Responsabilità da cose in custodia nel caso di danni ai bimbi nel parco giochi (L.Presutti)

RESPONSABILITÀ DA COSE IN CUSTODIA NEL CASO DI DANNI AI BIMBI NEL PARCO GIOCHI

Avv. Luca Presutti del Foro di Pescara

 

                Con una recentissima sentenza, la n. 18167 del 25/08/2014, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione circa la sussistenza o meno della responsabilità civile ex art. 2051 c.c., in capo all’Ente Comunale, conseguente ai danni riportati dai bambini all’interno di un parco giochi. In particolare, nel caso di specie, un bambino di sei anni, nel mentre giovava su un cavallo a dondolo posto all’interno dei giardini comunali,  riportava seri danni fisici a causa della caduta da un cavallo a dondolo.

                Ai fini della risoluzione della problematica in esame, la Suprema Corte pone l’accento su due aspetti di particolare importanza: da un lato la possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere, con l’ordinaria diligenza, una situazione di possibile pericolo dall’utilizzo del bene; dall’altro lato a ciò si accompagna in ogni caso il dovere di cautela da parte del soggetto che entra in contatto con la cosa. 

                Tali elementi, prosegue al Corte, unitamente al fatto che il bene risulti in perfette condizioni di manutenzione ed adeguato agli standard dei manufatti del genere a cui appartiene ovvero che lo stesso non presenti al momento del sinistro difetti in grado di determinare pericoli anche in presenza di un utilizzo assolutamente corretto,  valgono ad escludere la responsabilità del c.d. Custode ai sensi dell’art. 2051 c.c.

                Applicando detto principio al caso in esame, dunque, la domanda di risarcimento danni subiti dal bimbo di sei anni veniva rigettata sulla base dell’assunto che un genitore (o comunque un adulto) che accompagna un bambino ha un dovere di vigilanza laddove quest’ultimo si appresti ad utilizzare un gioco, da cui possono derivare possibili rischi, comunque prevedibili con l’ordinaria diligenza.

                A mio sommesso parere ritengo che il principio sopra citato non sia del tutto condivisibile, se non altro laddove si ritiene che la carente attenzione imputabile ai genitori del bimbo danneggiato sia capace di escludere totalmente (sotto il profilo del nesso di causalità) la riconducibilità materiale del danno alla cosa in custodia.

                Più precisamente, si può asserire come l’inosservanza del dovere di diligenza possa, al più, fungere da concausa, comunque non idonea da sola a determinare  il prodursi dell’evento dannoso, e quindi ad escludere la responsabilità ex art. 2051 c.c.

                Infatti, a ben vedere, è difficile immaginare che un genitore, facendo affidamento sul fatto che il giardinetto pubblico in cui accede si compone di diversi giochi adatti al  divertimento dei bambini, riservi un’attenzione massima e costante sul comportamento del proprio figlio, soprattutto se quest’ultimo è comunque sufficientemente autonomo per utilizzare i predetti giochi, purché in maniera prudente.

                Pertanto, volendo dare per certa quest’ultima circostanza fattuale (posto che nella sentenza non si fa riferimento ad un atteggiamento rimproverabile da parte del minore), sarebbe stato opportuno che l’Organo decidente avesse valutato la condotta del genitore tenendo in debita considerazione di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie.

                In altri termini, nell’ambito specifico di un parco giochi per bambini,  soltanto un eventuale uso abnorme di un bene da parte del minore danneggiato, per quanto anomalo,  è tale da attenzionare il relativo genitore e pretendere, da quest’ultimo, una concreta prevedibilità del relativo rischio.

                Concludendo, dunque, a sommesso parere dello scrivente, nel caso di specie, il comportamento colposo del genitore non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno (costituita dalla cosa in custodia) ed il danno, ma al più vale ad integrare un concorso colposo ai sensi dell’art. 1227, primo comma c.c., con l’effetto di limitare (ma non escludere) la responsabilità (che comunque è di natura oggettiva) gravante in capo al custode.

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