Pubblicazione dell’immagine altrui nei servizi televisivi (Avv. Simona Aduasio)

Pubblicazione dell’immagine altrui nei servizi televisivi (Avv. Simona Aduasio)

Nota a sentenza Cass., III sez. civile, n. 17211 del 27 agosto 2015

Avv. Simona Aduasio

La sentenza n. 17211 del 27 agosto 2015 della III sezione civile della Corte di Cassazione ha principalmente ad oggetto due questioni: quella relativa al bilanciamento tra il diritto di cronaca e critica giornalistica e il diritto alla reputazione e all’onore della persona la cui immagine sia stata esposta o pubblicata, a prescindere dalla sussistenza del suo consenso, nonché quella concernente l’ambito di operatività dell’art. 10 cod. civ. e degli art. 96 e 97 della legge sul diritto d’autore.

Il caso affrontato dalla Suprema Corte riguarda la lesione del diritto all’immagine e alla reputazione cagionato alla sig.ra M. da un’emittente televisiva che, nell’ambito di un reportage sul crescente fenomeno del turismo sessuale delle donne in Giamaica, la riprendeva durante una festa in compagnia di un ragazzo, montando il servizio con un accostamento tra immagini e sonoro, oltre che con sottotitoli, in modo da indurre a concludere che la M. fosse dedita al turismo sessuale.

Prima di analizzare la decisione della Cassazione con riferimento all’esposizione e alla pubblicazione dell’immagine altrui ai sensi dell’art. 10 cod. civ. e degli artt. 96 e 97 della legge n. 633 del 1941 sul diritto d’autore, appare interessante soffermarsi sull’altrettanto rilevante questione concernente l’operatività della scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca e critica giornalistica di cui all’art. 51 cod. pen., in combinato disposto con l’art. 21 Cost.

Ai fini della sussistenza della predetta scriminante, la giurisprudenza ha individuato tre limiti che devono essere rispettati nel bilanciamento tra l’esercizio del diritto di manifestazione del pensiero e quello alla reputazione e all’onore della persona diffamata: la verità della notizia, la continenza espositiva e l’interesse pubblico.

Nel rimarcare quanto sostenuto dalla Corte d’Appello di Roma, la Cassazione rileva che nel caso di specie non ricorre il requisito della continenza espositiva, non potendosi conseguentemente ravvisare un rapporto di proporzionalità tra l’interesse pubblico a trasmettere televisivamente un servizio sul fenomeno del turismo sessuale femminile e la divulgazione dell’immagine della M., lesiva della sua reputazione.

Il reportage dall’oggetto “pruriginoso” non avrebbe per vero subito alcuna limitazione della libera manifestazione del pensiero se avesse oscurato il volto della M., così evitando di ledere la sua riservatezza e reputazione.

Sottolinea infatti la Corte di Cassazione che la continenza, quale limite interno all’esercizio del diritto di cronaca e di critica – diritti riconducibili nell’alveo dell’art. 21 Cost. e architravi del sistema democratico delineato dalla Carta Fondamentale – “viene in considerazione non solo sotto l’aspetto della correttezza formale dell’esposizione” (come ritenuto dall’emittente televisiva ricorrente nel sostenere di non aver utilizzato espressioni ingiuriose o volgari), “ma anche sotto il profilo sostanziale, consistente nel non eccedere i limiti di quanto strettamente necessario per l’appagamento del pubblico interesse”.

La delibazione sulla cd. “non eccedenza” va dunque effettuata in concreto dal giudice di merito, secondo un bilanciamento tra i due contrapposti interessi (pubblico all’informazione ed individuale all’onore e alla reputazione) che si avvalga del metro della ragionevolezza e della proporzionalità.

Passando ad esaminare la questione strettamente riguardante l’abuso di immagine altrui, ai sensi dell’art. 10 c.c. e degli artt. 96 e 97 della l. 633/1941 (legge sul diritto d’autore), occorre preliminarmente chiarire come l’art. 97 l. 633/41 si ponga in rapporto di eccezione rispetto alla regola stabilita dall’art. 96, che richiede il consenso della persona “ritrattata” ai fini della esposizione, riproduzione o messa in commercio.

L’eccezione di cui all’art. 97 l. 633/1941 fa ritenere la riproduzione dell’immagine di un soggetto “giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”, senza che sia necessario, in queste circostanze, il consenso della persona ripresa.

Tuttavia, il co. 2 dello stesso art. 97 L. 633/1941 non consente l’esposizione dell’immagine quando “rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata”.

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione conferma pertanto il divieto di esposizione statuito dall’art. 97 co. 2, aggiungendo che “l’esposizione o la pubblicazione dell’immagine altrui, a norma dell’art. 10 cod. civ. e degli artt. 96 e 97 della legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d’autore, è abusiva non soltanto quando avvenga senza il consenso della persona o senza il concorso delle altre circostanze espressamente previste dalla legge come idonee a escludere la tutela del diritto alla riservatezza”, “ma anche quando, pur ricorrendo quel consenso o quelle circostanze, l’esposizione o la pubblicazione sia tale da arrecare pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona medesima”.

Avv. Simona Aduasio

(www.simonaaduasio.it)

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