Esposizione a radiofrequenze del cellulare: riconosciuta la malattia professionale (L. Palladini)

 

ESPOSIZIONE A RADIOFREQUENZE DEL CELLULARE: RICONOSCIUTA LA MALATTIA PROFESSIONALE

Luca Palladini, Dottore in giurisprudenza

 

La comparsa di una patologia tumorale nel lavoratore contratta a causa dell’utilizzo periodico, prolungato per molti anni e per diverse ore al giorno, di dispositivi telefonici ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa è configurabile come malattia professionale e, di conseguenza, è riconoscibile il diritto del lavoratore a percepire la corrispondente rendita di invalidità. A stabilirlo è stata la sezione lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 17438, pubblicata il 12 ottobre 2012.

Attraverso il suddetto provvedimento, il Supremo Collegio ha dato ragione ad un ex dirigente affetto da una neoplasia benigna al nervo trigemino diagnosticato nel 2002: riconoscendo il nesso causale tra l’attività svolta, l’esposizione alle onde elettromagnetiche e la patologia gli Ermellini, infatti, hanno condannato l’Inail a corrispondere la rendita all’80% per malattia professionale.

Escludendo la rilevanza della mera possibilità, i giudici di legittimità hanno individuato il principio in base al quale in caso di malattia professionale non tabellata la prova della causa di lavoro può essere valutata, oltre che in termini di ragionevole certezza, anche sulla base di un giudizio di tipo probabilistico che integra il nesso eziologico.

Per accertare la ritenuta sussistenza del requisito di alta probabilità il giudice potrà “non solo consentire all’assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti” ma, altresì, “valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale”; includendo in questo processo anche possibili effetti derivanti dai macchinari nell’ambiente lavorativo e altresì da fattori non strettamente connessi all’attività occupazionale.

 

 

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