Responsabilità della p.a. e risarcimento del danno.
I riferimenti normativi connessi alle fattispecie relative al danno cagionato da un bene demaniale, come nel caso di strade dissestate e, più in generale, di infrastrutture prive della necessaria manutenzione e messa in sicurezza, sono rintracciabili nelle disposizioni degli articoli 2043 e 2051 del Codice Civile. Il primo fa espresso richiamo al “risarcimento per fatto illecito”, in base al quale chi cagiona un danno ingiusto è tenuto a risarcirne il danno; il secondo, tendente anche a realizzare un’inversione della prova in giudizio, è rubricato come “danno cagionato da cose in custodia”.
Ogni caso concreto dev’essere valutato attentamente in modo da verificare se, e a che titolo, il danneggiato possa ottenere un ristoro da parte della pubblica amministrazione, ad esempio dal Comune a seguito di una caduta che abbia provocato una frattura al soggetto. E’interessante analizzare tali questioni tenendo conto che a riguardo gli orientamenti giurisprudenziali avvicendatisi nel corso dell’ultimo ventennio sono stati molteplici. Il tema della responsabilità della p.a. legata all’ inadeguatezza ed alle imperfezioni dei luoghi aperti al pubblico resta al centro anche del dibattito dottrinale, e quando la scelta verte sull’ applicazione dell’art. 2043 c.c. l’onere probatorio risulta essere decisamente più gravoso per chi ha subito il danno.
Un primo orientamento della Suprema Corte (Cass., n. 24617/2007; Cass., n. 11366/2002) richiama l’art. 2051 c.c. per fondare la responsabilità della p.a. per non aver provveduto a rimuovere la situazione di pericolo per il privato. Il bene demaniale, trovandosi nella custodia dell’amministrazione pubblica, rientrerebbe di conseguenza nel suo potere di vigilanza e controllo. Si tratta di una responsabilità che incontra un limite non esattamente definito, ma comunque rinvenibile nella rilevante estensione del bene tale da rendere impossibile l’esercizio di un continuo ed efficace controllo. Pertanto, qualora la cura e la manutenzione della cosa pubblica fossero normalmente esercitabili, sarebbe invocabile la presunzione di responsabilità ed il conseguente risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2051 del Codice Civile. Dal punto di vista dell’onere della prova, in tale circostanza, spetterebbe al danneggiato dimostrare l’evento avverso, nonché il relativo nesso di causalità tra il bene del demanio in custodia ed il pregiudizio sofferto, mentre alla pubblica amministrazione spetterebbe dare prova della sussistenza del caso fortuito.
Diverso indirizzo della giurisprudenza di legittimità propende nel senso dell’applicazione dell’ art. 2043 c.c., poiché non sarebbero esigibili nei confronti di un ente pubblico i doveri di attenzione e manutenzione che la legge prevede generalmente per il custode. Ad ogni modo, stante il principio enucleato dal succitato riferimento normativo, è compito della p.a. evitare che il bene demaniale rappresenti per l’utente una situazione insidiosa (Cass., n. 26997/2005; Cass., n. 16179/2001). Il soggetto che subisce il danno e decide di agire in giudizio è tenuto a provare, in base a questo filone interpretativo, tanto gli elementi costitutivi dell’illecito, quanto il danno ingiusto con il corrispondente nesso causale. In seno a quest’ orientamento, inoltre, c’è chi sostiene sia eccessivo gravare, come detto, la posizione del soggetto che ha subito il danno. Ciò, tra l’altro, corrisponderebbe ad un ingiustificato vantaggio per la p.a.. L’insidia determinante il pericolo, quindi, dev’essere provata dall’ amministrazione (Cass., n. 5445/2006).
Sul piano giudiziale, in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione di strade pubbliche ed altri beni demaniali, spesso si decide di agire chiedendo in via principale la tutela ex art. 2051 c.c. ed in subordine quella ex art. 2043 c.c., auspicando ovviamente che la posizione del giudice di primo grado sia in linea con il primo orientamento descritto.