I presupposti di applicazione delle astreintes ex art. 614-bis c.p.c. (S. Campedelli)



[1] Tra i tanti: F. Godio, L’astreinte e la giurisprudenza di merito: un primo bilancio su alcuni profili operativi, in Il Corriere Giuridico, 2011, 8, 1119.

[2] Non è stato mai smentito il principio di diritto per cui “il risarcimento del danno non patrimoniale non può mai avere finalità punitive e di conseguenza non può essere delibata nel nostro ordinamento, perché contraria ad un principio di ordine pubblico, la sentenza straniera che abbia liquidato il suddetto danno in misura tale da risultare sanzionatoria per il responsabile” (Cassazione civile, sez. III, 19.01.2007, n. 1183, in Assicurazioni, 2007, 2, II, 153).

[3] A. Dondi. L’astreinte endoprocessuale, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 1981, 524.

[4] M. Taruffo. L’attuazione esecutiva dei diritti: profili comparatistici, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 1988, 146; R. Notarpasquale. Esecuzione processuale indiretta, in La nuova giurisprudenza civile, 2011, 9, 882; G.M. Celardi. Prime applicazioni dell’art. 614-bis c.p.c.: note critiche, in Giustizia civile, 2011, 12, 2969.

[5] Si è rilevato, in questo contesto, come l’impianto liberista del codice civile del 1942 abbia posto in posizione egemonica l’esecuzione in forma generica, relegando al rango d’eccezione la reintegrazione in forma specifica. Più recentemente, però, la necessità di scongiurare illeciti fortemente pregiudizievoli per beni intrinsecamente infungibili siccome incidenti sulla dignità umana (diritti alla non discriminazione, alla riservatezza, al nome, al lavoro, etc …) ha suggerito la valorizzazione dell’attuazione specifica degli obblighi (E. Zucconi Galli Fonseca. Attualità del titolo esecutivo, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2010, 1, 67). Una particolare propensione verso l’adempimento specifico si riscontra nei soggetti beneficiari delle cd. nuove situazioni giuridiche di vantaggio, sovente garantite a livello costituzionale, attinenti, in special modo, al rapporto fra cittadino ed autorità, alla comunità famigliare ed alla dignità del lavoro (M.A. Iuorio. Il nuovo art. 614-bis c.p.c.: introduzione dell’esecuzione indiretta nell’ordinamento giuridico italiano, in Esecuzione forzata, 2009, 3).

[6] Art. 18, comma II, legge 20.05.1970, n. 300.

[7] Art. 28, comma IV, legge 20.05.1970, n. 300.

[8] Art. 15, comma IV, legge 09.12.1977, n. 903.

[9] Art. 124, comma II, D.Lgs. 10.02.2005, n. 30.

[10] Art. 131, comma II, D.Lgs. 10.02.2005, n. 30.

[11] Art. 156, legge 22.04.1941, n. 633.

[12] Art. 140, comma VII, D.Lgs. 06.09.2005, n. 206.

[13] Art. 709-ter c.p.c..

[14] Tale eccezione non è facilmente spiegabile, giacché il rapporto di lavoro, incidendo su valori primari della persona umana, rappresenta l’ambito più significativo in cui la tutela in forma generica rischia di risultare inadeguata. A ciò si aggiunga che, nei disegni di legge-delega, era stata semplicemente prevista l’inapplicabilità della penalità pecuniaria ai danni del solo lavoratore, inteso quale soggetto debole (e, dunque, immeritevole di essere sottoposto ad una misura così invasiva), ammettendo implicitamente che la stessa potesse essere disposta a carico del datore di lavoro. L’art. 25 del disegno di legge-delega n. C-1111/XVI, predisposto dalla Commissione Tarzia, riconosceva “il potere del giudice, che accerta la violazione di un obbligo di fare o di non fare, eccettuati gli obblighi del lavoratore autonomo o subordinato, o di consegna o rilascio non derivante da contratto di locazione ad uso abitativo, di fissare una somma dovuta al creditore, oltre al risarcimento del danno, per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’obbligo inadempiuto, anche con decorrenza successiva alla sentenza ed anche con provvedimento successivo”.

La successiva elaborazione, realizzata dall’art. 44 del disegno di legge n. S/1524, invece, recitava testualmente: “Con il provvedimento di condanna all’adempimento di un obbligo di fare infungibile o di non fare, il giudice fissa la somma dovuta all’avente diritto per ogni violazione o inosservanza successivamente contestata. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo per la riscossione delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Il debitore può contestare ogni inadempimento, o affermare che questo sia dipeso da causa a lui non imputabile, con l’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c.”.

Il testo attuale sembrerebbe spiegabile con il verosimile intendimento del legislatore di riservare una disciplina specifica alla coercizione indiretta degli obblighi correlati al contratto di lavoro. Tuttavia, tale esclusione è stata bollata come scelta “tipicamente classista” da un insigne commentatore, il quale, rilevato come la non coercibilità indiretta delle prestazioni lavorative sia semplicemente rivolta a garantire elementari esigenze di libertà personale, reputa irragionevole l’inapplicabilità dell’art. 614-bis ai datori di lavoro pubblici e privati (A. Proto Pisani. La riforma del processo civile: ancora una legge a costo zero (note a prima lettura), in Foro italiano, 2009, V, 222). Pare piuttosto ardita, infine, l’affermazione secondo cui l’art. 614-bis avrebbe confermato, ancorché implicitamente, l’incoercibilità del dovere di reintegrare sul posto di lavoro il dipendente ingiustamente licenziato, giacché, a voler seguire un tale ragionamento a contrario, si dovrebbe estendere questa conclusione anche a prestazioni tradizionalmente considerate fungibili, come, ad esempio, l’obbligo di garantire un ambiente salubre (in questo senso, invece: G. Balena. La nuova pseudo-riforma del processo civile, 2009, 3, 42).

[15] La riforma in esame è stata considerata addirittura “epocale” da taluni commentatori (E. Merlin. Prime note sul sistema delle misure coercitive pecuniarie per l’attuazione degli obblighi infungibili nella l. 69/2009, in Rivista di diritto processuale, 2009, 6, 1546).

[16] A quest’opinione aderiscono anche autori inclini ad una applicazione piuttosto ampia dell’art. 614-bis, comprendente, ad esempio, pure l’esecuzione del preliminare in forma specifica (C. Consolo. Una buona novella al c.p.c.: la riforma del 2009 (con i suoi artt. 360-bis e 614-bis) va ben al di là della sola dimensione processuale, in Il Corriere Giuridico, 2009, 6, 737; A. Lombardi. Il nuovo art. 614-bis c.p.c.: l’astreinte quale misura accessoria ai provvedimenti cautelari ex art. 700 c.p.c., in Giurisprudenza di merito, 2010, 2, 398).

[17] In verità, non mancano, nella letteratura in termini, voci favorevoli ad un’applicazione generalizzata dell’art. 614-bis, configurando la somministrazione delle astreintes anche quale reazione alla trasgressione degli obblighi fungibili, purché tutti i mezzi di esecuzione in forma specifica, astrattamente praticabili, in concreto, si siano rivelati infruttiferi (B. Gambineri. Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare, in Foro italiano, 2009, V, 320; B. Capponi. Manuale di diritto dell’esecuzione civile, Torino, 2010, pag. 28).

[18] F.P. Luiso. Diritto processuale civile, III, Milano, 2012, pag. 235; E. Merlin. Prime note sul sistema delle misure coercitive pecuniarie per l’attuazione degli obblighi infungibili nella legge 69/2009, in Rivista di diritto processuale, 2009, 1546. Nella dottrina generale del diritto, sono inclini a riconoscere alla rubrica un valore interpretativo vincolante: G. Tarello. L’interpretazione della legge, in Trattato Cicu-Messineo, I, 2. Giuffré, 1980, 209.

[19] È stato, però, sottolineato come la collocazione sistematica della norma appaia discutibile, giacché il Giudice potrebbe legittimamente prescindere dal requisito dell’infungibilità qualora, a fronte dell’inadempimento perpetrato dal debitore, sia impossibile – o, comunque, estremamente difficile – predisporre operazioni riparatorie suscettibili di valutazioni economiche (E. Zucconi Galli Fonseca. Le novità della riforma in materia di esecuzione forzata, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2010, 1, 204).

[20] D. Amadei. Una misura coercitiva generale per l’esecuzione degli obblighi infungibili, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2010, 1, 343.

[21] M. Bove. La misura coercitiva di cui all’art. 614-bis c.p.c., in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2010, 3, 781. Si ribadisce altresì che gli strumenti di coercizione indiretta non sono utilizzabili per analogia “al di fuori dei casi previsti, trattandosi di sanzioni afflittive, soggette al principio di tassatività proprio di tutte le pene, anche se private” (C. Consolo. Spiegazioni di diritto processuale civile, I. Padova, pag. 157). Si consideri, tuttavia, come significativi argomenti sistematici depongano a favore di un’interpretazione piuttosto estensiva dell’art. 614-bis, costituendo la coercizione indiretta degli obblighi infungibili il necessario corollario dell’effettività di un’azione esecutiva, apprezzato, dai più illustri Interpreti, quale vero e proprio diritto umano (G. Tarzia. Il giusto processo di esecuzione, in Rivista di diritto processuale, 2009, 6, 1546). L’assunto è stato recepito anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, depositaria della corretta interpretazione della CEDU, in relazione alla quale ha spiegato che “l’art. 6, par. 1, garantisce ad ogni individuo il diritto a che un tribunale esamini ogni contestazione relativa ai suoi diritti e obblighi di carattere civile; consacra il diritto ad un tribunale, di cui il diritto d’accesso, cioè il diritto di adire un tribunale in materia civile, costituisce un aspetto. Tuttavia, tale diritto sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico interno di uno Stato contraente permettesse che una decisione giudiziaria definitiva e obbligatoria resti inefficace a discapito di una parte. Infatti, non avrebbe senso il fatto che l’art. 6 descriva in dettaglio le garanzie processuali − equità, pubblicità, celerità − accordate alle parti e non protegga l’esecuzione delle decisioni giudiziarie; se si dovesse ritenere che tale articolo riguarda esclusivamente l’accesso al giudice e lo svolgimento del procedimento, ciò rischierebbe di creare situazioni incompatibili con il principio della preminenza del diritto che gli Stati contraenti si sono impegnati a rispettare ratificando la Convenzione. L’esecuzione di una decisione o di una sentenza, di qualunque giurisdizione si tratti, deve dunque essere considerata parte integrante del processo ai sensi dell’art. 6; del resto la Corte l’ha già riconosciuto nei casi relativi alla durata del procedimento” (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 19.03.1997, n. 18357, in Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, 2006, 2, 595).

[22] A. Saletti. Commento sub art. 614-bis, in Commentario alla riforma del codice di procedura civile, a cura di Saletti-Sassoni. Torino, 2009, ove si motiva che l’opportunità di attribuire alle astreintes una generalizzata operatività non giustifica l’apposizione, in via interpretativa, di limitazioni ulteriori rispetto a quelle inequivocabilmente imposte dalla lettera della previsione.

[23] E. Zucconi Galli Fonseca. Le novità della riforma, già cit., 203. Si sono espressi nello stesso senso pure: S. Chiarloni. Le principali novità introdotte nel codice di procedura civile con la legge n. 69/2009. Aggiornamento alla legge 18 giugno 2009, n. 69, in Le recenti riforme del processo civile, diretto da Chiarloni. Zanichelli, pag. 20; G. Ricci. La riforma del processo civile. Giappicchelli, 2009, pag. 89; F. De Stefano. Note a prima lettura della riforma del 2009 delle norme sul processo esecutivo ed in particolare dell’art. 614-bis c.p.c., in Rivista dell’esecuzione forzata, 2004, 727; D. Amadei, op. cit.; L. Barreca. L’attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare (art. 614-bis c.p.c.), in Rivista dell’esecuzione forzata, 2009, 506.

[24] F. Godio, L’astreinte, già cit., 1120.

[25] C. Consolo-F. Godio. Commento sub art. 614-bis, in Codice di procedura civile commentato, diretto da Consolo. Milano, 2010.

[26] F. Godio, L’astreinte, già cit., 1120.

[27] A.M. Romito. Artt. 614-bis e 96 c.p.c.: vecchi e nuovi problemi applicativi, in Responsabilità civile e previdenza, 2011, 2355.

[28] F. Tedioli. Osservazioni critiche all’art. 614-bis c.p.c., in La nuova giurisprudenza civile, 2013, 1, 67.

[29] Tribunale di Terni, 04.08.2009, in Foro italiano, 2011, 1, I, 287.

[30] Si pensi al divieto di esercitare un’attività commerciale all’interno del condominio, la quale, sebbene parzialmente fungibile (ad esempio, mediante la rimozione dei macchinari adoperati), in concreto, non può costituire oggetto di una costante ed integrale coercizione, non potendo la pubblica autorità sorvegliare continuamente il potenziale trasgressore (E. Merlin. Op. cit.).

[31] Si riporta l’esempio del giornalista che si sia impegnato, verso la testata giornalistica, a redigere, entro un determinato lasso di tempo, un certo numero di articoli (F. Tedioli. Op. cit., nota n. 32).

[32] In realtà, si è ventilato che, comportando la modificazione della sola realtà giuridica, senza incidere sul dato materiale, l’art. 2932 non rappresenti una forma d’esecuzione (C. Mandrioli. Condanna ad eseguire un contratto preliminare, in Rivista di diritto civile, 1964, II, 492; il quale valorizza gli studi di: G. Chiovenda. Dell’azione nascente dal contratto preliminare, in Nuovi saggi di diritto processuale civile. Napoli, 1912, pag. 19).

[33] Ciò viene dedotto dal combinato disposto degli artt. 2908 c.c., 2909 c.c. e 324 c.p.c., benché l’art. 282 c.p.c., nel disporre l’immediata esecutività delle sentenze di primo grado, non stabilisca alcuna limitazione in ordine alla natura delle medesime. È soltanto l’irretrattabilità della sentenza a determinare la sostituzione del preliminare con il definitivo e, dunque, la produzione dell’effetto traslativo (da ultimo: Cassazione civile, sez. III, 22.04.2013, n. 9714, in Giust. civ. Mass., 2013; in senso conforme cfr. anche: Cassazione civile, sez. III, 28.02.2011, n. 4907, in Giust. civ. Mass., 2011, 2, 322; Cassazione civile, S.U., 22.02.2010, n. 4059, in Archivio locazioni, 2010, 3, 249). In dottrina: F. Gazzoni. Contratto preliminare, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, XIII, Il Contratto in generale, II, a cura di Alpa – Chinè – Gazzoni – Realmonte – Rovelli. Torino, 2000, pag. 710.

Non può sottacersi, a livello più generale, come le norme attributive al consociato del potere di provocare, mediante l’intervento dell’autorità giudiziaria,  modificazioni nella sfera giuridica altrui possiedano una natura squisitamente eccezionale, perché derogatorie rispetto al principio, generalmente valido negli ordinamenti democratici, secondo cui la compressione della libertà individuale possa conseguire soltanto attraverso l’esercizio dell’autonomia negoziale (C.M. Bianca. Le autorità private. Napoli, 1977, pag. 4; M. Buoncristiano. Profili della tutela civile contro i poteri dei privati. Padova, 1986, pag. 42).

[34] Si è parlato, in questo contesto, di infungibilità processuale, nel senso di ritenere non surrogabili le prestazioni che non possono essere coattivamente realizzate se non aspettando il remoto tempo del passaggio in giudicato della sentenza costitutiva (S. Mazzamuto. La comminatoria di cui all’art. 614-bis e il concetto di infungibilità processuale, in Europa e diritto privato, 2009, 4, 947).

[35] Si è obiettato, tuttavia, che, sebbene la manifestazione del consenso negoziale sia infungibile, tale non sia la produzione dell’effetto giuridico derivante dall’obbligazione di stipulare il definitivo (M.A. Iuorio. Il nuovo art. 614-bis c.p.c.. Op. cit.).

[36] Chi propende per una soluzione positiva, ritiene che la domanda di annullamento possa essere proposta direttamente in appello, giacché, in questa particolare evenienza, il divieto di ius novorum ex art. 345 c.p.c. sarebbe legittimamente derogabile in ossequio ad esigenze di economia processuale (C. Consolo, op. cit.).

[37] Cassazione civile, sez. I, 20.12.2005, n. 28260, in Giust. civ. Mass., 2005, 12.

[38] Sull’argomento, si consulti: G.L. Barreca. La responsabilità processuale aggravata: presupposti della nuove disciplina e criteri di determinazione della somma oggetto di condanna, in Giurisprudenza di merito, 2011, 11, 2704.

[39] Il medesimo problema potrebbe porsi nell’ipotesi in cui, benché il diritto sostanziale del creditore sia stato accertamento con sentenza dotata di autorità di cosa giudicata, l’astreinte sia stata irrogata, dalle decisioni di merito poi revocate nei giudizi di gravame, in difetto dei presupposti di legge. In questa situazione, la riflessione dovrebbe concentrarsi sulla possibilità di considerare annullabile un contratto frutto di un obbligo a contrarre effettivamente sussistente, ma carpito con mezzi antigiuridici, ossia a mezzo dell’astreinte ingiustamente comminata.

[40] Bisogna chiedersi, a questo riguardo, se il creditore possa pretendere il pagamento delle penalità relative alle infrazioni perpetrate fra la sospensione cautelare del provvedimento della sentenza dispositiva della misura coercitiva e la conferma di quest’ultima all’esito del giudizio di gravame. Se l’astreinte venisse apprezzata quale diritto autonomo, la risposta non potrebbe che essere positiva, in quanto l’inibitoria avrebbe soltanto eliminato l’esecutività della decisione impugnata, ma non certo la sussistenza del diritto sostanziale in essa riconosciuto. Se, invece, come sostiene la dottrina maggioritaria, l’art. 614-bis definisse soltanto un diritto volto soltanto a punire la disobbedienza al comando giudiziale, una volta sospesa l’esecutorietà di quest’ultimo non sarebbe configurabile alcuna inottemperanza e, dunque, alcuna sanzione sarebbe irrogabile (F.P. Luiso. Op. cit., pag. 345).

[41] Spiega la rara giurisprudenza in materia che “l’esecuzione della sentenza di appello, impugnata in Cassazione, può essere sospesa soltanto qualora possa derivarne un grave ed irreparabile danno: dovendosi intendere, per danno grave, un’eccezionale sproporzione tra il vantaggio ricavabile dall’esecuzione da parte del creditore rispetto al pregiudizio patito dal debitore; per danno irreparabile, un pregiudizio insuscettibile di reintegrazione per equivalente” (Tribunale di Caltanissetta, 27.04.2004, in Foro italiano, 2005, I, 241). Nel caso di specie, l’irreparabilità del pregiudizio potrebbe reputarsi in re ipsa, quantomeno nell’ipotesi in cui si ritenga inapplicabile l’art. 1438 c.c. al contratto definitivo sottoscritto sub poena,  ma il requisito della gravità dipenderebbe dall’entità dell’astreinte irrogata, da apprezzarsi alla luce delle condizioni economiche e patrimoniali della parte.

[42] La soluzione viene tiepidamente prospettata da: C. Consolo, op. cit..

[43] C. Ferri. Lezioni sul processo civile, II, in Procedimenti speciali, cautelari e esecutivi, a cura di Comoglio – Ferri – Taruffo. Zanichelli, 2001, pag. 357; F. Tedioli. Op. cit..

[44] Su quali siano i destinatari delle prescrizioni in materia di abuso di dipendenza economica, la giurisprudenza non ha raggiunto delle conclusioni condivise. A fronte di un orientamento tendente a considerare l’art. 9 una norma di carattere generale, siccome specificante la natura dei doveri di lealtà, buona fede e correttezza in caso di disparità di potere contrattuale fra i contraenti (Tribunale di Torino, sez. IX, 11.03.2010, in Giurisprudenza commerciale, 2011, 6, II, 1471, con nota di V. Landriscina. L’abuso di dipendenza economica tra violazione del canone di buona fede e abuso del diritto; Tribunale di Roma, 30.11.2009, in Foro italiano, 2011, 1, I, 256), si contrappone un indirizzo che, facendo leva sull’eccezionalità della previsione, ne circoscrive la portata ai soli contratti di subfornitura (Tribunale di Roma, 17.03.2010, in Foro italiano, 2011, 1, I, 255; Tribunale di Bari, 02.07.2002, in Foro italiano, 2002, I, 3208). La posizione intermedia, protesa a comprendere nella sfera applicativa dell’art. 9 ogni contratto intervenuto fra imprese organizzate in un rapporto di integrazione verticale, sembra riscuotere i maggiori consensi, anche perché capace di contemperare l’esigenza di non comprimere eccessivamente la libertà d’iniziativa economica con la necessità di proteggere i soggetti deboli che all’impresa in posizione preponderante abbiano permesso il conseguimento di un avviamento (Tribunale di Roma, sez. III, 05.02.2008, n. 2688, in Giurisprudenza di merito, 2008, 9, 2248).

[45] A. Bertolotti. Il contratto di subfornitura. Torino, 2000, pag. 189; D. Maffeis. Sub art. 9, in Aa.Vv., La subfornitura: legge 18 giugno 1998, a cura di G. De Nova. Milano, 1998, pag. 81; G. Ceridono. Art. 9, Commentario, in Le nuove leggi civili commentate, 2000, pag. 452.

[46] In quest’ottica, l’astreinte acquisisce connotati propri delle cc.dd. private enforcements, ossia di strumenti azionabili dai soli privati, ma dotati di un particolare vigore siccome potenzianti il mercato. Sull’argomento, si veda: J. Derrida. La forza del diritto, in Rivista critica di diritto privato, 2005, 193.

[47] Al riguardo, la giurisprudenza ha già riconosciuto come la vendita di prodotti sottocosto o comunque a prezzo non remunerativo (nel caso di specie, si trattava della vendita di due giornali al prezzo di uno), specialmente se attuata soltanto in alcune parti del territorio nazionale, costituisce una forma di concorrenza sleale (c.d. dumping interno) che può essere inibita con provvedimenti di urgenza ex art. 700 c.p.c. (Tribunale di Ravenna, 13.08.1994, in Foro italiano, 1995, I, 351).

[48] F. Tedioli. Op. cit...

[49] Tribunale di Verona, 09.08.2011, in Giurisprudenza di merito, 2011, 10, 2427; Tribunale di Varese, sez. I, 18.11.2009, in Guida al diritto, 2009, 50, 46.

[50] Tale constatazione è giudicata dirimente da: A. Chizzini. La riforma della giustizia civile. Commento alle disposizioni della legge sul processo civile n. 69/2009, sub art. 164-bis. Utet, 2009, pag. 146; F. Tedioli. Op. cit..

[51] Proprio in ragione della natura anticipatoria dei provvedimenti nunciatori, in un giudizio di danno temuto, è stata delibata la penalità ex art. 614-bis, a suffragio dell’ordine di demolizione di un muro pericolante (Tribunale di Terni, 06.08.2009, in Foro italiano, 2011, 1, I, 287). Parimenti sono stati muniti di astreintes gli ordini di riduzione di un’ipoteca giudiziale iscritta su vari cespiti immobiliari (Tribunale di Bari, 10.05.2011, n. 356, in Giurisprudenzabarese.it, 2011), e di ricongiunzione di una linea telefonica (Tribunale di Cagliari, 19.10.2009, in Foro italiano, 2011, 1, I, 287). Anzi, è stato ritenuto che proprio le misure cautelari a strumentalità debole siano bisognevoli di tale rimedio, essendo il giudizio di merito soltanto eventuale (Tribunale di Bologna, 25.03.2011, inedita, ma citata da G. Ghini, in nota a Tribunale di Torino, s.s.p.i.i., 17.02.2010, in Foro padano, 2011, 610).

[52] F.P. Luiso. Op. cit., pagg. 239-240; G. Ludovici. La coercizione indiretta del debitore ex art. 614-bis c.p.c., in articolo 30.06.2010 pubblicato su www.altalex.com.

[53] Così: D. Amadei. Op. cit..

[54] Se questa è la risposta preferibile alla luce del rapporto fra azioni cautelari e di cognizione, è altrettanto vero che, in una prospettiva di riforma, parrebbe opportuno riflettere sull’opportunità che la somministrazione di una misura così invasiva possa essere disposta soltanto congiuntamente a provvedimenti idonei al giudicato.

[55] A. Lombardi. Op. cit..

[56] E. Zucconi Galli Fonseca. Le novità della riforma, già cit., pag. 202; F.P. Luiso. Op. cit., 239; A. Chizzini. Op. cit., pag. 146. Contra: M. Bove. Op. cit.. L’argomento secondo cui il verbale di conciliazione giudiziale non possa sorreggere l’esecuzione coattiva degli obblighi di fare, invece, pare destituito di fondamento, soprattutto a seguito dell’arresto della Consulta che, rilevato come tale orientamento ermeneutico non si fondasse su solide basi normative, ne ha escluso la validità, se non altro per evitare che la necessità per il creditore di promuovere un nuovo giudizio di cognizione, per superare gli inadempimenti agli obblighi sanciti dal verbale, possa configurare una violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., relativi, tutti, al giusto processo (Corte Costituzionale, 12.07.2002, n. 336, in Foro italiano, 2004, I, 41). D’altro canto, anche l’art. 140, comma VII, del D.Lgs. 06.09.2005, n. 206, norma certamente inadatta ad esprimere un principio generale, subordina la penalità pecuniaria ad un successivo intervento del Giudice, provocato dall’associazione dei consumatori a seguito dell’inadempimento dell’imprenditore o del professionista alle obbligazioni dedotte nel verbale di conciliazione.

[57] Il lodo d’arbitrato irrituale, invece, traducendosi in una transazione, non può certamente accludere pronunce di condanna, tali da sostenere l’erogazione della penalità pecuniaria, salvo, ovviamente, che le parti, nella convenzione d’arbitrato, non abbiano assegnato agli Arbitri tale potere.

[58] L’interferenza fra processo dichiarativo ed atti esecutivi non è sconosciuta al nostro ordinamento, che, infatti, demanda al Giudice della cognizione il compito di decidere sull’opposizione all’esecuzione.

[59] In questo senso: F.P. Luiso. Op. cit., pag. 239; F. Tedioli. Op. cit.; in senso contrario: E. Zucconi Galli Fonseca. Le novità della riforma, già cit., pag. 202; D. Amadei. Op. cit.; M. Bove. Op. cit..

[60] Al contrario, non si rinvengono motivi per escludere che la convenzione d’arbitrato possa deferire agli Arbitri il potere di pronunciarsi sull’eventualmente richiesto risarcimento del danno da lite temeraria, attenendo lo stesso unicamente al giudizio di cognizione. Diverse considerazioni, invece, valgono per la pena privata ex art. 96, comma III, c.p.c., la quale, essendo irrogabile d’ufficio dal Giudice, sembrerebbe godere di quel carattere d’indisponibilità tale da escludere ex art. 806 c.p.c. l’arbitrabilità delle controversie sulla stessa incidenti.

[61] E. Zucconi Galli Fonseca. Le novità della riforma, già cit., pag. 202.

[62] La dottrina non si discosta da quanto emerge dalla lettera della legge: G. Conte – V. Vigoriti. Futuro, giustizia, azione collettiva, mediazione, pag. 104. Torino, 2010.