremoto che ha colpito L’Aquila, non chiama direttamente in causa i temi afferenti all’istituto della rimessione, evocati dal ricorrente.

Infatti, l’imputazione attiene ad un episodio senza dubbio drammatico ma di ben definito rilievo. Si tratta di comprendere se un edificio fu realizzato correttamente e se, nell’ambito dell’attività di collaudo, vi furono condotte colpose addebitabili al C. . Al riguardo, come esposto dallo stesso ricorrente, è in corso un’indagine che ha preminente contenuto scientifico e che si attua con indagine peritale. Il tenore scientifico delle questioni in esame, la dialettica che ampiamente si attua tra le parti nel corso dell’indagine peritale, e che la connota quale strumento euristicamente affinato, consentono di escludere che possa verificarsi l’interferenza di fattori emotivi in grado di vulnerare l’oggettività delle ponderazioni in corso.

D’altra parte, l’indagine non coglie direttamente e significativamente le questioni note ed agitate dal ricorrente; e che afferiscono precipuamente al sisma, alla sua evoluzione, alta sua prevedibilità, alla possibilità di configurare la responsabilità di alcuno per la mancata adozione di misure che avrebbero potuto evitare le conseguenze più gravi e dolorose dell’evento. Da questo essenziale punto di vista non si configura analogia con il caso del Vajont, nel quale si discuteva direttamente proprio delle tecniche di realizzazione dell’invaso montano, delle cause del disastro, delle condotte colpose dei soggetti a vario titolo coinvolti nella sicurezza dell’opera.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

 

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