La comunione legale e l’invenzione della fuoriuscita di uno o più beni ricompresi in essa a causa di fallimento societario Cassazione, Sez. III, 14 marzo 2013, n. 6575 (M. Giarrizzo)

 

LA COMUNIONE LEGALE E L’INVENZIONE DELLA FUORIUSCITA DI UNO O PIÙ BENI RICOMPRESI IN ESSA A CAUSA DI FALLIMENTO SOCIETARIO

Cassazione, Sez. III, 14 marzo 2013, n. 6575

Mauro Giarrizzo

 

 

La sentenza in commento evidenzia l’invenzione della fuoriuscita di uno o più beni rientranti nella comunione legale a causa del fallimento della S.A.S.,(società in accomandita semplice), di una delle parti uniti in detto regime di comunione legale.

I nubendi, all’atto della celebrazione del matrimonio, possono scegliere un regime diverso da quello imposto dall’art. 159[1] C.C., (comunione legale), tra: separazione dei beni[2]; convenzione matrimoniale[3]; fondo patrimoniale[4]. 

Scelta da fare in costanza di celebrazione del matrimonio, per la successiva annotazione a margine del certificato detenuto presso lo Stato Civile che raccoglie informazioni utili, per l’opponibilità ai terzi, e cioè se il regime patrimoniale è diverso da quello della comunione legale[5].

 Scelta, comunque che può essere fatta anche successivamente a mezzo di atto pubblico[6].

La sentenza in commento ci fornisce dei dati interessanti: trattasi di persone già unite in matrimonio con regime di comunione legale dei beni, ex art.  159 CC. , separate[7] consensualmente, riconciliate e successivamente riseparate.

La comunione legale dei beni è il regime legale, dopo la riforma del Diritto di Famiglia del 1975, che i coniugi hanno se non richiedono altro regime. Essa <<trova fondamento nell’esigenza, fatta propria dall’ordinamento, di dare attuazione in maniera più profonda alla causa del matrimonio, realizzando una comunione di vita fra gli sposi anche sotto il profilo patrimoniale, consentendo così l’uguale partecipazione alla ricchezza da loro prodotte durante il matrimonio[8]>>.

Nella comunione legale rientrano gli acquisti fatti in costanza dello stesso regime. Fanno eccezione i beni personali disposti ex art. 179[9] C.C., che restano in capo a ciascun coniuge, come dispone l’art.177[10] C.C.. <<Restano invece esclusi dalla comunione legale gli acquisti di partecipazioni a società di persone che comportino esercizio di attività d’impresa da parte dei soci, e quindi la loro responsabilità illimitata (società semplice, società in nome collettivo, accomandatario nella soc. in accomandita semplice[11]>>.   

Nella comunione legale, ciascun coniuge può contrarre obbligazioni, per i bisogni della famiglia. Delle obbligazioni, il coniuge che le ha contratte risponde con il proprio patrimonio personale (così come da artt.  180[12]  e 186[13] in combinato disposto con l’art.  2740[14] CC), e con la quota dei beni della comunione legale, se l’obbligazione è posta in essere per la famiglia.

In caso di insolvenza e prima di aggredire la quota del patrimonio inserito nella comunione legale, spetterà all’altro coniuge  indicare altri beni del patrimonio del coniuge inadempiente, (vedasi  Tribunale di Genova 30.01.82[15] e Tribunale di Napoli, 6.4.90[16].

La coppia entrata in crisi può chiedere la  separazione.

La separazione, cioè <<lo scioglimento del regime di comunione fu inteso come l’evento più rilevante nel novero di quelli che concernevano le vicende del regime[17]>>.

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