La configurabilità del diritto al risarcimento del danno tanatologico.

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul danno tanatologico con la sentenza n. 4146 del 13 febbraio 2019. Breve nota dell'Avv. Chiara D'Antò e testo completo della sentenza.

Con la recente Sentenza n. 4146 del 13 febbraio 2019, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul danno tanatologico, altresì noto come danno da morte ossia il danno che deriva dalla perdita del bene vita successivamente all’altrui fatto illecito.
Il caso sottoposto all’attenzione dei Giudici di Piazza Cavour riguardava un grave incidente stradale nel quale un motociclista era deceduto dopo soli trenta minuti dallo scontro frontale con un’autovettura che aveva invaso l’opposta corsia. Tra le altre voci di danno, i ricorrenti avevano chiesto il risarcimento del danno biologico subìto dal congiunto per invalidità permanente al 100%, patita dal motociclista nel lasso di tempo dopo il sinistro.
Il Tribunale in primo grado aveva condannato i responsabili a risarcire i danni ai parenti della vittima, oltre al 50% delle spese di giudizio. Successivamente, nel secondo grado, la Corte d’appello aveva condannato i soccombenti a rifondere ai parenti della vittima l’ulteriore 50% delle spese processuali di primo grado, rigettando gli altri motivi di ricorso. I congiunti del motociclista ricorrevano quindi per Cassazione, sostenendo che il giudice d’appello avrebbe erroneamente rigettato il gravame sul risarcimento del danno biologico jure hereditatis, poiché il motociclista era sopravvissuto soltanto pochi minuti dopo il sinistro.
L’istruttoria aveva, infatti, verificato che il motociclista era morto dopo circa mezz’ora: tempo che la Corte aveva qualificato insufficiente per i profili risarcitori oggetto di gravame.
Sempre secondo i ricorrenti, il diritto al risarcimento del danno da morte sarebbe un diritto trasmissibile agli eredi nello stesso momento in cui era venuto meno in capo al defunto.
Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha chiarito che se la morte è immediata o segue alle lesioni entro brevissimo tempo, non possa configurarsi il diritto al risarcimento del danno jure hereditatís.
Ciò in quanto, l’ordinamento giuridico pone alla base del sistema della responsabilità civile, il danno che deve identificarsi nella perdita derivante dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva.
Sottolinea la Corte che, nel caso di morte derivante da fatto illecito, il danno è da identificarsi nella perdita del bene vita, bene fruibile solo dal titolare del bene stesso e dunque non risarcibile per equivalente.
Risulterà invece in capo al titolare leso, la possibilità di agire in giudizio per far valere la propria pretesa creditoria, nel caso in cui abbia subìto un danno derivante dalla perdita di un bene. Conseguentemente, se la sopravvivenza si protrae, il titolare trasferisce agli eredi il proprio diritto di credito originato dal fatto lesivo altrui. Credito che dunque entra e si radica nel suo patrimonio di diritti, come ogni altro diritto successibile appartenente al defunto.
In conclusione, nel caso di morte verificatasi nell’immediato dell’evento o dopo brevissimo tempo dallo stesso, l’impossibilità di far valere il credito risarcitorio, deriva dalla mancanza di un titolare al quale sia riconducibile la perdita e nel cui patrimonio possa essere acquisito il credito.
La Cassazione ha quindi rigettato il ricorso degli eredi del defunto motociclista per insussistenza dei presupposti del legittimo diritto al risarcimento jure hereditatis.
Avv. Chiara D’Antò
studiolegale@cdfr.it

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