Esecuzione forzata. È valido il contratto di locazione stipulato dopo il pignoramento dell’immobile e per un prezzo esiguo? Cassazione, sez. VI, 1° ottobre 2012, n. 16718

 

ESECUZIONE FORZATA. È VALIDO IL CONTRATTO DI LOCAZIONE STIPULATO DOPO IL PIGNORAMENTO DELL’IMMOBILE E PER UN PREZZO ESIGUO?

Cassazione, sez. VI, 1° ottobre 2012, n. 16718

 

Le esigenze di tutela degli aggiudicatari – e, per il tramite di esse, quella di effettività del processo esecutivo, a sua volta a tutela delle ragioni dei creditori e del medesimo esecutato – devono ritenersi prevalenti sul diritto del locatario al bene poi staggito, con conseguente correttezza dell’estensione dell’inopponibilità a tutte le locazioni, comunque in corso al momento dell’aggiudicazione e beninteso anteriori al pignoramento (operando, per quelle successive, il diverso meccanismo dell’art. 560 cod. proc. civ.), a prescindere dal soggetto che le aveva poste in essere, qualora ricorrano i presupposti di fatto del terzo comma dell’art. 2923 cod. civ.;

La stessa impostazione della disciplina degli effetti sostanziali della vendita consente di riferire le singole disposizioni, ove il loro tenore letterale non le limiti ulteriormente, alla valenza per così dire oggettiva delle fattispecie disciplinate, normalmente intese come limitative della pienezza dei poteri e delle facoltà di disposizione normalmente spettanti ai titolari dei diritti reali sui beni poi staggiti e coattivamente trasferiti.

 

 

Cassazione, sez. VI, 1° ottobre 2012, n. 16718

(Pres. Finocchiaro – Rel. De Stefano)

 

Svolgimento del processo

1. È stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della corte di appello di Milano del 6.3.10, n. 425:

“1. — La Ca’ Fontana srl ricorre, affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con cui è stato rigettato il suo appello avverso la pronunzia del tribunale di Como, di reiezione della sua domanda di applicazione dell’art. 2923, comma terzo, cod. civ. in relazione alla locazione di un bene immobile acquistato in sede di vendita giudiziaria e già locato, dalla dante causa del debitore esecutato, alla Gestioni srl. L’intimata resiste con controricorso.

2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-tò1 cod. proc. civ., essendo soggetto alla disciplina dell’art. 360-tó cod. proc. civ. (di cui all’art. 47, co. 1 lett. a), della legge 18 giugno 2009, n. 69) – per esservi accolto per manifesta fondatezza, per quanto appresso indicato.

3. — La gravata sentenza, confermando sul punto quella di primo grado, ha ritenuto che la norma dell’art. 2923, comma terzo, cod. civ. (il quale recita: in ogni caso l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione qualora il presso convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni), si applica esclusivamente alle locazioni consentite dal debitore esecutato, con conseguente obbligo, per l’aggiudicatario, di riconoscere quelle stipulate dai danti causa di questi e, comunque, prima del pignoramento. Con unitario motivo — rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 2923 III co. c.c. — la Ca’ Fontana contesta tale interpretazione, contraria alla stessa ratio legis individuata dai giudici di appello e consistente nella tutela dei creditori e dell’aggiudicatario del bene; dal canto suo, la Gestioni srl rimarca la correttezza dell’opposta interpretazione dei giudici del merito.

4. – Il ricorso è manifestamente fondato:

4.1. la norma dell’art. 2923 cod. civ., rubricata genericamente locazioni, è inserita nel titolo quarto (della tutela giurisdizionale dei diritti), capo secondo (dell’esecuzione forzata), sezione prima (dell’espropriazione), p.3 (effetti della vendita forzata e dell’assegnazione) mira con tutta evidenza — e nel suo complesso — a coordinare l’estensione del generale principio emptio non tollit locatum (dettato per la vendita volontaria: v. artt. 1599 e 1600 c.c.) anche alla materia esecutiva con le esigenze proprie del processo di espropriazione; tra queste, è generalmente indicata la necessità di tutelare l’acquirente da possibili accordi fraudolenti; ma, più in generale, anche a seguito della riforma del 2006, può bene sostenersi l’esigenza di garantire l’efficienza del medesimo attraverso la maggior possibile affidabilità sulla pienezza dei suoi effetti nei confronti anche di quei soggetti estranei sollecitati a prendervi parte per rendere possibile la trasformazione in denaro del bene pignorato: invero, la più pregnante tutela dei potenziali aggiudicatali è stata ritenuta una delle rationes ispiratrici della riforma suddetta già da Cass. Sez. Un. n. 262 del 2010, da Cass. 12960 del 2011, da Cass. 26202 del 2011 e da Cass. ord. 2472 del 2012, tutte in motivazione…;

4.2. in tale prospettiva, le ben note peculiarità della vendita forzata la distinguono nettamente da una ordinaria vendita di diritto privato e la strutturano invece in un istituto sui generis, il quale, realizzando congiuntamente l’interesse pubblico (connesso a ogni processo giurisdizionale) e l’interesse privato (dei creditori concorrenti e dell’aggiudicatario), partecipa della natura pubblicistica del procedimento, nel corso del quale convergono e reciprocamente si completano atti i quali, in relazione alla diversità dei loro autori, sono regolati da differenti discipline (e descrittivamente potendo definirsi come un’ipotesi particolarissima di trasferimento coattivo);

4.3. se tanto è vero, i principi generali della vendita si applicano solo se ed in quanto espressamente richiamati o disciplinati, ma soprattutto in coerenza con le pubblicistiche esigenze cui è preordinata la vendita forzata: con la conseguenza che anche il principio emptio non tollit locatum trova applicazione, ma secondo la peculiare normativa del codice civile ed in vista delle esigenze dell’espropriazione, sicché non è corretta la sua valutazione quale regola generale applicabile a quella speciale vendita che è la vendita forzata;

4.4. in tale contesto:

– da un lato, l’argomento testuale invocato dai giudici del merito, cioè un collegamento tra il primo e il terzo comma della norma con l’estensione a quest’ultimo del riferimento alle sole locazioni concluse dal debitore, non regge alla disamina del testo della disposizione: soltanto il primo comma si riferisce alle vendite consentite da chi ha subito l’espropriazione, mentre il terzo comma esordisce con la locuzione in ogni caso, che all’evidenza svincola la seguente proposizione da ogni eventuale limitazione contenuta nelle disposizioni in precedenza dettate, purché si rimanga nell’ambito di una locazione del bene oggetto di vendita (o di assegnazione) forzata; infatti, l’intero articolo disciplina, nel suo complesso, tutte le possibili ipotesi in cui il bene oggetto della vendita forzata sia stato, al momento dell’aggiudicazione, detenuto in locazione da estranei (e, beninteso, in forza di rapporti insorti prima del pignoramento, essendo in linea di massima tout court inopponibili all’aggiudicatario quelli successivi senza la necessaria autorizzazione del giudice dell’esecuzione);

– dall’altro lato, gli spunti giurisprudenziali valorizzati dai giudici del merito e dalla controricorrente restano invero assai tenui, visto che le concrete fattispecie in quel frangente esaminate e decise non possono affatto fondare l’esclusione dell’estensione delle previsioni dei capoversi dell’art. 2923 cod. civ. ai casi di locazioni consentite dai danti causa del soggetto che ha subito l’espropriazione;

– e comunque, le conclusioni cui pervengono i giudici del merito non sono in armonia con la lettera e con le finalità della norma in esame, che va invece interpretata nel senso che i commi dell’art. 2923 cod. civ. successivi al primo sono di portata generale, solo in tal modo potendo perseguirsi le composite finalità della norma, già tratteggiate sopra al p. 4.1;

– e tanto in applicazione del principio per il quale le specifiche esigenze di effettività della vendita forzata, da perseguirsi nella specie mediante la tutela della maggior possibile pienezza dei suoi effetti in favore degli aggiudicatali, impongono l’esenzione di questi ultimi dall’obbligo di rispettare la locazione, qualora il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni, anche quando si tratti di locazioni in corso al momento del pignoramento, che siano state consentite o stipulate dai danti causa del soggetto che ha subito l’espropriazione.

5. – In definitiva, sì propone l’accoglimento del ricorso, visto che la gravata sentenza non si è attenuta all’indicato principio di diritto; all’eventuale cassazione dovrà conseguire il rinvio alla medesima corte territoriale, affinché, applicato detto principio e provvedendo sulle spese dell’intero giudizio (compreso quello di legittimità), valuti il gravame ritenendo in astratto applicabile la norma invocata dall’aggiudicataria anche all’ipotesi di locazione consentita dal dante causa del debitore, impregiudicato – beninteso – l’esame della ricorrenza di ogni altro presupposto”.

Motivi della decisione

II. Non sono state presentate conclusioni scritte, ma l’intimata ha depositato memoria ed entrambi i difensori delle parti hanno chiesto di essere ascoltati in camera di consiglio.

III. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, non potendo giustificarsi il suo superamento alla stregua delle repliche contenute nella memoria depositata dall’intimata:

III.1. in via assolutamente preliminare, va sottolineata la chiarezza della formulazione testuale, sulla cui base le esigenze di tutela degli aggiudicatari – e, per il tramite di esse, quella di effettività del processo esecutivo, a sua volta a tutela delle ragioni dei creditori e del medesimo esecutato – devono ritenersi prevalenti sul diritto del locatario al bene poi staggito, con conseguente correttezza dell’estensione dell’inopponibilità a tutte le locazioni, comunque in corso al momento dell’aggiudicazione e beninteso anteriori al pignoramento (operando, per quelle successive, il diverso meccanismo dell’art. 560 cod. proc. civ.), a prescindere dal soggetto che le aveva poste in essere, qualora ricorrano i presupposti di fatto del terzo comma dell’art. 2923 cod. civ.;

III.2. del resto, la stessa impostazione della disciplina degli effetti sostanziali della vendita consente di riferire le singole disposizioni, ove il loro tenore letterale non le limiti ulteriormente, alla valenza per così dire oggettiva delle fattispecie disciplinate, normalmente intese come limitative della pienezza dei poteri e delle facoltà di disposizione normalmente spettanti ai titolari dei diritti reali sui beni poi staggiti e coattivamente trasferiti;

III.3. tali fattispecie sono regolate, in buona sostanza, con una disciplina parzialmente derogatoria rispetto alla vendita negoziale, trovando la propria giustificazione nella peculiare natura della vendita giudiziale: la quale integra una fattispecie particolarissima di trasferimento coattivo e, comunque, un istituto sui generis, il quale, realizzando congiuntamente l’interesse pubblico – connesso a ogni processo giurisdizionale – e l’interesse di privati – dei creditori concorrenti, dell’aggiudicatario e, di riflesso, del debitore (al risultato del miglior possibile soddisfacimento delle ragioni dei suoi creditori con il minor possibile sacrificio del suo patrimonio) -, partecipa della natura pubblicistica del procedimento, nel corso del quale convergono e reciprocamente si completano atti i quali, in relazione alla diversità dei loro autori, sono regolati da differenti discipline;

III.4. è per questo che alla regola generale emptio non tollit locatum sono arrecate alcune significative deroghe: in linea di massima, come riconosciuto già dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. Un. 20 gennaio 1994, n. 459), la regola generale è quella dell’opponibilità delle locazioni aventi data certa anteriore al pignoramento, come dell’inopponibilità di quelle successive (risultando perfino quelle stipulate con l’autorizzazione del giudice commisurate naturaliter alle esigenze della procedura esecutiva nel cui corso sono state stipulate, tanto da cessare proprio con l’aggiudicazione del bene che ne è l’oggetto); ma a tale regola sono poi arrecate alcune ulteriori eccezioni importanti;

III.5. il primo comma dell’art. 2923 cod. civ. si riferisce espressamente alle locazioni “consentite da chi ha subito l’espropriazione”, ma almeno i due commi successivi si riferiscono alle locazioni sic et simpliciter — vale a dire, senza ulteriore specificazione del soggetto locatore — e pertanto devono riguardare, nella sua oggettività, la presenza di un pregresso contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile staggito, quello integrando — alle condizioni ivi previste — una significativa limitazione delle facoltà di godimento normalmente connesse al diritto reale trasferito coattivamente;

III.6. detti commi successivi costituiscono così ulteriori specificazioni dell’esenzione dell’aggiudicatario dalla regola generale posta dal primo comma, di rispettare la locazione avente data certa anteriore al pignoramento: con una valutazione normativa (e quindi predeterminata) di gravità — e conseguente inopportunità, ai fini di rendere conveniente e quindi efficace la vendita giudiziale, della sua opponibilità all’aggiudicatario – della limitazione del godimento derivante, ora, dalla durata ultranovennale originaria della locazione stessa (secondo comma: durata che comporta la qualificazione del relativo negozio come eccedente l’ordinaria amministrazione del bene, proprio per il carattere inusualmente protratto della previsione del vincolo contrattuale e della conseguente persistenza della compressione delle facoltà del proprietario), ora dalla manifesta incongruità del corrispettivo del godimento (terzo comma del medesimo art. 2923 cod. civ.: anch’essa in grado, sotto diverso profilo, di rendere non tollerabile il sacrificio della piena estrinsecabilità delle facoltà di godimento dell’acquirente in vendita forzata);

III.7. può anzi dirsi che le stesse esigenze di effettività della vendita giudiziale, poste in luce nella relazione, impongono di ritenere recessivi gli interessi del locatario, che comunque ha – beninteso, legittimamente, ma appunto fino a tale momento – beneficiato, prima dell’aggiudicazione, di un corrispettivo manifestamente sperequato a suo vantaggio (attesa l’obiettiva – e così riconoscibile — sensibile inferiorità di esso rispetto a quello “giusto”, ovvero rispetto a quello usualmente ritraibile per il medesimo immobile), con corrispondente svantaggio per la controparte, consistente nella diminuita possibilità di percepire un reddito, idoneo a meglio soddisfare la sua complessiva responsabilità patrimoniale (e salve le eventuali ragioni di risarcimento del locatario verso il locatore originario o il suo successore debitore, ove configurabili, atteso che costoro non sono stati in grado di assicurare il godimento oggetto del contratto di locazione).

IV. Risponde quindi ad un adeguato contemperamento degli interessi in gioco che tale obiettiva situazione si risolva, dinanzi alle esigenze pubblicistiche già messe in luce per la vendita giudiziale, con effetto ex nunc in favore dell’aggiudicatario ed in danno del locatario già avvantaggiatosi dal favorevole contratto: ed in questo contesto non può avere rilevanza che un tale obiettivo vantaggio derivi dalla volontà negoziale del debitore assoggettato ad esecuzione o da quella del dante causa di quest’ultimo, in quanto le esigenze ed il contemperamento suddetti ne prescindono oggettivamente, in quanto obiettivamente sussistenti e, del resto, facilmente percepibili proprio dal locatario.

V. Ne consegue la correttezza della soluzione ermeneutica proposta dalla sopra riportata relazione e la fondatezza del ricorso.

Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., questo va accolto, con cassazione della gravata sentenza e rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla medesima corte territoriale, ma in diversa composizione: e tanto affinché applichi il principio di diritto di cui alla sopra trascritta relazione (punto 4.4, ultimo alinea) e valuti il gravame ritenendo in astratto applicabile la norma invocata dall’aggiudicataria anche al caso di locazione consentita dal dante causa del debitore, impregiudicato – beninteso – l’esame della ricorrenza di ogni altro presupposto.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la gravata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla corte di appello di Milano, in diversa composizione

 

 

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