L’ordinanza di assegnazione somme è titolo esecutivo? Sì sostenere il contrario porta ad una pena di giustizia ex art 96 co. 3 c.p.c. Corte d’Appello di Bari 10/09/2015, n. 1438

L’ORDINANZA DI ASSEGNAZIONE SOMME È TITOLO ESECUTIVO? SÌ SOSTENERE IL CONTRARIO PORTA AD UNA PENA DI GIUSTIZIA EX ART 96 CO. 3 C.P.C.

 

 

Corte d’Appello di Bari 10/09/2015, n. 1438

 

dott. Vito SCALERA Presidente

dott. Salvatore RUSSETTI Consigliere

dott. Francesco CASSANO Consigliere rel

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Banca-[OMISSIS], quale terzo pignorato, proponeva opposizione avverso l’atto di precetto notificatole il 15.12.2010, ad istanza della società M., creditrice della Comunità -[OMISSIS], con il quale le era stato intimato il pagamento della somma di euro 17.055,00, oltre accessori, in forza di ordinanza di assegnazione di crediti resa in data 28.10.2010 dal G.E. del Tribunale di Lucera. A fondamento dell’opposizione deduceva di aver appreso dell’assegnazione solo in occasione della notificazione del precetto, con la conseguenza per cui, non essendo stata messa in condizione di adempiere, l’ordinanza non poteva ritenersi titolo esecutivo nei suoi propri confronti. Contestava, in ogni caso, l’ammontare delle somme assegnate e di quelle precettate, e concludeva per la declaratoria di illegittimità del precetto. La opposta M. si costituiva contestando le avverse doglianze e concludendo per il rigetto dell’opposizione.

Con sentenza del 6.10.2010, il Tribunale di Lucera rigettava l’opposizione, condannando la Banca -[OMISSIS]al pagamento delle spese processuali. Avverso la suddetta sentenza, con atto del 31.1.2012, ha proposto appello la Banca [OMISSIS]riportandosi alle originarie argomentazioni ed istanze difensive, e chiedendo altresì la condanna della M. al pagamento in restituzione della somma di euro 1.936,06, medio tempore corrisposta in forza della suddetta ordinanza di, assegnazione; il tutto, con vittoria delle spese del doppio grado del giudizio.

La M. si è restituita in giudizio contrastando l’appello e concludendo per il suo rigetto, nonché per l’accoglimento delle istanze ex art. 96 c.p.c, pretermesse dal primo giudice; il tutto, con vittoria delle spese del grado del giudizio.

All’udienza del giorno 8.1.2015, le parti hanno precisato le proprie conclusioni in modo conforme alle originarie istanze, sicché, concessi i termini ex art. ,190 c.p.c, la causa è stata riservata per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello della Banca ripropone la questione del momento in cui l’ordinanza di assegnazione delle somme, resa dal giudice dell’esecuzione mobiliare ai sensi dell’art. 553 c.p.c, acquisisca natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo pignorato. L’appellante sostiene in particolare che l’ordinanza possa valere come titolo esecutivo solo quando il terzo pignorato abbia avuto contezza dell’assegnazione e, richiesto del pagamento, sia rimasto inadempiente per un tempo significativo. L’assunto non può essere condiviso.

Invero, non è revocabile in dubbio che l’ordinanza di assegnazione di un credito, dal momento in cui è resa, implichi la sostituzione del creditore esecutante all’originario creditore-debitore-pignorato, sicché, da quel momento, il terzo è tenuto ad adempiere nei confronti del creditore esecutante, ed il pagamento estingue contemporaneamente il credito dell’assegnatario nei confronti dei debitore esecutato e quello del terzo nei confronti del proprio creditore-esecutato (cfr., ex plurimis, Cass., sez. DI, 8 febbraio 2007, n. 2745).

Sul piano processuale essa si configura quale atto conclusivo del procedimento di esecuzione forzata per espropriazione di crediti, con la conseguenza che le si deve riconoscere natura di atto esecutivo, ex art. 474 c.p.c, anche per le spese conseguenti e necessarie alla sua attuazione (vd., ex multis, Cass., sez. HI, 18 marzo 2003, n. 3976).

Si tratti di approdi pacifici e stabili nella giurisprudenza di legittimità, opportunamente richiamati dal primo giudice.

Consegue a tanto che, a partire dall’assegnazione, ogni ritardo nell’adempimento dà diritto al creditore esecutante di pretendere dal terzo sia la sorte capitale, sia gli interessi, sia l’ulteriore risarcimento, ove dimostri di aver subito un danno maggiore, ai sensi dell’art. 1224, co. II, cc. E consegue a tanto che l’ordinanza possa essere immediatamente azionata esecutivamente in caso di ritardo nel pagamento.

Non ha dunque alcun fondamento la pretesa di configurare l’ordinanza di assegnazione come una sorta di titolo esecutivo ad efficacia differita nel tempo e subordinata alla condizione della preventiva sua notificazione e della vana richiesta di adempimento, rivolte dal creditore esecutante al terzo pignorato. Vero è invece che, comunicata alle parti dal Cancelliere (ove resa fuori udienza), e, al più, decorso il termine di cui all’art. 617 cp.c. per la sua impugnazione, l’ordinanza, ormai dotata di stabilità, può essere immediatamente messa in • esecuzione nei confronti del terzo pignorato, tenuto ad adempiere. Nel caso di specie, sono decorsi più di quaranta giorni dalla emissione della ordinanza alla notificazione dell’atto di precetto, avvenuta allorquando l’ordinanza, sicuramente nota all’appellante, era appunto dotata del regime di stabilità, ex art. 617 cp.c.

L’impugnazione, del tutto infondata sul punto, dev’essere dunque rigettata. L’atto di appello, nelle sue conclusioni, richiama altresì la richiesta di «dichiarare in ogni caso l’illegittimità delle somme intimate» (pag. 5, sub 2b), con chiaro rinvio alla contestazione effettuata in primo grado in ordine all’ammontare sia delle somme assegnate sia di quelle precettate. Sennonché, deve rilevarsi che, a suffragio di siffatta conclusione, la Banca non ha addotto alcun motivo di doglianza, e ciò quantunque il primo giudice abbia diffusamente motivato nel rigettare la domanda: l’appello, a prescindere .dalla dubbia ammissibilità dello strumento dell’opposizione all’esecuzione adoperato per contestare l’ammontare delle somme assegnate, dev’essere dunque dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 342 cp.c, per difetto di corrispondenza con il modello tipizzato (vd., da ultimo, Cass., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1651).

Ogni ulteriore richiesta della Banca resta così assorbita.

Non v’è prova della sussistenza di danni eziologicamente e specificamente collegabili alla proposizione dell’opposizione, sicché la domanda ex art. 96, co. L c.p.c. proposta dalla M. non può essere accolta.

Le spese del presente grado del giudizio seguono integralmente la soccombenza. La liquidazione è operata in dispositivo secondo i parametri del D.M. n. 55/14, secondo i minimi, per complessità bassa.

Nella evidente colpa grave della Banca appellante, che in parte ha agito ignorando principi di diritto di risalente elaborazione e consolidamento, ed in parte ha del tutto omesso di specificare i motivi di appello, la ragione della sua condanna. al pagamento della somma di euro 3.500,00, equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96, co. Ili, cp.c, sì come aggiunto dalla L 18 giugno 2009, n. 69.

P.T.M.

La Corte d’appello di Bari, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunziando sull’appello come in epigrafe introdotto, ogni diversa istanza eccezione o deduzione disattesa, così provvede:

1)            rigetta l’appello concernente la richiesta declaratoria dell’illegittimità del precetto;

2)            dichiara inammissibile l’appello, ex art 342 c.p.c, con riguardo alla richiesta declaratoria di illegittimità all’ammontare delle somme assegnate e di quelle precettate;

3)            condanna la Banca appellante al pagamento, in favore della società M. delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 4.600,00, oltre IVA, CPA come per legge e rimborso forfetario del 15%.

4)            condanna la Banca appellante al pagamento in favore della società M. della somma di euro 3.500,00, ai sensi dell’art. 96, co. HI, c.p.c.

Così deciso in Bari, addì 14 aprile 2015, nella camera eli consiglio della Sezione Prima Civile della Corte.

 

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