Uccisione di cane da parte di altro cane-responsabilità ex art. 2052 c.c (G. Fedeli)

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI FERMO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il GdP di Fermo  Avv. Giuseppe Fedeli ha pronunciato la seguente

SENTENZA

in seno alla causa civile iscritta al n. 413/2012 R.G. promossa con atto di citazione ritualmente notificato 

DA

…………………….. CF  BLLFRC65B01G920C, rappresentato e difeso dagli Avv. ……        

    ATTORE –

Contro

…………………….., rappresentati e difesi dall’Avv. ………………..                                    

  – CONVENUTI –

ERGA

……….ASS.NI spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. ……    

                                                                                                            –   TERZA CHIAMATA IN CAUSA –

 

OBIETTO: azione di risarcimento danni da uccisione di animale

Conclusioni delle parti: ex actibus

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda è infondata e va dunque disattesa. Assume parte attrice: il giorno 16/12/2007 il cane da caccia razza setter inglese di colore bianco con macchie fegato registrato all’anagrafe canina con il nome “………………” e di proprietà dell’odierno attore, era detenuto dal Sig. …………………….. residente in Porto San Giorgio che si trovava a caccia sull’alveo del fiume Aso, all’altezza del lago Santarelli;

                2) nelle riferite circostanze di tempo e di luogo, il setter inglese “………………” veniva azzannato da due cani di grossa taglia, un rottweiller ed un collie, che vagavano liberi in assenza del proprietario liberi nonché privi di museruola e/o altro dispositivo;

                3) in seguito all’aggressione subita dai descritti cani, il setter “………………..” decedeva  così come anche attestato dal Dr. …………………. di ……………….. in data 17/12/2007 il quale, in sede di esame autoptico, refertava che “Quero” decedeva “in seguito a ferite da morso localizzate sulla regione del collo destro e regione femorale destra…a livello della regione del collo si è verificata la resezione dell’arteria carotide e della vena giugulare con conseguente emorragia e morte dell’animale” (docc. 1-2);

                4) i due cani sopra descritti risultavano essere di proprietà del Sig. ………………. nato a …………………… e del Sig. ……………………………….. residenti in ……………………… dalla missiva-accertamenti presso anagrafe canina regionale a firma …………………… del 15/05/09 (doc. 3), ma detenuti presso il casolare di proprietà del ……………………ubicato nel luogo del sinistro sopra menzionato;

                5) il Sig. ……………………… segnalava l’accaduto ai Carabinieri della Stazione di Pedaso che, dopo essersi recati sul posto per i dovuti accertamenti, redigevano verbale di annotazione del 16/12/2007 (doc. 4), dal quale si evince l’accertamento della presenza dei due animali presso un casolare adiacente il luogo di caccia da dove il Sig. ………………… li aveva visti arrivare e dove i due cani si erano rifugiati dopo l’aggressione;

                6) in conseguenza del decesso del proprio cane, il Sig. ……………………soffriva un pregiudizio economico prudenzialmente stimabile in € 3.500,00 derivante dal costo per l’acquisto del cane, dall’addestramento impartito, dall’esborso delle spese veterinarie (vaccinazioni ed esame autoptico), oltre ca patire un notevole distress psichico per la perdita.        

Con atto di citazione ritualmente notificato, il Sig……………………… chiedeva tutela giurisdizionale nei confronti dei Sig.ri ……………………… al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla dedotta uccisione del proprio cane da caccia ad ad opera di altri due cani che assumeva essere di proprietà dei convenuti o comunque da loro custoditi. Resistevano in giudizio con comparsa di costituzione e risposta i convenuti, nella quale chiedevano l’autorizzazione alla chiamata in causa della ……………… Ass.ni Spa, garante per la rct del cane di loro proprietà, al fine di esserne garantiti e manlevati. Si costituiva in giudizio la …………… Ass.ni Spa con comparsa del 15/10/2012 eccependo la prescrizione del diritto dei propri assicurati e contestando la pretesa attrice Venivano così assunte prove orali, consistite nell’escussione di testimoni e nell’interrogatorio formale delle parti. All’udienza dell’8/10/2014, esaurita l’istruttoria, il Giudice invitava le parti a depositare memoria riassuntiva di quanto sin lì avvenuto in causa; in conformità, all’udienza del 26/2/2015 queste depositavano memoria. Alla successiva sessione del 18/3/2015, preso atto della mancata adesione della …………….. Ass.ni Spa alla proposta ex art. 185 bis cpc precedentemente formulata, veniva fissata udienza di pp.c. per il 14/5/2015, con concessione di termine alle parti sino a detta data per il deposito di comparsa conclusionale. Al che la causa era spedita a sentenza. In limine si apprezza la fondatezza della eccezione di prescrizione sollevata dalla terza chiamata in causa, non essendo stata (a mente del combinato disposto degli artt. 1913 e 1915 c.c., nonché dell’art. 13 Condizioni Generali di Contratto ass.ne danni, in atti) osservata, documentis sic stantibus, la tempistica per la denuncia dell’occorso. In parallelo (il rilievo è assorbito dalla statuizione, ma va valorizzato con riferimento alla statuizione sulle spese di giudizio) circa la eccepita carenza di legittimazione passiva in capo ad entrambi i convenuti, …………………………, forti della metodologia redazionale inaugurata da Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza n. 642/15 -depositata il 16 gennaio- rileva con acribia la difesa attrice: ai sensi dell’art. 2052 c.c. il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui l’ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto custodia, sia che fosse smarrito o fuggito.

A)     L’alternatività posta dalla norma tra il proprietario dell’animale o colui che se ne serve “per il tempo in cui lo ha in uso” evidenzia come “tenere in uso” l’animale significa esercitare su di esso un potere effettivo di governo del tipo di quello che normalmente compete al proprietario, derivi questo da un rapporto giuridico o di fatto.

B)     La responsabilità per il danno causato dall’animale, prevista dall’art.2052 c.c., incombe a titolo oggettivo e in via alternativa o sul proprietario, o su chi si serve dell’animale, per tale dovendosi intendere non già il soggetto diverso dal proprietario che vanti sull’animale un diritto reale o parziale di godimento, che escluda ogni ingerenza del proprietario sull’utilizzazione dell’animale, ma colui che, col consenso del proprietario, e anche in virtù di un rapporto di mero fatto, usa l’animale per soddisfare un interesse autonomo, anche non coincidente con quello del proprietario (10/16023).

C)     Per questo motivo la responsabilità si fonda su una relazione (di proprietà o di uso) intercorrente tra il proprietario e l’animale, per cui solo lo stato di fatto e non l’obbligo di vigilanza o di controllo può assumere rilievo.

D)    Il che vuol dire anche che ciò che rileva non è tanto la finalità (di profitto economico o meno), quanto, piuttosto, il “tipo” di uso esercitato, qualificato dal governo dell’animale, che normalmente compete al proprietario.

E)     Ne consegue che, di norma (non a carattere esaustivo), la responsabilità grava sul proprietario, perché questi fa “uso” dell’animale.

F)      Pertanto, perché la responsabilità gravi su un altro soggetto occorre che il proprietario, giuridicamente o di fatto, si sia spogliato di detta facoltà, mentre se il proprietario continua ad avere ingerenza nel governo dell’animale, egli continua a “fare uso” dello stesso animale, sia pure per il tramite del terzo, restando responsabile di qualunque danno.

G)     Infatti la responsabilità per danni cagionati da animali, costituendo espressione del principio ubi commoda, ibi et incommoda, fa carico al proprietario dell’animale e si trasferisce al terzo solo se questi si serva dell’animale e per il solo tempo in cui lo ha in uso; conseguentemente il solo affidamento dell’animale per ragioni di custodia, cura, governo o mantenimento, non valendo a trasferire il diritto di usare dell’animale per trarne vantaggi, non sposta a carico del terzo la responsabilità per danni cagionati dall’animale stesso (Cass. 77/5226; 98/12307; 02/14743).

H)    Quindi chi fa uso dell’animale nell’interesse proprio e per il perseguimento di proprie finalità, anche se non economiche, è tenuto a risarcire i danni arrecati ai terzi che siano casualmente collegati al suddetto uso.

Vagliate le eccezioni, nel merito l’assunto è, nondimeno, infondato, e comunque sia non provato. Occorre, infatti, che tra il fatto dell’animale e l’evento dannoso vi sia uno stretto rapporto di causalità: il danno dev’essere conseguenza di un fatto collegabile alla natura tipica dell’animale. La prova della sussistenza del rapporto di causalità grava sul danneggiato ( Cass. 200/2002; 742/2001; App. Venezia 26.10.2000). Il giudizio è dunque carente di prova del(l’accadimento del) fatto storico. Il dato normativo per cui grava sui convenuti l’onere probatorio, ricadendo la controversia nell’alveo della previsione di cui all’art. 2052 c.c. (legato da rapporto di specie ad genus rispetto all’art. 2051 c.c.) non può astrarre da quanto testè rilevato, perché un conto è il fatto in sé, altro conto (e ciò procede logicamente da un positivo “darsi” dello stesso   ) la prova ontologica siccome strutturata dalla norma di riferimento.  In soldoni, non può escludersi che il lamentato danno sia da imputare all’azione di “terzi”, traendo l’assunto le mosse da un impianto di tipo abduttivo, assimilabile al modello epistemologico popperiano. I testimoni di parte convenuta e del terzo chiamato, anche comuni a parte attrice, hanno dato conferma della insussistenza del fatto storico, id est dell’aggressione lamentata. Il M.llo ……………….., sopraggiunto nell’immediatezza dei fatti, all’udienza del 5 marzo 2014, dichiarava: “Il ……………… ci ha riferito di aver sentito i mugolii del suo cane e di aver visto, dopo aver messo il cadavere del suo cane nel furgone, altri cani che si aggiravano nella zona….E’ vero che il sig. …………….. ha dichiarato di non aver visto azzannare il suo cane…non abbiamo notato tracce di sangue sul muso del cane…insieme al ………….. e al ci siamo recati presso il casolare e abbiamo visto un setter chiuso in un recinto di rete metallica e richiamati dall’abbaiare di un cane abbiamo ritrovato chiuso in uno stalletto un rotwailler. Nel frattempo sopraggiungeva un cane collie con il proprietario …………………. che abitava in una abitazione adiacente…”. Le dichiarazioni rese in udienza dal ………………… risultano, pervero, smentite dal contenuto del verbale del 16.12.2007 redatto dal M.llo ……………: “Il …………… riferiva alla nostra presenza … di non aver visto materialmente che uno dei cani suddetti ammazzasse il suo cane. Ma che era stato richiamato dal piangere del cane poi ritrovato ammazzato sulla sponda del fiume Aso e che poi avendo notato gli stessi aveva ipotizzato che fossero stati loro..”: il che non può non indurre in sospetto il medesimo (si fa rilevare come questi fosse custode del cane di proprietà dell’attore al momento del dedotto fatto, onde i relativi -potenziali- profili di responsabilità): di qui il pondus probatorio della sua deposizione. Oltretutto, i testi di parte convenuta hanno confermato la presenza dei cani nel recinto, l’assenza di calpestio intorno ad esso e l’assenza di sangue sul muso del cane asserito responsabile. Fermo il principio per cui il giudice di merito è libero di formare il proprio convincimento sulla base degli elementi di prova che ritiene più attendibili (infatti, sia la valutazione delle deposizioni testimoniali, sia il giudizio sull’attendibilità dei testi, sulla credibilità e sulla rilevanza probatoria delle loro affermazioni sono rimessi al libero convincimento del giudice del merito, il quale può anche fondare la propria decisione sulla deposizione di un solo, teste, purché adeguatamente motivata -Cass. nn. 133/74, 1669/72, 1537/64, 746/64, 2413/62, non esistendo nell’ordinamento giuridico limitazione alcuna in ordine alla valutazione della prova testimoniale in relazione al numero dei testimoni -Cass. n. 938/63; ex recentioribus Cass.civ. sez. II, 08 febbraio 2013 n. 3137), dall’espletata istruttoria si desume l’estraneità del cane del convenuto all’evento prospettato, in dipendenza delle circostanze che di seguito si sintetizzano:

                     non sussiste prova (certa) del fatto dell’aggressione,

                     non sussiste prova del luogo dell’aggressione,

                     non sussiste prova del soggetto e/o animale autore dell’aggressione,

          non sussiste esatta individuazione ed identificazione del o dei presunti cani aggressore o aggressori, posto che i cani di ………………… erano chiusi nel recinto contiguo alla casa colonica di proprietà di quest’ultimo, siccome confermato dalle testimonianze espletate (La circostanza era suffragata dal sopralluogo congiuntamente effettuato la mattina del fatto dai Carabinieri unitamente ai sigg. ……………………………….).

                     né sussistono tracce di calpestio di zampe di animali  sullo strato nevoso circostante il recinto di custodia dei cani dei convenuti.

Pur restando fermo il divisamento, non essendo nondimeno il quadro probatorio delineato dall’instante connotato da acrisia, si reputa, in uno con l’opinamento espresso circa le sollevate eccezioni, di dover compensare  tra attore e convenuto le spese di lite nella misura del 50% in ossequio ai parametri e ai dettami del DM 55/14, per cui va tenuto conto della relativa difficoltà (quanto alla disamina) della species de qua agitur. Per quanto ci interessa, tassonomicamente argomentando, a fondamento delle disposizioni normative si aderge l’art. 12 (Parametri generali per la determinazione dei compensi), il cui comma 1, tra l’altro, stabilisce: “Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono, di regola(…)diminuiti fino al 50%” (ciò, vale la pena rimarcare con la migliore Dottrina,  in linea con quanto previsto dall’art. 2, comma 1, D.L. 4 luglio 2006 n. 223 (c.d. Decreto Bersani) convertito dalla L. 4 agosto 2006 n. 248:“… in conformità al principio comunitario di libera concorrenza … al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali: a) l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti(…)”. Viceversa, in merito ai rapporti tra attore e terzo chiamato in causa, dal punto di vista nomologico-processuale va sottolineato che, affinché la domanda attorea possa considerarsi automaticamente estesa al chiamato in causa da parte del convenuto, senza bisogno di istanza espressa dell’attore, occorre che il convenuto chiami in causa il terzo non al fine di fare valere nei suoi confronti un rapporto di garanzia avente una causa petendi diversa da quella dedotta dall’attore; ma al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico e diretto responsabile, essendovi in tal caso un collegamento tra la posizione sostanziale dell’attore e del terzo chiamato, sicché la chiamata assolve il compito di supplire al difetto di citazione in giudizio da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come obbligato in sua vece, e l’estensione automatica della domanda originaria ha così quale indispensabile presupposto l’unicità del rapporto controverso, realizzandosi solo un ampliamento della controversia in senso soggettivo (divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto) ed oggettivo (inserendosi l’obbligazione del terzo dedotta dal convenuto verso l’attore, in alternativa rispetto a quella individuata dall’attore: questo, secondo consolidata giurisprudenza degli Ermellini -Cass. 26.1.2006 n. 1522; Cass. 11.8.2004 n. 155563; Cass. 10.5.2002 n. 6771; Cass. 28.3.2003 n. 4740; Cass. 9.1.1998 n. 135). Onde la compensazione pro toto degli oneri di giudizio tra l’attore e la ……………… Ass.ni. Quanto, da ultimo, ai rapporti tra convenuti e compagnia di Ass.ne, essi vanno regolati iuxta contractum.

P.Q.M.

Il Giudice di Pace, definitivamente pronunciando, previo rigetto in limine dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva dei convenuti e, viceversa -per quanto occorrer possa, e ai soli fini della regolamentazione dei rapporti assicurato/Compagnia assicuratrice-, previo accoglimento dell’eccezione di tardività della denuncia del sinistro da parte convenuta, rigetta la domanda. Ai sensi dell’art. 92 cpc compensa tra parte attrice e parte convenuta nella misura di ½ gli oneri di giudizio, che liquida per l’intero in complessivi € 1.378,53 (di cui € 178,53 pro expensis), al netto degli accessori di legge. Compensa gli oneri di giudizio tra attore e ……………………. Ass.ni SpA.

Sic decisum in Fermo hodie 18.05.2015

Il Giudice di Pace                                   

 Avv. Giuseppe Fedeli

 

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