Manto stradale insidioso, il Comune risarcisce i danni derivanti dalla caduta in motorino? Cassazione, sez. III, 28 settembre 2012, n. 16540

 

MANTO STRADALE INSIDIOSO, IL COMUNE RISARCISCE I DANNI DERIVANTI DALLA CADUTA IN MOTORINO?

Cassazione, sez. III, 28 settembre 2012, n. 16540

 

 

  • Il fattore decisivo per l’applicabilità della disciplina ex art. 2051 c.c. deve individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l’impossibilità di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all’uso generale e diretto da parte dei terzi, da considerarsi meri indici di tale impossibilità, ma all’esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto gli indici suddetti.
  •  In questa direzione si è orientata negli ultimi anni la giurisprudenza di questa Corte, i cui più recenti arresti (v. Cass. 18.10.2011 n. 21508) hanno segnalato, con particolare riguardo al demanio stradale, la necessità che la configurabilità della possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non soltanto con riguardo all’estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all’interno della perimetrazione del centro abitato (v. Cass. n. 21328 e 21329/10; 12695/10; 24529/09; 9546/09; 15384/06; 3651/06).
  • Se si tratta di strada comunale all’interno della perimetrazione del centro abitato (L. n. 1150 del 1942, art. 41 quinquies e succ. mod.), la localizzazione della strada è indice della possibilità di vigilanza e controllo costante da parte del Comune.

 

 

 

Cassazione, sez. III, 28 settembre 2012, n. 16540

(Pres. Petti – Rel. Giacalone)

 

In fatto e in diritto

1. B.N. convenne in giudizio davanti al Giudice di Pace di Cagliari il Comune di Cagliari, esponendo che l’11.6.2001, mentre alla guida del proprio ciclomotore stava percorrendo il (OMISSIS) , a causa della presenza di ghiaia sull’asfalto, aveva perso il controllo del mezzo ed era caduto al suolo, riportando danni al ciclomotore e lesioni personali; chiese, pertanto, la condanna del Comune al risarcimento di tutti i danni subiti. Il Comune di Cagliari, costituitosi, contestò il fondamento delle pretese ed eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, deducendo che nel luogo del sinistro si stavano svolgendo lavori di miglioramento della viabilità, commessi in appalto alla Saromar s.r.l., contrattualmente responsabile per eventuali danni cagionati a terzi. L’Amministrazione comunale chiese, pertanto, il rigetto della domanda e l’autorizzazione alla chiamata in giudizio della Saromar, al fine di essere tenuta indenne in caso di accoglimento delle domande dell’attore. La Saromar s.r.l., costituitasi, contestò il fondamento delle domande e chiese, comunque, l’autorizzazione alla chiamata in giudizio della Società Cattolica di Assicurazione cooperativa a r.l., con la quale aveva stipulato un contratto di assicurazione per danni a terzi. La predetta compagnia assicuratrice, costituitasi, chiese il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti e delle domande proposte dall’at. Il Giudice di Pace condannò il Comune al pagamento, in favore dell’attore, della somma di 6 609,15 e rigettò la domanda proposta dal Comune nei confronti della Saromar.

2. Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, depositata il 15 febbraio 2006, il Tribunale di Cagliari ha accolto l’appello del Comune e rigettato la domanda del B. , sul presupposto che, nella specie, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, nel caso di specie non trovava applicazione la presunzione di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c., dovendosi ritenere le strade beni che, per la loro estensione e per l’uso generale e diretto da parte dei cittadini, non consentono una vigilanza ed un controllo idonei ad evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo. La responsabilità della p.a. per danni conseguenti a difetto di manutenzione delle strade era dunque configurabile quando fosse risultato violato il principio generale del neminem laedere ex art. 2043 c.c. e, particolarmente, quando le strade, per le condizioni in cui erano state tenute, presentassero per l’utente che fa ragionevole affidamento sulla loro apparente regolarità una situazione di pericolo occulto (c.d. insidia o trabocchetto), caratterizzata congiuntamente dall’elemento oggettivo della non visibilità del pericolo e da quello soggettivo della non prevedibilità, ovvero dell’impossibilità di avvistarlo tempestivamente per poterlo evitare (Cass. n. 366/2000; Cass. 5772/98; Cass. n. 340196). Il danneggiato, pertanto, può agire per il risarcimento soltanto in base all’art. 2043 c.c., per cui gli incombe il relativo onere probatorio, anche in relazione all’esistenza della situazione di pericolo occulto. Dalle deposizioni dei testi escussi nel primo grado del giudizio, era emerso che in prossimità del punto ove il B. perse il controllo del ciclomotore vi era un cantiere aperto dallo Saromar, ove per le lavorazioni si utilizzava sabbia, ghiaia e calcestruzzo, e che nella zona nello stesso periodo vi erano altri lavori in corso, relativi al rifacimento di fognature, nonché un transito di autocarri e betoniere con materiali diversi. Il teste Solla, poi, aveva precisato che i detriti sulla strada erano formati da pietre, ghiaia e cemento, che si sbriciolavano al passaggio delle autovetture; auto che, al momento del sinistro, procedevano incolonnate. Avuto riguardo alle predette risultanze, il Tribunale riteneva che la presenza sulla sede stradale di detriti frantumati, non era chiaro se in tutto o in parte, fosse pienamente visibile, anche a distanza, considerato altresì che il sinistro avvenne in ora diurna. Invero, proprio perché si trattava di residui di lavorazioni stradali, non pareva che gli stessi fossero di minima ed insidiosa quantità, nascosta alla vista dell’utente della strada; né poteva sostenersi che la presenza di ghiaia fosse occultata dalla presenza, davanti al B. , di auto incolonnate, in quanto sarebbe stato sufficiente tenere la distanza di sicurezza per poter avere una chiara visione delle condizioni della strada davanti a sé. Per altro verso, non era condivisibile l’argomentazione del primo giudice, secondo il quale la ghiaia, se non costituisce una situazione di pericolo per un’autovettura, ha la caratteristica di insidia per il ciclomotore, che passando sopra la stessa perde aderenza; infatti, la c.d. insidia stradale non muta la sua natura secondo il mezzo che percorre la strada, ma, come sopra rilevato, consiste in una situazione di pericolo oggettiva, laddove non visibile ed evitabile. Di conseguenza, ogni utente di comune diligenza avrebbe ben potuto tempestivamente avvistare la situazione dei luoghi e, quindi, procedervi sopra con prudenza ovvero evitare il transito il quel tratto della strada.

3. Il B. propone ricorso per cassazione sula base dei seguenti motivi; resiste il Comune con controricorso e chiede dichiararsi inammissibile e, comunque, rigettarsi il ricorso; gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

3.1. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per aver ritenuto non applicabile al caso di specie l’art. 2051 c.c. – che prevede la responsabilità del custode per i danni cagionati dalle cose che egli ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito – richiamando un orientamento di questa Corte (n. 5990/98, 921/88) relativo a fattispecie diverse da quella da decidere (strade di difficile controllo – autostrade – strade statali di notevole estensione), nonché basandosi su decisioni ormai datate. La più recente giurisprudenza della Corte ha precisato che l’art. 2051 c.c. è applicabile anche alla P.A. nei casi in cui è possibile “un concreto esercizio del potere di controllo e di vigilanza sulla res” e cioè sulla strada che, nel caso di specie è inserita nella rete urbana dei Comune di Cagliari e non è di notevole estensione (Cass. Civ. sez. III, 23.7.2003 n. 11446).

Secondo Cass. 13 gennaio 2003 n. 298 e 15 gennaio 2003 n. 488, l’esclusione dell’applicazione dell’art. 2051 c.c. trova il proprio fondamento soltanto nella impossibilità, per l’ente proprietario della strada pubblica, di evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo derivanti dal bene, e quindi non già nella sola natura demaniale del bene, soggetto all’uso diretto da parte della generalità degli utenti, ma anche nella coesistenza dell’altro elemento di fatto della notevole estensione del bene stesso. Tale orientamento è conforme a quello espresso in motivazione dalla sentenza Corte Cost. 10.5.1999 n. 156). Nel caso di specie, la strada ove si è verificato l’incidente, e cioè il (OMISSIS) , è notoriamente inserita nella rete urbana di Cagliari, ha uno sviluppo di pochi chilometri, è soggetta al limite di velocità di 50 Km, è percorsa giornalmente dai mezzi adibiti al trasporto pubblico, dai mezzi della Nettezza urbana, dai mezzi dei Comune di Cagliari addetti al Controllo del traffico e da quelli incaricati della cura del verde pubblico. Non avrebbe potuto certo ritenersi unM’impossibilità” del Comune di evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo derivanti dal bene. Per di più i lavori stradali all’origine dei detriti, causa della caduta della B. , erano stati commissionati proprio dal Comune, che avrebbe in ogni caso dovuto e potuto eliminare tempestivamente ogni situazione di potenziale pericolo, per lo meno segnalando, con opportuni cartelli, i lavori in corso, trattandosi di elementi che avrebbero dovuto essere accertati e valutati dal Giudice di merito, a cui spetta di motivatamente stabilire se sussisteva o meno la possibilità oggetti va del Comune di esercitare un potere continuo di controllo sulle condizioni della strada (Cass. 23.7.2003 n. 11446). Ma il Tribunale di Cagliari non si sarebbe posto alcun problema ed avrebbe deciso in base ad un principio di diritto astratto, palesemente superato ed errato, se riferito alla fattispecie, ignorando che questa Corte di Cassazione, in funzione della estensione delle strade e della concreta possibilità che abbia a P.A. di effettuare la vigilanza e il controllo sul bene in custodia, ha stabilito, invece, che l’art. 2051 e. e. non è applicabile nel caso di danni cagionati da, una strada pubblica solo quando sia oggettivamente impossibile la parte dell’ente pubblico che ne è proprietario, l’esercizio di un continuo ed efficace controllo idoneo ad impedire situazioni di pericolo per gli utenti” (Cass. 23.7.2003 n. 11446; Cass. 13.1.2003 n. 298; Cass. 15.1.2003 n. 488).

3.2. – Motivazione insufficiente e non coerente, illogicità consistente nell’attribuire agli elementi di giudizio significati estranei al senso comune; in relazione alla applicabilità al caso concreto dell’art. 2043 c.c. e 149 Codice della Strada. Dopo avere escluso che al caso di specie fosse applicabile l’art. 2051 c.c. il Giudice dell’appello ha argomentato avverso la decisione del giudice di Pace, escludendo qualunque responsabilità del Comune di Cagliari ex art. 2043 c.c. per l’assenza della così detta “insidia stradale”; in definitiva affermando che l’incidente era addebitabile esclusivamente al comportamento del B. . Per motivare e giustificare la sua tesi il giudice attribuisce agli elementi di giudizio significati estranei al senso comune e rende incoerenti le varie ragioni esposte. Ipotizza che al B. sarebbe stato sufficiente tenere “la distanza di sicurezza” per poter avere una chiara visione delle condizioni della strada davanti a sé ed evitare la caduta. L’art. 149 del Codice della Strada dispone che “Durante la marcia i veicoli devono tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza tale, che sia garantita in ogni caso l’arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono”. Nel caso di specie, nessuna infrazione è stata contestata al B. , né è avvenuta alcuna collisione con i veicoli che lo precedevano, perciò l’affermazione del Giudice appare inconferente, capziosa e priva di qualunque riscontro con la realtà dei fatti. I convincimenti del giudice d’appello sarebbero illogici e irrazionali; contrasterebbero con il comune buon senso e con la quotidiana esperienza di chi circola su uno scooter e con le oggettive ed indiscutibili differenze tecniche e fisiche che deve affrontare chi viaggia su due ruote rispetto all’utente delle quattro ruote o al pedone. Dalla sentenza non emergerebbe attraverso quali elementi di giudizio sia stato possibile determinare la quantità e la visibilità dei detriti stradali, in essa difetterebbe totalmente ogni specifica analisi delle pur acquisite risultanze probatorie, alla cui disamina il giudice non può sottrarsi allorché ritenga che esse valgono a giustificare l’accoglimento della pretesa fatta valere in giudizio, risultando altrimenti impossibile il controllo logico della decisione.

4. – Il primo motivo è fondato, sussistendo l’error in indicando con esso dedotto, ed il suo accoglimento assorbe ogni decisione in ordine al secondo, stante il nuovo motivato esame che il giudice di rinvio dovrà condurre alla luce dei principi che si ribadiscono qui di seguito.

4.1. – Erroneamente la Corte territoriale ha fatto discendere l’inapplicabilità dell’art. 2051 ex. in modo automatico dall’estensione della rete viaria e dall’uso di essa da parte della collettività. Infatti, secondo la più recente ed ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1.10.2004, n. 19653; Cass. 13.1.2003, n. 298, entrambe in motivazione), che si condivide e si riallaccia alla sentenza 10.5.1999, n. 156, della Corte Costituzionale, un tale effetto non costituisce riflesso incondizionato ed automatico delle indicate caratteristiche della strada, le quali rappresentano meri indizi dell’impossibilità di un concreto esercizio del potere di controllo e di vigilanza sulla strada; impossibilità che può essere ritenuta non già in virtù del semplice riferimento alla natura demaniale ed all’estensione della strada, ma a seguito di un’indagine condotta dal giudice con riferimento al caso concreto. In definitiva, l’estensione della strada e l’uso generale di essa da parte della collettività rilevano nell’indagine che il giudice è tenuto a compiere caso per caso per verificare se l’esercizio del potere di controllo e di vigilanza della strada da parte dell’ente che ne è proprietario sia risultato in concreto possibile, dovendo altrimenti escludersi il rapporto di custodia e ritenersi non configurabile la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c..

4.2. – Questa Corte ha anche precisato il concetto di custode, quale titolare del potere di custodia (di diritto, ma anche come disponibilità di fatto), che è potere funzionale, potere esigibile; ma tale funzione ed esigibilità deve essere valutata in concreto, e non tradursi in un principio astratto di esenzione di una parte forte (concessionario di autostrada, ente pubblico territoriale con gestione della rete stradale di appartenenza, o di altro servizio pubblico o di bene demaniale). Questo potere di accertamento della qualità e quantità di custodia, appartiene alla cognizione del giudice che deve applicare la norma ed il suo ambito, senza creare posizioni di vantaggio per la parte danneggiante, ma secondo un prudente apprezzamento delle circostanze e tenendo conto che la norma pone un rilevante onere della prova a carico della parte che risponde della responsabilità oggettiva (Cass. 2.3.2007 n. 4962; Cass. 26.9.2006 n. 20823; Cass. 6.7.2006 n. 15383).

4.3. – Pertanto, il fattore decisivo per l’applicabilità della disciplina ex art. 2051 c.c. deve individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l’impossibilità di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all’uso generale e diretto da parte dei terzi, da considerarsi meri indici di tale impossibilità, ma all’esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto gli indici suddetti. In questa direzione si è orientata negli ultimi anni la giurisprudenza di questa Corte, i cui più recenti arresti (v. Cass. 18.10.2011 n. 21508) hanno segnalato, con particolare riguardo al demanio stradale, la necessità che la configurabilità della possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non soltanto con riguardo all’estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all’interno della perimetrazione del centro abitato (v. Cass. n. 21328 e 21329/10; 12695/10; 24529/09; 9546/09; 15384/06; 3651/06). Occorre, invero, avvertire che, se si tratta di strada comunale all’interno della perimetrazione del centro abitato (L. n. 1150 del 1942, art. 41 quinquies e succ. mod.), la localizzazione della strada è indice della possibilità di vigilanza e controllo costante da parte del Comune.

4.4. – La sentenza d’appello va cassata perché non conforme agli indicati principi. Il Tribunale di Cagliari, in diversa composizione, procederà a nuovo motivato esame, alla luce di tali principi, e provvederà sulle spese, anche in relazione a quelle del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Cagliari in diversa composizione.

 

 

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