Successione del coniuge separato: la Cassazione nega i diritti d’uso e di abitazione sulla casa familiare (G. Zampino)

SUCCESSIONE DEL CONIUGE SEPARATO: LA CASSAZIONE NEGA I DIRITTI D’USO E DI ABITAZIONE SULLA CASA FAMILIARE

Cassazione, Sez. II, 12 giugno 2014 n. 13407 (Giuseppa Zampino)

 

 

DECISUM

Il diritto di abitazione sulla casa familiare, che l’art. 540 cod. civ. riserva al coniuge del “de cuius”, non spetta al coniuge separato, ancorché immune da addebito, se la cessazione della convivenza nel regime di separazione personale ha spezzato il collegamento dell’immobile con la destinazione a residenza familiare.

La Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, si pronuncia in merito alla esclusione del coniuge separato consensualmente dai diritti successori d’uso e di abitazione della casa prima adibita a residenza familiare.

 

CASUM

La causa riguardava una coppia di coniugi, separata consensualmente, in cui la moglie chiedeva, oltre alla dichiarazione di nullità di due rogiti con cui il defunto marito aveva apparentemente trasferito a titolo oneroso un fabbricato in nuda proprietà ed alcuni appezzamenti di terreno, la spettanza del diritto alla quota di metà del patrimonio ereditario, in quanto legittimaria, lamentando, peraltro, il mancato riconoscimento del relativo diritto d’uso e di abitazione della casa coniugale.

La Corte territoriale aveva negato la spettanza dei diritti summenzionati sull’immobile adibito a casa coniugale, nella quale il de cuius aveva continuato ad abitare fino alla morte.

 

ARGUMENTUM

Occorre preliminarmente precisare come l’art. 540 cod.civ. esprima l’innovazione più radicale che la riforma del diritto di famiglia ha apportato al diritto successorio. Al coniuge superstite, infatti, non solo è attribuita una quota di riserva in piena proprietà – anziché in usufrutto, come prima della riforma – ma gli è anche riservato un trattamento più favorevole, comportante il sacrificio non solo degli interessi familiari concorrenti, ma anche quello della libertà di disporre mortis causa.

Il comma 2 dell’articolo appena menzionato attribuisce, a titolo di legato ex lege, al coniuge superstite una speciale riserva, costituita dal diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano.

Siffatta previsione si inscrive nella scelta del legislatore di garantire al coniuge superstite una particolare tutela successoria, coerente con la concezione di famiglia meglio rispondente al dettato costituzionale, al quale, peraltro, si ispira la stessa riforma del diritto di famiglia.  L’attribuzione dei citai diritti reali risponde, inoltre, alla ratio di consentire al coniuge de quo di continuare a vivere nell’ambiente in cui si è svolta la vita coniugale.

Il presupposto soggettivo di tali diritti, consistendo quello oggettivo nella insistenza del diritto di proprietà sui bene che ne costituiscono oggetto, è costituito dal rapporto di matrimonio, in quanto sussistente al momento dell’apertura della successione.

Tuttavia, si discute in dottrina ed in giurisprudenza se i diritti di abitazione e di uso spettino anche al coniuge separato.

Al riguardo si rileva come l’art. 548 cod.civ., comma 1, dettato per la successione necessaria, equipari, analogamente al disposto di cui all’art. 585 cod.civ., dettato per la successione legittima, i diritti successori attribuiti dalla legge al coniuge separato senza addebito a quelli spettanti al coniuge non separato.

Il coniuge legalmente separato, infatti, cui la separazione non sia stata addebitata, è titolare  degli stessi diritti successori di cui è insignito il coniuge non separato.

Tale principio di diritto rinviene il proprio fondamento giuridico nella circostanza secondo la quale la separazione attenua solo il vincolo coniugale che viene ad estinguersi esclusivamente con la cessazione degli effetti civili o con lo scioglimento del matrimonio.

Per ‘coniuge separato senza addebito’ si intendono e il coniuge consensualmente separato ex art. 158 cod.civ. e quello separato giudizialmente ai sensi dell’art. 151,comma 1, cod.civ. Se ne evince, per l’effetto, come non assuma rilievo alcuno la separazione di fatto intercorsa tra i coniugi.

Secondo l’opinione prevalente, l’applicabilità dell’art. 540, comma 2, citato è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa familiare; evenienza che non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi.

Pertanto, la Suprema Corte, nel caso di specie, si è uniformata al prefato orientamento, essendo venuto meno il collegamento con l’originaria destinazione della casa di abitazione a residenza familiare ed ha affermato la perdita dei relativi diritti di uso e di abitazione da parte del coniuge superstite.

Cessata la comunione spirituale di vita tra i coniugi, la casa perderebbe la sua qualità originaria di luogo destinato all’attuazione dell’indirizzo familiare. Elemento indefettibile della fattispecie legale sarebbe, infatti, la destinazione attuale ed effettiva dell’immobile a residenza familiare, requisito, questo, che viene meno se, al momento dell’apertura della successione, i coniugi avevano cessato di convivere.

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